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La Scu: una mafia regionale mancata

3.1. Una periodizzazione

Al termine di una lunga esposizione sulle diverse realtà criminali attive in Puglia, è utile soffermarsi su quella organizzazione che, con un’eccessiva semplificazione, è stata definita «la quarta mafia»: la Sacra Corona Unita. Partendo da un preliminare inqua- dramento cronologico, si possono individuare alcuni periodi di sviluppo della storia sacrista.

In una prima fase, che va dal 1983 al 1986, la Scu si configura come una sorta di asso- ciazione di mutuo soccorso tra detenuti pugliesi, spesso oppressi dai camorristi di Raf- faele Cutolo, che erano stati inviati in massa nelle carceri del tacco d’Italia per non aggra- vare lo scontro ⎼ che si svolgeva allora in Campania ⎼ tra la Nuova Camorra Organizzata e la Nuova Famiglia, le due fazioni camorristiche in guerra tra loro. In questo periodo, la presenza dell’organizzazione all’esterno è quasi impercettibile: non esistono ancora referenti sul territorio e le idee di Rogoli e degli altri fondatori della Sacra Corona Unita non hanno avuto il tempo di fare proseliti all’interno della criminalità locale. Tuttavia, durante questa fase iniziale comincia a formarsi un progetto mafioso, volto alla crea- zione di una vasta federazione di clan con ramificazioni in tutta la regione. L’immagine scelta dal nuovo sodalizio come simbolo identificativo è quella di una corona, i cui grani, piantati nelle varie province pugliesi, risultano uniti grazie alla collaborazione e all’inte- razione tra le più importanti famiglie malavitose.

Dopo i primi arresti, verificatisi nel 1984 a seguito del ritrovamento di una serie di documenti comprovanti il progetto criminale e delle dichiarazioni di alcuni affiliati, a Bari si tiene il primo processo al sodalizio, nel corso del quale i giudici del Tribunale non accolgono la tesi dell’accusa secondo cui ci si troverebbe davanti a un’associazione ma- fiosa. Per i magistrati baresi, la Scu è rimasta una società di detenuti che si prestano reci-

proca assistenza e non hanno alcuna diramazione esterna. Così, nel 1986 quasi tutti gli imputati del processo vengono scarcerati e tornano nei loro paesi d’origine, dove, sull’esempio della loro precedente esperienza associativa, costituiscono associazioni cri- minali locali (la Società foggiana, La Rosa di Oronzo Romano nel Sud barese ecc.).

La prima fase sacrista si chiude con la celebrazione del processo di Bari e la succes- siva «diaspora» dei fondatori storici (i già citati Rizzi, Parisi, Romano e lo stesso Rogoli). Tuttavia, il progetto di una mafia regionale si frantuma con la formazione di raggruppa- menti autonomi a Foggia, Bari e Taranto e la conseguente «rifondazione» della Scu da parte di Rogoli, il quale si vede costretto a limitare le sue ambizioni a un’area più ri- stretta, rappresentata dalle province di Brindisi e Lecce. Il suo paese, Mesagne, diventa una specie di capitale della malavita salentina, un punto centrale nella geografia del cri- mine sacrista.

Rogoli nomina a capo della struttura i cosiddetti «responsabili», di cui si è già parlato1.

Si tratta di uomini a lui fedeli, che hanno il compito di preservare il progetto federativo che sta alla base della Sacra Corona Unita: Salvatore Buccarella e Giovanni Donatiello per la provincia di Brindisi, Antonio Dodaro per la provincia di Lecce e il giovane Vincenzo Stranieri per la parte orientale della provincia di Taranto.

Questi soggetti possono autorizzare la costituzione di famiglie, spesso conferendo gradi elevati ai «capi-zona», i quali possono avviare l’attività del gruppo in un deter- minato territorio: «Tali capi-zona hanno funzioni e compiti prioritari all’interno del so- dalizio in quanto deputati a rappresentare ed a gestire in ambito locale, con l’ausilio ciascuno di un congruo numero di adepti, gli interessi criminali dell’organizzazione sul territorio, invero suddiviso in aree più o meno estese, appunto attribuite, ciascuna ad un capo-zona»2. Si forma così una struttura piramidale, ma sostanzialmente orizzontale,

poiché tutte le famiglie resteranno autonome in un contesto federativo che non è rigido sul piano formale e non impone gravosi doveri legati all’appartenenza. Comincia così, nel 1986, la seconda fase della Sacra Corona Unita.

Una volta fissati i confini territoriali, per l’organizzazione mafiosa si avvia un periodo di forte conflittualità, soprattutto nella provincia leccese. Dopo l’uccisione di Dodaro da parte dei giovani boss emergenti, si registrano scissioni, compattamenti, costituzioni di nuovi gruppi e tradimenti all’interno delle due fazioni rivali che si fronteggiano per la

1 Cfr. supra, p. 102.

spartizione di buona parte del Salento: da una parte, la fazione capeggiata da Gianni De Tommasi, dall’altra, quella guidata dai fratelli Tornese, sostenuti dai clan Giannelli e Pa- dovano. A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta nel Leccese si scatenano scontri san- guinosi per il predominio territoriale, che lasciano sul campo centinaia di morti ammaz- zati. Intorno al 1990 lo stesso Pino Rogoli prende atto del conflitto insanabile tra le due fazioni e decide di appoggiare la fazione dei Tornese, perdendo così il ruolo di guida

super partes dell’organizzazione.

