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Oltre il vicino, competenze geografiche per la scuola secondaria di primo grado

Nel documento La geografia (pagine 53-60)

4. Oltre il vicino, competenze geografiche per la

Dunque per indagare il nostro rapporto con il mondo occorrono chiavi interpretative che ci permettano di andare oltre la semplice percezione sen-soriale e strumenti che permettano il superamento dei limiti dettati dalle no-stre dimensioni fisiche. La geografia scolastica, almeno nel primo ciclo d’i-struzione, ha proprio il compito di far acquisire agli alunni i concetti chiave della geografia, che permettono l’interpretazione dell’assetto spaziale, e la capacità, almeno a livello rudimentale, di utilizzare e di interpretarne in modo critico i risultati e le rappresentazioni degli strumenti utilizzati per l’analisi spaziale. Questi due compiti si accordano perfettamente all’evolu-zione psicologica che i bambini/ragazzi compiono in quella fase della loro crescita: il passaggio da una visione egocentrica ad una visione eterocentrica del mondo (Giorda, 2006, pp. 17-21) che può e deve dunque utilizzare con-cetti non strettamente personali e strumenti capaci di rappresentarlo da un punto di vista diverso dal proprio.

Le Indicazioni nazionali sintetizzano il corredo concettuale e strumentale che i bambini e i ragazzi devono acquisire in quattro nuclei tematici: orien-tamento, linguaggio della geo-graficità, paesaggio e regione e sistema terri-toriale. Significativamente il testo ministeriale ne parla però come di compe-tenze, che potremmo definire un insieme di conoscenze e abilità e, soprat-tutto, dell’habitus mentale per trasformarle in capacità operative atte a risol-vere i problemi pratici e intellettuali che di volta in volta si presentano nel contesto di vita dell’alunno e, in futuro, dell’adulto. Dunque «si tratta […] di andare ben oltre l’acquisizione di conoscenze e abilità, favorendo in ogni studente lo sviluppo della capacità di progettare strategie di volta in volta idonee ad affrontare situazioni problematiche» (Pasquinelli d’Allegra, 2016, p. 58).

Direi di più, le competenze non si possono acquisire e misurare che nelle condizioni concrete, come dire che è risolvendo dei problemi concreti che ci si appropria del bagaglio intellettuale necessario a risolverli, ribaltando in questo modo la tradizionale sequenza della didattica trasmissiva e, con ciò, facendo della vera didattica attiva.

Le competenze geografiche, secondo la documentazione ministeriale, la riflessione didattica e la prassi ormai consolidata nelle scuole, vengono sco-perte/applicate in spazi dalle dimensioni crescenti in funzione della crescita anagrafica e psicologica degli alunni.

Se nella scuola dell’infanzia l’esperienza spaziale si sviluppa sostanzial-mente negli e tramite gli spazi più vicini, sia da un punto di vista psicologico che spaziale, e nella scuola primaria prevalentemente negli spazi esperiti di-rettamente dagli alunni, nella scuola secondaria di primo grado l’orizzonte si allarga. I “traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola

secondaria di primo grado” proposti dalle Indicazioni nazionali si prefig-gono, tra l’altro, che lo studente riconosca «nei paesaggi europei e mondiali, raffrontandoli in particolare a quelli italiani, gli elementi fisici significativi e le emergenze storiche, artistiche e architettoniche, come patrimonio naturale e culturale da tutelare e valorizzare» (MIUR, 2012).

Ora la problematica chiave per l’insegnamento della geografia nella scuola secondaria di primo grado consiste nella necessità di operare un allar-gamento di prospettiva dal vissuto e dal vicino al lontano, pur mantenendo una modalità di insegnamento attiva e concreta, evitando di far rientrare le

“sterili nomenclature”, gli elenchi di dati e le acritiche descrizioni da man-dare a memoria, espulsi dalla disciplina geografica nella scuola primaria, nel successivo grado di scuola.

Si tratta in pratica di coniugare attivismo e osservazione indiretta di pae-saggi, regioni e luoghi lontani e, soprattutto, di promuovere un apprendi-mento significativo pur riferito a regioni generalmente non conosciute diret-tamente. In questa esigenza consiste la difficoltà di insegnare geografia nella scuola Secondaria di primo grado.

