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Ode Campestri<fOrario volgari^ate.

A

LucioSestio. Lib.I.Od.4.

Ai

soavealternardi primavera

:

E

diFavonio ilvernoasprosi scioglie ,

Varangliàrganiin mar leasciutte navi

,

Non

piùs’allegra dellestalle ilgregge,

l’arator delfuoco,enonpiùi prati Albeggianodi candide pruine.

Giàsotto ilguardodella Lunaicori Citcreaguida,e l’elegantiGrazie Giunte alleNinfeil suolbattendo vanno

Con

l’alternoagitar de’ piedi,eintanto Il focosoVulcanoaltoriscalda

Le

operosefucine de’Ciclopi.

.

Or

belloèintrecciareal crinlucente

O

verdeggiante mirto,ofiorcui mette Ilterrendilatato•,or bello aFauno, Qual piùvuole,immolar agna ocapretto Ne’boschi ombrosi. D’ugual pièla Morte Pallidabattea’ casolarmendichi

E

alletorride’re.

La somma

breve De’ nostrigiorniordirlunghe speranze, Felice Sestio, anoidivieta.

A

tergo Giàgiàt’incalzauna perpetuanotte,

Le

fabuloselarve, cladi Pluto Magioneangusta, ovesu i viniilregno

Non

sidestina colgettardeidadi.c,,)

65

A Fauno

. Lìb. III. Od.1

8-Fauno

amatordelle fuggiascheNinfe, Pe*’mieipoderi eperle apricheville Placido movi, enelpartir rispetta Dellemiegreggei pargolettialunni;

Seal findell’annoatesvenatocade

Un

tènerocapretto,elargo vino Corona i nappi aCiteréagraditi

,

E

atedi moltoodor fumal’antica Ara,ecarolasu l’erbosocampo Tuttala mandra allorche diDecembre

La

settim'alba riede,eilborgoin festa Ne'prati staconl’ozioso bue, Il luposcherza infra gliaudaciagnelli

,

A

telaselva spargeagrestifronde,

E

ilcalloso villangodetrevolte Pestarcol pièla duraterra ingrata.

A

Fidile. Lib. III. Od. 23.

Se

alcielsupine allospuntardi Cintia

,

Fidileforosetta,ergilepalme

,

Se faiconfreschebiade, escrofaingorda

,

E

conincensoate propizj iLari,

Non

di Libeccio ilpestilentefiato Allefecondeviti,o sterilgolpe Faràinsultoallemessi,o l’insalubre Pomifera stagionea’dolci parti.

Quella che pasceinfrale quercee felci Su l'Àlgidonevoso,o negliAlbani Pascolicresceostiavotiva,aspetta

Di

colorarle pontificie,scuri

.

66

A

tc giànon conviencon largo scempio

Di

pecorefarforzaa’minor

Numi Di

fragilmirtoerosmarincontenti

.

Solchè innocenteman tocchil’altare,

Senza pregio mercardasplendid'ostie ' Ben può confarro ecrepitante sale Disarmarl’irade’Penati avversi.

Ad

Augusto. Lib.IV.Od.5.

Prole de’ buoni Dii, del

Roman

seme

Almo

Custode,troppo anoit’involi.

La

fègiàdata al sacrostuol de’ Padri D’un maturoritornoahsciogli,erieda Per te,buon

Duce

,allatua patria illume.

Che

allampeggiar de’tuoi sembianti ilgiorno

Come

nel dolceApriiper noipiùgrato Volge,edimiglior luceilSols’indora.

Qual madreappellacon auspizjevoti Giovane figlio, cheoltreall’annuogiro

f

Di

làdalleCarpazìeondecol fiato Invidioso dal dilettonido

Austro dilunghi,nèdistorsailguardo Dalcurvolido;tale ilcorcompunta

Da

fidoamor vadite

Roma

intraccia.

Perte securoilbuepasseggia icampi,

Cui Cererenutrica, ela feconda Prosperità;pel martranquillo avolo

*Scorreilnocchier;la Fèpaventa il biasroo.

Non

piùstuprodiffama i castialberghi.

Uso

elegge domar lasozzacolpa.

Le

giovani matroneacquistali vanto

67 Dalla progenie a

1

genitor simile.

La

penaognorseguace ifalliopprime«

Chiiìache temailParto, o ilfreddo Scita

Te

salvo,Augusto?Chii feroci figli Dell’orrida Germania?

E

chi leguerre Dell’aspra Iberia?

Ognun

ilgiorno or chiude Fraipatrjcolli, ele sue vitisposa A’ vedoviarbuscelli. Indifestoso

A

bersivolge,ealle secondemense

Tuo Nume

invoca.

