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p rovarci seriamente , sapendo usare anche il virtuale

Commento Globale della fiaba “Il Gatto con gli stivali”

5. p rovarci seriamente , sapendo usare anche il virtuale

La terza parte è il provarci seriamente, anche se non si sa se va bene oppure no: è un po’ la sperimentazione, l’Angolo Gamma (v.).

Bisogna fare qualcosa per preparare il passaggio dalla morte a soluzioni più stabili. Bisogna zappare, perché la sperimentazione è anche impegnativa. Bisogna provare a costruire delle cose, dalle quali si spera possano nascere nuove premesse. Il Gatto quando inizia non ha nessuna consapevolezza che quello che farà porterà a qualche soluzione.

Vediamo come funziona quella parte della dinamica preparatoria in cui bisogna lavorare, non sapendo bene cosa ci capiterà: se avremo occasioni buone, dove ci porterà ciò che stiamo facendo, ecc. Bisogna un po’ avventurarsi, non si sa bene e non si può programmare. Il cambiamento significa attendere, individuare i segnali di passaggio e leggerli quando questi si presentano.

Appena il gatto ebbe ciò che voleva...

Se non ci sono le condizioni per sperimentare, non c’è la possibilità di fare un Angolo Gamma (v.). Bisogna avere un po’ di condizioni, poi ti dimostro che è possibile, ma se tu gli stivali non me li dai, il sacco neanche, dici un sacco di parole, che me ne faccio? Il Gatto “ebbe ciò che voleva”, allora a questo punto comincia la sperimentazione, la ricerca. Riportatelo alla vostra storia, alla vostra coppia. Certo, ogni storia è diversa, ma qui stiamo individuano dei meccanismi.

...s’infilò bravamente gli stivali, e, mettendosi il sacco al collo, prese le corde colle zampe davanti e se ne andò in una conigliera, dove c’erano moltissimi conigli.

Vediamo come si comporta uno che deve creare dal nulla. Cioè, non è che gli si dice: “Vai nella conigliera, ti do i soldi e compri il coniglio”!

Deve inventarsi di sana pianta tutto. Il percorso metastorico (v.) è un atto creativo.

Pose dentro al sacco un po’ di crusca e della cicerbita: e sdraiandosi per terra come se fosse morto, aspettò che qualche giovine coniglio, ancora novizio dei chiapperelli del mondo, venisse a ficcarsi nel sacco per la gola di mangiare la roba che c’era dentro.

Quando vogliamo fare un salto, un cambiamento, bisogna utilizzare un po’ di virtuale, dire un po’ di mezze bugie. Lui si finge morto quando in realtà morto non lo è. Le cose non cambiano perché gli altri vogliono risolvere i tuoi problemi. Devi fare un po’ il “napoletano”, fa parte della vita, se no rimaniamo tutti dove stiamo. Si sdraia a terra come se fosse morto. La virtualità nei percorsi di cambiamento c’è.

Se voi prendete tutti quelli che hanno fatto anche carriera economica, vedete quante bugie hanno detto e continuano a dire che non ne avete idea! Avvalersi un po’ del virtuale è importante, lo utilizza anche chi ci vuole far morire. Nelle Marche, per esempio, nel 2008, c’è stato un imbroglione che ha detto un sacco di fesserie per distruggere quello che stavamo facendo. Erano virtuali quelle cose. Se leggete l’articolo che ho pubblicato su “Limax”3, vedete quante falsità sono state dette; però questo ha determinato tutta una serie di eventi reali.

Allora, se il virtuale lo utilizza chi vuole uccidere la vita, perché un po’ non lo utilizziamo anche noi quando dobbiamo crescere per far rivivere la vita? Per esempio, alla fine del Vangelo di Luca si parla dell’“amministratore infedele”, uno che, sapendo di essere licenziato, deve vedere come fregare il padrone. Il Vangelo dice che i “figli delle tenebre” sono molto più adatti dei “figli della luce”, i quali spesso non si rendono conto che bisogna utilizzare anche un po’ di virtuale. Dice male dei figli della luce, e dice bene, bene-dice i figli delle tenebre.

Appena si fu sdraiato, ebbe subito la grazia. Eccoti un coniglio, giovane d’anni e di giudizio, che entrò dentro al sacco.

Non tutti sono così cresciuti, anche nella situazione dominante. Nel bosco c’è sempre qualcuno che è inesperto, che è limitato, che si ficca nel sacco e mangia, cioè ci verranno incontro i limiti che gli altri hanno.

Noi ci dobbiamo organizzare, usando un po’ di virtuale e facendo un po’ leva sui limiti che gli altri hanno. Oggi come oggi, i limiti dei Servizi

3 Limax, Rivista trimestrale del Centro di Medicina Sociale e del LAM Studium (Laboratorio di Antropologia del Mutamento e Studi Umanistici) dell’Università di Urbino “Carlo Bo”, n. I anno XIV, Marzo 2008, Nuova Specie, pp. 109-169.

tradizionali sono visibilissimi.

