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Un nuovo processo amministrativo e una nuova concezione di interesse legittimo.

Capitolo 3: La soluzione prospettata dal legislatore.

B) Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n 3.

4. Un nuovo processo amministrativo e una nuova concezione di interesse legittimo.

Per l'Adunanza plenaria, la ormai definitiva affermazione del principio della autonomia processuale tra istanza annullatoria e istanza

risarcitoria, e dunque il tramonto della pregiudiziale pura, o meglio processuale, è in linea con la tendenza legislativa (nazionale) a superare il modello, ormai anacronistico, della esclusività del rimedio impugnatorio tra le tecniche di tutela dell'interesse legittimo. Difatti, già dal 1990, si sono aggiunte tutele diverse. La Legge "sul

procedimento amministrativo"207 ha ammesso la tutela dichiarativa in

materia di azione di nullità e l'azione di condanna in tema di azione nei confronti del silenzio non significativo. La Legge n. 205/2000 ha inserito più specificamente l'azione risarcitoria. Con il codice del processo amministrativo, sostiene il Consiglio di Stato, siamo giunti al compimento di un "lungo e costante processo evolutivo tracciato dal

legislatore e dalla giurisprudenza"208 che ha ampliato le tecniche di

tutela dell'interesse legittimo, introducendo il principio della pluralità delle azioni. Con il codice del processo amministrativo, alla tutela impugnatoria, si aggiungono la tutela di condanna (risarcitoria e reintegratoria ex articolo 30), la tutela dichiarativa (cfr. l'azione di nullità dell'atto amministrativo ex articolo 31, comma 4) e,

addirittura, prosegue il Consiglio di Stato, seppure in maniera non esplicita, sarebbe stata prevista dal codice anche la tanto discussa "azione di adempimento"(detta anche "azione di condanna

pubblicistica"), con essa si intende l'azione di condanna ad un facere specifico avente ad oggetto l'emanazione dell'atto illegittimamente rifiutato. La commissione, istituita dal Governo presso il Consiglio di Stato, aveva disciplinato la suddetta azione nella bozza di codice. Tuttavia, il Governo, su richiesta della Commissione Giustizia della Camera, ha "sforbiciato"209 la norma dal testo definitivo. L'operazione

non è andata esente da critiche e c'è chi, addirittura, ha parlato di "codice mutilato"210.

Riprendendo le file del discorso, il Consiglio di Stato ha ricavato comunque l'ammissibilità dell'azione di condanna volta ad ottenere l'adozione dell'atto amministrativo richiesto, a patto che non vi osti la sussistenza di profili di discrezionalità amministrativa e tecnica (poichè ciò sarebbe contrario al principio di divisione dei poteri). Ciò è

desumibile, secondo i giudici amministrativi, dal "combinato disposto

208 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3.

209 Per usare il termine di F. Merusi nello scritto “in viaggio con Laband”, giustamm.it,4/2010.

210 F. Merusi nello scritto “in viaggio con Laband”, giustamm.it,4/2010. L'autore parla di “codice mutilato” riferendosi non solo alla mancata disciplina dell'azione di adempimento, ma anche relativamente ad altre “sforbiciate” operate dal Governo alla bozza di codice proposta dalla commissione insediata presso il Consiglio di Stato.

dell'articolo 30, comma 1, che fa riferimento all'azione di condanna senza una tipizzazione dei relativi contenuti e dell'articolo 34, comma I, lettera c), ove si stabilisce che la sentenza di condanna deve

prescrivere l'adozione di misure idonee a tutelare la situazione soggettiva dedotta in giudizio"211.

Infine, a confermare il mutato ruolo dell'azione di annullamento nel processo amministrativo, l'Adunanza plenaria cita l'articolo 21 octies, comma II, della legge "sul procedimento amministrativo"212, il quale

dispone che non è suscettibile di annullamento un provvedimento amministrativo affetto da meri vizi procedimentali o formali che non abbiano influito sul contenuto dispositivo dell'atto finale; e l'articolo 34, comma III, c.p.a. , il quale stabilisce che qualora nel corso del giudizio l' annullamento dell'atto non risulti più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse a fini risarcitori.