A

te gran preciinnalza,

Vini ateversadalle tazze,ecome GreciadiLeda i figlieilforte Alcide,

Te

grataaggiugneaiLari.Apri, o buon Duce,

Lunghe

fèsteall’Esperia, insulmattino Digiunialtogridiam,gridiam satolli.

Quando

va il Soleall’Oceànoin grembo.

A

Virgilio. Lìb.IV. Od. 12.

Della

stagion ridenteecco seguaci, ,

Mitigatòr delmare i Tracjventi(J3)

Empion

levele.

Non

più ilgel costrigne I beipratelli,nè fragorei fiumi

Menan

cresciutidalleibernenevi

.

II nido acconciaor l’infeliceaugello,(>1)

Che

inlagrimosometro Itilamenta.

Dell’ Attica magione* eterna infamia,

Perocché del regaibarbaroinsulto

Mal

feo vendetta. Su lemolli erbette Ibuon custodi delle pinguiagnelle Tessonocarmi al suond’agresti avene

,

E

dilettanoil

Nume

, acuile gregge

68

Gradite sono,ei bruniArcadi colli.

Stagion qucst’è,che a noi lasete adduce.

Ma

tu, Virgilio, che clientesei

Di

nobil gioventù,semai t’invoglia Il Caleno licor, di nardoa prezzo Dovraimercarlo.

Un

onichin di nardo Di

man

trarrammi unbotticel riposto

di Sulpizione’ solai, che largo Infonde al cornuove speranze,eilterge,

Tanta ha virtù, d’ognitristezza amara.

Se un piacertanto agogni,a

me

veloce Vicn contua merce. Di mie tazzestilla Senzamertodonarti iogiànonpenso

,

Come

in suoi tettiagiatiha il riccoinuso.

Cessagl’indugj,e dellucrarl'amore;

E

, finche ilpuoi,membrandoi foschi roghi Mesci a’gravi pensier brevefollia.

Ben

dolce èfolleggiarea tempoeloco.

Lodidella Vita Rusticana. Lib. V. Od. 2.

Beato

l'uom che delleprische genti Imitator,da brighescioltoe censi, Intende aesercitarco’ proprjbuoi

Le

patrieglebe. Einon è spintoin guerra

Da

trucetuba;alui non recaorrore Sdegnato mare; egli*§’involaalforo,

E

de’ potenti allesuperbesoglie.

O

igermi adultidelleviti ei sposa Aglialti pioppi, ed isoverchi rami Pota con falce, eipiù felici annesta;

O

vagar miraentrovallea riposta

69

Mugghiami

mandre,o innetteanfore accoglie

,Il melda’faviespresso,o va tondendo

Le

graciliagnellette,o quando Autunno

Di

stagionate

poma

adornoilcapo

t Suicolticampiinnalza,oh quals’allegra Spiccar le pereagentil piantae l’uva

Emula

all’ostro, ondeonorar Priapo

,

E

il buonSilvanode’confin custode!

Ama

colearsi orsottoun’elceantica,

Or

su tenaceerbetta. IntantoTacque D’alterivezampillano, gliaugelli Silagnan perle fratte, ilfonte mena Gratofragor,cheilievisogni alletta

.

Ma

quando vienche algran Tonanteilverno

E

pioggeenevi appresti,ei quinciequindi

Con

grantruppa diveltri i ficrcinghiali Inver l’opposte maglieincalza,o tende Sulisci palifrodolentiragne

A

itordiedaci, o il pauroso lepre

E

la gru peregrinaallaccio prende, Graditipremj.

E

chinon l’asprecure

D’Amor

seguaci intaidiletti obblia?

Che

sealla casaedalla dolce prole Dia

mano

in parteancorpudica sposa (Quai le Sabine sono, ele abbronzate

Al

solmoglierede’ Pugliesisvelti),

E

al tornar delmarito aserastanco Sulfocolare assettiaride legna,

E

fragl’intesti vimini assembrando

La

vispa greggia ilcolmo sen ne sgravi,

E

vind’un annoaldolcedoglio attinto

La

mensaingombridi non compri cibi

,

Non

maggiorefariéno a

me

diletto Ostrichedel Lucriti,nè rombi, oscari.

Sea’nostri lidialcun giammai ne spinga Il fremitomarinde’ flutti Eoi.

