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Lo stagno di Porto Pinoè concesso inizialmente aBernardo Viale, ma gli subentra il fratello, Francesco Maria, che ha garantito con i suoi capitali per la realizzazione dell’investimento. La concessione è per diciotto anni, a partire dal 1 gennaio 1777. Durante quest’arco di tempo, il concessionario, un ligure di Albissola stabilito a Cagliari188, potrà realizzare fino ad un massimo di cinquanta caselle salifere, per ognuna delle quali è fissato un canone di 20 scudi sardi189. Nel 1782, Viale chiede che la salina gli venga concessa in enfiteusi e di poter raccogliere anche il sale che si forma naturalmente, senza bisogno di realizzare altre caselle, spiegando che «collo

187 A.S.C., Intendenza generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi, vol. 44, cc. 20 v. -21, Carta

reale 17 febbraio 1784. Giorgio Vallacca è nominato segretario della Gabella del Tabacco con «regio viglietto» del 25 agosto 1764; ha una retribuzione annua di 375 lire e ricopre la carica, presumibilmente, fino alla fine del 1772, poiché il successore è nominato nel gennaio 1773 (A. S. C.,

Segreteria di Stato e di Guerra, Bilanci del Regno di Sardegna, vol. 3).

188 Cfr. V. DEL PIANO, Giacobini moderati e reazionari in Sardegna cit., alla voce Viale Don

Giuseppe (Giuseppe Angelo). Francesco Maria Viale è suocero di don Giuseppe Cossu, giudice della

Reale Udienza e Censore Generale dei Monti Granatici, che ha sposato sua figlia Barbara.

189 A.S.C., Intendenza generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi vol. 41, cc.109 v.-111, Carta

sborso di considerevoli capitali, comprò il sito dal particolare padrone, fabbricò ivi la casa per ricovero della gente ed una chiesa e formò nove caselle coi loro argini per poter cristallizzar le acque ivi stagnanti». Viale dice di essersi reso conto, con l’esperienza, che il sale che si coagula naturalmente è più adatto per la salagione, di quello prodotto nelle caselle; senza contare che nello stagno non c’è spazio a sufficienza per realizzare tutte le caselle previste.

«Nel corso di circa anni cinque che l’esponente attende a questa coltivazione - prosegue - sebbene a cagion della guerra sia arenato il commercio del sale, né abbia stimato di sospenderne la coltura sulla speranza di ritirar almeno le spese nel caso di cessar la guerra, avendo provvisto a due navi svezzesi il carico ed altro carico mandato in Corsica, osservò le difficoltà di poter dar smaltimento al sale, per difetto di porto capace a ricettare con sicurezza in tutti i tempi i bastimenti di tale portata». Sottolinea che deve sostenere costi di trasporto superiori a quelli delle altre saline «attesa la lontananza da un sicuro caricatore». Spiega, infatti, che le spese di trasporto per portare il sale a bordo dei bastimenti, alla fonda a Porto Pino, sono di 12-13 soldi la salma. Per trasportare il sale fino a Porto Botte, preferito dai capitani perché più riparato, la spesa ascende a 15 soldi solo per il trasporto via terra, senza considerare il trasporto via mare fino a bordo.

Viale fa, quindi, un bilancio sintetico dell’attività e dice di aver già sostenuto spese per sessanta mila lire di Piemonte ed averne ricavate solo quattro mila, al momento. Cosicché, anche riuscendo a «smerciare il sale, che s’incontrerà in essere e non squagliato o deteriorato allorché sia riaperto il commercio colle nazioni boreali, certamente resterà in disborso delle avanzate spese». E spiega di essersi rivolto al sovrano proprio per ottenere degli incentivi che gli permettano di proseguire la produzione e superare le gravi difficoltà del momento.

Il canone, che era stato fissato a 20 scudi per ogni casella salifera, con l’autorizzazione a lasciare parte dello stagno al naturale, è ora fissato al dieci per

cento del ricavato per la vendita del prodotto all’estero, da pagarsi però in denaro contante. A parte questo, il sale resterà «franco da ogni altro diritto»190.