Ed allora, arrivando al punto, il Consiglio di Stato attesta l'avvenuto superamento della centralità della tutela di annullamento nel

processo amministrativo, ma non solo, è avvenuta una vera e propria "trasformazione del giudizio amministrativo"213, il quale diventa da

"giudizio amministrativo sull'atto, teso a vagliarne la legittimità alla

stregua dei vizi denunciati in sede di ricorso e con salvezza del

riesercizio del potere amministrativo, a giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto, volto a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata"214.

A mio avviso, è proprio questo il cuore della sentenza, perchè

211 Ad oggi,con l'intervento del decreto legislativo n. 160/2012 modificativo del codice, la possibilità di esperire l'azione di adempimento è stata confermata. 212 Articolo introdotto dall'articolo 14 della Legge n. 15/2005.

213 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3. 214 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3.

rappresenta il mutamento della concezione del processo

amministrativo e, di conseguenza dell'interesse legittimo. La decisione sembra realizzare il progetto innovativo che il codice aveva soltanto indicato, "spazza via le mille paure e le troppe timidezze che avevano

accompagnato la nascita del codice"215

Osservando adesso da un diverso angolo visuale, l'Adunanza plenaria offre una concezione di interesse legittimo rinnovata e moderna. Infatti, a seguito della descritta dilatazione delle tecniche di

protezione, viene confermata e potenziata la dimensione sostanziale dell'interesse legittimo. Adesso, ammette il Consiglio di Stato,

"l'interesse legittimo non rileva come situazione meramente

processuale, ossia quale titolo di legittimazione per la proposizione del ricorso al giudice amministrativo, nè si risolve in un mero interesse alla legittimità dell'azione amministrativa in sè intesa, ma si rivela

posizione schiettamente sostanziale, correlata, in modo intimo e inscindibile, ad un interesse materiale del titolare ad un bene della vita, la cui lesione ( in termini di sacrificio o di insoddisfazione a seconda che si tratti di interesse oppositivo o pretensivo) può concretizzare un pregiudizio.

L'interesse legittimo va, quindi, inteso come la posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita interessato dall'esercizio del potere pubblicistico, che si compendia

nell'attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa dell'interesse al bene"216. Alla fine il profilo sostanziale risulta

essere il più interessante, il Consiglio di Stato ha infatti emancipato definitivamente l'interesse legittimo da un ruolo subalterno nella classificazione delle situazioni giuridiche soggettive, assegnandoli una

dignità pari a quella del diritto soggettivo217. Come spesso accade, la

dottrina arriva prima della giurisprudenza, molto prima! In argomento difatti, trenta anni fa, uno dei massimi giuspubblicisti italiani, Umberto Allegretti, asseriva che l'interesse legittimo non consiste nel mero interesse del cittadino alla legittimità dell'azione amministrativa, ma è interesse ad un concreto bene della vita, benchè tutelato con un ambito meno pieno di tutele218.Se non fosse ancora chiaro, la

questione del revirement sul concetto di interesse legittimo è legata a doppio nodo alla questione sulla autonomia della domanda

risarcitoria, infatti, se da una parte l'aver ampliato lo spettro di strumenti per la tutela degli interessi legittimi fa sì che muti ed evolva la sua natura sostanziale, all'inverso la sua nuova concezione (più simile a quella del diritto soggettivo) giustifica il fatto che la domanda risarcitoria possa essere limitata alla richiesta di ristoro patrimoniale senza una previa o contestuale azione demolitoria del provvedimento amministrativo cagionante il danno che si pretende risarcito.

Dunque, nota dello scrivente, il ragionamento sviluppato dal Consiglio di Stato ha un iter circolare, l'argomentazione può indifferentemente partire o terminare con l'affermazione della autonomia della

domanda risarcitoria, col principio del rinnovato processo

amministrativo o con la asserzione della rinnovata veste dell'interesse legittimo.

5.Il nesso eziologico.

modernità” in giustizia-amministrativa.it ,3/2011. 216 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3.

217 N. Paolantonio, “L'interesse legittimo come (nuovo) diritto soggettivo (in margine a Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 23 marzo 2011, n. 3), giustamm.it, 2009.

