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Il percorso travagliato della nozione di contenuto del contratto

2. Rischio e contenuto del contratto Aspetto strutturale

2.2. Il percorso travagliato della nozione di contenuto del contratto

Il dato positivo, di per sé, non chiarisce dunque una nozione univoca di siffatto elemento, né fornisce alcun indizio per attribuire ad esso una connotazione giuridica in termini astratti.

dedicata all’oggetto. In questo senso, G.ALPA –R.MARTINI,Oggetto e contenuto, in Trattato di diritto privato, M.

157 Ebbene, nell’esigenza di individuare un filo rosso fra le diverse terminologie con cui il codice guarda al fenomeno, sono emersi tre indirizzi dottrinali che hanno tentato di fornire una definizione analitica di “oggetto del contratto”(70).

2.2.1. Oggetto del contratto e res materiale

Il peso evidente assunto dalla tradizione francese nella costruzione della figura normativa di “oggetto” del contratto(71) ne ha dapprima messo in risalto una sua valorizzazione come res materiale su cui cade l’accordo negoziale delle parti, avvalorata da un uso “nel linguaggio del codice [di] una rappresentazione materialistica dell’oggetto”(72). In particolare, la dottrina più risalente tendeva ad indentificarlo nel bene o nella cosa concretamente dedotta nel contratto; la rigidità di questa posizione era tuttavia parzialmente stemperata dal fatto che non si guardasse tanto ad un’accezione strettamente “cosale” di bene, quanto piuttosto ad una più astratta di “valore”, inteso quale “punto di riferimento oggettivo degli interessi (e delle relative situazioni giuridiche soggettive attive) dedotti e regolati nel contratto”(73). In particolare, la

(70) Riassuntivamente, vi è chi ha ricondotto ciascuna di queste teorie ai suoi principali esponenti, v. V.ZENO

ZENCOVICH,Il contenuto del contratto, in I contratti in generale, W. Bigiavi (a cura di), III, Torino 1991, pag. 729

ss. In particolare, si fa riferimento a i) F.MESSINEO,Il contratto in genere, cit., pag. 136 (oggetto è il bene

economico dedotto nel contratto), L.CARIOTA FERRARA,Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, cit., pag.

612, (oggetto è la materia, il bene, l’utilità o le relazioni che cadono sotto il volere delle parti) e G.B.FERRI,Il negozio giuridico, cit., pag. 111 (oggetto è il bene che costituisce il punto di riferimento oggettivo della specifica

situazione soggettiva di cui, attraverso il contratto, si intende disporre); ii) G.OSTI,voce «Contratto», in Noviss.

Dig. it., IV, Torino, 1959, pag. 504 (che richiama l’identità fra oggetto del negozio – contratto – e del rapporto –

obbligazione -, oggetto individuato in entrambi i casi nella prestazione); iii) C.M.BIANCA,Diritto civile, III, Il contratto, Milano 1984, pag.317, R.SCOGNAMIGLIO,Dei requisiti del contratto, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja

e Branca, sub artt. 1346 ss., Bologna-Roma 1970, pag. 352 (secondo i quali l’oggetto è l’intera operazione voluta dalle parti che costituisce il contenuto dell’accordo).

(71) Il Code Napoleon modella difatti la disciplina del contratto in generale sul paradigma della compravendita

e ravvede dunque nell’oggetto del contratto la res trasferita.

(72) G. DE NOVA, L’oggetto del contratto, cit., pag. 23. In questo senso, maggiormente esplicita era la

formulazione del codice del 1865, dalla quale emergeva una nozione di oggetto che, in vario modo, si tentava di ricondurre alla “concretezza” delle cose. Ne sono esempio l’art. 1126, secondo cui “Qualunque contratto ha per

oggetto una cosa che uno de’ contraenti s’obbliga di dare, ovvero si obbliga di fare o non fare”, l’art. 1127, “Il semplice uso o il semplice possesso d’una cosa può essere oggetto di contratto, come la cosa medesima”, o ancora l’art. 1129,

“L’obbligazione deve avere per oggetto una cosa determinata, almeno riguardo alla sua specie. La quantità della

cosa può essere incerta, purché possa determinarsi”.