Daniela Pasquinelli d’Allegra (2016, p. 70) ci ricorda quali sono secondo Ausubel (1968) le premesse per un apprendimento significativo e cioè il coinvolgimento affettivo-emotivo da parte dell’alunno, l’aggancio alla sua matrice cognitiva e la sua partecipazione alla costruzione della conoscenza.

Attorno a questi elementi fondamentali si deve costruire un insegnamento efficace e duraturo della disciplina.

A ben vedere queste tre caratteristiche dell’insegnamento significativo sono strettamente correlate.

Un insegnamento che coinvolga affettivamente l’alunno (ma perché ciò avvenga è fondamentale che ne sia coinvolto anche l’insegnante) deve susci-tare la curiosità nei confronti dell’oggetto di studio, deve far sentire la neces-sità di approfondimento/ricerca non come un compito imposto dall’esterno, ma come una necessità personale, deve far sentire l’oggetto di studio qual-cosa nei cui confronti si nutrono dei sentimenti, siano essi positivi o negativi.

L’aggancio alla matrice cognitiva dell’alunno può avvenire se le nuove conoscenze si configurano come il proseguimento, e si basano sulle, cono-scenze già possedute dall’alunno, sarebbe infatti del tutto inefficace un inse-gnamento di concetti per i quali il discente non possieda gli strumenti neces-sari alla loro comprensione o che negasse le conoscenze fino a quel momento acquisite. Soprattutto avviene nel momento in cui si fa leva sul vissuto per-sonale, scolastico ed extrascolastico, del ragazzo, il che corrisponde quasi sempre ad un collegamento con il suo vissuto esperienziale ed affettivo.

La partecipazione alla costruzione della conoscenza da parte dell’allievo

non può che avvenire attraverso il suo coinvolgimento affettivo e il suo vis-suto personale che diventano molle che spingono a volerne sapere di più, a voler utilizzare nella propria vita le conoscenze e abilità acquisite, a reinter-pretarle in senso critico e relazionale in funzione del progresso culturale ed esperienziale.

Soprattutto, a nostro parere, l’insegnamento significativo non può pre-scindere dal piacere che si prova nel conoscere, nel mettersi in gioco, nell’af-frontare sfide complesse ma di cui si sa di poter venire a capo. Il piacere nell’apprendere, e apprendere in modo attivo significa ricercare, non si può provare se non con il massimo grado possibile di libertà. Non potremmo par-lare di ricerca se ponessimo limiti troppo stretti alla ricerca o se il suo risul-tato fosse strettamente predeterminato.

Si tratta dunque di fare ricerca, una ricerca stimolata da un reale interesse personale, su spazi e fenomeni spaziali generalmente lontani dall’esperienza diretta dell’alunno. In aiuto degli insegnanti viene quella che potremmo de-finire la connessione globale simultanea che caratterizza il presente momento storico. I ragazzi delle scuole secondarie di primo grado vivono immersi in un ambiente in cui le notizie giungono in tempo reale da tutto il mondo, ve-dono programmi televisivi prodotti e ambientati in ogni parte del pianeta, tramite la rete possono collegarsi a siti concepiti in qualsiasi paese, in molti casi hanno l’esperienza personale, o mediata da quella dei genitori, di migra-zioni da paesi più o meno lontani e hanno una possibilità di viaggiare inim-maginabile qualche decennio fa.

Se tutto ciò da una parte è una grande risorsa per l’insegnamento della geografia, dall’altra può generare disinteresse nei confronti di un mondo di cui si presume di conoscere già tutto. Qui interviene la capacità da parte dell’insegnante di trasformare la babele di informazioni frammentarie, su-perficiali e stereotipate in reale interesse per il mondo. In fondo si tratta di riuscire a rompere il muro dell’indifferenza generato dalla sensazione erro-nea che tutto è già conosciuto e a far cambiare direzione agli sguardi degli allievi dal cerchio ristretto del gruppo dei pari, fondamentale in quella fase di crescita, a ciò che lo coinvolge e sta al suo esterno.

Questa propensione a privilegiare il gruppo dei pari può essere un’oppor-tunità per l’insegnante. Privilegiare i lavori di gruppo e il cooperative lear-ning sono strategie che permettono di coinvolgere gli alunni nell’attività di-dattica. Non solo, l’interesse per i coetanei può essere la chiave per aprire le menti ad un reale interesse per le materie didattiche e per porsi dei problemi risolvendo i quali si possono acquisire non solo conoscenze e abilità, ma vere e proprie competenze.