«Animato da tale nuova concessione - scrive Viale alla Segreteria di Stato nel 1785 - proseguì col maggiore impegno il cultivo di essa salina e sebbene per la gran quantità di altre posteriormente formatesi in questi contorni ed in luoghi più atti al caricamento la vendita del sale non andasse che troppo lentamente, non mancò di continuarla su la speranza che le riuscirebbe in seguito di darle qualche sfogo e di rifarsi così delle egreggie somme, che si trovava aver speso in tale tenimento»191. Nonostante l’impegno profuso nell’impresa, riesce però a vendere solo pochi carichi all’estero e quantitativi limitati alle vicine tonnare di Portoscuso e dell’isola Piana, cosicché il sale invenduto arriva a cinquanta cumuli, che vengono sistemati in un luogo asciutto, nei pressi della salina. Nella primavera del 1785, piogge particolarmente abbondanti provocano un’alluvione nella zona. Le acque causano il crollo di alcuni muri dei fabbricati e portano via quaranta dei cinquanta cumuli, mentre quelli che rimangono risultano deteriorati e dunque inutilizzabili.

Con «regio viglietto» del 16 marzo 1790, il re accorda l’esenzione dal pagamento dei canoni scaduti e dispone che si ricontrattino quelli futuri. Negli anni a cavallo del secolo, sia il padre Francesco Maria che il figlio Giuseppe fanno ogni sforzo possibile per salvare l’impresa.Tentano persino di ottenere l’autorizzazione per sfruttare lo stagno come peschiera e si oppongono al marchese di Neoneli, proprietario della vicina peschiera di Palmas, che chiede la concessione di parte dello stagno di Porto Pino. I Viale sostengono che la perdita economica sostenuta dalla loro azienda fino a quel momento non è inferiore ai 18 mila scudi.

Rammentano, così, i servigi resi in più occasioni alla Segreteria di Stato. Il padre ha prestato somme di denaro alla Corona nei momenti di difficoltà; inoltre, si è prodigato per l’importazione di grano per le necessità del Regno. In particolare nel 1780, sotto il viceré Lascaris, rimettendoci anche del suo e ottenendo, in cambio,

190 ASC, Intendenza generale, Diplomi, Carte Reali, Patenti e Privilegi, vol. 44, cc. 22-24, Carta reale

20 dicembre 1782.

solo la concessione del titolo nobiliare; mentre altri mercanti furono ricompensati con permessi d’esportazione gratuiti dai 18 ai 30 mila starelli di grano192. Il figlio, don Giuseppe, si è distinto nella difesa di Cagliari durante l’attacco francese, quando ricopriva l’incarico di sindaco del sobborgo di Stampace193.

Il prodotto. Il canone di questa salina è messo a bilancio, dal 1785 al 1803 per 487

lire e 10 soldi l’anno. La cifra rimane costante per tutto il periodo; nel bilancio del 1791, si annota che deriva dal canone di tre caselle più il dieci per cento del sale naturale da esportarsi, stimato in 2.500 salme del valore di 2,5 lire ciascuna.

192

Ibidem

193 «All’occorrenza dell’invasione dei Francesi avendo dovuto accettare per le premure fatteci dal

viceré Balbiano la carica di sindaco capo del sobborgo di Stampacce ha quella eservito con soddisfazione del governo fino al dicembre dello scorso 1794. Ebbe il medesimo l’incombenza di somministrare le paghe alla cavalleria di sobborgo in tutto il tempo di essa invasione, d’invigilare al buon ordine e ad ogni genere di provviste per le truppe quarterate nel medesimo; formò delle compagnie volontarie per la difesa interna ed esterna del medesimo e del littorale aggiacente, in cui giornalmente si facevano le ronde con intervento del medesimo e nel mentre per li altri sobborghi si somministrarono dalla regia cassa delle egreggie somme per la manutenzione delle rispettive milizie, per quello di Stampacce non ebbe la medesima soffrire alcuna spesa. Fece il medesimo anche a proprie spese costruire un forte interinale nella spiaggia della Scaffa con somministrare anche l’artiglieria necessaria e munizioni per impedire lo sbarco ed effunse a più della vita in difesa del sovrano e della Patria anche delle somme non indifferenti a riguardo di mantenere la concordia e buon ordine cotanto necessarie in simili circostanze, come ne potrà in ogni caso rendere testimonianze il predetto signor viceré Balbiano» (A.S.C., Segreteria di Stato e di Guerra, II serie, vol. 1534).

