Gli strumenti finanziari derivati, oggi oramai conosciuti e largamente utilizzati da un gran numero di operatori, secondo alcuni studiosi potrebbero avere avuto origine nel periodo tardo-medioevale.
Seppur in forma rudimentale infatti, già all’epoca venivano stipulate forme di acquisto e vendita a termine di derrate alimentari con lo scopo di copertura contro l’eccessivo rialzo o ribasso del prezzo delle merci in seguito a fenomeni meteorologici non controllabili dall’uomo. 28
Più tardi, durante il XVI secolo, l’utilizzo dei derivati diventò sempre più importante, tanto che questi strumenti, benché sempre in forme embrionali rispetto ad ora, giocarono un ruolo fondamentale nella cosiddetta “Bolla dei tulipani” scoppiata in Olanda nel 1637.
La stessa è considerata la prima grande crisi finanziaria innescata e aggravata successivamente dallo smodato utilizzo di strumenti finanziari con finalità speculative. 29
In quel periodo i bulbi di tulipano iniziarono ad essere esportati dalla Turchia verso l’Europa e l’Olanda si fece promotrice della loro diffusione sul mercato.
In breve tempo l’interesse verso questo fiore aumentò in maniera sconsiderata, comportando un incremento significativo della domanda, ma al tempo stesso le sue varianti più rare vennero considerate dai ricchi mercanti e borghesi veri e propri beni di lusso tanto da generare un continuo rialzo del loro prezzo.
Presto si innescò un disallineamento tra la crescente domanda di tulipani e la sua offerta, in quanto a causa della lentezza del ciclo riproduttivo, la produzione non era in grado di coprire l’intera richiesta da parte del mercato.
Nell’immaginario collettivo acquistare bulbi di tulipano iniziò ad essere considerato iniziarono un vero e proprio investimento e, grazie all’espansione economica
cfr. Girino E. (2010), “I contratti derivati”, Giuffrè Editore, 2^ edizione, Milano, p. 31-32.
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Le crisi finanziarie, La bolla dei tulipani. consob.it
caratterizzante i primi decenni del ‘600, molti soggetti diversi da intenditori e professionisti si fecero trascinare in questo acquisto sistematico.
L’interesse verso i tulipani diventò sempre più forte, tanto da generare un vero e proprio effetto psicosi. Spinti dalla volontà di generare profitti, un sempre maggior numero di operatori cominciò addirittura a sviluppare la consuetudine di “prenotare”, presso i coltivatori, i bulbi ancora piantati mediante la stipula di contratti con prezzi fissati ex-ante. Questi contratti, che oggi possono essere visti come una forma semplificata di futures sui tulipani, portarono proprio allo scoppio della bolla con conseguenti tragici effetti sull’economia.
La situazione si aggravò ulteriormente nel momento in cui si passò a trattare gli stessi contratti a termine come se fossero oggetto di negoziazione.
In questo modo vennero a crearsi lunghe catene di obbligazioni tra tutti gli operatori coinvolti, con il rischio che l’inadempienza di uno di loro potesse provocare un effetto domino su tutti gli altri.
Ad aggravare la situazione fu anche la mancanza di adeguati controlli sulle transazioni da parte dei collegi di commercianti locali che non diedero importanza ne’ alla capacità degli acquirenti di onorare il proprio impegno finanziario ne’ a quella dei coltivatori di possedere tutti i bulbi che si erano impegnati a cedere a scadenza. Così facendo si innescò una macchina incontrollabile e totalmente slegata dalla realtà e fu sufficiente una semplice asta di tulipani ad Haarlem andata deserta a provocare 30
una situazione di panic selling .31
I prezzi dei tulipani, che avevano raggiunto singolarmente il valore dello stipendio di un anno e mezzo di un muratore olandese, iniziarono a crollare senza sosta e chi si era impegnato ad acquistare tramite contratti future i bulbi presso i coltivatori tramite
Capoluogo della provincia dell’Olanda Settentrionale.
