Grafico 17: Indicatori di disagio economico per fonte del reddito principale
2.4.3 La povertà in Italia negli ultimi ann
Nel 2010 il 18.2% delle persone residenti in Italia risulta esposto al rischio povertà, il 6.9% si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e il 10.2% vive in famiglie caratterizzate da una bassa intensità di lavoro. L’indicatore sintetico del rischio di povertà e di esclusione sociale, che considera vulnerabile chi si trova in almeno una di queste tre condizioni, è pari al 24.5%.
Nel biennio 2009-2010 risultano sostanzialmente stabili in Italia sia il rischio di povertà (dal 18.4 al 18.2%) sia quello di grave deprivazione materiale (dal 7 al 6.9%), mentre è aumentata dall’8.8% al 10.2% la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro, dove cioè le persone dai 18 ai 59 anni di età lavorano meno di un quinto del tempo.
Le altre due maggiori economie dell’area dell’euro, Germania e Francia, mostrano valori inferiori sia del rischio di povertà, sia dell’indicatore di grave deprivazione materiale. In Italia e in Francia è particolarmente marcato il rischio di povertà per i giovani fra i 18 e i 24 anni, rispetto alle generazioni più anziane. In Italia, inoltre, è più alto il rischio di povertà per i minori di 18 anni.
Nel 2011, il 19,6% delle persone residenti in Italia risulta esposto al rischio di povertà,
l’11,1% si trova in condizioni di grave deprivazione materiale (mostra, cioè, almeno quattro segnali di deprivazione su un elenco di nove, vedi Glossario) e il 10,5% vive in famiglie caratterizzate da una bassa intensità di lavoro (famiglie con componenti di 18- 59 anni di età che hanno lavorato meno di un quinto del tempo).
L’indicatore sintetico del rischio di povertà o esclusione sociale, che considera vulnerabile chi si trova in almeno una di queste tre condizioni, è pari al 28,4%. Rispetto al 2010, l’indicatore mostra un aumento di 3,8 punti percentuali, a seguito della crescita osservata nel rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) e, in maniera più marcata, nella grave deprivazione materiale (dal 6,9% all’11,1%); stabile al 10,5% è la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (famiglie dove le persone tra 18-59 anni di età hanno lavorato meno di un quinto del tempo), che era aumentata tra il 2009 e il 2010 (dall’8,8% al 10,2%). Nel 2011, dopo la stabilità che aveva caratterizzato gli anni precedenti, l’indicatore di severa deprivazione cresce di 4.2 punti percentuali, passando dal 6.9 all’11.1%. In particolare, aumenta la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste (dal 33,3% al 38,5%), di non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), un pasto adeguato (cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano) ogni Figura 8: Indicatori "Europa 2020". Anni 2009-‐2010
due giorni, se lo volessero (dal 6,7% al 12,3%), e che riferiscono di non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione (dal 11,2% al 17,9%).
Sostanzialmente stabili risultano, invece, gli indicatori relativi all’avere arretrati per il mutuo, l’affitto, le bollette o per altri debiti (dal 12,8% al 14,1%) e quelli relativi all’accesso ai beni durevoli (sempre inferiori al 3%).
