• Non ci sono risultati.

Otto ragioni per cui l'articolo 30, comma V, c.p.a è incostituzionale.

CAPITOLO 4: Giurisprudenza successiva al codice e requisiti di un ricorso giurisdizionale amministrativo per la richiesta di risarcimento

2. Otto ragioni per cui l'articolo 30, comma V, c.p.a è incostituzionale.

Il T.A.R. Sicilia dubita della legittimità costituzionale del suddetto articolo in riferimento agli articoli 3, 24, 103 e 113 della Costituzione. Otto sono i motivi per cui si presume che la norma violi i parametri costituzionali suindicati:

a) la ratio posta alla base delle disposizioni che prevedono termini di decadenza per quanto riguarda l'azione di annullamento di

provvedimenti giuridici emanati da poteri pubblici e da soggetti privati è pacifica: si trova nella esigenza di certezza del diritto e di stabilità dei rapporti giuridici connessa al rilievo che il provvedimento esprime un assetto di interessi rilevante sul piano superindividuale. Infatti “ il

bilanciamento tra il diritto degli interessati a sollecitare un sindacato giurisdizionale dell'atto, e l'interesse a definire sollecitamente la relativa vicenda in modo da non esporre ad un arco temporale eccessivamente lungo la sorte della fonte di un rapporto giuridico rilevante per una collettività di soggetti, consente di individuare nella previsione di un termine di impugnazione a pena di decadenza – purchè il relativo termine sia ragionevole e non renda eccessivamente difficile l'esercizio del diritto – il soddisfacente punto di equilibrio del

sistema”252.

Diversamente, questo ragionamento non può trovare applicazione in materia di domanda risarcitoria poiché l'esposizione del debitore all' istanza di risarcimento non inciderebbe né sui rapporti giuridici di cui lo stesso soggetto è titolare né sulla certezza delle situazioni e

posizioni giuridiche correlate, rilevando soltanto sul piano della reintegrazione patrimoniale conseguente al danno. Dunque il legislatore avrebbe dovuto, più ragionevolmente, prevedere un termine di prescrizione. Difatti, è noto che, per la teoria generale del diritto, la prescrizione ha per oggetto un rapporto (azione o diritto sostanziale) che per effetto di essa si estingue, diversamente, l'istituto della decadenza ha per oggetto un atto che per effetto di essa non può più essere realizzato. E, ad avviso del T.A.R., la disciplina dell'azione di risarcimento del danno appare ragionevolmente compatibile con la prima e non con la seconda. Ma non solo,

essendoci marcate differenze di struttura e di effetti tra prescrizione e decadenza, non sarebbe difficile scorgere una precisa e diversa

connotazione funzionale dei due istituti, tale che una applicazione differenziata sarebbe in palese contrasto con il principio di

ragionevolezza. Secondo i risalenti insegnamenti della dottrina civilistica, mentre la prescrizione è legata all'inerzia del titolare del diritto, la decadenza, differentemente, esprime un'esigenza di certezza del diritto così perentoria da essere tutelata

indipendentemente dalla possibilità di agire del soggetto interessato. Dunque, concludono i giudici sul punto, in materia di risarcimento del danno da provvedimento amministrativo non sussiste una esigenza di certezza che implichi una significativa compressione del diritto di azione del danneggiato.

b) Un utile accostamento può essere fatto con la situazione di cui all'articolo 1495 c.c. in materia di azione di risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta: in tale fattispecie la denuncia del vizio deve avvenire entro un brevissimo termine di decadenza (fissato in otto giorni e correlato alla esigenza di certezza dei traffici giuridici), però la successiva azione risarcitoria, subordinata alla pregiudiziale e

tempestiva denuncia, soggiace, coerentemente, ad un termine di prescrizione annuale.

La situazione è strutturalmente uguale a quella dell'illecito da provvedimento amministrativo nel caso in cui sia impugnato pregiudizialmente l'atto da cui deriva il danno, con la rilevante differenza che, se il termine decadenziale di sessanta giorni è

ampiamente giustificato dalla funzione che lo stesso provvedimento assolve, diversamente la successiva azione risarcitoria è anch'essa soggetta ad un termine decadenziale e non ad un ordinario termine di prescrizione. Ciò comporta una compressione del diritto di difesa del danneggiato tanto significativa quanto ingiustificata, dal momento che manca un giustificato interesse antagonista;

c) sebbene nel caso di istanza risarcitoria esperita autonomamente, l'accertamento sia pure incidentale (e dunque senza effetti sul rapporto) della illegittimità del provvedimento cagionante la lesione potrebbe in astratto giustificare la previsione di tale termine, nel caso previsto dal comma V dell'articolo 30 c.p.a., la definitiva certezza giuridica che si produce sul rapporto al momento del passaggio in giudicato della sentenza che statuisce sulla domanda di annullamento dell'atto priva di qualsiasi giustificazione logica la previsione di un breve termine di decadenza per la proposizione dell'istanza risarcitoria incidente solamente sul piano della regolazione patrimoniale delle

conseguenze dell'illecito.

