Le similitudini e le analogie riscontrate tra i vari personaggi d’artista non sono affatto frutto del caso o il risultato di plagio, bensì della diffusione di un mito dell’artista così come si presenta nel XIX secolo, la base costante ed immutabile in questa travagliata epoca storica. Nel suo saggio Bowie sostiene in ogni epoca viene presentata la personalità di un artista che riflette le problematiche e le convenzioni della società alla quale appartiene:
[…] each new period presents a type of painter who embodies and projects the myths and conventions through which Society sees him at the time58.
I personaggi si trasformano nel corso dei secoli, rendendo la figura del pittore, l’artista per antonomasia, una personalità mutevole ed in continua evoluzione. Vedremo dunque come essi cambiano dal punto di vista del processo creativo e della produzione artistica, nei suoi rapporti con la letteratura, dunque adottando la prospettiva utilizzata dai romanzieri. I personaggi infatti cambiano in funzione delle tendenze letterarie e delle differenti personalità degli scrittori. Dal mito di Balzac si passa all’analisi sociale poi a quella psicologica finanche patologica dell’artista.
Nei testi presi in analisi la figura dello scrittore, da personaggio all’apparenza del tutto inesistente in Balzac, diventa onnipresente in Zola e Mirbeau. Accostarsi ai pittori comporta il trionfo dello scrittore, personaggio
58 T. R. BOWIE, «The painter in French fiction, a critical essay», Studies of the romance
implicito che si realizza nel e grazie al romanzo stesso: il pittore è un esecutore che trova la verità della sua arte nel lavoro della materia, solo lo scrittore realizza la rappresentazione apparentemente assoluta. In un contesto di incertezza estetica, tutti gli artisti si sono interrogati sulla natura del proprio lavoro creativo, sul suo valore, poiché il genio individuale è diventato il fine della creazione mentre prima altro non era che un mezzo. La figura dell’artista è congegnata da e per lo scrittore. L’artista si trova spossessato del senso e del valore del suo lavoro, dunque della sua identità.
Gli artisti nelle opere di Balzac sono personaggi patetici, falliti o geniali, talvolta entrambe le cose; essi scioccano, disturbano o commuovono, le loro vite sono spesso incoerenti, disordinate. La genialità irrita il romanziere e suscita l’interrogativo sull’esistenza di un nesso tra genio e sregolatezza. Il lavoro è ciò che accomuna indissolubilmente scrittore e artista, protagonisti del medesimo dramma, quello della creazione che presuppone abnegazione, sforzo, sacrificio e passione.
Le Chef-d’œuvre inconnu ha fissato i motivi principali del romanzo d’artista che attraversa tutto il XIX secolo. Inizialmente pubblicato nel 1817 come “conte fantastique”, esso appare nuovamente nel 1837 in una versione più lunga, presentata da Balzac come “étude philosophique”, che integra delle riflessioni generali sull’arte. Il testo è l’eco delle dispute estetiche sull’arte trasposte nel XVII secolo, nonché la traduzione della passione di Balzac per la pittura, come conferma la costante presenza di personaggi di pittori nella sua Comédie humaine. L’intrigo è solo in apparenza storico: all’infuori di Catherine Lescault e di Frenhofer, tutti gli altri personaggi sono realmente esistiti. Frenhofer dà una
lezione ai grandi maestri del XVII secolo, ma mostrata la sua tela, essi non vedono altro che un ammasso informe di colori. Il vecchio maestro, constatata la sua incapacità, brucia le sue opere e si uccide.
Il testo mette in risalto la dicotomia tra la concezione e la realizzazione dell’opera, due emisferi opposti dell’arte. Una rivalità simmetrica oppone la passione artistica a Gillette, compagna di Poussin, metafora della vita, nonché modello per la tela di Frenhofer. Intorno a questo duplice fallimento, esistenziale ed estetico, la novella balzacchiana richiama alla memoria i miti di Faust, Pigmalione e Prometeo senza eludere quelli che sono i problemi connessi alla tecnica, in una riflessione di estrema modernità. Il personaggio del critico d’arte è assente, perché Balzac colloca la sua novella in un sistema antico. Tuttavia Poussin ricopre il ruolo del’occhio esterno, dello sguardo critico e demolitore. La sua aspra critica condanna Frenhofer tanto quanto un articolo malevolo può annientare l’artista del XIX secolo. Per realizzare la sua opera, il creativo deve sentirsi genio, mai dubitare del suo talento. Poussin insinua il dubbio nel vecchio maître, lo mortifica artisticamente, nonostante sia un neofita, mentre Frenhofer riconosce in lui un talento che lo induce a sentirsi un pittore. Dunque, malgrado l’assenza di un personaggio che incarni la figura del critico d’arte, Balzac sottolinea l’importanza del giudizio esteriore nella carriera d’artista. L’artista non può vivere senza fallire o senza compromettersi in una società borghese ed industriale dalla quale l’artigianato e il sistema corporativo sono scomparsi.
Nella novella non è presente neppure la figura dello scrittore, in quanto il dramma di Frenhofer è il dramma di ogni artista. Esiste una dolorosa comunanza tra tutti i tipi di genio: mettendo in scena la tragedia del pittore, Balzac affronta la
problematica inerente la creazione in senso ampio, sottolineando che ogni forma artistica ingloba in sé la genialità. Egli parla infatti di poète, inteso nel senso etimologico di creatore. Pertanto il romanziere non ritiene la scrittura immune dal fallimento nel suo vano tentativo di rappresentare la natura mutevole del mondo e la prova risiede nei continui rimaneggiamenti e riedizioni della sua Comédie Humaine che ricordano per certi versi il metodo maniacale adottato dai personaggi pittori che cancellano, grattano o peggio sfondano le loro tele per poter ricominciare nuovamente il lavoro.