La dinamica degli indicatori di deprivazione va letta alla luce del protrarsi della crisi economica, iniziata a partire dalla seconda metà del 2008, in concomitanza con la diminuzione del reddito disponibile delle famiglie in termini nominali che, pur mostrando una leggera ripresa nel 2010, ha ricominciato a ridursi alla fine del 2011, proseguendo anche nel 2012. Per far fronte all’erosione del potere d’acquisto e mantenere il più possibile il proprio tenore di vita, le famiglie hanno progressivamente ridotto la propensione al risparmio, che ha raggiunto un punto di minimo relativo nella seconda metà del 2011. Al contempo, sono state messe in atto strategie di contenimento della spesa per beni voluttuari, tempo libero e vacanze. Il manifestarsi di situazioni di grave deprivazione non ha coinvolto soltanto individui appartenenti alle fasce di popolazione più disagiate, ma anche chi, nel 2010, aveva livelli di reddito prossimi, se non leggermente superiori, alla media (ben il 12,1% di quanti sono gravemente deprivati si collocavano, nel 2010, nel terzo quinto della distribuzione del reddito). Si accentua anche il tradizionale quadro di disparità strutturali e territoriali, con il Mezzogiorno che mostra un peggioramento particolarmente marcato: l’indicatore di severa deprivazione aumenta di oltre 7 punti percentuali (dal 12,1% del 2010 al 19,4% nel 2011). In tale ripartizione, inoltre, l’8,5% delle persone senza alcun sintomo di deprivazione nel 2010 diventa gravemente deprivato nel 2011, contro appena l’1,7% nel
Nord e il 3% nel Centro. La stima dell’incidenza della povertà relativa25 (la percentuale
di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una
famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà relativa26 per una
famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona nel Paese, che nel 2012 è risultata di 990,88 euro (-2% rispetto al valore della soglia nel 2011 che era di 1.011,03 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere.
25 Fonte: Report “Reddito e condizioni di vita” Istat. Anno 2012; 26 Vedi Glossario;
Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna
scala di equivalenza27 che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare
del numero di componenti. La stima dell’incidenza di povertà relativa in Italia, nel
2012, è pari al 12,7%; tenuto conto dell’errore campionario28 (2,27%), la stima oscilla,
con una probabilità del 95%, tra il 12,1% e il 13,3%. Rispetto all’incidenza dell’11,1% registrata nel 2011 si osserva, quindi, un aumento statisticamente significativo.
Nel 2012, sono 3 milioni 232 mila le famiglie in condizione di povertà relativa per un totale di 9 milioni 563 mila individui (il 15,8% dell’intera popolazione). Tra il 2011 e il 2012, evidenti segnali di peggioramento si rilevano in tutte le ripartizioni geografiche: l’incidenza di povertà è passata dal 4,9% al 6,2% nel Nord, dal 6,4% al 7,1% nel Centro
e dal 23,3% al 26,2% nel Mezzogiorno (Figura 9) .
Figura 9: Incidenza di povertà relativa e assoluta per ripartizione geografica
Segnali di miglioramento si osservano esclusivamente tra le persone sole anziane, l’incidenza passa dal 10.1% all’8.6%, anche a seguito del fatto che le pensioni sono redditi garantiti e che le più basse hanno mantenuto l’adeguamento alla dinamica inflazionistica. La povertà è tradizionalmente più diffusa nel Mezzogiorno, tra le famiglie più ampie, in particolare con tre o più figli, soprattutto se minorenni; si conferma la forte associazione tra povertà, bassi livelli d’istruzione, bassi profili professionali (working poor) ed esclusione dal mercato del lavoro: se la persona di riferimento ha al massimo la licenza elementare l’incidenza di povertà è pari al 19% (contro il 6,4% osservato tra i diplomati e oltre) e sale al
27 Vedi Glossario;
28 Tener conto dell’errore campionario è determinante nei confronti spazio-‐temporali, limitate
differenze tra i valori osservati, infatti, possono non essere statisticamente significative in quanto imputabili all’errore campionario.
35,6% se è alla ricerca di lavoro. Livelli d’incidenza prossimi al 50% si osservano tra le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro.
In generale, le famiglie con occupati mostrano incidenze di povertà più contenute; tuttavia, quando l’unico reddito da lavoro, a cui non si affianca un reddito da pensione, deve sostenere anche il peso di componenti in cerca di occupazione, l’incidenza raggiunge il 29,8% (si tratta soprattutto di coppie con due o più figli). La povertà, quindi, è molto legata alla difficoltà ad accedere al mercato del lavoro e la presenza di occupati (e quindi di redditi da lavoro) o di ritirati dal lavoro (e quindi di redditi da pensione provenienti da una passata occupazione) non sempre garantisce alla famiglia risorse sufficienti a sostenere il peso economico dei componenti a carico.