d) ogni termine decadenziale è comunque soggetto al limite stabilito dall'articolo 2965 c.c.. Tale disposizione statuisce che: “è nullo il patto

con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono

eccessivamente difficile ad una delle parti l'esercizio del diritto”. Il

criterio è applicabile anche nelle ipotesi di decadenza legale con la differenza che nell'ipotesi esplicitata nel suddetto articolo, della verifica del termine si occupa il giudice ordinario, mentre, nell'ipotesi della decadenza legale la valutazione spetta al giudice delle leggi. Il profilo di ragionevolezza, secondo il T.A.R. è dunque violato sia sotto il profilo della previsione di un termine decadenziale in luogo di un termine di prescrizione, sia nella previsione di un termine di soli centoventi giorni, il quale rende eccessivamente difficile l'esercizio del l'azione risarcitoria al danneggiato;

e) oltre alle argomentazioni teorico-generale disciplinari sopra esposte, il giudizio di irragionevolezza sostenuto dal T.A.R. si fonda anche sull'assenza di un tertium comparationis, che giustifichi l'introduzione di una simile disciplina;

f) per quanto riguarda il sesto motivo di illegittimità, il Tribunale cita la relazione al codice del processo amministrativo nel punto in cui giustifica l'apposizione del termine di centoventi giorni “sul

presupposto che la previsione di termini decadenziali non è estranea alla tutela risarcitoria, vieppiù a fronte di evidenti esigenze di

stabilizzazione delle vicende che coinvolgono la pubblica amministrazione”. Il T.A.R. critica innanzitutto la prima parte

dell'affermazione, poiché nella realtà ordinamentale in realtà i termini decadenziali riguardano piuttosto le attività propedeutiche alla proposizione dell'azione risarcitoria ma mai direttamente

quest'ultima. Inoltre critica la seconda parte dell'affermazione perchè, come già accennato, se le esigenze di stabilità possono al più

riscontrarsi nell'ipotesi di esperimento dell'azione risarcitoria in via autonoma, senza dubbio non trovano alcun appiglio nel caso di domanda proposta dopo la caducazione del provvedimento;

g) l'introduzione di un breve termine decadenziale, in deroga al diritto comune, determinerebbe una compressione significativa delle

condizioni di accesso alla tutela risarcitoria e dunque si porrebbe in contraddizione con il principio di pienezza ed effettività della tutela, quest'ultimo, oltre che esser stato affermato dalla Corte

Costituzionale con le sentenze dell' 11/5/2006 n. 191 e del 6/7/2004 n. 204, trova la sua consacrazione proprio nell'articolo 1 del codice del processo amministrativo;

h) infine, indipendentemente da come si qualifichi la situazione giuridica soggettiva del danneggiato che domanda il risarcimento del danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa ( diritto soggettivo o interesse legittimo), la previsione del termine di

decadenza non sarebbe ragionevole: nel caso in cui si supponga che si tratti di diritto soggettivo, non troverebbe giustificazione una

disciplina diversa da quella stabilita per ogni altro diritto dalla clausola generale di responsabilità aquiliana di cui all'articolo 2043 c.c. poiché la pubblica amministrazione sarebbe un debitore la cui posizione non si differenzia in nulla da quella dell'obbligato ex delicto; in caso contrario, se si suppone si tratti di situazione di interesse legittimo, la complementarietà dei rimedi evocata dalla stessa giurisprudenza costituzionale citata sub g), ha un senso solo se si mantiene la diversità strutturale delle due azioni. Se invece “si assimila – quanto

complementarietà si riduce ad una astratta petizione di principio, risolvendosi in concreto la tutela dell'interesse legittimo nella sola possibilità di contestare entro un breve termine di decadenza la legittimità del provvedimento (a fini caducatori, ovvero a fini risarcitori).”253

il T.A.R. siciliano, oltre ad aver stilato questo corposo elenco di motivi di incostituzionalità, non manca di sottolineare come dello stesso avviso sia parte della più autorevole dottrina, la quale evidenzia come l'articolo 30 sia frutto unicamente di una logica compromissoria, volta a porre fine al “conflitto” tra la Suprema Corte ed il Consiglio di Stato. Solo per questo motivo si sarebbe arrivati a sancire la possibilità di proposizione autonoma della domanda risarcitoria ma

assoggettandola ad un breve termine di decadenza. Il quadro

complessivo alla fine non regge sul piano teorico. E quindi la critica più diffusa è proprio quella della irragionevolezza della disposizione dovuta alla carenza di una sua giustificazione razionale.