CAPITOLO 5 Moda, Abbigliamento e Puericultura leggera
5.3 Open Wear
Nome: Open Wear Luogo geografico: Milano Fondatori:
Zoe Romano
Sito Web: www.openwear.org
Collaborazioni:
EDUfashion - Progetto europeo per una moda sostenibile;
Poper-Project Leader - studio comunicazione per la sfera pubblica; UK Ethical Economy - Istituto internazionale che promuove i principi dell'economia etica; Università degli Studi di Milano - dipartimento di scienze e politiche sociali;
Denmark Copenhagen Business School - scuola di business focalizzata su imprenditorialità, internazionalizzazione e rapporti di partnership;
Università slovena di Lubiana - facoltà di moda e design;
INTRODUZIONE
Prima di procede con l'analisi del caso Open Wear, è opportuno fornire alcune adeguate precisazioni. Il progetto è del tutto particolare e non conforme alla casistica analizzata in precedenza. È possibile definire Open Wear come un progetto sperimentale, basato su un concetto di moda sostenibile che si concretizza attraverso la realizzazione di una piattaforma collaborativa, utilizzata dagli utenti, per la creazione di capi d'abbigliamento e calzature, mediante la condivisione di modelli e disegni.
Basata su un insieme di valori sociali piuttosto che su fini economici, l'analisi è resa più difficoltosa data l'assenza di una survey tra gli utenti della community. Per la comprensione del caso viene fornita quindi, oltre all'analisi del materiale informativo presente nel sito, nei vari blog e nella community, anche una breve intervista, che però poco rispetta il protocollo di analisi utilizzato fino ad ora. La piattaforma che offre l'organizzazione e il concetto su cui è basata suscita una particolare attenzione, poiché si colloca tra i concetti dell'open innovation e quelli della user entrepreneurship, e fornisce un adeguato riscontro ai costrutti teorici analizzati nei primi capitoli, riguardanti i temi delle community, delle collaborazioni partecipative aperte, del co- working, crowdsourcing, ecc. Inoltre rappresenta un ottimo mezzo per lo sviluppo delle attività imprenditoriali degli utenti, che ottengono la possibilità di utilizzare, a titolo gratuito, il marchio aziendale e un social commerce virtuale (il business plan elaborato non prevede alcuna percentuale di royalty sull'utilizzo del marchio); nella seconda fase è previsto il pagamento di una fee, basata sulla quantità di merce venduta attraverso lo shop on-line.
Openwear è sviluppato sul concetto EDUfashion, un progetto finanziato con il sostegno della Commissione europea allo scopo di promuovere un approccio alternativo alla moda attraverso un ambiente di apprendimento che riconcili due tendenze sociali: l'aumento della domanda di capi d'abbigliamento prodotti secondo logiche sociali di non sfruttamento, ecologicamente sostenibili, di produzione locale, e le crescenti predisposizioni ad un'attività autogestita, incentrato sul lavoro indipendente, socialmente impegnato, per una produzione critica, creativa e multitasking.
Nato dalla collaborazione con Poper, uno degli studi di comunicazione sociale più famosi al mondo, ed Ethical Economy, società londinese specializzata nella creazione di piattaforme etiche e dinamiche per lo sviluppo di progetti comunitari, è il risultato di uno sforzo congiunto di tre università europee: quella italiana, con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano, quella slovena, con la Facoltà di Scienze Naturali di Lubiana, ed infine quella danese, con la partecipazione della Copenhagen Business School. Gli attori coinvolti hanno riunito i loro sforzi per sperimentare una
nuova visione basata sulla collaborazione, l'innovazione e la condivisione di conoscenze e competenze.
Openwear è una piattaforma per la creazione e la distribuzione di istruzioni e saperi, per la produzione di capi d'abbigliamento, che nasce in esplicita contrapposizione alle logiche istituzionali del mondo della moda e dell’abbigliamento di massa.
Il progetto fonda le proprie radici nel mondo dei movimenti sociali degli anni duemila; non a un caso tra i suoi precursori c'è Serpica Naro, il collettivo di lotta allo sfruttamento dei lavoratori impiegati nella moda milanese, che nel 2005 organizzò una finta sfilata, alla quale si precipitarono, ignari, tutti i media mainstream che coprono la settimana della moda: durante questa azione di protesta i capi allegorici presentati denunciavano la condizione del precariato italiano e le condizioni di sfruttamento.