218 U. Allegretti, “pubblica amministrazione e ordinamento democratico”, foro.it, 1984.

Il Consiglio di Stato, come abbiamo appena detto, mette da parte la

pregiudizialità amministrativa (in senso stretto) e riconosce l'interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita. A questo punto, l'indagine sul rapporto tra azione demolitoria e azione risarcitoria si sposta dal terreno processuale al piano prettamente sostanziale. La mancata proposizione della domanda annullatoria non costituirà più un mero problema tecnico-processuale di ammissibilità della domanda, ma sarà un elemento che il giudice dovrà considerare nella valutazione del comportamento complessivo delle parti, le quali dovranno essersi attenute ai principi civilistici di buona fede, diligenza e dovere di leale collaborazione 219, altrimenti il nesso causale220 tra la

condotta della pubblica amministrazione e il danno cagionato,

elemento imprescindibile per la configurazione della fattispecie di cui all'articolo 2043, rischia di interrompersi, portando l'istanza

risarcitoria ad un esito negativo ovvero ad incidere negativamente sul

quantum del risarcimento richiesto.

L'utilità (anche) pratica di questa sentenza è quella di applicare la nuova disciplina e quindi spiegare in concreto in cosa consista la condotta processuale del "danneggiato modello"221. Infatti, come

qualche commentatore non tardò ad osservare subito dopo la stesura del codice del giudizio amministrativo, la lettura dell'articolo 30, secondo periodo del comma III, c.p.a. , se letta non con le lenti

219 Al fine di percepire la portata innovativa che la decisione ad oggetto offre, si deve sempre tenere a mente che nella controversia sottoposta all'attenzione del Consiglio non è applicabile il codice del processo amministrativo!

220 Il nesso causale è richiamato dall'articolo 1223 c.c ed è applicabile, oltre che nelle fattispecie di responsabilità contrattuale, anche in quelle di responsabilità extracontrattuale ( articolo 2056 c.c.).

221 V. Di Capua, “dal rito al merito: il Consiglio di Stato rinnega gli argomenti a sostegno della pregiudiziale”, amministrazione in cammino, 2011.

positive dell'equilibrio e del buon senso ma, a contrario, con quelle deformate dall'aspro confronto degli anni 2000222, poteva portare ad

una riaffermazione, seppure mascherata, del principio della pregiudizialità amministrativa.

Ebbene, si può tirare un sospiro di sollievo, perchè ciò non è avvenuto, il Consiglio di Stato con tale sentenza firma un vero e proprio

armistizio. Finalmente.

La lettura della norma è stata dunque ragionevole. Come pacifico anche in dottrina, l'Adunanza scorge nel testo dell'articolo 30 un chiaro rimando all'articolo 1227, comma II, c.c. .

Tuttavia, il tema del nesso eziologico è uno dei più dibattuti e complicati nel mondo del diritto, soprattutto in ambito penale (dal quale il diritto civile ha talvolta preso spunto). In sostanza, la causalità giuridica è un rilevante problema giuridico che non è stato risolto appieno dalle leggi.223

L'Adunanza plenaria opera "una ricognizione dei principi civilistici in

tema di causalità giuridica e di principio di auto-responsabilità, il codice del processo amministrativo sancisce la regola secondo cui la tenuta da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla

probabilità relativa (secondo il criterio del 'più probabilmente che non' : Cassazione, Sezioni unite, 11 gennaio 1008, n. 577; sez. III, 12 marzo 2010, n. 6045), recide, in tutto o in parte, il nesso causale che, ai sensi dell'articolo 1223 c.c. , deve legare la condotta antigiuridica alle

222 G. Pellegrino, “Adunanza plenaria n. 3 del 2011. Il giudice amministrativo nella modernità”, giustizia-amministrativa.it , 3/2011.

conseguenze dannose risarcibili."224

Il Consiglio di Stato aggiunge che nella valutazione del

comportamento complessivo dovrà essere considerato non solo la mancata impugnazione del provvedimento dannoso, ma anche la mancata attivazione di altri rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno quali i ricorsi amministrativi e l'invito all'autotutela225.

I giudici amministrativi, con la sentenza ad oggetto, ricostruiscono l'istituto del nesso di causalità secondo gli orientamenti della dottrina maggioritaria civilistica. La teoria della "doppelter kausalnexus" elaborata dalla dottrina italiana sulla scorta di quella tedesca è stata fatta propria anche dalla Cassazione226 e scompone in due diversi

segmenti il nesso causale in materia di illecito civile.227

Il primo stadio della causalità (c.d. causalità materiale) inerisce al rapporto tra condotta illecita (o inadempitiva) e danno-evento e "valorizza il concorso di colpa del danneggiato come fattore che limita

il risarcimento del danno-causato in parte dallo stesso danneggiato o dalle persone di cui questi risponde". A tale segmento è riferito il

comma I dell'articolo 1227 c.c. .

