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BOOK OF ABSTRACT

S03-T02/2

Invecchiamento attivo e cure integrate: l’invecchiamento problema o risorsa?

Anziani, servizio sociale, invecchiamento, multiprofessionalità

Giraldo Silvana – [email protected]

Docente, Università di Verona e Associazione PIACI

Dente Franca, Spisni Luisa, Neve Elisabetta, Vecchiato Tiziano

L’associazione scientifica PIACI ha lo scopo di contribuire a costruire una cultura diversa dell’invecchiamento, promuovendo attenzione ai bisogni e ai diritti della persona anziana, valorizzandone capacità e potenzialità e favorire la collaborazione tra le differenti culture professionali. A partire dal 2011 ha organizzato seminari e giornate di studio su differenti aspetti dell’invecchiamento. Tali seminari avevano lo scopo di proporre una lettura innovativa della anzianità con un riscontro sulle pratiche degli assistenti sociali. Hanno partecipato numerosi assistenti sociali e altri professionisti dell’area anziani, con significativi contributi di casistica e di progetti di promozione e organizzazione di servizi.

Metodi di ricerca

Ricognizione teorica su vari aspetti dell’invecchiamento attivo e del ruolo dell’assistente sociale, analisi di casistica, presentazione e discussione in piccoli gruppi della casistica, teorizzazione dai casi di aspetti innovativi dell’intervento di servizio sociale e di integrazione professionale, con specifica attenzione alla valutazione degli esiti degli interventi.

Risultati

Nel corso di questi anni di studio e di ricerca/azione sono stati pubblicati numerosi contributi teorici, casistica, sperimentazioni sul tema “invecchiamento attivo e cure integrate” sul Giornale di Gerontologia, sulla rivista Studi Zancan, sulla newsletter PIACI. Tale produzione professionale ha permesso di dare visibilità e valenza scientifica a pratiche professionali nei diversi ambiti e contesti territoriali in cui operano assistenti sociali, a costruire saperi provenienti e verificati dal loro lavoro quotidiano.

Implicazioni per la pratica del servizio sociale e conclusioni

Sono diverse: l’acquisizione di nuovi paradigmi nella valutazione dei problemi degli anziani; il valore della riflessione sul proprio lavoro attraverso la produzione di una adeguata documentazione e il confronto tra professionisti; l’orientamento ad una maggiore scientificità nei processi di aiuto e la consapevolezza dell’utilità, del valore del proprio lavoro professionale. Il contesto variegato e ricco di implicazioni com’è quello dell’anzianità, favorisce nuove idee per il cambiamento e l’innovazione.

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AUTORI

PAROLE CHIAVE

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S03-T02/3

L’autodeterminazione della persona con demenza: l’importanza del ruolo dell’assistente sociale nell’equipe di cura

Demenza, autodeterminazione del paziente, buone prassi, raccomandazioni nazionali, modelli clinici

Summa Alice – [email protected] Assistente sociale, Fondazione Sanità e Ricerca

Fiandra Alessia, Penco Italo

Premesse

La sfida assistenziale dei prossimi decenni sarà quella di rispondere alla crescente richiesta di cure per le persone anziane con demenza. Altrettanto ambizioso sarà modificare il paradigma relazionale alla base della cura dell’anziano fragile, che viene il più delle volte estromesso dalle scelte che lo riguardano perché considerato “non competente”, ancor prima che i deficit cognitivi siano tali da renderlo realmente non in grado di scegliere per suo conto.

Su questo argomento si sono espressi in molti: il Comitato Nazionale di Bioetica, l’Istituto Superiore di Sanità, diverse Società Scientifiche (come la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, la Società Italiana Neurologia e la Società Italiana di Cure Palliative). Nelle varie considerazioni e raccomandazioni viene delineato un percorso che prevede il coinvolgimento diretto del paziente attraverso la comunicazione di diagnosi, la condivisione delle scelte assistenziali e di cura, l’accompagnamento graduale alla delega formale - e dunque alla nomina di un amministratore di sostegno (AdS) che rappresenti la persona quando i sintomi della malattia sono tali da richiedere una protezione giuridica.

Anche i più importanti modelli clinici di riferimento suggeriscono l’alleanza terapeutica con il paziente: l’approccio centrato sulla persona di Ketwood e il Gentle Care di Jones, indicano il superamento del criterio assistenziale; il malato non è l’oggetto delle cure prestate, ma il soggetto attivo e partecipe del percorso di cura che lo riguarda. Obiettivi

Nel presente lavoro si intende effettuare una revisione delle raccomandazioni e delle linee guida nazionali, analizzare i modelli clinici di riferimento, delineare un percorso di accompagnamento alla nomina di AdS che coinvolga e renda partecipe la persona malata in un’ottica di creazione di buone prassi all’interno dei servizi in cui l’assistente sociale opera.

Conclusioni

In ogni fase di malattia va rispettata l’autonomia decisionale conservata, intesa come possibilità di scegliere e/o di essere rappresentati nella definizione dei propri obiettivi esistenziali, terapeutici e assistenziali. Compito dell’assistente sociale è farsi promotrice della tutela dell’anziano sostenendo la sua autodeterminazione, anticipando la nomina di un AdS, cambiare il paradigma relazionale che è alla base della cura dell’anziano fragile.