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Massiccia vendita, su larga scala, di strumenti finanziari che causa rapidi ed estesi crolli di
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valore. Durante il panic selling gli investitori hanno come unico obiettivo quello di disfarsi delle posizioni possedute in quanto spinti non dalla comprensione di ciò che sta realmente accadendo ma bensì dalla paura di generare perdite ingenti. Questo fenomeno può portare ad un effetto spirale in cui gli investitori vedono il prezzo in continua diminuzione come un segnale di uscita dall’investimento e ciò porta altri investitori a comportarsi come loro abbassando ulteriormente il prezzo.
contratti future si trovò vincolato al pagamento di cifre folli per un bene che ormai non valeva più nulla.
Nonostante gli sforzi degli operatori, la dinamica tra domanda e offerta invertì completamente il suo corso rispetto a pochi mesi prima e la domanda non riuscì a sostenere la forte e generalizzata richiesta di vendite, portando alla completa interruzione delle contrattazioni ed al crollo dell’intero mercato dei tulipani.
Nonostante i coltivatori avessero tutto il diritto alla riscossione di quanto gli era stato promesso, la lobby dei fioristi indusse la giustizia delle provincie unite olandesi a trasformare i contratti a termine (futures) in contratti di opzione (options).
In questo modo a tutti i debitori venne concessa la possibilità di non ottemperare al pagamento dovuto; essi dovettero semplicemente non riscattare l’opzione, ma impegnarsi nel versamento di una penale pari 3,5% del prezzo pattuito inizialmente .32
La bolla dei tulipani fu la prima vera crisi finanziaria legata agli strumenti derivati della storia, ma non l’ultima, in quanto se ne susseguirono altre di portata ancora maggiore.
L’ultima tra queste è stata la crisi finanziaria legata ai mutui sub-prime cominciata nel 2007 negli Stati Uniti, che ha causato conseguenze tragiche per l’intera economia occidentale. 33
I mutui sub-prime possono essere definiti mutui ad alto rischio di insolvenza poiché sottoscritti da soggetti contraddistinti da un basso merito creditizio.
Nei primi anni del nuovo millennio, la Federal Reserve ovvero la Banca Centrale Americana, per sostenere il paese in un momento delicato visto anche il recente crollo delle torri gemelle, decise di attuare una politica monetaria espansiva tramite l’abbassamento del costo del denaro.
Di conseguenza, dato che le condizioni richieste erano diventate particolarmente vantaggiose, ci fu un aumento dei finanziamenti emessi dalle banche.
La penale pagata può essere assimilata ad un premio per l’opzione ovvero quel pagamento
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che viene effettuato dall’acquirente del contratto per garantirsi la possibilità di scelta nel futuro (riscatto o meno del contratto).
La crisi dei mutui Subprime, gli impatti sul mondo finanziario, borsaitaliana.it
Inoltre, sempre più cittadini americani cominciarono ad investire i fondi in proprietà immobiliari.
Molti decisero di accendere un mutuo per acquistare la propria casa, in quanto gli interessi passivi calcolati erano molto bassi rispetto al passato. 34
Partendo dal presupposto che, come tutti i mercati mondiali, anche quello immobiliare è caratterizzato da una costante ricerca di equilibrio tra domanda e offerta, si può affermare che l’incremento vertiginoso della richiesta di abitazioni causò una crescita consistente dei prezzi delle stesse, tale da comportare la creazione di una bolla immobiliare.
La situazione iniziò ad incrinarsi quando, a partire dal 2004, la Federal Reserve decise di iniziare ad aumentare i tassi, ovvero il costo del denaro, portando inevitabilmente ad un innalzamento delle insolvenze e quindi dei pignoramenti messi in atto dagli istituti di credito derivanti dai sempre maggiori interessi passivi pagati dai contraenti dei mutui.
Con il passare del tempo il numero delle situazioni di insolvenza crebbe in maniera incontrollabile, causando un aumento delle case pignorate, e ben presto si raggiunse la saturazione del mercato, tale da rendere molto difficoltoso trovare nuovi compratori per le abitazioni.