Non

fora qualpiùvanta Affricaaugello,

Nè G

ioniofrancolinoalla miagola Più saporitochele colteolive

Ai

carchi rami difeconde piante,

O

l’amica de’ pratierba Iapazia,

O

Putii malva agl’indigesticorpi,

O

ne’ dì sacrialle campestri

pompe

Cas>

Svenataagnclla, ovverdi boccaal lupo Involatocapretto.

E

qual poicresce Gioja ataimense ilrimirar pasciute

Le

pecore venir difretta ai chiusi ,

E

itauri stanchisul languido collo Il vomeroriversotrainanti,

E

quel ne’ricchi tettiaccoltosciame

Di

serviintorno a’ben forbiti alari!

Ciòdetto Alfiousurier,chea

mano

a

mano

Stavaper farsi cittadinde’ campi,

Riscosse icensi alla metà del mese, Cerca investirgli al cominciardell’altro.

71

Al

Popolo

Romano.

Lìb.V.Od.16.

Un’altra etadealogorarsiara giunti In civilguerre,

e

disuo braccio ahi

Roma

A

perirva. Quella,che invantentaro Spergere ivicinMarsi,ilminaccioso Stuol diPorsenna,eTemolovalore

Di

Capoa antica,eSpartacoferoce

,

E

ilGallodisleal ne’casi incerti;

leferoci da’ ceruleilumi

Germane

schiere,nè da’ nostri padri L'abborritoAnnibài domarpoterò.

Per noihaspenta,pernoi sangue iniquo Sacro all’irediPluto,equestepiagge

Ahi

novellosaran diferealbergo.

Barbaro vincitoreahimè! pestando

Le

ceneriverrà

, questecontrade Batteràde’corsicr l’unghiasonante,

E

(oh spettacoloatroce!)andran disperse

Di

Quirin Tossaaiventi ignoteealSole

.

Forse intentaasuoprò lagentenostra

O

tutta insiemedareesciagure,

O

la più sana parteama involarsi?

Scampo non v’ha migliordiquesto.Andianne

,

Qualgiàgliabbominevoli Focesi Fuggirlasciando ecampi ecaseetempli A’ bercinghialistanza,ea’ lupiingordi,

Andianne ove ne portailpiede,ov'Austro

,

O

iltruce Affricoinseno almar n’appella.

Questo v’aggrada,o dimigliorconsiglio Vuolaltri farsiautor?

Che

più sibada

Con

destri auspiej adoccupar lenavi?

Ma

pria sigiuri, cheallorchédaH’irao

Fondo

imassiverran dell’acqueagalla,

Non

allorailtornarne siadisdetto;

allorne incresca verlepatrierive Spiegar levele quandoil

Po

lecime Lavia’Calabri monti, o inmartrascorra L’ertoApennino,o stranoamordi nuova Libidineriscaldieleghi imostri,

Talchelatigre alcervo,ela colomba

Goda

accoppiarsi adulterandoal nibbio

,

Co’lionfilivi impavido l’armento Scherzi,enudo dipel l’ircos’invogli Delsalsomar.

Con

questied altrigiuri Troncaogniviaal ritornoo fuggiam tutti Noisciagurati,o quaiv’hasaggialmeno Piùdell’indocilgreggia.Ignavi e molli Covinoasenno lor gl’infaustiletti

.

Chi nudreinsenvirtù,idonneschilai Sbandisca,evoli oltreagliEtruschi lidi.

Noil'Oceàn,che l’ampiaterraabbraccia, Noin’aspetta.AU’isole beate,

(jé)

A’ ricchi campi andiamo, ove non tocco Ilterrendall’aratroognianno appresta

Di

Cerereibeidon, sempre frondeggia

La

nonpotatavigna,ilnon fallace Mignola ulivo,ilfico orna lebraccia Dibeibrogiotti, ilmellargodistilla Dall’elcecava, e giù da’monti scende

Con

crepitantepiè laplacid’onda

.

Quivispontanea vienla mandraalsecchio Lietarecando ilsen colmodi.latte.

l’orsogemìr s’odeinverla sera

Pressoall’ovil,nè d’angui il suoloèpregno.

Piùassai ventureammireremnoi lieti ,

Come

nonEuro acquosoi campi rada

Con

larghepiogge, nè igraniti semi Strugga Paridosuol,contenor dolce Il

Re

de’

Numi

ogni stagion temprando.

Non

maicolàtrascorseArgivoabete,

l’impudicaentrò donnadi Coleo*

Non

Sidonionocchier, nonl’operosa Ciurmad’Ulissecolà torse antenna.

Non

allagreggiainfestoèreo contagio,

furibondo ardord’astromaligno.