(73) G.B.FERRI,Il negozio giuridico, cit., pag. 161 ss.; G.GABRIELLI,L’oggetto della conferma ex art. 590 c.c., in

Riv. trim. dir. e proc. civ., 1964, pag. 1367, nota 2. Favorevole ad una nozione di oggetto del contratto come bene

anche, F.MESSINEO,Il contratto in generale, cit., pag. 138 ss., il quale tuttavia contrappone siffatto concetto a

158 logica che muoveva questo indirizzo era di conferire un rilievo giuridico interno al contratto ad una realtà - i.e. il bene in esso dedotto - che altrimenti ne resterebbe al di fuori. Tuttavia, questa posizione difficilmente si sposa con le fattispecie in cui l’attività negoziale delle parti abbia come termine ultimo un diritto o un rapporto(74), ed entra, dunque, in contraddizione con la qualificazione - propugnata della stessa dottrina(75) - del contratto di compravendita come un negozio traslativo di diritti e non di beni.Vi sono, inoltre, alcune disposizioni la cui applicazione mal si concilia con una nozione che guardi all’oggetto come res materiale, su tutte quelle che configurano i suoi requisiti in termini di “possibilità” e “liceità” (art. 1346 c.c.)(76).

2.2.2. Oggetto e prestazioni contrattuali

In considerazione dei limiti manifestati dalla teoria che identifica l’oggetto del contratto con la res materiale, si è sviluppato un secondo, consistente, indirizzo in dottrina che ha concentrato, invece, l’attenzione sulle prestazioni contrattuali(77). Questo orientamento si adatta però difficilmente ad una ricostruzione in chiave unitaria, in quanto l’idea di oggetto del contratto come prestazione si è evoluta ed affinata nel tempo, in risposta alle diverse critiche che gli sono state mosse(78).

Con uno sforzo di approssimazione possono individuarsi due momenti di sviluppo. In un primo momento, la nota caratterizzante di questa teoria è stata ravvisata nello spostamento da una dimensione “statica” di bene, inteso cioè come dato concreto e materiale,

l’opinione di G.STOLFI,Teoria del negozio giuridico, Padova 1961, pag. 14-16, secondo cui l’oggetto costituisce un

elemento essenziale del contratto nei soli negozi patrimoniali.

(74) In ciò si fondano le critiche di G.FURGIUELE,Vendita di «cosa futura» e aspetti di teoria del contratto,

Milano, 1974, pag. 135 ss., secondo cui, ragionando altrimenti, “si avrebbe un contratto privo di un elemento

costitutivo” e di N.IRTI,Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui: problemi generali, Milano, 1967, pag. 129 ss.

(75) F.MESSINEO,Manuale di diritto civile e commerciale, 11 ed., Milano, 1957, II, pag. 1 ss. (76) G.DE NOVA,L’oggetto del contratto, cit., pag. 804.

(77) In questo senso, G.OSTI,voce «Contratto», cit., pag. 503-504; P.PERLINGIERI, I negozi su beni futuri. La

compravendita di «cosa futura», cit., pag. 67 ss.; G.DE NOVA,L’oggetto del «contratto di informatica», cit., pag.

22; A.ALBANESE, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Napoli, 2003, pag. 286.

(78) La matrice storica di questo orientamento si rinviene direttamente nel Progetto del 1940 al Codice Civile.

Si riporta difatti che, nelle bozze in suo possesso, Filippo Vassalli avrebbe sostituito all’art. 211 (rubricato come “oggetto del contratto”) l’espressione “L’oggetto del contratto” con “La prestazione dedotta in contratto”. L’episodio è riportato da G.B.FERRI,Le annotazioni di Filippo Vassalli in margine a taluni progetti del libro delle obbligazioni¸ Padova, 1990, pag. 101.

