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Sperimentazione progettuale e costruttiva nel cantiere dell’Autostrada del sole

Nel documento Le aree di servizio autostradali in Italia (pagine 115-120)

4 TECNICHE COSTRUTTIVE E QUALITA’ ARCHITETTONICA DELL’EDI FICIO RISTORO DEL DOPOGUERRA

4.2 Sperimentazione progettuale e costruttiva nel cantiere dell’Autostrada del sole

Nei suoi otto anni di attività il cantiere dell’Autosole rappresentò un laboratorio stimolante per la sperimentazione di nuove soluzioni di tecnica stradale, per l’applicazione degli studi teorici e di metodi di calcolo originali nel campo del- l’ingegneria strutturale, per l’organizzazione del cantiere evoluta, tesa alla razionalizzazione e all’industrializzazione dei procedimenti e delle fasi di lavora- zione. La costruzione della rete autostradale, di cui l’Autosole fu il primo atto, rappresentò senza dubbio, nel panorama della ricostruzione, un’occasione unica per l’entità e la quantità delle opere, per il significato e le effettualità tec- nico-costruttive (oltre che per quelle economiche, sociali, produttive) che da questa esperienza scaturirono, contribuendo a segnare in maniera significativa quella stagione dell’ingegneria italiana, destinata a conquistare visibilità e ori- ginalità di metodi e risultati sugli scenari internazionali tra gli anni ‘50 e ‘60. Delineare il panorama tecnico-costruttivo e individuare i fattori di innovazione che al cantiere autostradale si possono ascrivere, rappresenta un passo neces- sario per collocare all’interno di questa più imponente vicenda, l’esperienza derivata delle opere complementari. La scala minore del sistema di manufatti edilizi, di sistemazioni, attrezzature e impianti, soccombe nella lettura della grande scala, ma riemerge, mostrando le proprie peculiarità, attraverso la rico- struzione degli eventi salienti e l’analisi delle esperienze più rappresentative e ancora poco indagate, come quella della serie degli edifici ristoro.

poi successivamente trasferite nella pratica del cantiere autostradale, riguar- dano da un lato, lo studio e la soluzione di temi di tecnica stradale, dall’altro, la sperimentazione strutturale nel campo delle opere d’arte. In entrambi i casi la costruzione si inquadra in un percorso volto a perseguire l’innovazione di materiali e procedimenti, la razionalizzazione e l’industrializzazione delle lavora- zioni, la tipizzazione delle soluzioni e dei manufatti.

Le maggiori innovazioni che interessano la formazione del corpo stradale riguardano le tecniche per la realizzazione delle fondazioni e delle pavimenta- zioni. La fondazione in scapoli di pietra, usata tradizionalmente e presente nei primi tratti degli anni ’30, avrebbe richiesto tempi di lavorazione lunghi, incon- ciliabili con i 755 chilometri di rete costruiti in otto anni. Fu quindi abbandonata a favore delle terre stabilizzate, tecnica che si considerò più vantaggiosa anche per la maggiore portanza e la durata della pavimentazione (necessarie in vista degli incrementi di traffico che la nuova infrastruttura avrebbe determi- nato), per la reperibilità agevole dei materiali2, per la conseguente razionalizza- zione dei tempi e delle modalità di esecuzione delle fondazioni3. Analogamente, nella formazione della pavimentazione, l’abbandono delle massicciate in pietrisco in favore del conglomerato bituminoso, ha consentito la razionalizzazione delle operazioni (approvvigionamento materiali, miscelazio- ne, trasporto e stesa)4.

I 755 chilometri di Autosole comprendono circa 4000 opere d’arte per una lun- ghezza complessiva di circa 67 chilometri, ai quali vanno sommate le 38 galle- rie per uno sviluppo di circa 10 chilometri.

Questo complesso di opere si caratterizzò per scelte strategiche, progettuali e costruttive diverse. Nel caso delle opere minori l’Autosole offrì l’occasione per sperimentare la tipizzazione dei manufatti, rappresentando uno dei settori di maggiore rilevanza per la prefabbricazione e la produzione in serie nel conte- sto costruttivo e produttivo del tempo. Questo percorso, suggerito dalla neces- sità di applicare, anche in questo ambito, la spinta alla razionalizzazione dei tempi e dei costi di realizzazione, già largamente presente nella formazione del corpo stradale, fu comunque raggiunto attraverso una politica di coordina- mento delle azioni e delle risorse impegnate a soddisfare esigenze tecnico- costruttive, economico-produttive ed estetiche

li, derivanti dall’attraversamento di zone con condizioni orografiche e idrogeo- logiche diverse, in alcuni casi molto impegnative, nonché le conseguenti diffe- renti caratteristiche tecniche e di progetto dei tronchi intermedi5, determinaro- no necessariamente, per la realizzazione delle opere d’arte maggiori, il formar- si di una casistica diversificata di soluzioni, sia in ragione del materiale impiega- to (calcestruzzo armato ordinario, precompresso, acciaio) sia in funzione degli schemi statici (archi, travate, strutture miste calcestruzzo-acciaio).