Giove perPalme piescevroque’ lidi,

Quando

isecoli d’ormacchiòcolrame,

Poscia questaindurò col fèrroetade.

Da

cui salvarsia’ buoniioVate insegno.

V

f

te*

i

ir - 4?

74

Cannone di Don Alfonso Pcrey tradottadalloSpagnuolo.

Non

mai pastorfido Posel’avene allabbro

,

O

inpoggiooinpiano pascolòle agnelle,

alcuno indanzaoingiostra Dispiegòmembraleggiadre ebelle,

Come

coluich’èprimo onordiqueste

Amene

spiagge, ilmiodiletto Alceste

.

Ei col suo canto arguto Dallagraditaimpresa D’inseguir Ninfei Satirellisvia,

E

allefugaci Ninfe Obblìarfàdispetto eritrosìa

.

Egli infonderpiotateaunduroscoglio,

E

puòallefere umiliarl’orgoglio.

E

Najadi e Napée

Di

gentilPastore

Vintesi dieroal sovrumanoincanto,

Cuipur ceduto avriéno

Paride,Alessi, Endimxoneil vanto.

Ei peròtutte insuo pensier disprezza Perl’alma Fille,cui sola amaeprezza.

E

bensolessaèdegna Delle suedolci cure,

Come

diFille il soloAlccste è degno

.

Pari in AlcesteeinFille

Regnaonestà,valor, bellezza,ingegno.

Eglisol perleinatoatutti parve, Ellasol perlui nataal

mondo

apparve

.

7S

Ma

chemaivai cheAlceste Dalla benigna Sorte

In donoavesseogni più ricco fregio, S’ei non hacor d’aprire

Sue fiammealeicheinvolaatutteilpregio.

Nellacui vagaarchitettar figura L’estremodi sua possaoprò Natura? Eglidispeme ignudo

E

disuavita inforse

' L’afflittocor dilagrime solpasce,

O

inerma parte ignota

Narraalle selvelesuedure ambasce:

Ch’ellacome inbeltàtutt’altreeccede

,

Inferitate anessunaltra cede.

Egloga del Signor Pelisson tradottadalFrancese.

In unridente prato,acuifaspecchio

La

regai Sennadisue limpideonde,

Ed

ovedi lorsorte agli aureiGigli Destano invidiai tamarisci umili,

Vago

soggiorno, chedimille emille Innocenti piacerl’anime bea

,

Licidasolda gravidoglie amare Dilaceratoil cor,pallidoemuto Turba ilcorsoa’diletti,ecolsuo pianto

Danna

al silenziole altruidolciavene.

Pietosoognipastor l’ingegnoaffina Perritrovarnovi sollazzi egiochi,

Onde

l’afFanno in lui s’acquetiotempri

.

Ma

tutto invan;

Che

dalfiorente prato

76

S’involaratto aseppellirein cupa Orrida selva lesuecureei pianti\

E

intorno intorno alle dogliosenote

Di

sua languida voceEco risponde.

Ma

nonperò maivienche ilduol sul labbro Glitragga nèrimprocci nè querele.

Suacruda sorteinpettoserra epreme Senz’aprirla cagionche a morte il mena.

PoichéFillideinfranse i dolcinodi

Che Amor

compose,eche Imeneo dovea Assicurar persempre, ilsuotradito. Miserocore ogniconforto ha inira.

Qualmai suofallo meritò cruda Pena?Ei d’invidia edivendettaignaro Trassefra iboschiognorl’oretranquille.

Dal tumultoimportunodellecorti Semprelontano soloobbietto fea Delle sue cureuna lanosa

greggia-Di

tutti quanti affettihan sedeeregno Nelle cittadi un innocente

Amore

Ei solconobbe.Sol

Amore

ungiorno

Fu

sua delizia,orèsua doglia estrema.

Ahi poveropastor, de’ mali ilpeso

Or

portisenza stilladiristoro,

Onde

la spemegli

uman

petti

moke.

E

qual ristoro a te rimanche serbi

La

cagion de’ tuoimali atutti ascosa?

Muori,se il Fatoa funestafine Ti sprona, ahmuori,cla tuamorte sia

Inqueste selve a’pastorelli esempio,

Che

de’ mali èilpeggior soffrirtacendo.

77

Parafrasi d’un Idillio delSignorGessner.

D

unvicinoboschetto ilpiètraea

Di

buonmattinoil pastorello Aminta, Sotto ilbraccio recandosila scure,

E

su le spalledirecisi pali

Un

grievefascio

, ondefarsiepealcampo.

Quando

inriva dirapido ruscello Se glioffreal guardo giovinettaQuercia,

A

cui1onda aveva ilpièscalzato eroso

.

