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BOOK OF ABSTRACT

S01-T99/2

Il Community Lab: metodologia per innovare i servizi sociali e sanitari e agire processi collettivi

Ricerca qualitativa, partecipazione, welfare generativo, apprendimento situato, sperimentalismo circolare

Rodeschini Giulia – giuliarodeschini@gmail.com

Ricercatrice sociale, Agenzia Sanitaria e Sociale regionale - Regione Emilia-Romagna

Nicoli Maria Augusta, Farini Daniela, Sturlese Vittoria, Paltrinieri Fabrizia

Il contributo intende presentare il processo di formazione e ricerca condotto dal 2012 ad oggi dall’Agenzia Sanitaria e Sociale regionale dell’Emilia-Romagna seguendo la metodologia del Community Lab.

Il metodo si fonda sui presupposti teorici di sperimentalismo circolare (proposto da Charles F. Sabel) e di apprendimento situato (proposto da Jean Lave e Etienne Wenger) e risponde a domande quali: come avvicinare i servizi ai reali bisogni del proprio territorio? Come attivare processi di empowerment non solo dei cittadini/e, ma anche della comunità e dei professionisti/e all’interno del sistema dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari territoriali?

Si tratta di un metodo “trasformativo” finalizzato a produrre cambiamenti e implementazioni di processi complessi attraverso diverse azioni contemporanee: l’individuazione, il sostegno e l’accompagnamento di casi/ territori che sperimentano pratiche innovative; l’analisi, lo studio, la riflessione condivisa; la generalizzazione e il trasferimento dell’innovazione; infine l’avvio di una nuova riflessione. Questo metodo/modello si traduce in percorsi che comportano l’allestimento di tre diversi livelli di lavoro: formazione in aula; accompagnamento/ supporto in loco; ricerca/valutazione.

A livello empirico, il percorso CLab ha preso avvio nel 2012 con l’obiettivo di estrapolare dallo studio di casi (11 esperienze in atto a livello regionale) indicazioni operative su come realizzare la programmazione locale (Piani di zona per la salute e il benessere sociale) in senso partecipativo. Una seconda edizione del percorso ha preso avvio nel 2013 con l’obiettivo di sperimentare in 22 casi le Linee guida prodotte nella prima edizione del percorso. Una terza edizione è iniziata nel 2015 con due processi istituzionali distinti: il primo prosegue il percorso già iniziato sula programmazione locale dei Piani di Zona coinvolgendo 15 casi; il secondo ha coinvolto 11 Unioni dei Comuni e riguarda il processo di unione dei Comuni nella gestione delle politiche di welfare. Una quarta edizione, focalizzata sul tema del conflitto familiare, ha preso avvio a fine 2016.

Il Community Lab ha permesso la “creazione” di una comunità di pratica basata sull’apprendimento induttivo a partire dai casi; ha prodotto la crescita di una cultura e di nuove prassi di programmazione partecipata e di ripensamento dei servizi, connettendo all’interno di questo “laboratorio” situazioni che sarebbero rimaste isolate. TITOLO AUTORI PAROLE CHIAVE ABSTRACT ID ABSTRACT

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S01-T99/3

Servizi sociali, Terzo settore e riflessioni sulla sostenibilità del Welfare state

Servizi sociali, terzo settore, welfare state

Caponetti Simone – simonecaponetti@gmail.com Professore a contratto, Università per stranieri di Reggio Calabria

Descrizione dell’area di indagine:

Allorquando ci si accinge a ricercare un concetto di servizio sociale, ci s’imbatte in categorie variegate ed evasive. Tale difficoltà è amplificata se si vuole spostare il campo di indagine a livello europeo, in cui i servizi sociali hanno avuto una travagliata identificazione legata, dapprincipio, alla più ampia categoria dei “Servizi di interesse generale”. L’area d’indagine verterà così sulle tre fasi che hanno contraddistinto l’emersione dei servizi sociali erogati dal Terzo settore, nonché come questo connubio (Terzo settore – servizi sociali) possa essere considerato la chiave di volta per risanare le condizioni dei sistemi di Welfare ormai in crisi.

Metodi di ricerca utilizzati:

L’approccio analitico sarà il metodo utilizzato per affrontare lo studio critico della letteratura, degli atti di soft law comunitari e, limitatamente al tema dei servizi sociali, delle sentenze della Corte di Giustizia.

Risultati:

I risultati attesi, in generale, ineriscono la compatibilità, all’interno di un’Europa economicamente e socialmente (dis)unita, del principio di solidarietà con il principio di tutela dell’economia di mercato, attraverso il bilanciamento di questi due interessi fondamentali nella prospettiva di un loro coordinamento; in particolare, invece, come il Terzo settore possa gestire gran parte dei servizi sociali, erogati storicamente dalle organizzazioni pubbliche, a vantaggio dei beneficiari e delle stesse organizzazioni.

