CAPITOLO 1 Open Innovation
1.7 Le nuove logiche open
Il consumatore assume nuovi ruoli e si identifica con i termini di prosumer6, post- consumer, protagonist, consumer actor. Il vero cambiamento che avviene nelle aziende
però riguarda la gestione dei flussi di conoscenza (knowledge flow). Se prima si
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Degni di nota sono i casi di Nicolaus Franke e Frank Piller in merito ai Toolkits utilizzati nel campo dell'orologeria con Swatch, e al caso di Decathlon, dove vengono appositamente inseriti prodotti di altre marche per creare confusione e indirizzare la scelta verso i prodotti Decathlon.
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Con l'avvenuto delle nuove tecnologie e con logiche di marketing 2.0 la figura del consumatore si fonde a quella del produttore di contenuti. L'utente consumatore assume un ruolo fondamentale nella catena del valore, dove diviene creatore e utilizzatore di contenuti.
praticava una gestione della conoscenza che avveniva all'interno dei confini aziendali, ora si assiste a una vera e propria apertura, dove la suddivisione tra interno ed esterno è meno definita. Questo può garantire lo sviluppo di una moltitudine di progetti gestiti in parallelo anche da attori esterni ai confini aziendali, garantendo uno sviluppo di conoscenza destinato ad aumentare in maniera esponenziale. Ciò non sminuisce il ruolo fondamentale dei reparti aziendali di R&S, ma garantisce un fitto scambio di conoscenza tra l'interno e l'esterno, votati entrambi all'obiettivo comune della creazione del valore. Un aspetto molto importante dei due modelli, sia open che closed, sarebbe legato al riconoscimento dei cosiddetti falsi positivi, cioè innovazioni ed idee promettenti che una volta sviluppate non si rivelano tali. L'open innovation è in grado, oltre a individuare queste tipologie di idee, anche quelle considerate False Negatives, che nelle fasi iniziali non riscuotono un alto interesse ma con lo sviluppo rivelano un alto potenziale.
I principi su cui si basano le logiche della open innovation possono essere riassunti come segue:
i flussi di conoscenza esterni all'organizzazione possono generare valore per l'azienda;
la ricerca non ha necessariamente bisogno di essere generata internamente; un modello di business forte è una maggiore priorità rispetto che essere i first movers;
in questo ambiente diviene necessario un modello di gestione della proprietà intellettuale, considerato requisito fondamentale per l'apertura e l'interazione. Si vuole puntualizzare che il valore generato per l'azienda in ottica open non è solo riferito alla mera generazione di un profitto, ma collegato ad un più ampio scopo, che include la generazione di realtà sociali condivise con i consumatori, la responsabilizzazione nello spreco di risorse, il rispetto del territorio, e tutta una serie di strumenti volti a generare un'identità condivisa, il tutto in un'ottica di lungo periodo.
Figura 1.9 Confronto tra modelli di business Open e Closed. Fonte: Chesbrough (2006).
Nella figura precedente viene riportato uno schema ampiamente proposto nella letteratura inerente all'open innovation. Viene illustrata una gestione tradizionale del processo innovativo, basata sulla ricerca e sviluppo interni, in contrapposizione alle nuove logiche associate all'innovazione aperta. È opportuno notare che in quest'ultimo caso, a fronte di una riduzione dei costi, è possibile riscontrare maggiori vantaggi derivanti dalla gestione di contratti di licenza, di spin-off e vendita/disinvestimento, e joint venture. Tali, oltre a comportare una diversa e minore allocazione delle risorse aziendali, rappresentano una fonte importante di gestione della conoscenza esterna ai confini aziendali, sgravando i reparti di ricerca e sviluppo da tali compiti. Ovviamente queste logiche possono funzionare e riscuotere successo unicamente se associate a modelli strategico operativi, capaci di garantire da un lato la creazione di relazioni tra gli attori coinvolti e logiche di interazione open, e dall'altro favorendo un ritorno sull'investimento accettabile.
Uno degli esempi più noti di innovazione aperta è quello che riguarda il mondo del open source software (OSS), cioè quel particolare ambito di analisi dove gli sviluppatori di un software ne favoriscono il libero utilizzo e studio, favorendo l'apporto di modifiche da parte degli altri utenti. L'ambito di analisi del tema dell'innovazione aperta viene ulteriormente approfondito da Joel West e Scott Gallagher (2005) in
Patterns of Open Innovation in Open Source Software7. Gli autori individuano nell'innovazione tre modelli, chiamati: Closed Innovation, External innovation e Open Innovation. La vera rivoluzione è rappresentata proprio dal concetto interposto tra open e closed innovation, l'external innovation. Secondo questa logica strategica vengono esplorate nuove fonti innovative, integrando flussi di conoscenza esterni alle competenze e alle risorse aziendali, mantenendo comunque il cliente consumatore in posizioni defilate nel processo di creazione del valore. Le basi per questo modello sono rappresentate da un attento studio dell'ambiente circostante, assorbendo capacità e competenze esterne attraverso reti di imprese, alleanze e consorzi. Il cambiamento apportato dall'open innovation si identifica nel ruolo fondamentale riservato al cliente nella costruzione del valore, creando così il neologismo di Post-consumer, ossia produttore e allo stesso tempo consumatore, della ricchezza creata. Motivazione, integrazione e massimizzazione sono i principi cardine su cui basare il modello di innovazione aperta, per garantire un ritorno sull'investimento, non sempre economico, attraverso uno scambio di conoscenza all'interno e all'esterno dei confini aziendali tra gli attori coinvolti nel processo innovativo. Ovviamente l'iter richiede un attento studio della gestione della proprietà intellettuale (IP) e delle ricompense, per le quali si rimanda ai capitoli successivi al fine di offrire un'analisi più approfondita. Sempre analizzando il lavoro di West e Gallagher è possibile individuare quattro eventuali strategie di gestione del processo innovativo aperto, riassumibili in:.