14. Orri

Don Giacomo Manca di Thiesi194 realizza nella sua tenuta di Orri, nel golfo di Cagliari, un’Azienda modello, secondo la linea indicata, in quegli anni, dal Gemelli per la riforma dell’agricoltura sarda195. Così la descrive il nobile, nella richiesta indirizzata al sovrano: «desiderando di secondare le Sue Reali intenzioni col dar l’esempio d’una miglior coltura delle terre nel Regno, mercè la formazione di qualche casa di campagna pel ricovero del bestiame manso, di praterie artificiali e giardini, acquistò nel territorio della villa di San Rocco, regione denominata d’Orri, in poca distanza dalla città di Cagliari, un’estensione di duecentocinquanta starelli circa di superficie [...]. Di questa superficie ha l’esponente fatto chiudere a muraglia una parte che sarà di settanta in ottanta sterelli, con avervi fatta fabbricare una cascina colle sue stanze per l’abitazione de’ massai, le stalle e scuderie per le vacche, buoi e cavalli ed essendo quel terreno chiuso, naturalmente fornito di diverse sorgenti d’acqua, vi ha fatto piantare una vigna, oltre un’altra che già vi era de’ giardini, orti e

194 Il figlio di Don Giacomo Manca di Thiesi, Stefano, che sarà marchese di Villahermosa, serve a

cortefin da giovane, come paggio di Vittorio Amedeo III. In seguito, da sottotenente di cavalleria nell'armata piemontese, combatte valorosamente contro i Francesi, viene ferito e fatto prigioniero. Ritorna in Sardegna con la corte, nel 1799, in qualità di scudiero di Carlo Felice duca del Genevese e di Placido Benedetto conte di Moriana. Divenuto Carlo Felice viceré, il marchese Manca di Villahermosa è, con il marchese di Villamarina, il suo più fidato consigliere. Nel 1804 ispira, fra l’altro, la fondazione della Regia Società Agraria ed Economica. Carlo Felice fissa la sua residenza sarda proprio nella tenuta di Orri. Cfr. P. TOLA, Dizionario biografico degli uomini illustri di

Sardegna ossia storia della vita pubblica e privata di tutti i sardi che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti, Nuoro, 2001, I ed. Torino, 1838, vol. III, pp. 459-464; L. DEL PIANO, La Sardegna nell’Ottocento, Sassari, 1984, passim.

195

F. GEMELLI, Il rifiorimento della Sardegna proposto nel miglioramento della sua agricoltura, Torino 1776. La questione dei miglioramenti da apportare all’agricoltura verrà dibattuta a lungo, anche nella Regia Società Agraria ed Economica di Cagliari e porterà, nel 1820, all’Editto sopra le

chiudende, (Cfr. C. SOLE, La Sardegna sabauda nel Settecento cit., p. 271 e sgg.). Riguardo ad Orri,

si vedano le descrizioni di due illustri viaggiatori, che la visitano nell’Ottocento: VALERY, Viaggio

in Sardegna, Nuoro 1996, pp. 173-174 (tit. orig.: Voyages en Corse, a l'ile d'Elbe, et en Sardaigne,

prati. Del terreno poi rimanente fuori della chiusura, che va insensibilmente alzando verso la montagna, ha fatto sboscare una parte per la seminanza del grano e granaglie, lasciato il resto pel pascolo, di modo che può dirsi questo un podere affatto somigliante alle cascine di Piemonte e di cui non v’ha finora nel Regno che il secondo, cioè quello formato in questi ultimi anni dal Reggidore del Marchesato di Quirra sul territorio di Pula, uno dei territorii più intemperiosi di tutta la Sardegna. Il sito acquistato dall’esponente in Orri, essendo un territorio pendente tra la montagna ed il mare, sarebbe esente dall’intemperie se non vi fosse nel basso, poco distante dal mare, uno stagno d’acqua dolce, che tramanda nella state le più maligne esalazioni ed infetta l’aria a segno che, trovandosi nella parte di detto terreno chiusa e vicino alla fabbrica suddetta, quasi tutta la gente che vi ha travagliato in quest’anno a coltivar le vigne, orti e giardini ed a segar il fieno è caduta ammalata e ne sono eziandio morti due d’intemperie. Onde si vede l’esponente, dopo aver impiegato quasi tutto il nervo del suo patrimonio in questo assunto, di doverlo abbandonare, se non trovasi il mezzo di poter toglier il riferito inconveniente. Lo spediente statogli proposto a quest’oggetto sarebbe quello di ridurre detto stagno in salina artifiziale, mercè la formazione d’un canale di comunicazione al mare e la riduzione dello stagno in caselle»196. Già in prima battuta gli viene concessa l’enfiteusi perpetua della salina, che, secondo la perizia del mastro saliniere Alberto Gianquinto, potrà arrivare ad otto caselle, per ognuna delle quali si stabilisce un canone annuo di 25 scudi197. Avendo ampliato la proprietà con terreni acquistati in territorio di Capoterra che si estendono fino al sito della Maddalena e allo stagno reale, un anno più tardi ottiene un’altra concessione enfiteutica per la formazione di nove caselle salifere, con calde e

mezzane, alle stesse condizioni. Pagherà anche un canone di dieci scudi per la

formazione di una casella fredda nello stagno reale198.