Implicazioni per la pratica del servizio sociale:

Le implicazioni pratiche dell’indagine in parola sono di tutta evidenza. Si tratta, in sintesi, di affidare al Terzo settore le iniziative di gestione di gran parte dei servizi sociali, dal momento che, essendo esso fondato su una logica estranea a quella del profitto ed al contempo capace di operare secondo principi di economicità e di efficienza, potrà ottemperare alle funzioni che sino ad ora erano gestite dallo Stato.

Conclusioni:

Lo Stato risulterebbe così trasformato ed alleggerito, poiché non sarebbe più l’unico destinatario di tutte le aspettative – compito questo che peraltro lo renderebbe sempre più incapace di attendere ad esse, stante il default attuale dei sistemi di Welfare pubblici– ma il centro di coordinamento di gruppi che emergono spontaneamente dalle diverse realtà sociali.

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S01-T99/4

Diventare madri nella migrazione: madri maghrebine tra islam e servizi

Maternità e migrazione, servizi e migrazione, madri marocchine, genere e migrazioni, antropologia medica

Giacalone Fiorella – fiorella.giacalone@unipg.it

Prof Associato di Antropologia culturale, Coordinatrice Corsi di Laurea in Servizio Sociale e in Sociologia e Politiche Sociali, Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Perugia

Da anni studio i fenomeni migratori provenienti dal Nord-Africa, avendo acquisito una competenza sulla religione islamica e sulle problematiche delle famiglie immigrate.

In particolare la nascita di un figlio mette in atto una relazione le donne con i servizi socio-sanitari: per questo ho svolto alcune ricerche, attraverso osservazione diretta e colloqui semi-strutturati a giovani madri nei loro percorsi di maternità e agli operatori socio-sanitari (assistenti sociali, ostetriche, ginecologhe) in alcuni ospedali e centri salute dell’Umbria, in particolare nell’area del perugino.

All’interno dei servizi si evidenzia la difficoltà di comunicazione tra utenti ed operatori sanitari, non solo per diverse competenze linguistiche, ma per le incomprensioni connesse alla religione islamica e alle pratiche connesse alla maternità. Incidenti interculturali e stereotipi reciproci impediscono a volte di comprendere l’altro e per le madri nasce la necessità di gestire la conflittualità tra le regole sanitarie “laiche”, le pratiche religiose e la protezione religiosa sui bambini. Al tempo stesso le donne cercano attraverso i figli nuove opportunità di empowerment nella società italiana: nasce il desiderio di ridefinire il ruolo materno e di coppia, individuando forme di sincretismo e di rifunzionalizzazione delle pratiche tradizionali.

Attraverso la storia di alcune madri e di specifiche azioni poste in atto da assistenti sociali e da operatori sanitari, metterò in evidenza il conflitto tra la biomedicina e le medicine tradizionali, tra un modello medicalizzato di maternità e i vissuti religiosi, cercando di evidenziare il ruolo della mediazione sanitaria. La relazione intende evidenziare quali pratiche possono essere poste in atto nei consultori, nelle cliniche ostetriche e nei centri salute per una maggiore comprensione della religione islamica e del ruolo assegnato alle madri nella migrazione, per aiutarle a trovare nuovi spazi di consapevolezza e di autonomia, pur nel rispetto della loro religione.

Alcuni miei saggi:

-2008, Les savoirs du corps entre islam et services. La vie quotidienne des mères maghrébines, in G.Favaro- S.Mantovani- T.Musatti, Une créche pour apprendre à vivre ensemble ; Paris, Erès.

-2012, Le frontiere dell’immigrazione. La professione dell’assistente sociale di fronte al fenomeno migratorio nei servizi socio-sanitari, in : A.Santambrogio (a cura di), Servizio Sociale e politiche sociali in Umbria, Perugia, Morlacchi. TITOLO AUTORI PAROLE CHIAVE ABSTRACT ID ABSTRACT

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S01-T99/5

Sistemi sociali a rete fra Terra di Lavoro e Terra dei Fuochi

Rete, servizio sociale, terzo settore, territorio, social network analysis

Riccardo Antonietta – antoricca2@virgilio.it Borsista di ricerca, Università del Sannio - Benevento