I livelli più bassi di incidenza di povertà si osservano tra le famiglie dove tutti i componenti sono occupati (5,1%) o dove la presenza di occupati si combina con quella di componenti ritirati dal lavoro (8,6%). Nel primo caso si tratta soprattutto di single e di coppie con figli, nel secondo di famiglie con un solo genitore di riferimento, di coppie con un figlio e di famiglie con membri aggregati, per le quali la pensione dei genitori si combina con l’occupazione dei figli.
L’incidenza della povertà assoluta29 viene calcolata sulla base di una soglia di povertà corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Vengono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e ampiezza demografica del comune di residenza). La stima puntuale dell’incidenza che, per il 2012, è risultata pari al 6,8%, oscilla, con una probabilità del 95%, tra il 6,4% e il 7,2%.
Nel 2012, in Italia, 1 milione e 725 mila famiglie (il 6,8% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 814 mila individui (l’8% dell’intera popolazione).
L’incidenza, tra le famiglie, ha mostrato un aumento, rispetto al 2011, di 1,6 punti percentuali a livello nazionale, di 1,8 nel Nord e nel Mezzogiorno e di 1 punto percentuale nel Centro; le variazioni tra gli individui (pari rispettivamente a 2,4, 2,5 e 1,6 punti
percentuali) sono ancora più accentuate, a seguito del marcato incremento della povertà assoluta tra le famiglie più ampie.
Un livello di istruzione medio alto e un lavoro, anche di elevato livello professionale, non garantiscono più dal rischio di cadere in povertà assoluta, soprattutto quando altri membri della famiglia perdono la propria occupazione o modificano la propria posizione professionale. Peggiorano le condizioni delle famiglie con tutti i componenti occupati (dal 2,5% al 3,6%) o con a capo un occupato (dal 3,9% al 5,5%); oltre che tra le famiglie di operai (dal 7,5% al 9,4%) e di lavoratori in proprio (dal 4,2% al 6%), la povertà assoluta aumenta, seppur su livelli più bassi, tra gli impiegati e tra i dirigenti (dall’1,3% al 2,6%).
2.5 Glossario
Reddito Netto
Il reddito netto familiare considerato dall’indagine è pari alla somma dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, di quelli da capitale reale e finanziario, delle pensioni e degli altri trasferimenti pubblici e privati al netto delle imposte personali, dell’ICI e dei contributi sociali a carico dei lavori dipendenti ed autonomi. Da questa somma vengono sottratti anche i trasferimenti versati ad altre famiglie (per esempio gli assegni di mantenimento dell’ex coniuge). Il reddito disponibile delle famiglie di Contabilità Nazionale include una stima dell’economia “sommersa” che, per ovvie ragioni, non è possibile rilevare attraverso un’indagine campionaria condotta presso le famiglie.
Affitto figurativo o imputato
L’affitto figurativo è il costo che deve essere imputato a coloro che occupano l’abitazione di cui sono proprietari ed equivale a quello che tali famiglie sosterrebbero affittando ai prezzi vigenti sul mercato immobiliare un’unità abitativa equivalente, in termini di caratteristiche, a quella in cui vivono. Quando si vogliono analizzare problematiche particolari, come gli studi sulla povertà e la distribuzione del reddito, il concetto può essere esteso anche agli inquilini con affitti agevolati, inferiori ai prezzi di mercato, e alle famiglie in usufrutto o in uso gratuito. L’affitto figurativo è stimato tramite modello econometrico utilizzando le caratteristiche dell’abitazione e gli affitti realmente pagati sul mercato immobiliare per abitazioni simili. Da questa stima, vengono detratti gli eventuali interessi pagati sul mutuo-
casa. La parte di spesa per il mutuo destinata a rimborsare il capitale prestato non viene sottratta perché corrisponde ad una riduzione del debito, cioè ad un aumento del patrimonio della famiglia.