Il bravo gatto, tirando subito la funicella, lo prese e l’uccise senza pietà né misericordia.

Quando ci sono queste opportunità, come bisogna reagire? Se vogliamo crescere, bisogna essere determinati. Ognuno deve vivere la sua vita e farsi la sua esperienza, per quanto essa possa essere minoritaria, come il Metodo Alla Salute (v.). Oggi dobbiamo essere determinati a tirare la funicella, quando ci sono delle opportunità. Non significa essere violenti, ma essere determinati. Io voglio vivere, ci sono alcune cose morte che vanno messe da parte. Bisogna essere determinati. Non si cresce perché gli altri ti riconoscono il valore, ma perché tu vai nel bosco, ti dai da fare e sei anche determinato.

Tutto glorioso della preda fatta, andò dal Re e chiese di parlargli. Lo fecero salire nei quartieri del Re.

Il Gatto è glorioso della preda, del suo primo risultato, ma ha un Globale Massimo (v.), ha un progetto, non si ferma a lenire la sua fame, non va dal padrone a dire: “Guarda come sono bravo!”. Poteva farlo e portargli ogni giorno un coniglio giovane, ma sarebbe diventata una soluzione e non sarebbe stata una buona cosa. Non ci fermiamo alle opportunità che già abbiamo, perché sono interlocutorie e intermedie!

Bisogna avere un occhio più ampio. Che cosa fa? Prende la preda e va dal Re per parlare. Per “Re” intendiamo, metaforicamente, l’unica possibilità-strada che c’è in quel contesto in cui stiamo cercando di cambiare equilibrio di vita. Si può anche leggere come l’espressione dell’In.Di.Co. (v.) stesso. Il Re rappresenta l’occasione di chi sa valutare la crescita metastorica (v.) che si sta rivelando. Il Re è in grado di apprezzare ciò che sta avvenendo. E quindi bisogna anche fare una grande riverenza per il Re, bisogna anche avere il senso delle relazioni sociali, dei ruoli in campo, ecc.

Dove entrato che fu, fece una gran riverenza al Re e gli disse: “Ecco, Sire, un coniglio di conigliera che il signor Marchese di Carabà”, era il nome che gli era piaciuto di dare al suo padrone, “mi ha incaricato di presentarvi da parte sua”. “Di’ al tuo padrone” rispose il Re “che lo ringrazio e che mi ha fatto un vero regalo”. Un’altra volta andò a nascondersi fra il grano, tenendo sempre il suo sacco aperto; e appena ci furono entrate dentro due pernici, tirò la corda e le acchiappò tutte e due. Corse quindi a presentarle al Re, come aveva fatto per il coniglio di conigliera. Il Re gradì moltissimo

anche le due pernici e gli fece dare la mancia.

Cioè, inventiamoci i nomi! Non pensate che i nomi che usano le strutture dominanti siano immodificabili! Sono parole! Possiamo dare dei nomi diversi e chiamarci noi “Marchesi di Carabà”. Perché, scusate, un Marchese che cos’è? Sono convenzioni! Dobbiamo capire che l’ordine, per quanto dominante sia, per quanto l’altro sia Sua Santità, Sua Eminenza, Sua Eccellenza, Magnifico Rettore, è sempre una convenzione. Noi siamo Marchesi di Carabà, possiamo inventarci dei nomi, darci valore, perché se io ho una forza metastorica (v.) posso avere anch’io un nome, un nome importante, anche una carica, essere un Marchese. Ci dobbiamo dare valore, perché se uno dice: “Io sono il povero Gatto di un figlio di mugnaio...”, non serve!

Qui il Gatto usa di nuovo il virtuale. Come gli altri inventano, invento pure io: “Sono il Marchese di Carabà!”. Il nuovo che sta nascendo si comincia a sintonizzare con chi decide nell’ordine dominante. Non è che subito porti un coniglio e hai risolto, ma comincia una sintonizzazione con il Re che lo ringrazia e comincia a notare alcune cose, anche se questo non è ancora un cambio di equilibrio.

Il gatto in questo modo continuò per due o tre mesi a portare di tanto in tanto al Re la selvaggina della caccia del suo padrone.

Cioè, occorre un tempo di sperimentazione, occorre una pratica costante. Uno può dire: “Ma io ci ho provato, gli ho detto di telefonare e non lo ha fatto! Oggi ho fatto il progetto e neanche me lo ha letto!”.

Quando dobbiamo crescere rispetto a un ordine dominante in cui noi siamo il “Signor Nessuno”, bisogna continuare a produrre regali o operatività secondo una pratica costante. Quello che fa il Gatto non è un giudizio o un’idea, ma una pratica, cioè ora porta pernici, ora una cosa, ora un’altra, ecc., perché la sintonizzazione si crea così. Quante ne occorrono? Fin quando non arrivi all’altra fase.