159 ad una “dinamica”, nel senso di bene per come dedotto nelle prestazioni contrattuali. Ciò varrebbe, ad esempio, a differenziare un contratto di compravendita ed uno di locazione sullo stesso immobile: se pur il nudo bene è il medesimo in entrambi in negozi, differente è l’attribuzione che ne viene fatta nelle due fattispecie, nell’uno caso di proprietà, nell’altro di godimento e differente sarà, dunque, anche la prestazione dedotta nel contratto(79). Il riferimento ad una nozione di carattere puramente economico – i.e. quello di prestazione – è però stato considerato da parte della dottrina come eccessivamente generico e perlopiù legato al modo di atteggiarsi di singole tipologie negoziali. In particolare, questa posizione non fornisce alcun chiarimento circa la posizione in cui si colloca il negozio di fronte al bene o all’apporto di utilità(80). Inoltre, così intesa, questa nozione lascerebbe fuori i contratti ad effetti reali, ove la proprietà del bene si trasferisce esclusivamente per il tramite di un consenso legittimamente manifestato (art. 1376 c.c.); ciò, a meno di non attribuire al termine “prestazione” un significato più ampio di quello di “contenuto dell’obbligazione”, e cioè di “risultato dedotto” nel contratto(81).

Attraverso un secondo passaggio si è, pertanto, deciso di ampliare il concetto di prestazione, quale strumento atto alla realizzazione degli effetti ricollegati alla fattispecie. Una tale configurazione dell’oggetto del contratto è stata edificata attraverso l’aggregazione di un aspetto oggettivo, come tale intendendo la porzione di realtà esterna cui si fa riferimento nel contratto, con uno soggettivo, legato all’elemento volitivo, all’interesse che le parti assumono nel regolare quella porzione di realtà nel contratto. Ad assumere rilevanza come oggetto del contratto non sarebbe, pertanto, la prestazione in sé considerata, quanto la prestazione come elemento del voluto(82). Questo approccio, a differenza del primo, non si limita a considerare il solo dato esterno al contratto, ma si spinge a ricondurre quest’ultimo al regolamento negoziale, “contrattualizzando” quindi un elemento fattuale che, altrimenti, ne rimarrebbe al di fuori. Le parti, in sostanza, deducono l’oggetto del contratto attraverso “la rappresentazione programmatica del bene”(83) la quale, lungi dal costituire una mera

(79) L’esempio è ripreso da V.ROPPO,Il contratto, in Trattato di diritto privato, Iudica – Zatti (a cura di),

Milano, 2011, pag. 317.

(80) In questo senso, la critica di N.IRTI,Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui, cit., pag. 130. (81) In questo senso, G.DE NOVA,L’oggetto del «contratto di informatica», cit., pag. 804.

(82) G.OPPO,Note sull’istituzione dei non concepiti, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1948, pag. 82. (83) N.IRTI,Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui, cit., pag. 140.

160 previsione volitiva, è riconducibile, invece, al comportamento che il negozio impone alle parti al fine di ottenere l’utilità economica prodotta dal contratto(84).

2.2.3. Oggetto e contenuto del contratto

L’ultimo passaggio - “abbastanza ovvio”(85) - del processo ermeneutico è quello che ha condotto gli interpreti ad interrogarsi circa l’esistenza di una distinzione fra “oggetto” e “contenuto” del contratto(86). Il punto è forse quello che registra le divergenze maggiori.

