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Pierantonio Frare

Nel documento Il poema del desiderio (pagine 30-32)

Si avvicina il settecentesimo anniversario della morte di Dante e si stanno moltiplicando le ini- ziative, popolari e scientifiche, volte a ricordarlo e celebrarlo. Più passano gli anni – i secoli, dobbiamo ormai dire – più Dante si rivela poeta di portata universale, capace di parlare a per- sone di lingue e culture diverse, anche molto lontane dalla nostra (ai nomi di Kenzaburo Oe, di Amiri Baraka, prima della conversione all’Islam noto come Everett LeRoi Jones, ricordati nel saggio di Casadei e Squicciarini, va aggiunto almeno lo scrittore giamaicano di lingua inglese e creola Derek Walcott, premio Nobel nel 1992). Gli studi sulle sue opere e le traduzioni di esse continuano e si moltiplicano in tutto il mondo, senza soluzione di continuità. Immensa, anche se naturalmente a diversi livelli, continua ad essere la sua fortuna popolare, in Italia testimoniata dal successo che le Lecturae Dantis, di vario tipo e genere, con interpreti più o meno famosi, continuano a riscuotere: Dante sembra davvero, come scrive il poeta albanese Ismail Kadaré, “l’inevitabile”. Di Dante non si può fare a meno: la sua Commedia è servita a Levi per ritrovare ragioni di senso nel campo di sterminio di Auschwitz, a Kenzaburo Oe a risanare la ferita di Hiroshima e della nascita di un figlio disabile, a Ismail Kadaré a rileggere la storia drammatica della sua Albania…; e probabilmente queste sono le emergenze più note di un fenomeno di in- trusione della Commedia nell’esistenza che molti dei suoi lettori hanno sperimentato. Non si può leggere la Commedia e rimanere indifferenti (basti l’esempio di Benigni, attore consumato ep- pure incapace di trattenere la commozione quando, il 24 maggio 2012, lesse e commentò, in una memorabile serata televisiva, il canto XXXIII del Paradiso). Non si tratta, quindi, solo di lettera- tura, ma di vita, di ciò che tocca le corde più profonde dell’umano: il Vero, il Bene, il Bello sono sempre in noi, per quanti tentativi si facciano (e il nostro tempo dimostra una particolare tenacia e cattiveria nel far passare le buone azioni come azioni cattive e illegali) per soffocarle; e sono sempre pronti a riemergere, non appena vengano sollecitati. Era questo l’obiettivo di Dante: nella lettera a Cangrande (e non importa, qui, che essa sia sua, sua solo in parte, non sua: il dibattito è ancora aperto) dichiara che il fine della sua opera consiste nel togliere i vivi dallo stato di miseria e portarli a quello di felicità («removere viventes in hac vita de statu miseriae et perducere ad

statum felicitatis»). Gli esempi sopra riportati mostrano che il risultato è stato ottenuto, che si

The universal and unchallenged success of the Comedy is also due to the (synergy) that Dante was able to establish between a beautiful word and good contents, which directly and deeply concern the human: in this way, it takes the form of a work capable of going beyond the boundaries of literature to influence people’s lives, just as the author wanted and as evidenced by numerous examples. The contributions offered here start from the problem of the new critical text of the Comedy; they examine some essential themes (desire, justice, knowledge in its relation to the limit) and some constructive reasons (the link with the Bible, the role of Paradise in the textual structure); the Vita nova resumes, considered in its originality, and proposes a reading of the Egloghe, the last Latin poem of Dante. In each of the interventions, including Introduction, an attempt is made to offer useful ideas for teaching practice.