196A.S.C., Intendenza generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi, vol. 41, cc. 122 – 125. 197 Carta Reale 28 dicembre 1776, ibidem.

198 A.S.C., Intendenza generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi, vol. 41, cc. 152-155, Carta

Reale 17 gennaio 1778. A questa data è giunto il nuovo viceré, don Giuseppe Lascaris della Rocchetta, mentre Intendente generale è sempre don Giuseppe Felice Giaime.

Pochi anni più tardi è costretto a riconoscere che «intrapresa la formazione di questa salina, si ritrovò il rappresentante ingolfato in una spesa ben molto maggiore di quella ch’erasi immaginato»199. Cosa probabilmente vera anche per gli altri concessionari. Lamenta che solo la perdita per il 1780, non considerando i precedenti esercizi, ascende a 188 scudi e, come gli altri concessionari, ripete che la vendita del sale «in questi anni di guerra è difficile a causa della mancanza di bastimenti per l’acompra d’esso sale». In considerazione di ciò, ottiene l’esenzione dal canone fino a tutto il 1782 e la riduzione da 25 a 20 degli scudi annui, da corrispondere per ogni casella salifera200. Per la seconda salina, è indietro con i lavori e rischia la decadenza, ma ottiene la proroga di un triennio201.

Il prodotto. Nei bilanci del Regno di Sardegna, questa salina paga 200 lire dal 1785

al 1803 equivalenti a 20 scudi, cioè 50 lire , per ciascuna delle quattro caselle.

15. Villarios

Il negoziante Stefano Gleyvaud, svizzero di Friburgo e stabilito da anni a Cagliari, è autorizzato ad impiantare una salina artificiale in uno stagno, ubicato nel salto di Villarios, che si affaccia sul golfo di Palmas, tra Porto Pino e le regie saline di Iglesias202. Per tale concessione, dovrà pagare un canone di 20 scudi, per ogni casella salifera che dovesse realizzare. Lo stagno è tra quelli che producono naturalmente un certo quantitativo di sale, ma la reale Azienda provvede a farlo calpestare con i buoi, per evitare che le popolazioni vicine possano raccoglierlo e ledere, così, il monopolio statale. La spiaggia di Nuragoga, antistante lo stagno, è un porto naturale dove

199

ASC, Intendenza generale, Diplomi, Carte Reali, Patenti e Privilegi, vol. 44, cc.18-20.

200 Carta reale 5 giugno 1781, ibidem.

201 ASC, Intendenza generale, Diplomi, Carte Reali, Patenti e Privilegi, vol. 44, cc. 29-30, Carta reale

19 novembre 1784.

202 La concessione è di diciotto anni: dal 1 gennaio 1777 al 31 dicembre 1794 (A.S.C., Intendenza

generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi, vol. 41, cc. 132 v. - 135, Carta Reale 12 luglio

potranno trovare riparo i legni che giungeranno per caricare il sale. Il sito è spopolato, di conseguenza Gleyvaud viene autorizzato a costruire anche una torre per la sua difesa, oltre alle solite costruzioni funzionali alla salina. Questo comporterà un notevole aggravio dei costi, inoltre la salina dev’essere difesa non solo dai barbareschi, ma anche dai pastori delle zone limitrofe, che si spingono sulla costa per rubare ogni tipo di attrezzatura.

In un memoriale del 1779 Gleyvaud informa che per la costruzione di quattro caselle salifere con le loro calde e retrocalde, di un alloggio per il mastro saliniere e gli operai, di un magazzino per gli attrezzi e una chiesetta, ha già sborsato 34.261 lire di Piemonte e non è che all’inizio: dovrà ancora sostenere spese notevoli, anche in considerazione del fatto che il materiale da costruzione viene trasportato necessariamente via mare da Cagliari. Lamenta, inoltre, di aver perso nell’inondazione del 1777 dodici cumuli di sale, corrispondenti a circa tremila salme. Nel 1779 ottiene la trasformazione della concessione in enfiteusi perpetua, per poter ammortizzare l’investimento203. Ciò non risolve i problemi finanziari di Gleyvaud, che nel 1781, ha già investito più di 60 mila lire piemontesi e non è più in grado di andare oltre; ma che, d’altra parte, non vuole abbandonare la salina e perdere i capitali investiti. Inoltre, la sfavorevole congiuntura internazionale rende pressoché impossibile anche il parziale rientro dei capitali attraverso la vendita del prodotto, a causa «della guerra, che ha arenato il commercio dei sali ed ogni altro genere»204. In un primo momento gli viene accordata l’autorizzazione a contrarre un mutuo di 10 mila scudi con sudditi del re di Sardegna e in seguito, visto che non è stato possibile

