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BOOK OF ABSTRACT

S02-T04/2

Il percorso per il ricongiungimento familiare a Roma: scelte locali, scelte personali e effetti discriminatori

Ricongiungimento familiare, accesso ai servizi, discriminazione, welfare locale, transnazionalismo e sue conseguenze

Accorinti Marco – [email protected] Ricercatore, CNR - Irpps

Spinelli Elena

Come è noto nell’ordinamento giuridico italiano il diritto all’unità familiare è una norma di rango costituzionale (articoli 29, 30 e 31 della Costituzione) ed è anche afferente ai diritti sociali in considerazione del nesso di strumentalità esistente con i diritti alla salute, all’infanzia, alla scuola, all’assistenza etc. Sulla stessa base, il ricongiungimento familiare è stato riconosciuto come diritto ai cittadini stranieri con la Legge n. 943 del 30 dicembre 1986 (la prima legge organica in materia di immigrazione in Italia), ed è stato disciplinato nel tempo da differenti atti normativi.

Secondo le disposizioni in vigore, in Italia l’ingresso per ricongiungimento familiare è possibile dopo che il familiare ricongiunto abbia ottenuto il visto per ricongiungimento familiare che consente l’ingresso in Italia dalla sede consolare/ambasciata del paese dove si trova.

Il contributo intende da una parte analizzare la procedura che vede emergere alcune criticità nella verifica dei requisiti oggettivi per il rilascio del nulla osta (il titolo di soggiorno, il livello di reddito, la situazione alloggiativa, in capo allo Sportello Unico per l’Immigrazione), o la verifica dei requisiti soggettivi per il rilascio del visto d’ingresso (legami di parentela e altri requisiti delle persone familiari da ricongiungere con il cittadino straniero presente in Italia la seconda, in capo alla rappresentanza consolare), e soprattutto gli elementi di discriminazione insiti nel percorso anche burocratico del ricongiungimento.

Si vogliono presentare i percorsi di aiuto sociale che coinvolgono in prima persona gli assistenti sociali, in particolare in relazione alla sofferenza e ai meccanismi difensivi nelle separazioni e nei ricongiungimenti familiari e alla valutazione e sostegno della genitorialità nella migrazione.

Tra gli obiettivi si propone la verifica di una consapevolezza degli aspetti culturali e transculturali e delle criticità presenti nell’intervento professionale con conseguenze nella comprensione delle situazioni affrontate e nella relazione di fiducia indispensabile per qualsiasi progetto di inclusione della persona immigrata.

La comunicazione partirà da una indagine di campo (di carattere qualitativo) condotta nel 2016/2017 con un gruppo di assistenti sociali che operano a Roma.

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AUTORI

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S02-T04/3

I minori ignorati

Ricerca, interculturalità, minori, sfida, relazionale

Bacchi Antonella – [email protected] Assistente sociale, Comune di Bari

La ricerca, compiuta nell’anno 2013 in occasione della stesura della tesi del CdL magistrale, è stata realizzata nel territorio di Bari per descrivere le politiche locali dirette ai minori stranieri non accompagnati (d’ora in poi MSNA). Sono state analizzate la rilevanza della formazione degli operatori sociali e dell’auto-rappresentazione del fenomeno rispetto alla qualità dei percorsi di presa in carico dei MSNA.

La ricerca si è sviluppata a partire dall’analisi della normativa, rilevando le contraddizioni del sistema di norme che regolano lo status giuridico dei MSNA. Si è rappresentata l’evoluzione fenomenologica di questo soggetto migratorio in Italia sino ad arrivare al Programma Nazionale di Protezione. Si è quindi tratteggiato il fenomeno in Puglia, descrivendo in particolare le politiche locali che il Comune di Bari ha attuato, dal 2010 al 2012, nei confronti dei MSNA. In questa dimensione locale, come ambito privilegiato in cui osservare la realizzazione delle politiche di integrazione dei MSNA, si è ampliata la ricerca alla realtà dei servizi per esplorare le prassi di accoglienza nei contesti in cui questi ragazzi sono collocati. L’analisi ha permesso di rilevare, attraverso la somministrazione di interviste agli operatori sociali, una realtà che presenta luci e ombre, buone prassi e criticità, che offrono uno spunto interessante per la riflessione professionale sul ruolo degli assistenti sociali. Dall’indagine è emerso ancora che i significati socialmente costruiti e sottostanti alla locuzione di MSNA influenzano l’agire professionale di chi segue i loro percorsi di accoglienza e integrazione. Infine, sono state riportate due narrazioni biografiche di MSNA che mostrano i bisogni di cui questi giovani sono portatori. Esse avviano una riflessione sulle abilità necessarie all’ascolto di minori di cultura diversa.