Vi è difatti chi, da un lato, rifiuta una ricostruzione dell’oggetto in chiave volontaristica, a favore dell’utilizzo di un criterio di carattere formale o normativo, fondato sulla considerazione della dinamica degli effetti del negozio. In particolare, le regole stabilite nel contratto individuano un soggetto come centro di imputazione degli effetti e un oggetto, quale luogo di incidenza degli stessi; quest’ultimo è però determinato nel regolamento contrattuale solo in termini astratti, al fine di disciplinare le conseguenze giuridiche derivanti dal negozio. Posto in questi termini, il negozio “è ciò che determina”, mentre il contenuto “è ciò che è determinato […] ossia l’insieme delle clausole disposte dagli autori del negozio”; in altre parole, “l’oggetto del negozio non è altro dal suo contenuto”(87). L’utilizzo di una diversa terminologia si giustificherebbe solo in relazione al fatto che, se attraverso il “contenuto” viene indicata la fattispecie e gli effetti da essa derivanti, l’“oggetto” riguarderebbe invece la porzione di realtà destinatario del mutamento giuridico prodotto dal negozio.

(84) A.CATAUDELLA,I contratti. Parte generale, 2° ed., Torino, 2000, pag. 27 ss. Il punto è sottolineato con

precisione da R.SACCO –G.DE NOVA,Il contratto, cit., pag. 20, secondo cui l’utilizzo da parte del codice del

vocabolo “prestazione”, tanto con riferimento al comportamento dovuto dal contraente, quanto al sacrificio giuridico di un contraente, “ha consentito di mimetizzare il passaggio da una prima idea di oggetto-prestazione

(inteso come comportamento dovuto) ad una più recente idea di oggetto-prestazione (inteso come vicenda di rapporto giuridico, alla cui produzione è rivolto il contratto), e di qui, in modo abbastanza ovvio, all’idea del «contenuto»”.

(85) R.SACCO G.DE NOVA,Il contratto, cit., pag. 20. Lo stesso autore sottolinea che entrambe le concezioni,

quella di oggetto come res e quella di oggetto come prestazione si avvicinano “grandemente all’idea di contenuto

del negozio, fino a confondersi con essa”; la prima presuppone difatti che l’oggetto, in senso lato, corrisponde al

contenuto del contratto, la seconda propone invece “una sovrapposizione [che] pare accettata anche dal

legislatore”. In particolare, l’art. 1322 c.c. si riferisce all’oggetto della determinazione delle parti definendola

“contenuto”, mentre l’art. 1347 c.c. richiama la vicenda cui è finalizzato il contenuto chiamandola “oggetto”, R. SACCO –G.DE NOVA,Il contratto, cit., pag. 5-6.

(86) Il termine “contenuto del contratto” è tradizionalmente fatto risalire alla pandettistica tedesca, nel

significato di “Vertragsinhalt”, v. B.WINDSCHEID, Lehrbuch des Pandektenrechts, 5 ed., Stuttgart, 1879.

(87) N.IRTI,voce «Oggetto del negozio giuridico», cit., pag. 801. Identificano inoltre oggetto e contenuto anche,

161 Vi è invece chi, dall’altro, trova inappagante una riconduzione sic et simpliciter dell’oggetto al contenuto del contratto e cerca, pertanto, di tracciare una linea di distinzione tra i due concetti. Anche su questa posizione, tuttavia, le opinioni divergono in modo significativo.

Noto è difatti il dibattito che ha diviso quanti ritengono che il contenuto costituisca la “materia, o sostanza, del contratto, considerata in concreto e articolata; onde, resta escluso che il contenuto possa essere un dato strutturale”(88), e quanti invece che esso rappresenti “tutte le determinazioni poste in essere dalle parti per regolare i propri interessi” e, per ciò stesso, costituisca un dato strutturale del contratto(89). Taluno, dopo aver premesso che “il contenuto dell’accordo appartiene al fatto”, ne articola cinque diverse manifestazioni, a seconda che si intenda i) come testo, ii) come il risultato di regole interpretative empiriche diverse da quelle legali, iii) come il risultato di regole interpretative empiriche legali, iv) come regola pre-giuridica, v) come effetto del negozio(90). Ed infine, c’è chi sposta l’attenzione su di una ricostruzione in chiave funzionale del contenuto del contratto, facendo corrispondere alla nozione il complesso delle clausole e delle disposizioni di cui consta il negozio, siano essere il frutto dell’autonomia delle parti, che della integrazione ex lege(91).