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S03-T02/4

L’integrazione socio-sanitaria per le demenze in provincia di Trento: l’esperienza dell’assistenza domiciliare

Integrazione socio sanitariae, demenze, assistenza domiciliare, unità di valutazione multidisciplinare,

Vieno Lorenza – [email protected]

Assistente sociale, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento

Perino Annamaria

Introduzione

La Provincia autonoma di Trento ha attivato, dal 1 gennaio 2015, il servizio di assistenza domiciliare per le persone con demenza (ADPD), un nuovo strumento a disposizione delle Unità di Valutazione Multidisciplinari (UVM) territoriali che consente di sostenere l’assistenza a domicilio per le persone con demenza moderata-severa e disturbi del comportamento. Vi si accede attraverso uno dei 16 Punti Unici di Accesso (PUA) del territorio, dopo la valutazione multidimensionale e la predisposizione di un progetto individualizzato (PAI). L’erogazione degli interventi è affidata a cooperative sociali convenzionate con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.

Obiettivi

Il progetto di cui si riferisce si proponeva di valutare l’efficacia del servizio ADPD dal punto di vista degli utenti e degli operatori, nonché di individuare le azioni di miglioramento per il futuro.

Metodi

Attraverso una ricognizione quali-quantitativa sono stati rilevati:

- l’adesione delle UVM al percorso organizzativo definito nel modello ADPD (analisi della documentazione in cartella); - la percezione di efficacia da parte dei familiari degli utenti (intervista telefonica a 55 caregiver);

- la percezione che del servizio ADPD hanno i professionisti delle UVM e gli operatori delle cooperative (n. 5 focus group).

Risultati

La ricerca effettuata mostra, innanzitutto, una elevata adesione delle UVM nell’applicazione dei criteri previsti per l’accesso degli utenti al servizio; qualche criticità è stata rilevata nell’uso di alcuni strumenti di valutazione utili per stesura del PAI. Buona la valutazione del servizio sia da parte degli utenti che dei professionisti interpellati.

L’86% dei familiari degli utenti ha espresso una valutazione complessiva del servizio “ottima” o “buona”;

L’équipe di lavoro multiprofessionale (medico, infermiere, assistente sociale) è percepita come valido strumento di valutazione e pianificazione, nonché di supporto nella gestione delle complessità.

I risultati emersi hanno consentito di predisporre un piano di miglioramento, attivo da maggio 2016. Conclusioni

Il sevizio ADPD si è dimostrato uno strumento efficace per il sostegno delle persone e delle famiglie nella fase più critica della malattia; ripercussioni positive sono evidenti sia in riferimento alla qualità dell’assistenza delle persone con demenza, sia sulla qualità di vita dei caregiver.

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S03-T03/1

L’ospedale nel contrasto alla violenza domestica

Pronto soccorso, violenza di genere, protocollo

Marcolungo Giada – [email protected] Assistente sociale, Azienda Sociale - Azienda Speciale Servizi alla Persona Castano Primo (MI)

Corsi Livia, Raimondi Ada

Nel 2014, 6 milioni e 788 mila donne tra i 16 e i 70 anni hanno dichiarato di aver subito violenza (Istat 2015), corrispondente a circa 5 volte l’intera popolazione della città di Milano. La violenza di genere è un problema radicato nel processo di socializzazione, un tratto culturale che viene appreso da bambini indipendentemente dall’origine sociale o territoriale. Chi ne è vittima, inizialmente non ne è cosciente, mentre la consapevolezza successiva porta a sentimenti di paura, vergogna, disorientamento, isolamento.

La difficoltà per una donna è sapere che l’alternativa può esserci e conoscere i servizi che rendono possibile tale via d’uscita. L’ospedale in questo può essere un nodo fondamentale: il pronto soccorso è un servizio conosciuto e facilmente raggiungibile da tutti, quindi saper cogliere i segnali e accogliere la donna per quello che subisce permetterebbe di potenziare la capacità ricettiva dei servizi.

Il servizio sociale professionale del Presidio Sacco di Milano, dall’anno 2006, ha posto l’attenzione sui dati di accesso al proprio pronto soccorso (PS) di donne vittime di violenza anche se di difficile individuazione. Nel 2014 è stata condotta un’esamina delle procedure utilizzate in altri contesti ospedalieri della Lombardia: sono stati intervistati operatori di 5 aziende ospedaliere, per un totale di 10 presidi, con rispettivi PS. Il modello procedurale di riferimento, utilizzato per la stesura degli strumenti di raccolta dati, è stato il modello di “Codice Rosa” toscano. È emerso come su 10 presidi, 6 avevano già prodotto e in uso una procedura d›intervento ad hoc, mentre nei restanti 4, si era ad una fase ancora di formazione del personale e stesura condivisa del protocollo. È stato interessante rilevare come, in ciascuna équipe di lavoro, fosse presente personale a rilevanza sanitaria integrato indistintamente da psicologi o assistenti sociali.

La normativa, la letteratura e la prassi, sono concordi nel vedere la chiave dell’assistenza alla donna vittima di violenza, l’organizzazione territoriale dei servizi, una rete che condivide terminologie, procedure e risorse. Qui si gioca la sfida del Servizio Sociale: in qualità di operatori formati all’individuazione di risorse a livello sistemico, nel lavoro di e in rete, nonché di comunità, dovrebbe essere nostro compito accompagnare i servizi nella condivisione di procedure realmente operative nel momento di ingresso di una donna, sia in fase di urgenza che di normale accoglienza. TITOLO AUTORI PAROLE CHIAVE ABSTRACT ID ABSTRACT

S03-T03