I risultati ottenuti con questa ricerca confermano le ipotesi di partenza e rilevano diverse procedure di presa in carico dei minori in relazione al luogo di collocamento. Uno dei possibili esiti, importanti per la pratica del lavoro sociale, è quello di trasformare il servizio sociale del Comune di Bari in un laboratorio di ricerca territoriale, nel quale sperimentare un ampliamento di prassi operative e formative dirette ad accogliere meglio i bisogni dei MSNA. TITOLO AUTORI PAROLE CHIAVE ABSTRACT ID ABSTRACT

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S02-T04/4

Pratiche partecipative, immigrazione e servizio sociale: la (s)volta buona tra mito e realtà.

Partecipazione, immigrazione, servizio sociale

Bonanni Angela – [email protected] Assistente sociale, Attualmente inoccupata

Negli ultimi anni il sistema di welfare italiano ha subìto un profondo rinnovamento che ne ha determinato la riorganizzazione in prospettiva territoriale con l’affermazione della dimensione locale. Il cambiamento è avvenuto all’insegna del principio di sussidiarietà così come enfatizzato dalla normativa vigente (tra cui l’art. 118 u.c. della Costituzione, e la l.328/2000). Ad essere promosso è un sistema che, proponendosi come concreta espressione delle logiche di governance, pone particolare attenzione alla promozione di processi decisionali inclusivi e di pratiche partecipative aperti a tutti i cittadini, direttamente o tramite le associazioni.

Le pratiche partecipative, oggetto di studio del contributo che si vuole proporre, incidendo nella ri-definizione del welfare locale, non possono essere decontestualizzate, ed oggi lo scenario di riferimento è quello di una società ridisegnata nel profilo sociale e demografico dalla presenza, sempre più strutturale, di immigrati. Ma all’interno delle comunità locali multiculturali si pongono in essere processi inclusivi, a più voci ed a più culture, che permettano anche alle persone immigrate di giocare un ruolo da protagoniste nelle attività istituzionali, avvalorando così il concetto di partecipazione nella sua accezione di prendere parte e non semplicemente di essere parte?

A tale quesito si tenta di dare risposta partendo dai risultati di una ricerca svolta nel territorio dell’attuale VII Municipio della città di Roma utilizzando strumenti quantitativi (questionari) e qualitativi (interviste). La ricerca ha coinvolto sia le associazioni per e degli immigrati afferenti e non alla Consulta per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri sia il Servizio Sociale municipale. I risultati della ricerca hanno consentito di analizzare contestualmente l’esistenza e le peculiarità (modi, tempi, strumenti, ecc.) delle esperienze partecipative che coinvolgono la popolazione immigrata, e di considerare il punto di vista del servizio sociale con specifico riferimento alle pratiche partecipative che coinvolgono gli immigrati (direttamente o per mezzo delle associazioni) nella costruzione del Piano di Zona. Infine hanno consentito di evidenziare l’esistenza di condizioni favorevoli e/o sfavorevoli all’attivazione di buone pratiche da porre in essere per garantire alla popolazione immigrata percorsi inclusivi e partecipativi più efficaci per il raggiungimento di benessere, integrazione ed empowerment.

TITOLO

AUTORI

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S02-T04/5

Interculturalità, inclusione sociale e servizi sociali nelle scuole genovesi: uno sguardo etnografico attraverso la voce dei bambini ed adolescenti migranti.

Interculturalità, etnografia, scuola, centro sociale, intervento sociale

Carola Miranda – [email protected] Dottore di Ricerca, Associazione Il CeSto Genova

Prodotto di un lavoro di ricerca di dottorato in cui ho cercato di conoscere la soggettività dei bambini e degli adolescenti nella loro vita quotidiana, la loro partecipazione e il coinvolgimento nei propri processi di socializzazione, in particolare nella scuola e nel centro sociale. Lo studio è stato sviluppato a Genova, a cui hanno partecipato i bambini di due scuole elementari pubbliche situate nel cuore del centro storico della città, scuole che sono state stigmatizzate a causa del massiccio afflusso di stranieri provenienti da tutto il mondo, soprattutto dal Sud America e dall’Africa. Un ampio lavoro sul campo, che considera l’etnografia come metodo di studio attraverso la voce dei bambini stessi, l’esperienza di inclusione, l’integrazione e l’interazione tra bambini di culture diverse in una scuola pubblica a volte non idonea a ricevere e trattare con le difficoltà linguistiche, cognitive e soprattutto culturali che si trovano ad affrontare gli insegnanti ed operatori sociali.