Per questo motivo il prezzo delle abitazioni crollò drasticamente facendo scoppiare la bolla immobiliare e le banche non riuscirono più a compensare i prestiti concessi con il recupero del valore degli immobili pignorati.
La situazione però fu molto peggiore rispetto alla sola perdita da parte delle banche del valore dei finanziamenti emessi; il tutto venne aggravato infatti sia dalla cartolarizzazione dei crediti (Securitization) che dall’utilizzo di strumenti finanziari derivati. 35
Ackermann, J. (2008), “The subprime crisis, its consequences”, Journal of Financial
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Stability.
Bruni F. (2008), "La crisi dei mutui e il sistema finanziario internazionale”, in L’Italia e la
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La forte crescita economica aveva infatti spinto le banche, a cartolarizzare i mutui dopo averli emessi, cioè a cederli a soggetti terzi al dine di immettere nuova liquidità nel processo di concessione di finanziamenti.
Questi soggetti terzi, identificati con la sigla SPV , erano società “veicolo” costituite 36
appositamente, affinché gli istituti finanziari potessero conferire i loro crediti.
A loro volta tali società emettevano dei titoli chiamasi ABS (Asset Backed Securities) ovvero delle obbligazioni coperte dai crediti e dalle relative garanzie sui beni.
Grafico n.5 37
La cartolarizzazione dei crediti
Nello specifico caso della crisi dei sub-prime, le società veicolo emettevano MBS (Mortgage Backed Securities), che oggi si configurano come delle tipologie particolari di ABS non composte da varie tipologie di crediti ma solamente da mutui.
Questi titoli venivano venduti sul mercato agli investitori tramite la mediazione di banche di investimento e con gli introiti ottenuti, il veicolo era in grado di ripagare i immediatamente i crediti alla banca che glieli aveva conferiti.
Special Purpose Vehicle
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Personale elaborazione;
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In questo modo la banca, attraverso la cartolarizzazione, riusciva a rendere liquidi dei titoli di credito altrimenti illiquidi e indivisibili ed ottenere di conseguenza la liquidità necessaria per riavviare nuovamente questo processo.
A loro volta, coloro che avevano investito in MBS (le banche di investimento), tramite la costituzione di nuove società veicolo di “secondo livello”, procedevano nuovamente al re-impacchettamento di questi mutui insieme ad altri titoli all’interno di obbligazioni chiamate CDO (Collateralized Debt Obbligations).
Queste nuove obbligazioni possedevano caratteristiche del tutto simili a quelle degli MBS in quanto originati tramite il medesimo meccanismo, ad eccezione di un unico aspetto, il sottostante: nel caso degli MBS, come visto sopra, erano i mutui, mentre nel caso dei CDO erano i titoli MBS stessi.
In questo modo si venne a creare una lunghissima catena di obbligazioni reciproche, che portò al frazionamento del rischio di insolvenza, inizialmente posseduto solamente dalle banche che avevano concesso i finanziamenti, ed alla sua condivisione tra tutti gli operatori coinvolti. 38
Nonostante ciò, il rischio non fu eliminato, ma anzi aumentò notevolmente, in quanto questi titoli di credito erano stati scomposti e successivamente impacchettati più e più volte ottenendo alla fine degli aggregati eterogenei che accoglievano titoli tripla A insieme a mutui sub prime tossici.39
I passaggi eseguiti dai crediti originari furono talmente tanto numerosi e caratterizzati da un grado di complessità così elevato da implicare necessariamente delle difficoltà valutative, sia da parte delle stesse banche che li avevano emessi sia da parte delle agenzie di rating che conferivano a questi titoli il massimo grado di sicurezza.
Bruni F. (2008), “Contro la crisi: cultura e regole”, In: Shiller R.J. (ed.) “Finanza shock: Come
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uscire dalla crisi dei mutui subprime”. Milano, Egea, pp. 121-158.