Il secondo segmento, in cui si scompone il nesso di causalità, a cui fa riferimento il comma II dell'articolo 1227 c.c., è relativo al

collegamento tra il fatto dannoso e le sue conseguenze (c.d. Causalità giuridica).

Nel tempo, la giurisprudenza e la dottrina hanno mutato

224 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3.

225 Si ricordi che la commissione insediata presso il Consiglio di Stato aveva inserito esplicitamente il richiamo all'autotutela nella valutazione di cui all'articolo 30, secondo periodo, III comma, c.p.a. , ma il Governo lo aveva, in seguito, rimosso. 226 A riguardo si veda Corte di Cassazione 26/1/1971 n. 174, e in epoca più

recente,Corte di Cassazione 1/7/2002 n. 9556. 227 E. Navarretta, Diritto civile, 2009.

l'interpretazione della norma del nesso eziologico, in particolare del comma II dell'articolo 1227 c.c.. Infatti, se prima era richiesto un obbligo meramente negativo al danneggiato (astenersi dall'aggravare il danno), adesso a quest'ultimo è richiesto un obbligo talvolta anche di segno positivo, qualora possa essere esplicata una condotta attiva volta a evitare o ridurre il danno. Tale rinnovato orientamento si fonda su una lettura del suddetto comma II "alla luce delle clausole generali

di buona fede e correttezza di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c., e , soprattutto del principio di solidarietà sociale sancito dall'articolo 2 della Costituzione"228.

Continuando nella ricostruzione del nesso eziologico alla stregua degli orientamenti civilistici maggioritari, i giudici di palazzo Spada

affermano che tali obblighi positivi esigibili dal danneggiato trovano il limite dell' "apprezzabile sacrificio", ciò significa che colui che ha subito il danno "è tenuto ad agire diligentemente per evitare

l'aggravarsi del danno, ma non fino al punto di sacrificare i propri rilevanti interessi personali e patrimoniali, attraverso il compimento di attività complesse, impegnative e rischiose. L'obbligo di cooperazione gravante sul creditore, espressione del dovere di correttezza nei rapporti fra gli obbligati, non comprende, pertanto, l'esplicazione di attività straordinarie o gravose attività, ossia un "facere" non corrispondente all'id quod plerumque accidit."229.

E allora, arriva finalmente al dunque il Consiglio di Stato, l'esperimento dell'azione giudiziaria rientra nel novero dei comportamenti esigibili dal danneggiato ai sensi dell'articolo 30, secondo periodo del comma II, c.p.a.?

Per rispondere alla domanda (risolvente il caso oggetto del giudizio),

228 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3. 229 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3.

l'Adunanza opera un brillante richiamo alla recente giurisprudenza della Corte di Cassazione. Secondo l'orientamento tradizionale il comportamento operoso richiesto al creditore non ricomprenderebbe l'esperimento dell'azione giudiziaria "trattandosi di attività per

definizione complessa e aleatoria, come tale non esigibile in quanto esplicativa di una mera facoltà, dall'esito non certo”230. Tuttavia,

essendo applicabile anche nella fase processuale il principio del divieto di abuso del diritto, tale indirizzo merita una rivisitazione. Il Consiglio di Stato rammenta in merito la sentenza delle sezioni unite, 15 novembre 2007, n. 23726231, la quale afferma dottamente che nel

nostro ordinamento trova vigenza " un generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva, che, ai sensi dell'articolo 2 Costituzione e dell'articolo 1175 c.c. , permea le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto" e, pertanto, costituisce abuso del diritto la moltiplicazione di azioni di tutela che potevano essere esercitate unitariamente. Per cui analogamente, rileva la plenaria, si abusa del diritto che fa capo al danneggiato anche se si omette il ricorso ad uno degli strumenti che l'ordinamento fornisce per cercare di limitare o inibire gli effetti dannosi cagionati dall'altrui ingiusta attività lesiva232. Ecco dunque plasmata la figura

dell'abuso del processo, che nasce dalla constatazione delle Sezioni unite233 per cui il divieto di abuso del diritto attiene non solo alla fase

fisiologica del rapporto debitore-creditore, ma anche quella patologica.