LA PIATTAFORMA
Open Wear è una piattaforma collaborativa per la creazione di moda, nella quale si incontrano piccoli produttori, progettisti, fabbricanti, stilisti, studenti, sarti, ecc. Ai membri della community viene data la possibilità di aprire gratuitamente un proprio spazio web, attraverso la gestione di un profilo. In questa maniera ogni socio avrà accesso a servizi, strumenti e conoscenze della collettività. Inoltre, attraverso la stessa interazione con gli altri membri, prenderà parte ad un processo collaborativo di creazione, incrementando così una conoscenza condivisa, e contribuendo a sviluppare un marchio open source di moda attraverso le varie collezioni.
Uno degli aspetti più significativi del progetto è rappresentato dal fatto che non solo viene concesso gratuitamente (almeno per ora) l'utilizzo dello spazio web per vendere i propri prodotti, ma viene offerta la possibilità di utilizzo del marchio, anch'esso a titolo gratuito. Ogni showbox è nominale, quindi appartiene ad una persona, mentre il marchio Openwear può essere affiancato alla firma dell'autore e al suo simbolo personale. Le collezioni collettive sono invece il frutto di un lavoro comune, sviluppato in un tempo limitato, da un gruppo eterogeneo di designer. In questo caso ogni capo
non è riconducibile ad un autore preciso, ma viene riconosciuto in base al suo contributo generico alla collezione.
Si vuole così spostare l'attenzione su una nuova visione della moda, basata sulla micro- comunità e sulla sostenibilità. L'acquisto dei capi è limitato ai membri della community, quindi è necessario registrarsi come associato, anche se ciò non comporta un obbligo di produzione. La navigazione all'interno del market place è molto intuitiva ed offre agli utenti la possibilità di poter scaricare a titolo gratuito una serie di collaborazioni condivise, da cui si possono produrre capi e venderli sotto il marchio collettivo. Inoltre, si può mostrare agli utenti le proprie creazioni o le modifiche effettuate sulle collezioni condivise. Quest'ultimo è un aspetto molto importante poiché rappresenta il concetto che sta alla base del progetto. La moda creata attraverso questi strumenti risulta essere in continua evoluzione, mai statica, e soprattutto soggetta alle modifiche di chiunque voglia apportare cambiamenti o variazioni.
I FINANZIAMENTI
Il programma ha beneficiato per un periodo di due anni di una sovvenzione proveniente dall'Unione Europea e di un finanziamento incrociato dei quattro soci. Al momento si stanno cercando altre forme di supporto, con lo scopo di coinvolgere sia le istituzioni pubbliche, puntando sempre sui temi etici e sociali, sia sponsor privati.
GLI STRUMENTI WEB 2.0
Anche in questo caso gli strumenti web 2.0 rivestono un'importanza cruciale in ogni fase dell'intero progetto. Com'è facilmente intuibile, la rete di relazioni che si instaura tra i membri della community si basa su principi di social marketing, realizzabili unicamente attraverso le nuove tecnologie informatiche. Al momento l'interazione tra gli utenti è basata sulla condivisione di foto e disegni, anche se si sta lavorando per la realizzazione di strumenti di editor on-line, che permettano ai disegnatori di sviluppare le proprie creazioni direttamente dal sito.
L'importanza del web è fondamentale, anche se vengono integrati con numerosi strumenti offline, come workshop e open day. Attualmente si sta lavorando per realizzare il progetto di un FabLab mobile, offrendo la possibilità agli utenti che non possiedono macchinari e competenze di condividere un laboratorio di produzione che si sposta di città in città. Il concetto si potrebbe portare ad un livello superiore nel momento in cui non sia Open Wear a controllare direttamente queste sartorie, ma siano gli stessi membri della community, condividendo degli open space in un'ottica completamente informale ed affiliata ad un network.
CONCLUSIONI
Permettendoci un breve giudizio personale dopo un'attenta analisi del caso, si potrebbe ipotizzare che Open Wear sia indirizzato ad una duplice tipologia di utenti: da una parte è presente un utente professional user, che ha avuto recentemente a che fare con il mondo della moda e vuole continuare a realizzare le proprie idee, vendendole attraverso un canale distributivo diverso; dall'altra un utente end user, che, estraneo ad ogni dinamica riguardante il settore moda, ne è comunque affascinato e vuole utilizzare la piattaforma open per acquisire conoscenze basilari e condividere dubbi, allo scopo di avviare un'eventuale attività sartoriale in futuro. Ovviamente si è consapevoli che queste sono solo supposizioni, e che tali ipotesi possono essere confermate solo attraverso un'indagine tra membri della community.