Con Manette Salomon e L’Œuvre di Zola, la riflessione sull’arte si estende al romanzo, allorché la novella di Balzac mantiene la brevità di un apologo, che mette in luce gli aspetti sociali e politici della situazione del pittore. Manette Salomon, apparso in feuilletons nel 1867, fu un totale fallimento, troppo lineare, privo delle costruzioni delle opere di Balzac e di Zola. L’intrigo ruota intorno a Coriolis e al suo rapporto con Manette, modello e amante; da qui il conflitto tra arte e vita, pulsione artistica e pulsione erotica. Manette diventerà la sposa di Coriolis tiranneggiandolo completamente. Nell’opera dei Goncourt, la critica letterata e ostile viene descritta puramente per essere denigrata. Il personaggio di Gillain è critico letterario salonnier, totalmente incompetente in materia d’arte, tanto che deve ricevere notizie da Chassagnol, portavoce dei Goncourt. Anche qui è assente il personaggio dello scrittore poichè la problematica della creazione è identica per tutti i creatori dotati di sensibilità. Gillain presentato per rappresentare l’ignoranza dei critici, ma paradossalmente anche il grosso impatto sul pubblico, è un giornalista, pertanto non possiede la sensibilità artistica di Chassagnol, che incarna viceversa la critica sapiente, ragionata e disinteressata. Lo scopo dei
fratelli Goncourt fu mostrare l’interesse dei letterati dell’epoca, di entrare a far parte della ristretta cerchia di critici d’arte: a quel tempo, difatti, molti neofiti di letteratura avevano l’opportunità di lanciare le loro carriere passando prima dalla critica, come nel caso di Baudelaire e Zola. Anche i fratelli Goncourt, dunque, si sentono vicini ai pittori, nell’incomprensione e nell’opposizione con la società contemporanea.
Esiste una sorta di fusione tra produzione pittorica e scrittura, un legame intimo tra scrittore e pittore, in qualità di creativi, contro il pubblico e il critico. Il protagonista de L’Œuvre è combattuto tra le esigenze della sua arte e la sua vita familiare, dramma che è esaltato dal conflitto ricorrente con le istituzioni artistiche e la società dell’epoca. Claude è un pittore di talento, dominato da una potente pulsione creatrice, innamorato di Christine, conosciuta per caso, che diventerà il modello grazie al quale realizzare un dipinto che rappresenti La Femme. Malgrado la devozione della giovane donna egli non arriverà a raggiungere l’ideale concepito e tanto ambito, e l’opera si rivela essere costantemente irrealizzabile. Christine vive dolorosamente le esigenze impostegli dalla passione del compagno, tanto che alla fine del romanzo affermerà: « […] ta peinture, c’est elle, l’assassine, qui a empoisonné ma vie»59.
Claude dal canto suo soffre di crisi depressive, di allucinazioni e, dopo una notte d’amore, si impicca di fronte al suo dipinto. Si tratta di una proiezione delle stesse angosce di cui soffre lo stesso autore.
Zola mette in scena sia il personaggio del critico, che si unisce ai rivoluzionari della pittura, che la figura dello scrittore, per certi versi offuscata dalla personalità di Claude. Jory impersona il critico, portavoce degli artisti
dell’epoca, incompetente in materia d’arte, totalmente privo di passione per la sua pratica, raffigurato come un pappagallo che si limita a ripetere ciò che ha sentito dire e che per avarizia tradisce gli amici. Egli nomina Claude capofila della scuola del Plein air, che è in effetti una trasposizione di ciò che avviene in realtà ai pittori impressionisti quando il critico Leroy, prendendo in giro l’opera di Monet Impression soleil levant, etichettò tale gruppo con il termine di impressionisti. La carriera di Jory è costruita attorno al concetto del denaro e della denigrazione dell’altrui lavoro: grazie a questo personaggio, il padre del Naturalismo mostra l’ascesa al potere del critico durante tutto il XIX secolo, che nonostante tutto, ingenera nel pubblico un’ardente passione e permette all’artista paradossalmente di esistere.
Sandoz è invece lo scrittore, l’alter ego di Lantier, che ha una vita parallela alla sua nell’infanzia, la parte sana che ha coscienza del dramma che coinvolge ogni artista. Egli è un amico, un consigliere, ma la sua personalità è quasi schiacciata da quella del pittore. Entrambi si dedicano al lavoro intenso, alla creazione forsennata e si lasciano andare alla disperazione davanti all’impossibilità di produrre l’opera perfetta. La principale differenza risiede nella consapevolezza e nella rassegnazione di Sandoz a cui Claude non arriverà mai. Zola accostando il lavoro dello scrittore a quello del pittore tenta di confrontare le due discipline e parlare così della sua arte, destinata a suo dire al successo e alla compiutezza. L’Œuvre occupa manifestamente una posizione cerniera: tra il fascino della modernità, la ricerca dell’invenzione e del talento originali e il dubbio profondo su un’avventura estetica che non produce alcuna riuscita di rilievo. Il romanziere mostra sagacemente lo sviluppo di una falsa modernità
destinata a sedurre i borghesi, l’angoscia ed i tormenti del processo creativo in germe, i dubbi e l’ossessione dell’incompiutezza fino alla totale dissoluzione dell’opera stessa.
1.9 Dall’unità delle arti alle forme artiste del romanzo: dal Realismo dei