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p reservare la parte g atto

Commento Globale della fiaba “Il Gatto con gli stivali”

3. p reservare la parte g atto

Quest’ultimo non sapeva darsi pace, per essergli toccata una parte così meschina. “I miei fratelli”, faceva egli a dire, “potranno tirarsi avanti onestamente, menando vita in comune, ma quanto a me, quando avrò mangiato il mio gatto, e fattomi un manicotto della sua pelle, bisognerà che mi rassegni a morir di fame”.

Al minore, cioè a quelli che non valgono niente, cosa tocca? Tocca il Gatto, cioè una entità insignificante per l’equilibrio storico dominante che è il mulino. Sì, fa fuori i topi, però non è quella la cosa predominante.

Anzi, non solo è una parte che l’equilibrio dominante non considera significativa, ma addirittura diventa un onere in più, perché il figlio

minore doveva dar da mangiare al Gatto, il quale non produceva niente.

Almeno l’asino produce il lavoro!

Vediamo invece di leggerlo diversamente. In ogni equilibrio che è morto, il Gatto è la parte più vicina alla nostra sensibilità più profonda, meno razionale. Il Gatto potrebbe essere la nostra parte bambina, la parte metastorica (v.) profonda, che non è stata ancora utilizzata, ma è stata messa da parte in ruoli marginali, perché per l’equilibrio dominante non era essenziale. Quando dobbiamo cambiare nel rapporto con noi stessi o nella coppia, non abbiamo consapevolezza di avere quella parte, bisogna essere aiutati a scoprirla, perché è una parte molto più efficace della parte che ci spaventa o che ci tiene sottomessi.

Infatti, in questo equilibrio non ci sono prospettive per il figlio minore perché i suoi fratelli, come dice lui, almeno possono andare avanti onestamente e lavorare, ma lui, una volta che avrà mangiato il Gatto e ne avrà fatto un manicotto, dovrà rassegnarsi a morire di fame, cioè alla morte, non ha diritto ad avere un posto nell’equilibrio che si sta per creare.

Io molte volte ho vissuto questa sensazione, perché nessuno era interessato a ciò che proponevo, nonostante tutto il resto fosse morto.

Attualmente, non mi dite che non è così! C’è stato un recente report fatto sugli psicofarmaci: sapete che in pochi anni, cinque o sei, il consumo degli antidepressivi è aumentato del 310 per cento, solo degli antidepressivi? Gli assessori alla Sanità di tutte le regioni si pongono il problema di come risolvere il problema degli psicofarmaci e delle comunità, non perché contestano questa soluzione, ma perché non sanno più come pagarli. Quindi, è una ipotesi che sta morendo, è morta.

Il quadro è questo: una storia morta produce morte, e quindi è un meccanismo implosivo. L’altra morte fa morire altre cose e quindi, in questa prospettiva, se muore Sansone muoiono tutti i Filistei. Questo è il punto di partenza: una storia che non ha più nessuna prospettiva metastorica (v.), che non sa andare al di là di se stessa, muore. Può essere, ad esempio, avere un figlio cosiddetto schizofrenico. È la stessa cosa, perché un equilibrio storico morto, che non funziona più, produce morte attorno a sé. Al Centro di Medicina Sociale questa è stata la mia esperienza: se vedete da tutte le regioni quanti giovani sono arrivati, di 21-22 anni, con 7-8 anni di diagnosi di questo tipo e psicofarmaci! È un’ecatombe alla cui base c’è una interpretazione vecchia, morta.

Questo è il punto di partenza. Se nella storia non c’è un percorso metastorico (v.), qualcosa che ci spinge a creare vita nuova, di tipo nuovo, a metterci in viaggio, in “esodo” - che non è un termine biblico, indica il fatto di partire da un punto di vista morto, finito, e di andare verso un altro -, la storia non c’è più; una storia senza anelito metastorico (v.) è destinata a morire. La fiaba finirebbe qui, il figlio del mugnaio mangerebbe il Gatto e farebbe un manicotto.