I risultati di questo studio provengono da una ricerca che è stata effettuata tra gli anni 2009 - 2012 sono concentrati sulle attività quotidiane dei bambini in diversi ambienti sociali. Hanno partecipato gli studenti di terza e quinta elementare. Il materiale etnografico sulla vita quotidiana di questi bambini e adolescenti sono stati raccolti durante il lavoro sul campo. Le quattro principali tecniche utilizzate sono state: l’osservazione partecipante di routine di tutti i giorni a scuola come nel centro sociale, interviste in profondità, l’analisi dei documenti e interviste agli insegnanti ed operatori sociali. I principali risultati e conclusioni della ricerca, ruotano attorno al ruolo degli operatori scolastici e sociali, in collaborazione con le famiglie nel processo di integrazione e formazione di soggetti con diverse competenze linguistiche e modi per valutare e riconoscere “un altro diverso e significativo” un complesso contesto multietnico pieno di sfide.

Si evidenzia l’importanza dello sguardo etnografico per lo sviluppo di richerche di servizio sociale nei differenti ambiti e la possibilità di avviare prassi professionali sul campo di lavoro.

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S02-T05/1

Omogenitorialita’ fra pregiudizi e uguaglianza. Il ruolo del servizio sociale contro le discriminazioni

Omogenitorialità, affidamento familiare, deontologia, omosessualità, unioni civili

Fabbri Valeria – [email protected]

Docente servizio sociale -Responsabile U.F.. ASL Toscana centro, Università degli studi di Firenze - ASL Toscana centro

Latronico Angelo

“L’omosessualità è vecchia come la specie”. La storia ci racconta come tendenze omosessuali siano state nel tempo condannate, ritenuti immorali e riprovevoli (Aldrich, 2007), contrarie all’Ordine di Dio (Lauldi, 2016). Solo nel 1968, il National Institute of Mental Health e nel 1974 l’American Psychiatric Association (Canco, 2016), ha chiarito che non si trattava di malattia mentale o di disturbi del comportamento (Brambilla, Carnaghi, Ravenna, 2011, Zanatta, 2003). Dagli anni Novanta, le coppie omosessuali hanno avviato una pressione per il riconoscimento dei diritti inerenti la genitorialità (Saraceno e Naldini, 2007), che ha provocato risonanze a livello sociale e culturale e nuovi bisogni coinvolgenti anche il Servizio Sociale e i suoi aspetti deontologici. Nonostante la recente legge che ha regolamentato le unioni civili, la normativa non riconosce alle coppie omosessuali alcun diritto/dovere alla genitorialità, né l’accesso a tecniche di fecondazione. Ciò nonostante, risultano circa centomila i figli cresciuti da coppie omosessuali: la maggior parte nati in precedenti matrimoni o relazioni eterosessuali, adottati, concepiti con la fecondazione all’estero (Lingiardi, 2007). Le ricerche hanno rivelato l’infondatezza dei luoghi comuni circa l’incapacità delle coppie omosessuali a prendersi cura di un minore; sono state smentite i timori secondo i quali crescere in una famiglia omosessuale sia dannoso per la salute e la crescita di un bambino. Con l’obiettivo di indagare su quali siano le opinioni, gli atteggiamenti degli assistenti sociali, che lavorano sul campo, in merito alla omosessualità ed in particolare alla possibilità di singoli o coppie omosessuali di occuparsi di affidamento familiare, è stato svolta una ricerca su un campione di assistenti sociali del Comune di Firenze e dell’Azienda Sanitaria di Firenze, tramite un questionario somministrato a cinquantadue professionisti. Dall’analisi dei risultati della ricerca sono emerse una serie di evidenze: il tema dell’omosessualità non può considerarsi estraneo all’interesse del servizio sociale; atteggiamenti discordi degli assistenti sociali verso le persone omosessuali come risorse per l’affidamento familiare; lo scarso livello di formazione e preparazione degli assistenti sociali nell’affrontare tale complessa questione

TITOLO AUTORI PAROLE CHIAVE ABSTRACT ID ABSTRACT

S02-T05