Allora, tenuto conto della interpretazione evolutiva dell'articolo 1227

230 Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 23/3/2011 n. 3.

231 L'Adunanza plenaria cita a conferma anche Corte di Cassazione, sez. III, 3 maggio 2008, n. 15476; Corte di Cassazione, sez. II, 27 maggio 2008, n. 13791. 232 G. Pellegrino, “Adunanza plenaria n. 3 del 2011. Il giudice amministrativo nella

modernità”, giustizia-amministrativa.it , 3/2011. 233 Corte di Cassazione, sez. I, 3/5/2010 n. 10634.

c.c., per cui al danneggiato è richiesta una condotta, talvolta anche attiva, mirata a limitare od evitare il danno, con il limite dell' "apprezzabile sacrificio"; tenuto altresì conto che il mancato

esperimento di azioni di tutela può costituire un abuso del diritto da parte del danneggiato, si deve allora reputare che la mancata

impugnazione di un provvedimento amministrativo, nell'ipotesi in cui si accerti che una tempestiva impugnazione dell'atto lesivo avrebbe plausibilmente (secondo il criterio del "più probabilmente che non") potuto evitare o limitare il danno, costituisce "violazione dell'obbligo

di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l'effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile. Detta omissione, apprezzata congiuntamente alla successiva proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che la tempestiva azione di annullamento avrebbe scongiurato, rende configurabile un comportamento

complessivo di tipo opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di autoresponsabilità cristallizzato dall'articolo 1227, comma II, c.c. , implica la non risarcibilità del danno evitabile."234

A diversa conclusione si giungerà invece nei casi in cui la decisione di non impugnare l'atto sia frutto di una scelta ragionevole. L'adunanza fornisce all'uopo l'esempio in cui l'atto abbia immediatamente

prodotto una modificazione della realtà di fatto irreversibile e dunque venga meno l'interesse alla demolizione.

Con riferimento al caso concreto, il Consiglio di Stato, nonostante riconosca l'illegittimità del provvedimento di sospensione dalle gare per nove mesi (a causa dell'assenza di una adeguata istruttoria e di una congrua motivazione riguardo l'effettiva addebitabilità alla Rem s.p.a della responsabilità per l'incidente mortale occorso al suo

dipendente che ha indotto l'ENEL ad adottare il provvedimento lesivo) afferma che la condotta tenuta dall'impresa danneggiata abbia violato il canone della ordinaria diligenza statuito dall'articolo 1227, comma II, c.c. , interrompendo così il nesso eziologico tra la condotta del danneggiante e la produzione del danno. Infatti "la totale inerzia

osservata dall'appellante, nella coltivazione di rimedi giudiziali e di iniziative stragiudiziali, lungo tutto l'arco temporale nel corso del quale l'atto ha spiegato il suo effetto inibitorio e per un ulteriore e assai ampio spatium temporis, integra alla luce della gravità degli effetti lesivi denunciati, una chiara violazione degli obblighi

cooperativi che gravano sul creditore danneggiato. L'Adunanza reputa che la tempestiva utilizzazione di tali rimedi avrebbe consentito di ottenere l'ammissione alle singole procedure, e quindi, di perseguire una tutela specifica dell'interesse leso. Si deve allora convenire che il comportamento dell'appellante ha assunto un ruolo eziologico decisivo nella produzione di un pregiudizio che il corretto utilizzo dei rimedi rammentati, inquadrato nella condotta complessiva esigibile, avrebbe plausibilmente consentito di evitare, alla luce dei vizi

denunciati, della gravità del pregiudizio lamentato e del tasso di effettività della tutela che i mezzi non sperimentati avrebbero consentito di ottenere"235.

Concludendo con un commento generale sulla sentenza si può dire che quest'ultima abbia fornito le risposte alle domande che i primi commentatori del codice avevano immediatamente formulato, in

primis l'interpretazione del secondo periodo del comma III, articolo

30. Addirittura c'è chi, peccando forse di troppo entusiasmo,

commenta che questa decisione costituisce l'architrave del ruolo del

giudice amministrativo236.

Stupisce inoltre la nonchalance con cui l'Adunanza plenaria suggella i principi affermati dal codice come se questi fossero da tempo vigenti, a nulla rilevando che principi diametralmente opposti hanno costituito per quasi dieci interi anni il perno delle argomentazioni del Consiglio di Stato a sostegno della pregiudiziale amministrativa237.