Chi ha in sé una parte Gatto, ovvero una parte che non si addomestica mai completamente, una parte che rimane sempre un po’ autonoma o libera, che inventa o crea, cosa deve fare? Sapete che il Gatto anche al padrone più affezionato, se esagera, lo graffia, non fa come il cane che si prende tutto quello che il padrone gli dà! La parte Gatto è una parte nostra, può essere in una coppia il coniuge; in un gruppo può essere la persona che sembra più marginale, ecc.

Vediamo dove la parte Gatto viene preservata. Vediamo cosa succede quando un equilibrio dominante è morto, però c’è qualcuno che conserva una Scintilla Metastorica (v.) e cerca di inserire altro. Questo è quello che vedremo adesso.

Per chi conosce l’Unità Didattica (v.) del Quadrangolare (v.), l’inizio è l’Angolo Alfa: regole, tempo, ordine e riconoscibilità. Si tratta della prima parte di cui ho parlato. Poi c’è la seconda parte che spiega come nasce un’ipotesi di cambiamento, cioè l’Angolo Beta (v.). L’Angolo Beta (v.) è una prospettiva, è un’intuizione, un’idea, ma non esiste ancora nella realtà; vedremo che un Angolo Beta (v.), cioè ascoltare una novità, riflettere e vederla come prospettiva, ha bisogno poi di altre due dinamiche.

4. Farnascerelapossibilitàdiuncambiamento

Il gatto, che sentiva questi discorsi...

Innanzitutto, la parte Gatto, se vuole rappresentare una novità, deve

“sentire questi discorsi”, deve immergersi nelle cose morte. Ascoltare un figlio che dice: “A casa mia le cose fanno schifo!”, o una moglie che dice: “Le cose non vanno più!”, oppure: “Questa religione non ci dà più niente, questo metodo che non funziona più, questo Sert, questo Centro”, ecc., è importante, bisogna sentirli. In genere, invece,

più l’equilibrio è morto e meno vogliamo sentirlo, perché ci spinge a cambiare. Invece bisogna sentire questi discorsi, anche se ci fanno male. La parte che vuole cambiare non deve scappare. Molto spesso le mamme hanno un buon motivo perché hanno fatto tante cose buone;

molte mamme fanno fatica a partire dal fatto che devono “sentire questi discorsi”, anche se non è tutta la verità. Uno può dire: “Allora non ho fatto niente di buono?”. No, tuo figlio ti sta dicendo che quell’equilibrio gli ha dato poco e adesso non c’è più, punto. Perché si sa che ogni equilibrio è transitorio!

...e faceva finta di non darsene per inteso.

Che significa? Mi devo immergere nella situazione morta, ma non devo intenderla come l’unica realtà, perché altrimenti mi fermo pure io e non nasce niente!

Gli disse con viso serio e tranquillo...

La parte che vuole cominciare un percorso metastorico (v.), cioè andare al di là della propria storia, cambiare, deve esprimere serietà perché è una cosa importante. Ci va di mezzo la propria vita e, se si fallisce, l’unica realtà che resta è il padrone che fa fuori il Gatto.

“Tranquillo” significa che sa che fa parte della vita, non si spaventa per quello che è successo. È tranquillo anche perché sa che, dopo ogni morte, si può risorgere; questo vale non solo per Gesù, ma anche per noi. Dopo ogni notte sorge l’alba: sono cicli che la vita ci regala tutti i giorni.

A questo proposito, vi consiglio di partecipare all’Unità Didattica (v.) “Dalle tenebre alla luce”2: si passano insieme tre o quattro ore, facendo teoria su quello che accade, si comincia dalle tenebre, poi c’è l’alba, l’aurora e tutto il procedere del sole. Io ve lo consiglio, perché là ci sono le informazioni antiche della vita. Le altre cose, quello che ha scritto Freud, quello che ho scritto io o Maometto o Gandhi sono cose buone, ma non sono le cose più antiche! Lo stesso Gandhi diceva:

“Le verità sono antiche come le montagne”, cioè dobbiamo sempre rivolgerci a chi è più antico di noi, perché noi “umanoidi” ci siamo fermati alla scienza, e state vedendo ciò che sta avvenendo.