L’analisi delle politiche sociali, condotta la metodologia della social network analysis, può essere strutturata immaginando un innervato di relazioni tra individui e quell’insieme di soggetti sociali che rientrano nel Terzo Settore, da una parte, e l’insieme degli attori istituzionali locali, dall’altra. Le cooperazioni nell’ambito dei servizi sociali nascono come reti di scopo in risposta a bisogni del territorio in una logica di condivisione, partnership, collaborazione. L’indagine ha avuto come obiettivo lo studio della rete territoriale tra servizi sociali e Terzo Settore, realizzabile attraverso il processo di pianificazione sociale partecipata. Il territorio di riferimento comprende la zona Nord della Città metropolitana di Napoli e la zona a Sud della Provincia di Caserta, quella che un tempo era definita Terra di Lavoro e che oggi è conosciuta come Terra dei Fuochi. La questione posta alla base dell’indagine è così sintetizzabile: la programmazione sociale, attraverso la concertazione, ha contribuito a generare e/o rafforzare la rete con l’obiettivo di favorire lo sviluppo sociale e la promozione del territorio in un’ottica di benessere locale? L’analisi di rete si è concentrata su tre dimensioni: la comunicazione, la partecipazione e la governance. Per ciascuna di queste direzioni, dopo averle specificate in ulteriori sottoclassi, si è proceduto alla definizione di un insieme di indicatori. Essi si sono rilevati utili per conoscere, rispetto alla concertazione, i modelli operativi degli ambiti, i processi aggregativi ivi diffusi e gli esiti sulla rete sociale territoriale. La sperimentazione è stata realizzata attraverso un processo di ascolto (questionario strutturato) di referenti istituzionali degli Ambiti. I risultati emersi dall’indagine forniscono una misura dell’intensità e della natura della programmazione partecipata: gli intervistati raccontano di un panorama dai tratti variopinti, in cui emerge la difficoltà di rendere uniforme e lineare il processo organizzativo. Non risulta un modello generale applicabile tout court a ogni ambito territoriale, né soluzioni pre-confezionate che possano garantire a priori la funzionalità delle decisioni politiche e programmatiche. L’analisi evidenzia la necessità di attuare modalità d’intervento partecipativo che diano conto della vocazione del territorio, della comunità e della sua storia, dei valori condivisi, dei bisogni espressi e delle relazioni politico-istituzionali tra gli attori di governo.

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S02-T01/1

Il patto nel patto: lavorare con le famiglie

Famiglia, tutela, cem, patto, consapevolezza

Sau Marika – sau.marika@gmail.com

Assistente sociale, Cooperativa Animazione Valdocco

Capussotti Chiara

Il Centro Educativo per Minori (CEM) di Settimo T.se nasce nel 2007, su iniziativa del servizio sociale, dall’esigenza di coniugare il contenimento della spesa relativa agli inserimenti di minori in comunità e la sperimentazione di un progetto alternativo all’allontanamento degli stessi, da nuclei familiari altamente problematici, ma con residue competenze genitoriali, segnalati all’Autorità Giudiziaria.

Con la collaborazione del Terzo Settore, si concretizza una realtà ove sia il bambino che il genitore partecipano ad un progetto, sono sostenuti nel ricreare una vicinanza educativa e di cura oltre che nel lavoro di crescita della consapevolezza del disagio, dei punti di forza e delle strategie di fronteggiamento attuabili all’interno del nucleo. La ricerca valutativa qualitativa che si presenta, mira a condurre un’analisi valutativa rispetto all’intervento del CEM, ai possibili predittori di efficacia e al metodo impiegato, attraverso le interviste sottoposte ai protagonisti di ieri e di oggi e il focus group che vede confrontarsi l’équipe educativa del CEM e gli assistenti sociali.

La creazione della risorsa ha parzialmente realizzato la previsione del contenimento della spesa: non c’è stata correlazione tra maggiori inserimenti presso il CEM e minori inserimenti in comunità; il risparmio è stato rilevato sul singolo progetto familiare.

L’esistenza del CEM offre una valida alternativa alla famiglia che può fermarsi, affidarsi ai professionisti e, insieme, stringere il patto nel patto che consiste in un primo patto tra genitori e servizio sociale, di assunzione della responsabilità di un tempo pieno dell’attesa (il progetto personalizzato ha la durata media di due anni), e tra genitori e figli, nella misura in cui vi è la disponibilità degli adulti a partecipare attivamente alle attività proposte dal CEM. Al termine, famiglia e servizio sociale si confrontano sulla realizzazione del fine che, sin dal patto nel patto, è chiarito essere il benessere del minore e non, necessariamente, il suo rientro a casa.

Il lavoro dell’assistente sociale riflette un orientamento teorico costruttivo-narrativo, grazie al quale si comprende e si attribuisce un significato alla tutela mediante processi negoziati, all’interno di contesti dialogici.

Proteggere il bambino si concretizza così, laddove vi siano i presupposti, nell’impegno professionale di proteggere il suo mondo, sostenendo il genitore nel riappropriarsi di alcune funzioni possibili.

TITOLO AUTORI PAROLE CHIAVE ABSTRACT ID ABSTRACT

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