Sarà così molto più facile suscitare un reale interesse nei ragazzi se ad esempio proponiamo loro di ricercare quali siano i gruppi musicali preferiti

dagli adolescenti parigini, piuttosto che londinesi o viennesi quali siano i loro luoghi d’incontrino, quali siano i loro sport, i loro programmi televisivi pre-feriti, la loro organizzazione scolastica, il loro rapporto con l’ambiente in cui vivono piuttosto che una ricerca, o, peggio ancora, la descrizione libresca, un po’ stereotipata e anonima, della regione parigina, londinese o viennese. I ragazzi se stimolati in questa direzione impareranno a trarre informazioni geografiche da fonti diverse: siti internet, articoli giornalistici, servizi televi-sivi, filmati circolanti in rete, film e così via.

Riprendendo i quattro nuclei tematici fondamentali proposti dalle Indica-zioni nazionali, possiamo così pensare di far localizzare su carte a scala via via più grande, su strumenti cartografici e di rappresentazione cartografica satellitare i luoghi e i percorsi frequentati dai coetanei sviluppando le capa-cità di orientamento sulla carta e con la carta; di far indagare e descrivere i modi di vivere dei ragazzi di paesi lontani facendo utilizzare il linguaggio e gli strumenti della geo-graficità; di far scoprire gli svaghi e gli sport dei loro compagni ideali non potendo così fare a meno di riflettere sui condiziona-menti e sulle opportunità offerte dai climi, dall’orografia e dalla situazione geografica, sull’ambiente che li circonda e sulle sue caratteristiche fisiche, economiche e culturali ragionando di paesaggio e regione e di sistema terri-toriale.

Si potrebbe inoltre pensare a far organizzare ai ragazzi ipotetici viaggi verso i luoghi in questo modo indagati facendo confrontare i ragazzi con i problemi legati alla distanza, alla distanza itineraria, alla distanza-tempo, ai cambiamenti paesaggistici, ai patrimoni naturali e culturali presenti nelle re-gioni attraversate e così via.

Attività didattiche così concepite ed attuate risponderebbero all’esigenza, più volte e in più sedi ribadita, di costruire curricula in continuità verticale ed orizzontale. La continuità verticale sarebbe garantita dalla ripresa e dall’approfondimento di abilità, conoscenze e concetti (sulla cui correttezza scientifica l’insegnate deve vegliare con scrupolo) già affrontati nella scuola primaria e la continuità orizzontale sarebbe garantita dalla necessità di met-tere in campo le diverse capacità disciplinari acquisite: linguistiche, storiche, scientifiche, matematiche, artistiche ecc., avendo così conferma diretta dell’affermazione delle Indicazioni che descrivono la geografia come «disci-plina ‘di cerniera’ per eccellenza poiché consente di mettere in relazione temi economici, giuridici, antropologici e ambientali di rilevante importanza per ciascuno di noi» (MIUR, 2012).

Pëtr Aleksejevič Kropotkin, nel lontano 1885, affermava che la geografia

«deve insegnarci, fin dalla più tenera infanzia che di qualunque nazionalità, siamo tutti fratelli. Nei nostri tempi di guerre, di presunzioni e gelosie nazio-naliste e di odi abilmente indotti da chi persegue i propri egoistici interessi

personali o di classe, la geografia deve essere un mezzo per dissipare questi pregiudizi e per dar vita a sentimenti più umani» a queste parole, che potreb-bero essere state scritte oggi, l’autore faceva seguire una possibile indica-zione per superare le diffidenze e gli odi tra gli esseri umani di culture di-verse. Egli proponeva scambi epistolari e di materiali tra i ragazzi di scuole di paesi diversi perché affermava che «tutti sappiamo che è sufficiente avere un amico in un paese straniero, sia esso Mosca o Giava, per cominciare a interessarsi a quel paese. Un articolo di giornale che parli di Mosca o Giava attirerà immediatamente la nostra attenzione, tanto più se i rapporti di ami-cizia sono vivaci e se entrambi gli amici si occupano di un argomento in comune […] E c’è di più. Facciamo sì che i bambini inglesi siano in costante contatto con i bambini russi, che si scambino corrispondenza, collezioni e pensieri e possiamo essere certi che dopo qualche tempo né i russi né gli inglesi saranno più così pronti ad imbracciare le armi per un qualunque ma-linteso» (Kropotkin, 1885). Il suggerimento fornito da Kropotkin è valido tutt’ora, e sembra particolarmente efficace, nell’ottica di una conoscenza au-tentica ed auto costruita e per un’educazione alla cittadinanza planetaria (Morin e Kern, 1994), per ragazzi dell’età in cui in Italia si frequenta la scuola secondaria di primo grado, in cui, come abbiamo visto, il rapporto con il gruppo dei pari è così importante. Tanto più che gli attuali mezzi di comu-nicazione, di cui i ragazzi sono assidui ed esperti utilizzatori (mail, skype, face book, ecc.) renderebbero il compito molto più agevole che ai tempi in cui scriveva il nostro autore.

