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Piaceri notturn

Nel documento Le carte del primo Lavorare stanca (pagine 111-117)

Lavorare Stanca nell’ “Archivio Cesare Pavese”

29. Piaceri notturn

Il fascicolo che ne conserva le quattro carte manoscritte è FE 5I.26. I quattro documenti sono vergati con inchiostro nero su carta ingiallita leggermente ruvida e, ad eccezione del primo, solo su recto. Mostrano inoltre nell’angolo in basso a sinistra la segnatura d’archivio.

La prima carta, FE 5I.26.1, mostra il margine destro irregolare e una lacerazione al centro del foglio all’incrocio delle due pieghe verticale e orizzontale, lo strappo continua e percorre la piegatura verticale nella seconda metà del foglio. Un’altra piccola lacerazione figura nel margine sinistro sempre in corrispondenza della piegatura orizzontale.

Il recto (FE 5I.26 00 3544 00 F) è costituito da trentotto righe che compongono le prime due strofe della lirica che appaiono abbastanza “pulite”, prive cioè di cancellature e modifiche, e la terza lassa fino al v. 20, ancora non conforme alla redazione definitiva e legato a un verso che è stato rifiutato.

Il verso (FE 5I.26 00 3545 00 F) è costituito invece da cinque versi, di cui i primi due sono cassati, mentre gli altri tre sono corrispondenti agli ultimi tre della seconda strofa.

La seconda carta, FE 5I.26.2 (FE 5I.26 00 3546 00 F), presenta il margine sinistro frastagliato. È in gran parte cassata, rappresenta verosimilmente la prima stesura delle prime due strofe, seppure la seconda è ancora incompleta. Sul margine sinistro sono annotati due versi poi espunti, che si devono aggiungere agli altri ventuno composti da trentaquattro righe.

La terza, FE 5I.26.3 (FE 5I.26 00 3547 00 F), ha il margine destro lievemente irregolare e piccole lacerazioni e sgualciture sul margine sinistro. Riporta ventidue righe per undici versi, che completano il testo steso nella prima. Nonostante appaiano diverse varianti la pagina appare abbastanza ordinata.

La quarta carta, FE 5I.26.4 (FE 5I.26 00 3544 00 F), presenta, come la precedente il margine destro lievemente frastagliato e un piccola lacerazione nel margine sinistro in corrispondenza della piegatura centrale orizzontale. Reca tutti i ventinove versi della lirica e il titolo centrato. Vi figura qualche variante, ma nel complesso la pagina risulta “pulita” e le modifiche più consistenti compaiono al secondo emistichio del v. 21 e all’inizio del v. 22.

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L’unico dattiloscritto di Piaceri notturni a noi pervenuto è conservato nel fascicolo FE 5II.4. Il documento è costituito da una carta bianca liscia e filigranata, dattiloscritta solo su recto con inchiostro nero. Presenta il margine inferiore particolarmente logoro e lacerato, piccoli strappi sono presenti anche sui margini laterali, soprattutto in corrispondenza dei segni di piegatura centrale verticale e orizzontale. Nell’angolo inferiore sinistro figura la marcatura d’archivio. L’unico intervento a penna figura al v. 22 in cui laggiù al buio viene sostituito con lungo il buio.

Piaceri notturni occupa la cinquantunesima e la cinquantaduesima carta del fascicolo AP III.3 che raccoglie le bozze di stampa della prima edizione di Lavorare stanca. Le carte sono stampate con inchiostro nero solo su recto e riportano la segnatura d’archivio nell’angolo inferiore destro.

La prima delle due, AP III.3.51 (AP III.3 000725 00 G), reca il titolo centrato e in lettere maiuscole, prime due strofe e metà della terza, per un totale di sedici versi; la seconda, AP III.3.52 (AP III.3 000726 00 G), presenta i restanti tredici versi.

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30. Balletto

Il manoscritto che riporta questa lirica è conservato nel fascicolo FE 5I.27 e consta di quattro fogli vergati solo su recto con inchiostro nero e marcati con la segnatura d’archivio nell’angolo inferiore sinistro. Ad eccezione della prima, le pagine sono costituite da carta ingiallita lievemente ruvida.

La prima carta, FE 5I.27.1 (FE 5I.27 003549 00 G), è un foglio di carta bianca liscia molto logoro e sgualcito, con evidenti tracce di piegatura a fisarmonica e lacerazioni, che misura 181mm di larghezza e 265 mm di lunghezza. La carta è quasi completamente divisa in due e i margini sono strappati. È la pagina più ordinata delle quattro. Presenta, infatti, dodici versi (corrispondenti più o meno alle prime due strofe) che non mostrano cancellature o variazioni. Verosimilmente, tuttavia, non è stata scritta per ultima, ma almeno prima della seconda carta; lo testimoniano i due versi in più che riporta alla prima strofa e il fatto che al verso corrispondente al v. 9 della redazione definitiva riporta la variante ogni giorno è diversa piuttosto che ogni sera è diversa, mentre la pagina successiva è conforme alla versione poi pubblicata.

La seconda carta, FE 5I.27.2 (FE 5I.27 003550 00 G), presenta il margine sinistro molto irregolare e frastagliato, mentre il margine inferiore è logoro e spiegazzato. Riporta il titolo centrato e fra trattini bassi e ventuno versi, che coincidono con le prime tre strofe della lirica pubblicata e che presentano pochi interventi e varianti.

La terza, FE 5I.27.3 (FE 5I.27 003551 00 G), mostra margini gualciti e lacerati, soprattutto quello sinistro che si presenta molto irregolare, e un forte segno di piegatura centrale orizzontale lungo il quale figurano piccoli strappi. È costituita da trentaquattro righe per sedici versi relativi alle ultime due strofe, di cui uno barrato. Vi figurano diverse varianti.