In questo periodo della storia sacrista si verificano episodi di stragismo, mentre il racket si diffonde a macchia d’olio nel territorio salentino, controllato in maniera soffo- cante sulla base di una pretesa ad esercitare il monopolio su ogni attività illecita (pre- tesa che spesso, però, non trova una concreta realizzazione a causa dell’incapacità ge- stionale di alcuni clan). Al contempo, l’associazione accumula risorse, mezzi e uomini utilizzando la violenza in modo diretto e spregiudicato.

Nel 1994 la Commissione parlamentare antimafia ufficializza la presenza della Sacra Corona Unita in Puglia, intervenendo tre anni dopo le pesanti condanne inflitte dalla Corte d’Assise di Lecce a conclusione del primo maxi-processo all’organizzazione. Tra coloro che hanno contribuito alla nascita e all’affermazione della Scu, nessuno è più in libertà: tutti i boss sacristi si trovano reclusi in regime di 41-bis. Nel frattempo, le fami- glie mafiose vengono svuotate internamente dal dilagante fenomeno del «pentitismo». Questo è l’anno in cui si chiude la seconda fase della storia sacrista (1986-1994), caratte- rizzata dall’ascesa delle famiglie e dal consolidamento del metodo mafioso sul territorio. Si può dire quindi che nel 1994 la Sacra Corona Unita fondata a Bari, impiantata nel Salento e sviluppatasi grazie all’indifferenza istituzionale e sociale è ormai al tramonto. Nella seconda metà degli anni Novanta, le famiglie mafiose continuano a condurre le attività illecite grazie ad un meccanismo di successione al vertice. Un esempio partico- larmente significativo è fornito dal clan De Tommasi: dopo l’arresto del boss, avvenuto nel dicembre del 1989, le redini del gruppo criminale passano prima al suo braccio de- stro, Dario Toma, e poi all’uomo a questi più vicino, Filippo Cerfeda. La successione con- tribuisce a mantenere in vita il sodalizio sul suo territorio di competenza, almeno fino al 2003 (anno dell’arresto dello stesso Cerfeda in Olanda). Si deve sottolineare, però, che in questa fase i mafiosi-imprenditori ricoprono un ruolo centrale, specialmente in provin- cia di Brindisi.

L’affare più remunerativo in questo periodo è il contrabbando di tabacchi, un’attività poco rischiosa, che permette di ottenere guadagni consistenti in breve tempo. Poiché occorre molta manovalanza per la gestione del traffico di sigarette, il contrabbando finisce per divenire un’alternativa alla disoccupazione dilagante nel Salento coinvol- gendo molti giovani e avvicinando la Sacra Corona Unita alla popolazione.

Nel settore del contrabbando emergono le figure, tutte in stretto contatto tra loro, dei contrabbandieri Francesco Prudentino, Adriano Stano e Santo Vantaggiato e dei mafiosi Massimo Pasimeni, Antonio Vitale, Massimo Cinieri, Ercole Penna e Francesco Campana. La forza dell’organizzazione si manifesta ora soprattutto sul territorio brindisino; l’Al- bania e il Montenegro sono luoghi di importanza strategica, in cui poter trascorrere lunghi periodi di latitanza e da cui far partire i carichi di sigarette destinate al mercato italiano, mentre l’Olanda e la Svizzera diventano le «casseforti» dei sacristi e fungono anche da basi logistiche per lo svolgimento di altre attività illecite. E proprio dall’Olanda, dove si è rifugiato per sfuggire alle forze dell’ordine italiane, Filippo Cerfeda riempie di cocaina tutto il Mezzogiorno.

La risposta dello Stato con le operazioni «Primavera» (2000) e «Mediana» (2001) chiude la terza fase della Scu in provincia di Brindisi (1994-2001). I gruppi criminali della provincia di Lecce, storicamente molto meno legati alle dinamiche del contrab- bando, resteranno pienamente attivi fino al 2003, quando entreranno in crisi con l’arre- sto di Filippo Cerfeda. Dunque, possiamo dire che la terza fase dell’organizzazione nel Leccese inizia nel 1994 e finisce nel 2003.

Dopo il 2003, la Sacra Corona Unita, in quanto struttura federativa che tenta di tenere uniti al suo interno i criminali locali, perde riferimenti e consistenza, lasciando liberi di agire sul territorio gruppi malavitosi autonomi che continuano ad adottare metodologie mafiose. In questo contesto inizia una quarta fase, che arriva fino al 2010.

Nel nuovo millennio, le famiglie mafiose salentine si limitano a sopravvivere con le più tipiche attività illecite svolte da qualsiasi organizzazione criminale: estorsioni e traf- fico di droga; con guadagni comunque ridotti, e una forte attenzione giudiziaria e sociale nei confronti del fenomeno mafioso. In una situazione di questo tipo, l’associazionismo criminale entra irrimediabilmente in crisi.

Quest’ultima fase «post-sacrista» (2001/2003-2010), che può essere vista come un epilogo dell’esperienza mafiosa vera e propria, si chiude con la cattura e il pentimento di

Ercole Penna, il penultimo boss sacrista di rilievo ancora in circolazione (l’ultimo, Francesco Campana, sarà invece catturato nel 2011 a Oria, nel Brindisino), e gli arresti conseguiti alle sue dichiarazioni. Tali arresti hanno spazzato via gli ultimi residui della Sacra Corona Unita.