Ovviamente le attività qui suggerite sono solo esempi, i bravi insegnanti, sulla scorta della loro esperienza, della loro conoscenza della classe, della loro solida conoscenza disciplinare e della loro inventiva, possono elaborare infinite attività didattiche volte ad un apprendimento efficace della geografia.

Quello che è irrinunciabile nell’insegnamento geografico, a tutti i livelli e dunque anche a livello di scuola secondaria di primo grado, è lo stimolo allo sviluppo e all’applicazione dello spirito critico (Malatesta e Squarcina, 2011, pp. 202-2010). Si tratta di far capire agli alunni che il nostro modo di vedere il mondo è influenzato dalla nostra cultura, dalla nostra fascia d’età, dal no-stro genere e dal nono-stro censo e dunque che la geografia, in quanto descri-zione, interpretazione e rappresentadescri-zione, non si limita a descrivere il terri-torio, ma lo produce (Dematteis, 1985), di far capire che diverse visioni spa-ziali posso coesistere, confrontarsi ed integrarsi, che il mondo è plurale ed è molto più complesso, affascinante, mutevole e sorprendente di quanto vo-gliano farci credere le descrizioni del solo libro di testo.

Riferimenti bibliografici

Ausubel D. P. (1968), Educational Psychology. A cognitive view, Holt, Rinehart &

Winston, New York.

De Vecchis G. (2016), Insegnare geografia. Teoria, metodi e pratiche, Utet-DeA-gostini, Novara.

Dematteis G. (1985), Le metafore della Terra. La geografia umana tra mito e scienza, Feltrinelli Editore, Milano.

Frémont A. (1976), La regione uno spazio per vivere, FrancoAngeli, Milano.

Giorda C. (2006), La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didat-tica, Carocci Editore, Roma.

Giorda C. e Puttilli M. (a cura) (2011), Educare al territorio, educare il territorio.

Geografia per la formazione, Carocci Editore, Roma.

Kropotkin P. A. (1885), “Cosa dovrebbe essere la geografia”, in The Nineteenth Century, vol. 18, 1885, pp. 940-956, riprodotto in Schmidt di Friedberg M. (a cura) (2010), Cos’è il mondo? Un globo di cartone. Insegnare geografia fra Otto e Novecento, Unicopli, Milano.

Malatesta S. e Squarcina E. (2011), “Geografia e pensiero critico”, in Giorda C. e Puttilli M. (a cura) (2011), Educare al territorio, educare il territorio. Geografia per la formazione, Carocci Editore, Roma.

MIUR (2012), Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Roma.

Morin E. e Kern A. B. (1994), Terra-Patria, Cortina Editore, Milano.

Pasquinelli d’Allegra D. (2016), “Le competenze geografiche. Presupposti metodo-logici e costruzione del curricolo”, in De Vecchis G., Insegnare geografia. Teo-ria, metodi e pratiche, Utet-DeAgostini, Novara.

Pasquinelli d’Allegra D. (2016), “Apprendimento autentico in geografia. Le prassi didattiche”, in De Vecchis G. (2016), Insegnare geografia. Teoria, metodi e pra-tiche, Utet-De Agostini, Novara.

Schimdt di Friedberg M. (a cura) (2010), Cos’è il mondo? Un globo di cartone. In-segnare geografia fra Otto e Novecento, Unicopli, Milano.

Squarcina E. (a cura) (2009), Didattica critica della geografia: libri di testo, mappe, discorso geopolitico, Unicopli, Milano.

5. Le competenze geografiche nella scuola

Nel documento La geografia (pagine 53-60)