I tronchi Milano- Bologna e Roma –Napoli presentano analogie significative nei sistemi costruttivi prescelti, in conseguenza delle condizioni morfologiche simili dei territori attraversati. I ponti di grande luce6 sono quasi tutti in c.a.p., allo scopo di contenere l’altezza delle travi e i pesi permanenti sulle strutture7. Nella tratta Bologna-Firenze, a causa delle condizioni ambientali molto delicate, sono stati utilizzati ponti in c.a.p., ponti ad arco in calcestruzzo ordinario, ponti in acciaio ( con strutture a traliccio tubolare e travi a cassone).

Alle ragioni suddette di ordine contingente e direttamente connesse alla natu- ra dell’infrastruttura, si affiancano motivazioni di carattere strutturale, sempre responsabili della diversificazione delle soluzioni adottate. Tali ragioni rimanda- no alle condizioni di mercato, al contesto produttivo e costruttivo, al profilo delle imprese impegnate nei diversi lotti di costruzione. Infatti la tensione all’in- novazione registrata sotto alcuni aspetti, si rivela complementare di un atteg- giamento più tradizionale, legittimato dalla condizione artigianale della costru- zione e del cantiere del tempo. Il panorama italiano è ben distante dalla media delle realtà occidentali contemporanee, poiché è ancora segnato da una concezione costruttiva che trova nell’esecuzione in opera la sua emanazione preponderante.

Allo stesso tempo, attraverso la complementarietà tra la tensione verso l’inno- vazione e il legame con la tradizione artigianale, espressa attraverso i materia- li, i procedimenti, gli schemi statici e costruttivi, si rinnova, anche nell’esperien- za dell’Autosole, il carattere originale della produzione italiana di quegli anni. Da un lato, la traiettoria della tipizzazione, di cui diventa una testimonianza esemplare la vicenda dei cavalcavia, che furono oggetto di un concorso ban- dito appositamente dalla società Autostrade per la progettazione di un manu- fatto tipo8(Fig.114). L’esperienza risulta interessante per l’analogia dimensiona- le che questo elemento tipo assume nei confronti dei ponti autogrill. Lo sche-

ma del cavalcavia a tre luci 9-27-9 metri9, è ripreso nel ponte autogrill di Fiorenzuola, in cui le luci della struttura dell’Ilva, prevedono una scansione ana- loga.

Dall’altro, i grandi ponti, annoverati tra le realizzazioni più rappresentative del XX secolo nella mostra che il Museum of Modern Art di New York dedica all’in- gegneria strutturale nel 196410, partecipano, insieme alle opere di Nervi per le Olimpiadi di Roma del 1960 e a quelle per le celebrazioni di Torino capitale del 196111, alla formazione della linea italiana nel quadro dell’ingegneria e dell’ar

chitettura internazionali di quegli anni. Il ruolo che il laboratorio dell’Autosole svolge in questo contesto è stato sottolineato tanto da paragonarne l’effetto propulsivo a quello che il programma Ina Casa realizza in quegli stessi anni nel settore dell’architettura12fino ad affermare che “durante il miracoloso cantiere dell’Autostrada del sole, in particolare, si compie l’evoluzione definitiva del cemento armato precompresso, che conquista sempre maggiori spazi e inne- sca una vivace competizione con il cemento armato ordinario, spinto per l’oc- casione fino al limite delle sue potenzialità. In questo scontro generazionale, senza sconfitti, ma che vede rinnovarsi il ruolo egemone del calcestruzzo nel panorama costruttivo italiano, si raggiunge un livello di maturità formale e costruttiva impareggiabile che, inevitabilmente, favorisce i successi dei nostri ingegneri nelle rassegne internazionali di strutture”13.