può ottenere, anche se non si condivide la fede di Dante. Ciò può avvenire attraverso la straordinaria cura della parola messa in atto da Dante: una pa- rola che si preoccupa, come dichiara Beatrice nel secondo canto, di essere insieme onesta e ornata, come la stessa Beatrice è «beata e bella». Si badi bene: non solo onesta, non solo beata; onesta e or- nata, beata e bella, insieme. Le due caratteristiche devono agire in sinergia: in tal modo si potenziano reciprocamente e raggiungono il loro scopo. Fon- damentale è dunque l’attenzione al testo, motivo per cui uno dei contributi è dedicato alle discus- sioni attuali sull’edizione critica della Commedia (Marco Giola); ma almeno altrettanto importante è il richiamo ai valori che quel testo, con quella for- ma trasmette, primo di tutti il motore del grande viaggio, cioè quel desiderio che oggi va risvegliato nei nostri ragazzi e di cui Erminia Ardissino ci aiuta a ricostruire le tracce e l’importanza strutturale; o l’ansia di giustizia che percorre tutta l’opera e che si costruisce come un viaggio (uno dei tanti all’interno del grande viaggio di Dante e del suo lettore) che passa dalla facile vendetta alla conquista del perdono e all’approdo alla mi- sericordia (Frare); o il rapporto tra l’ebbrezza della conoscenza e il senso del limite, trascrizione moderna della scena biblica del peccato originale, secondo l’innovativa proposta di Bertin. La

Commedia si configura, nelle intenzioni di Dante e nei risultati, come una vera e propria imitatio bibliae (Contini): diventa dunque necessario fornire almeno alcune coordinate del rapporto tra il

testo sacro e il «poema sacro» (di nuovo Bertin). In quest’ultimo, il Paradiso riveste un ruolo che Dante riteneva fondamentale e che la fruizione romantica e novecentesca tende a sottovalutare: giunge dunque opportuno l’invito di Ledda a riconsiderarne l’importanza, con utili spunti in funzione didattica. L’indiscutibile eccellenza e preminenza della Commedia, nonché inevitabili limiti di spazio, giustificano l’assenza di interventi dedicati ad altri testi danteschi, le Rime, il

De vulgari eloquentia, il Convivio. Non si è però voluta dimenticare la Vita nova, prima opera

completa di Dante, per la cui trattazione Luca Rossi fornisce spunti interessanti, considerandola in sé, non tanto come anticipo di una Commedia ancora molto di là da venire; e si è voluta intro- durre un’opera solitamente esclusa dal canone scolastico, cioè le Egloghe, ultima poesia di Dante e unica sua poesia in latino, nella quale l’autore mostra la propria maestria anche nella lingua degli antichi, ma rivendica l’orgogliosa fondatezza della sua scelta di scrivere in volgare. A tutte le suggestioni che possono venire dai saggi qui raccolti, sia di nozioni scientifiche, sia di spunti per la pratica scolastica, mi limito ad aggiungerne uno: la raccomandazione di praticare la lettura ad alta voce. Un canto letto bene, da un insegnante che abbia un minimo di pratica e di nozioni teoriche, o da un attore, più o meno professionista, suscita spesso negli ascoltatori, anche nei nostri ragazzi apparentemente distratti da mille spinte centrifughe e superficiali, un’attenzione partecipe e viva: si celebra, ogni volta, una sorta di rito. Mettendo in voce e ascoltando la messa in voce della Commedia si fa esperienza piena della fisicità, del corpo delle parole, di ciascuna parola; quindi, si fa esperienza del legame profondo, necessario, che il significante intrattiene con il significato, della necessità che quelle cose hanno di essere dette in quel modo, e non in un altro. Un’esperienza del genere educa ad un uso più responsabile delle proprie parole e ad un ascolto più attento di quelle dette da altri; dopo una simile esperienza, diventa più difficile usare le parole per mentire e diventa anche più difficile essere ingannati dalle menzogne degli altri. Perché non si tratta solo di letteratura, ma di vita: questo ci insegna la Commedia.

Pierantonio Frare Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Maestro anonimo, Dante salpa per il Purgatorio, 1444/1450.

La Commedia:

letteratura per la vita

S

tudi

Nel documento Il poema del desiderio (pagine 30-32)