Pooled R&D: strategia adottata da aziende caratterizzate da forti relazioni verticali, in cui l'obiettivo principale è quello di coordinare ed accomunare gli interessi e le capacità tecnologiche tra settori ed industrie. Esempi di ciò possono essere Linux e Mozzilla nel campo dell'OSS, e Ford e Fiat nel settore automobilistico, queste ultime con Ka e 500. Le dirette concorrenti nel campo delle City Car nel 2005 sono giunte ad un accordo collaborativo per lo sviluppo e il miglioramento, che comporta sia un notevole risparmio in termini di costi (senza alcun dubbio di notevole importanza), sia una condivisione di capacità e competenze tecnologiche ed innovatile.
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Spinout: si riferisce a quei casi in cui le aziende trasformano programmi di sviluppo interni in progetti open source. A tale proposito può essere riportato l'esempio di Philips e di ASML, sua Spinout. Attraverso questo metodo l'azienda olandese primeggia a livello mondiale nella produzione di sistemi littografici nell'industria dei semiconduttori e delle macchine di produzione complessa, impiegate nella realizzazione dei microchip. La principale causa del successo di ASML (e di Philips) è da ricercare nell'adozione di un modello innovativo open, basato su un network di conoscenza che coinvolge altre imprese, centri universitari (Università di Eindhoven, Delft, Twente e Tsinghua), centri e istituti di ricerca (FOM, TNO e Institute for Spectroscopy Russian Academy of Sciences, ISAN), oltre che un effettivo contributo in ambito sociale con ASML non-profit Foundation.
Selling Complements: il concetto si sviluppa sulla piattaforma di prodotto riguardante beni complementari. Si pongono i casi di due prodotti, il primo caratterizzato da una logica open source, il secondo invece sviluppato direttamente dall'azienda. La produzione del primo, anche se non garantisce profitti e non porta ad un pareggio in bilancio, è condizione necessaria per l'acquisto del secondo, su cui l'azienda può generare un ritorno sull'investimento maggiore attraverso la vendita del prodotto stesso o ai diritti legati all'utilizzo. L'esempio migliore in questa sezione è rappresentato da Nintendo Wii. Il settore dei videogiochi è caratterizzato da una forte competizione nel campo della grafica, dove Microsoft con Xbox e Sony con PS si fanno guerra aperta ormai da anni. La casa di produzione nipponica ha deciso di rivoluzionare le "regole del gioco", andando a presidiare un nuovo mercato popolato da nuovi utenti, inglobando gli utilizzatori nel processo innovativo e scoprendo un nuovo ed interessante business. Le ricerche effettuate e gli sforzi sostenuti (sia finanziari che di tempistiche) hanno generato un prodotto di grande successo, dove il vero ritorno sull'investimento è generato dalla commercializzazione dei giochi. Altri esempi fondamentali nel campo dell'OSS sono rappresentati da IBM's WebSphere, caso in cui si è arrivati alla
commercializzazione di Apache e Apple's Konqueror, e su cui si basano i software Safari Browser e OS X.
Donate complements: l'azienda si impegna a sviluppare un determinato prodotto secondo logiche open innovation gratuite, incrementando l'interesse e la passione degli utenti, per poi in un secondo momento, immettere nel mercato versioni successive di quel prodotto, ovviamente a pagamento. Ritornando al mondo dell'OSS possiamo citare l'esempio di Mods, caso in cui si lascia libero accesso ai giocatori di personalizzare il proprio mondo virtuale, gli ambienti e gli scenari, garantendo la gratuità del gioco e il libero download. La logica che sta alla base di questa prassi è l'utilizzo da parte dell'azienda delle modifiche e personalizzazioni effettuate dagli utenti per generare altre piattaforme di gioco a pagamento. Adattabile al mondo dei beni materiali è anche l'utilizzo dei toolkits, dove le soluzioni migliori possono essere commercializzate e prodotte in serie. Le motivazioni che spingono utenti ed aziende ad operare secondo questa strategia sono da ricercare nella diretta utilità che ogni utente trae dell'utilizzo, nelle ricompense a livello intrinseco e provenienti dall'esterno, come il legame verso una comunità, la marca, e il prodotto, nel riconoscimento e la stima sociali e nelle passioni condivise8. Se da un lato l'adozione di strategie innovative bastate su logiche "aperte" comporta una riduzione dei cosi di ricerca interna e una gestione delle idee e dei progetti molto più rapida e decentrata, è anche vero che tale sistema, per ottenere un ritorno degno di nota sull'investimento, necessita di un maggiore sforzo in termini di coordinamento tra funzioni e organizzazioni, spostando l'attenzione dai settori di R&D interni a un sistema molto più aperto, che coinvolga più attori. È da sottolineare che per controllo non si intende una serie di rigidi comportamenti dettati da figure gerarchicamente superiori, bensì una supervisione del sistema nella sua globalità, assegnando risorse adeguate a seconda delle funzioni richieste, e rispettando comunque determinati standard produttivi precedentemente definiti.
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Uno studio accurato sulle motivazioni che spingono un consumatore a far parte di una comunità sono elencate in un apposita sezione nei capitoli successivi (Cap. 2.7 User community ).