Il calcestruzzo sostituì dunque definitivamente le strutture in muratura di pietra- me. Nell’impiego del calcestruzzo ordinario prevale il ponte ad arco. Ne sono testimonianza il viadotto sull’Aglio di Guido Oberti del 1959, i ponti di Giulio Krall sul Gambellato e sul Merizzano del 1960, i viadotti Poggettone e Pecora Vecchia di Arrigo Carè e Giorgio Giannelli. L’uso del cemento ordinario è spin- to fino a luci di 164 metri con gli archi gemelli del viadotto sull’Aglio, in cui si spe- Fig. 114 - Progetto vioncitore del concorso per un cavalcavia via autostradale tipo,

rimenta una centina mobile che viene fatta traslare longitudinalmente da un arco al gemello, rendendo la costruzione più economica14. Il calcestruzzo armato precompresso è impiegato nelle sedici travate con luci comprese tra i 60 e i 70 metri del ponte sul Po di Silvano Zorzi, nel ponte sul Taro con travi di 32 metri tutte realizzate fuori opera, in quello sul Reno con travi a cassone, nel ponte in curva sul Nera a tre campate, in quello sull’Arno a Levane di Zorzi, in cui su un arco in cemento ordinario sono impostate le travi in c.a.p. dell’impal- cato, e infine nei due archi portali precompressi di 104 metri di luce del secon- do ponte sull’Arno ad Incisa, sempre di Zorzi.

Il cantiere dell’Autostrada del sole ha dunque rappresentato un banco di prova determinante per l’applicazione e lo sviluppo della tecnica del precom- presso. Diversi i brevetti impiegati: il sistema Freyssinet, il sistema B.B.R.V. della società Prebeton, il sistema a fili aderenti della società Ferrocemento Turazza, il sistema Morandi15. L’attenzione dedicata al c.a.p. è peraltro significativa della continuità ideologica, scientifica e culturale che lega queste applicazioni alle sperimentazioni e agli studi teorici avviati in Italia negli anni ’30, ripresi nell’im- mediato dopoguerra grazie all’attività di Gustavo Colonnetti e al supporto del CNR16.

Le travate in acciaio trovano impiego nel tronco Bologna-Firenze nei viadotti Coretta e Macinaie e nei cavalcavia sulla Roma – Napoli17, affiancate da solu- zioni miste in acciaio e calcestruzzo.

L’impiego evoluto del cemento armato ordinario e la diffusione del precom- presso, insieme alle esperienze delle travate in acciaio, rappresentano, al di là della sperimentazione progettuale finora delineata, l’occasione per applicare una nuova concezione del cantiere, che trova appunto nel ponte il suo labo- ratorio ideale. Il già citato esempio del viadotto sull’Aglio, rimane l’esperienza emblematica di un percorso di trasformazione delle tecniche e dei modi di alle- stire il cantiere e costruire il ponte che troverà nell’uso dei sistemi di casseratu- ra industrializzati e nella diffusione della prefabbricazione a piè d’opera, gli stru- menti di un cantiere moderno la cui matrice eroica rimane comunque nell’Autosole18. L’eredità lasciata da quella esperienza è infine testimoniata dalla classe di tecnici e dal sistema di progettazione e gestione dell’infrastrut- tura nella sua fase costruttiva e di esercizio, che formatasi e strutturatasi negli otto anni dell’Autosole, rimarrà il riferimento indispensabile per gli sviluppi suc-

cessivi fino al blocco del 1975. Gli effetti sull’organizzazione del processo edilizio investono anche il mondo della produzione e delle imprese, che attraverso quella esperienza orientano e ottimizzano le proprie specializzazioni, i sistemi di controllo della qualità e degli standard di produzione.

L’edificio ristoro, registrando nella sua evoluzione un’analoga oscillazione tra l’aspirazione al manufatto modello e la ricerca dell’originalità architettonica e costruttiva dei singoli interventi, si inserisce nell’esperienza dell’Autosole mostrando una propria specificità. Se nel cantiere stradale l’oscillazione tra autonomia dei singoli interventi e tipizzazione è stabilita dall’entità e dalla diver- sità degli interventi, per la serie di edifici ristoro, pur in presenza di condizioni di intervento più complesse negli edifici a ponte, non possono, per la natura delle opere, determinarsi le stesse radicali distinzioni. Le implicazioni culturali già evi- denziate, che caratterizzano il contesto di intervento nella serie dei punti risto- ro, unitamente a cause tecnico-costruttive e produttive che è necessario approfondire, sono responsabili in questo caso della coesistenza dei due approcci.

Una divergenza evidente riguarda invece le tecniche costruttive impiegate nei due ambiti. Il calcestruzzo esce protagonista quasi assoluto del cantiere auto- stradale. La costruzione metallica detiene il primato in quello dell’edificio risto- ro. Ciò sottolinea come il trasferimento naturale dei sistemi e delle tecniche che ci si poteva attendere, per opportunità di mezzi e risorse, non si è verificato, almeno non pienamente. Anche in questo caso le motivazioni rimandano al contesto nel quale queste opere architettoniche vengono realizzate.

4.3 Il caso dell’edificio ristoro nel contesto costruttivo del tempo

Nel documento Le aree di servizio autostradali in Italia (pagine 115-120)

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