E

già diterrale radici ignude Fansegnoornai divicin dannoestremo.

Ahi

crudasorte! esclamaAminta, equesta j“e88iadraArbor saràde’flutti preda?

No

, non fìavero. Iobensapròinvolarti, BennataQuercia,alreo furor dell’onde.

E

messiaterrai pali,

Andiam

,soggiunge.

In tracciadaltri ancor. Giàtorna, e in forte Argine tuttiglidispone epianta,

E

quel d umidaterra empieerincalza

.

Poi’n faccia al suolavoroebbrodigioia Sorridesotto 1ombradella Quercia Salvatadi sua

man

. Laviadel bosco Indi ripiglia ancordi scurearmato

T U<

\r

a ta8^lr*

Ma

indolcesuono

La

NinfadellaPianta abitatrice Indietrolo rappella.

E

vuoi ch’iosoffra Senza a tedardigrato coreun pegno,

Ghe

tu quinciti tolga?In che degg’io

A

tegiovare,o pastoreicortese?

So chepoverosei,che alpascomeni Picciola

man

di pecorelle.

O

Ninfa, Rispose Amintaallor, sea’desirmiei Benignaarridi, èdariomorbooppresso Il buonvicinoPdlemonda’ giorni Dellaraccoltainqua.

Deh

l’infelice Pertela primasanitàracquisti.

Piacqueil votoallaDea. Torna non lenta

La

saluteall’infermo. Indiglieffetti Pursente Amintade’ propizj Dei Scender sule suemandrearboriefrutti. . Riccopastor diviene,ea provaintende

,

Che

nonmai'l Cielo ibenefizi obblia

.

Ottave di Monsignor Rau c Requescns voiganzatidalDialettoSiciliano.

Con

chiare stelle,insidiosa scorta,

M’invitavala spemea navigare

.

Or

queta e piana,ortempestosa etorta Stradasolcai sprezzandoi ventie’1 mare.

In.

me

la fòrzaorèsmarritae morta:

Cerco,nè trovo, ondi’ mi possaaitare.

Che

la stess’onda,chemiporta al lido

,

Retrograda mirende al mareinfido.

Il malmi preme,e mispaventail peggio;

migiova disdegnoo lontananza.

La

speme m’abbandona, enon m'avveggio S’iopiangaperdestinoo perusanza.

Ahimè

loscampo a’mali mieinonveggio:

Aridoè’l legno,e l'incendios’avanza;

E

tanto il mio desirpiùm’arde esugge,

Quantolaspeme sidilunga e fugge.

r

79 Qualunquegiogo piùdurezza accoglie

Entrolealpestriviscereprofonde, Ogniarbore selvaggiaallemie doglie S’intenerisce,e perpietàrisponde. Da’ micisospir commosso ilfrendiscioglie Ilsordomare all’implacabilonde:

E

la dura cagiond’ognimio pianto Ilvede eascolta,esen’allegra intanto

.

Perchè inunlago ognorle luciiosciolga,

Non

peròscema ilmiocrudel tormento;

Che

trovoinogni banda, ov’iomi volga,

Nuoviobbiettid’affannoedi lamento, Qualfiumealpinched'altigioghiaccolga L’umor precipitoso eviolento.

maisi votailduol,benché pergli occhi In larga pienasiriversi esbocchi

.

I’piangoil giorno, epoi lanotte

,quando Dolcequieteaffrena uomini e fere,

10sol senzariposo lagrimando Conto emisurole lunghe ore intere.

S’ioprendosonno, mille spettri errando Vengonmi intorno, e formetristecnere;

E

ovcgghio dorma,con

me

sempreèl’ombra De’ mieipensieri,che d’orror m’ingombra.

Allorchéstancodisualungavia 11 Solsicorca inmare eammorzairai, Vien fùorla Notte, ela tristezzaria

Che

allaNotte l’orrorcresced’assai.

M’affiso al ciel,che, com’èusanzamia, Volvcsiognorsenza ristarsi mai.

Conto le stelle,e,quante son, vorrei Tanti occhi adisfogar gliaffannimiei.

8o

De’micilamentiogniforesta cpiena

,

E

ne risuona intorno ogni spelonca

.

Deh

perpietà dellamia lungapena, Morte,in

me

ruotalatuafalceadonca.

Sdegnosaellamiguata, ela catena De’mieidìtristilacrudelnontronca:

Che

difinirleincrescead un solcolpo L'aspro martire, ond’iomisfaccioespolpo.

9V.d dafi,§eX

4r