2 Mariano Loiacono, Dalle tenebre alla luce. Atti integrali, Centro Documenta-zione Nuova Specie, 2010.

“Non vi date alla disperazione, padron mio!”.

Se uno parte disperato, vuol dire che la morte è stata un’esperienza così forte che non ha preservato nessuna spinta metastorica (v.). La storia è stata così asfissiante che non è stata per niente messa in dubbio, non si è fatto in tempo e si è disperati. Inizialmente, per non soffrire si può fare uso di sostanze, si possono avere gli attacchi di panico: sono tentativi per non scivolare giù, sono ciuffetti d’erba a cui ci si aggrappa per non scivolare giù. Se poi queste soluzioni non funzionano più, come oggi succede, chissà perché aumentano i suicidi e gli omicidi! Non c’è il virus, il gene del suicidio o dell’omicidio, sono tutte stupidaggini!

Perché è aumentata la disperazione? Non si ha più speranza, e questo purtroppo oggi è un problema che né la chiesa, né la filosofia, né la scienza riesce a frenare, anzi proprio nelle situazioni in cui la scienza ha risolto tantissimi problemi molto spesso c’è più disperazione!

Però non basta non disperarsi. Cosa dice il Gatto? Il Gatto vuole partire da qualcosa che deve modificare nella sua storia. Se non siamo immersi nella nostra storia, negativa che sia, con una spinta, e non scegliamo cose concrete da fare, non basta dire: “Ma quanto è brutto!

Il mondo fa schifo!”. Questi sono surrogati della disperazione. Bisogna dire: “Il mondo fa schifo. Così a me non piace, però oggi faccio questo”.

Quando uno dice che il Metodo Alla Salute (v.) è antipsichiatrico, io mi incazzo, perché io non sono “anti” nessuno, nel senso che, se uno si trova bene al Sert o nel prendere psicofarmaci, nel fare quello che vuole o non facendo niente, per me va rispettato! Rispetto a queste cose che io ritengo parziali, non dico mai che sono “sbagliate”, ma “parziali”, perché coprono una parte e spesso una parte così piccola che non serve.

Io faccio altro.

Quindi, più che criticare dicendo: “Mio padre ha fatto così e così”, va beh, ma tu che fai? Critichiamo, sì, ma per creare noi per primi l’alternativa, per quello che ci è possibile!

“Voi non dovete far altro che trovarmi un sacco e farmi fare un paio di stivali per andare nel bosco”.

Il bosco è un simbolo, un archetipo, una metafora della vita, nella quale è possibile trovare soluzioni buone per noi, ma ci sono rischi di non farcela, perché ogni cambiamento non è una cosa programmabile.

Non capisco perché l’economia si intestardisce ancora a programmare tutto, anche da qui a dieci anni, quando da qui a un mese viene tutto

smentito! La vita è un bosco, in cui ci sono tantissime soluzioni, ma ci sono anche tantissime cose che non si prevedono. Non a caso, tutti i riti di iniziazione anche nelle fiabe passano per il bosco, in cui c’è anche l’orco, la strega, ci sono dei pericoli, c’è tutto, non ci sono solo delle risorse che uno può trovare.

Come si affronta il bosco della vita, che rimane sempre un po’ non programmabile? Portandosi dietro cose vuote. Che significa vuote? Che non sono già definite, che vanno riempite d’altro, che devo inventare io la strada. Guardate che il vuoto è la parte più importante della vita. La parte che muore di noi è la parte piena. Il Maschile (v.), che è un pieno, è proprio indice di equilibri che si concludono. Sapete che noi siamo fatti in grandissima parte di vuoto. Se mettiamo insieme tutta la parte che chiamiamo “energia” e il vuoto che c’è intorno, la proporzione è molto discrepante.

Sapete chi è che fa i figli nella vita, chi porta discendenza alla vita e non la fa morire? È la donna che ha la vagina. Purtroppo l’hanno chiamata così, perché sapete cosa significa “vagina”? Significa “guaina”.

Cioè, l’uomo ha la spada, fa la guerra e dopo che fa? Va nella vagina!