203 A.S.C., Intendenza generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi, vol. 41, cc. 176-179, Carta

reale 5 giugno 1779. Dagli atti notarili, risulta che, il 10 febbraio di quello stesso anno, Stefano Gleyvaud ha stipulato un contratto con Giuseppe Bally e compagnia, «provisonari» del sale della Corsica, per una fornitura di 25 mila cantara in tre anni (1779 - 1781), da consegnarsi in otto porti corsi, dove il sale sarà pagato «lire una o siano soldi venti moneta tornesa per ogni cantaro peso di marco» (A.S.C., Atti notarili insinuati, Cagliari città, 1779, febbraio, cc. 319- 320).

204 La fig. 3 A conferma la veridicità dell’affermazione di Gleyvaud. Il crollo del reddito delle saline è

evidente, in modo particolare, per quelle di Cagliari, che sono gestite in economia e per il reddito totale delle saline sarde, che riflette l’andamento di Cagliari.

reperire i capitali, viene autorizzato a contrarre il mutuo con stranieri205. In quest’occasione, Gleyvaud ricorda di aver cercato di riprendere il commercio con i nordici, che non venivano più ad approvvigionarsi in Sardegna, spedendo in Svezia, per proprio conto, circa 3.000 salme di sale. Tale circostanza è confermata da alcuni atti notarili, che attestano i rischi corsi nel tentativo di riallacciare relazioni commerciali interrotte da tempo. Per fare un esempio, il 3 febbraio 1782 Gleyvaud fa una procura ad exigendum al «Signor Arvvidson e figlio negoziante in Gothenbourg di Svezia» perché chieda conto ed eventualmente incassi il ricavato di un carico di 1.160 salme di sale, che ha inviato in Svezia con la nave «Sofia Maddalena», comandata dal capitano Giacobbo Akaeman ed armata da Giovanni Wegelin di Stoccolma. Il carico era stato spedito da Stefano Gleyvaud «per suo conto e rischio a Wahlgren Ekstrom e compagnia di Mastrand». La spedizione era avvenuta nel febbraio 1781, ma l’imprenditore svizzero non aveva avuto più notizie del suo esito. Uno dei due testimoni dell’atto è Paolo Moreschi, che Gleyvaud designerà quale suo erede universale.

Moreschi è un negoziante originario di Finale ligure, stabilitosi a Cagliari alla fine degli anni Sessanta, che subentra a Gleyvaud probabilmente nel corso del 1786, poiché nel bilancio preventivo per il 1787, la registrazione è intestata agli «eredi del fu Stefano Glayvaud». L’eredità è gravata da debiti per oltre dodicimila scudi, contratti per impiantare la salina. Nel gennaio 1793, Moreschi ottiene una nuova concessione, in enfiteusi perpetua, a lui intestata206. Gli viene anche concesso di innalzare, dalla parte del mare, un argine «formato secondo le regole con giara e palificato», per evitare gli allagamenti autunnali e «di perfezionare e ridurre in migliore stato di difesa il fortino ivi già principiatosi dal Glaivaud a forma di batteria per proteggere quella spiaggia e salina dall’insulto dei Barbareschi». Ciò dà l’idea di quale impiego di risorse comporti, ancora a fine Settecento, l’impianto e la gestione di saline in località isolate. In considerazione di questi ulteriori investimenti e «del

205 A.S.C., Intendenza generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi, vol. 44, cc. 12-13, Carte

reali 22 giugno e 30 ottobre 1781.

206 A.S.C., Intendenza generale, Diplomi, Carte reali, Patenti e Privilegi, vol. 44, cc. 53-55, Carta

poco e verun esito avutosi del prodotto di detta salina nei precorsi anni, nei quali non si ebbe per i noti motivi la solita concorrenza della nazioni settentrionali» ottiene l’esonero quadriennale dal canone, fissato al dieci per cento del sale prodotto.

Il prodotto. La salina di Villarios paga il canone a partire dal 1783. Per quell’anno

ed il successivo sono 1.800 lire, che corrispondono al 10% del prodotto, calcolato in 8.000 salme annue al prezzo di 2 lire e 5 soldi l’una207. Dal 1785 al 1803, paga