Il rating è un giudizio espresso da un soggetto esterno e indipendente in merito alla
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solvibilità di una determinata società ovvero sulla sua capacità di pagare o meno i propri debiti. Il rating migliore possibile è rappresentato dalla tripla A (AAA) mentre il peggiore è D che rappresenta lo stato di insolvenza. Generalmente un rating superiore alla tripla B (BBB-) viene considerato un investment grade ovvero un investimento relativamente sicuro sul quale indirizzare i capitali. Al contrario, un rating inferiore viene solitamente definito come
speculative grade ovvero un investimento ad alto rendimento proprio perché accompagnato
Proprio in virtù della convinzione che il rating AAA fosse realistico, queste obbligazioni finirono nel radar di fondi pensionistici e di altri operatori non solo americani provocando effetti disastrosi a livello mondiale una volta scoppiata la bolla immobiliare.
Infatti, quando le insolvenze iniziarono a crescere, le agenzie di rating cominciarono a declassare questi titoli, che presto divennero illiquidabili, cosicché le banche che li avevano emessi furono costrette a garantirne la liquidità.
Non tutte le banche però furono in grado di farlo e questo portò al fallimento di un gran numero di esse, tra cui anche Lehman Brothers Holding Inc., una delle più grandi banche d’affari americane.
La crisi colpì duramente anche il settore assicurativo, che non si tirò indietro in questa “corsa all’oro” e così, come il sistema bancario fece un uso smodato di MBS e CDO, anche le società di assicurazione lo fecero con i CDS.
Questi strumenti chiamati “Credit Default Swap” erano appunto strumenti finanziari che permettevano al loro acquirente la copertura dall’esposizione in caso di particolari credit events (come per esempio il rischio di downgrade, di bancarotta e altri), traferendo ad altri operatori finanziari il rischio di credito.
In questo modo gli operatori che decidevano di sottoscrivere questi strumenti (“protection buyer”), dietro il pagamento di un premio costante in denaro, si garantivano la tutela da parte della controparte del contratto (protection seller) che, qualora si fosse verificato l’evento in questione, le avrebbe dovuto riconoscere una somma portando così all’estinzione il contratto.
I principali attori che presero parte allo sviluppo e alla diffusione di questi strumenti finanziari derivati furono sicuramente le compagnie assicurative, che giocarono il ruolo dei “protection seller” e le banche che invece agirono in qualità di “protection
buyer”.
I CDS, configurandosi come una sorta di assicurazione finanziaria, furono largamente utilizzati negli anni ’90 e contribuirono all’inasprimento degli effetti catastrofici provocati dallo scoppio della crisi dei subprime.
La forte convinzione che il mercato immobiliare fosse sicuro portò un gran numero di operatori ad emettere questi strumenti e ciò fu la causa di un rapido arricchimento grazie ai premi incassati.
Ad esempio, AIG (American International Group), la più grande compagnia d’assicurazioni del Paese, in un primo momento vide accrescere i propri ricavi in maniera esorbitante ma, quando la bolla immobiliare scoppiò e tutte le sue controparti iniziarono ad esercitare i CDS, si trovò a dover affrontare una grave crisi di liquidità in quanto non aveva modo di onorare in toto gli impegni assunti.
Questo portò il governo statunitense a dover intervenire con importanti iniezioni di liquidità per salvare il colosso assicurativo ed altre realtà e per scongiurare effetti sul mercato ancora più ingenti.
A tal proposito l’intervento del governo comportò aiuti per un totale di circa 7.700 miliardi di dollari erogati nel triennio 2007-2009 finalizzati alla nazionalizzazione diegli istituti di credito e al riacquisto di titoli cartolarizzati .40
L’immenso volume di cartolarizzazioni non si limitò a colpire il suo luogo d’origine, cioè il territorio americano, ma si diffuse a macchia d’olio anche nel resto del mondo causando tragiche conseguenze per alcuni paesi europei.
Di conseguenza, anche i governi di queste nazioni coinvolte, dovettero assumere un comportamento analogo a quello statunitense e quindi intervengono per arginare la situazione di crisi (vennero dati aiuti per una cifra che si aggira intorno ai 3.166 miliardi di Euro ).41
Reggio R. (2018) Lehman 10 anni dopo: come si reggeva il castello di carta dei mutui
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subprime, stream24.ilsole24ore.com
op.cit. G.Emilio (2010).