Dopo di che la spada si spunta e non funziona più! Un altro organo importantissimo della donna è l’utero. La gravidanza senza utero non ci potrebbe stare, quindi è il vuoto che fa nascere la vita.

Quali sono i due vuoti qui presenti? Il primo è la parte metastorica (v.). Lui lo sa che è minoritario, che ha difficoltà a stare nel bosco, allora chiede un vuoto che sono gli stivali, per interfacciare se stesso rispetto al bosco. Gli stivali servono al Gatto per cominciare a portare avanti un progetto metastorico (v.), dovendo mediare le difficoltà del bosco, della storia.

L’altro aspetto importante è il sacco, cioè l’altro vuoto. Un sacco in sé non serve a niente, ma poi vedremo che la parte metastorica (v.) è soprattutto la parte femminile nostra, quella che è vuoto: la vagina, l’utero che vuole far nascere cose nuove. Le cose morte sono cose maschili che abbiamo sviluppato nella storia; questo vale per tutti, uomini e donne.

“E dopo vi farò vedere che nella parte che vi è toccata, non siete stato trattato tanto male quanto forse credete”.

Qual è l’altra cosa? Bisogna avere il senso del proprio valore, se no uno parte dicendo: “Ci provo, ma non lo so, probabilmente sarà

difficile...”. Se è così, meglio non partire! Oppure: “Ma se io vado lì, poi vedo il sindaco che si trasforma in leone e mi impaurisce...”. E non ci andare! Devi andarci dicendo: “Io ci credo, non sono sicuro che andrà bene, ma ci credo!”. Altrimenti, se si va lì tanto per farlo, perché è obbligatorio andarci, non serve. Bisogna invece andarci con il fatto che non posso vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, però bisogna provarci!

Sebbene il padrone del gatto non pigliasse queste parole per moneta contante, a ogni modo gli aveva visto fare tanti giuochi di destrezza nel prendere i topi, or col mettersi penzoloni attaccato per i piedi, or col fare il morto nascosto dentro la farina...

Che cosa aiuta la parte che sta morendo a credere in questa parte metastorica (v.) nostra, rappresentata dal Gatto? Lo dice il figlio del mugnaio: “Ti ho visto fare tanti giochi di destrezza, prendere topi, metterti a penzoloni”. Ci aiuta, cioè, la memoria storica di cose anche piccole che abbiamo fatto prima agli altri; in quel momento ci può servire.

Il Metodo Alla Salute (v.), oggi come oggi, assomiglia al Gatto. Non possiamo pensare che l’altro capisca il valore di questo progetto perché, in effetti, non lo capisce. Probabilmente dirà: “Ah sì! Ho sentito dire che quello è andato lì...”. Anche se è un sentito dire, sono informazioni che riguardano la memoria storica, cioè il ricordo di cose che si sono fatte. Le cose buone, anche quando siamo esseri marginali, spesso nei momenti di difficoltà possono diventare occasioni di fiducia per gli altri.

Invece noi tendiamo sempre a non considerare quest’aspetto. Penso invece che, anche se sono piccole cose agli occhi degli altri, questo che stiamo facendo perché crediamo nel nostro progetto creerà un’ampia apertura e rappresenterà un’alternativa alla disperazione e al suicidio.

...che finì coll’aver qualche speranza di trovare in lui un po’ di aiuto nelle sue miserie.

Quando si sta male, oggi più che mai, non si perde tempo a valutare razionalmente, ma si dice: “Voglio provarci, vediamo in cosa consiste”.

Infatti, questo è importante: non ci si può imporre alla parte dominante se non c’è un’iniziale sintonizzazione. Non si può far rinascere una parte storica chiusa se non nasce una possibile speranza anche nell’altro. Non possiamo sostituirci all’altro, non è possibile! Bisogna creare un’apertura e far nascere qualche speranza. Quindi, nella disperazione dobbiamo lavorare per far sì che ci sia una possibile iniziale sintonizzazione con

un politico, con uno psichiatria, con una qualsiasi realtà con la quale ci confrontiamo.

La seconda parte è quindi l’Angolo Beta (v.), l’inizio del percorso metastorico (v.), cioè nasce la possibilità di riprendere, di non fermarsi alle cose morte.