La quarta carta, FE 5I.27.4 (FE 5I.27 003552 00 G), come le due immediatamente precedenti, ha il margine sinistro irregolare e appare lacerata in più punti in corrispondenza della piegatura centrale orizzontale. È la pagina più ricca di cancellature e variazioni, che mostra il travaglio di composizione delle prime tre strofe, e con ogni probabilità è stata la prima ad essere redatta. È costituita da quarantasette righe che compongono ventitre versi. I primi sei versi e gli ultimi tre sono cassati in blocco.

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Il dattiloscritto di Balletto è contenuto nel fascicolo FE 5II.41. È diviso in due a causa dello strappo che si è verificato lungo la piegatura orizzontale e nella seconda metà della pagina presenta una grande lacerazione in corrispondenza della piegatura centrale verticale. È stato battuto a macchina con inchiostro nero solo su recto e riporta la segnatura d’archivio nell’angolo inferiore sinistro oltre ad alcuni interventi. È costituito dal titolo, centrato e in lettere maiuscole, e dai venticinque versi. Il verso 10 e il sostantivo culetto del verso successivo sono sottolineati con la matita blu. L’inizio del v. 3 è cancellato (forse non lo) e compaiono sottoscritte le parole ma non. Anche al v. 15 dopo la congiunzione due parole (probabilmente appoggiata al) sono depennate e vi compaiono sovrascritte le varianti guardando il. Infine gli ultimi termini del v. 25 sono cancellati (al suo corpo), così come la prima variante (a quella rupe), mentre a destra è segnata la variante della redazione definitiva a quel masso.

All’interno del fascicolo AP III.3 che raccoglie le bozze di stampa dell’edizione Solaria di Lavorare stanca Balletto occupa la cinquantatreesima e la cinquantaquattresima carta. Entrambe sono raccolte nel plico che originariamente le rilegava tutte. Sono stampate con inchiostro nero solo su recto e riportano nell’angolo inferiore destro.

La prima delle due (APIII.3 00727 00 G) riporta il titolo, centrato e in lettere maiuscole, e le prime due strofe della lirica e parte della terza fino al v. 16. La seconda (APIII.3 00728 00 G) reca i restanti nove versi.

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31. Paternità

I tre documenti manoscritti relativi a questa lirica sono conservati all’interno del fascicolo FE 5I.33 e sono costituiti da tre fogli di carta ingiallita lievemente ruvida, vergata su recto con inchiostro nero e lapis. Riportano la segnatura d’archivio nell’angolo inferiore sinistro.

La prima carta, FE 5I.33.1 (FE 5I.33 003580 00 G), mostra un marcato segno di piegatura centrale e il margine sinistro lievemente strappato. Con ogni probabilità è stata l’ultima ad essere redatta. È la pagina più ordinata e “pulita”, vergata con una grafia controllata ed elegante. Reca il titolo nella porzione destra del foglio e tutti i ventisei versi della lirica con pochissime cancellature o varianti.

La seconda, FE 5I.33.2 (FE 5I.33 003581 00 G), riporta una lacerazione lungo il segno della piegatura centrale orizzontale. È stata scritta a matita con una grafia larga e frettolosa, ma nel complesso non appare tanto tormentata. È composta da venti righe per tredici versi (corrispondenti alla seconda metà della seconda strofa e a tutta la terza strofa) che presentano piccoli interventi di revisione.

La terza carta, FE 5I.33.3 (FE 5I.33 003582 00 G), misura 245 mm di larghezza e 280 di lunghezza e presenta lacerazioni evidenti in corrispondenza dei margini più lunghi. È vergata a matita come la precedente ed è la pagina più ricca di cancellature e variazioni (ventotto righe per sedici versi). I primi due versi sono casati, così come uno centrale ed altri emistichi segnati come possibili varianti poi rifiutate. I restanti quattordici versi sono corrispondenti a quelli della prima strofa e alla prima metà della seconda strofa. La seconda e la terza carta sono quindi complementari.

L’unico dattiloscritto che possediamo di Paternità è conservato nel fascicolo FE 5II.40, è stato redatto con inchiostro nero e riporta nell’angolo inferiore sinistro la segnatura d’archivio. È strappato in corrispondenza della piegatura centrale orizzontale e presenta piccole pieghe e lacerazioni lungo il margine inferiore e il margine sinistro. È costituito dal titolo centrato e in lettere maiuscole e dai ventisei versi della lirica, alcuni dei quali sottolineati con la matita azzurra. Il v. 3 è interamente sottolineato, mentre al v. 8 la sottolineatura comprende solo il secondo emistichio e continua fino a tutto il v. 9. Al v. 12 è sottolineato il primo emistichio, mentre al verso successivo è sottolineato solo il secondo. Infine i versi 16 e 17 sono interamente sottolineati. L’unico intervento a

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penna compare al v. 11 in cui l’autore ha corretto un refuso nell’ultima vocale della parola malfermi.

Le bozze di stampa che riguardano Paternità, così come prevista dall’autore per l’edizione Solaria, sono rilegate in un plico insieme alla gran parte delle altre bozze e si trovano all’interno del fascicolo AP III.3. Sono stampate solo su recto con inchiostro nero e marcate nell’angolo inferiore destro, rispettivamente APIII.3.55 e APIII.3.56.

La prima delle due (APIII.3 00729 00 G) riporta il titolo, centrato e in lettere maiuscole, e le prime due strofe della lirica (diciassette versi); la seconda (APIII.3 00730 00 G) reca la terza lassa (nove versi).

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Nel documento Le carte del primo Lavorare stanca (pagine 111-117)