Indice di Gini
L’indice di concentrazione di Gini è una misura sintetica del grado di diseguaglianza della distribuzione del reddito; è pari a zero nel caso di una perfetta equità della distribuzione dei redditi, quando tutte le famiglie ricevono lo stesso reddito; è invece pari a uno nel caso di totale diseguaglianza, quando il reddito totale è percepito da una sola famiglia. Tale indice in questa Statistica Report è calcolato su base individuale, attribuendo cioè a ogni individuo il reddito netto equivalente della famiglia di appartenenza.
Bassa intensità di lavoro (indicatore Europa 2020)
L’indicatore considera la percentuale di persone che vivono in famiglie la cui intensità di lavoro è inferiore a 0.20. L’intensità del lavoro è convenzionalmente definita come il rapporto fra il numero totale di mesi lavorati dai componenti della famiglia durante l’anno di riferimento dei redditi (quello precedente all’anno di rilevazione) e il numero totale di mesi teoricamente disponibili per attività lavorative. Ai fini del calcolo di tale rapporto, si considerano i membri della famiglia di età compresa fra i 18 e i 59 anni, escludendo gli studenti nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni. Famiglie composte solo da bambini, da studenti di età inferiore ai 25 anni e\o persone di 60 anni o più non vengono considerate nel calcolo dell’indicatore.
Deprivazione materiale
La derivazione materiale è definita come una situazione di involontaria capacità di sostenere spese per determinati beni o servizi. Gli indicatori ufficiali dell’Unione Europea considerano i seguenti 9 segnali di deprivazione, rilevati tramite l’indagine EU SILC:
i) Arretrati nel pagamento delle bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito
ii) Riscaldamento inadeguato
iii) Incapacità di affrontare spese impreviste
iv) Incapacità di fare un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni
v) Incapacità di andare in vacanza per almeno una settimana l’anno
vi) Non potersi permettere il frigorifero
viii) Non potersi permettere l’automobile
ix) Non potersi permettere il telefono
Deprivazione materiale grave (Indicatore Europa 2020)
L’indicatore di deprivazione materiale grave è definito come la percentuale di persone che vivono in famiglie che registrano almeno quattro segnali di deprivazione materiale.
Rischio di povertà (indicatore Europa 2020)
La popolazione a rischio di povertà indica la percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito disponibile equivalente inferiore ad una soglia di rischio di povertà, fissata al 60% della mediana della distribuzione del reddito familiare disponibile equivalente nel Paese di residenza.
Rischio di povertà o di esclusione sociale (indicatore Europa 2020)
L’indicatore considera la percentuale di persone che si trovano in almeno una delle seguenti tre condizioni:
a) Vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro b) Vivono in famiglie a rischio povertà
c) Vivono in famiglie in condizioni di severa deprivazione materiale
Spesa media familiare
E’ calcolata al netto delle spese per manutenzione straordinaria delle abitazioni, dei premi pagati per assicurazioni vita e rendite vitalizie, rate di mutui e restituzione di prestiti.
Soglia di povertà relativa
per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media pro-capite nel Paese. Nel 2012 questa spesa è risultata pari a 990,88 euro mensili.
Scala di equivalenza
Una semplice operazione preliminare necessaria per misurare la diseguaglianza dei redditi consiste nell’ordinare le famiglie in base al reddito, dal più basso al più alto. Questo ordinamento richiede il confronto del reddito di ogni famiglia con quello di tutte le altre. Per confrontare i redditi, tuttavia, è necessario tener conto del fatto che le famiglie più numerose hanno maggiori bisogni. Un modo estremo di considerare la diversa composizione familiare è quello di ordinare le famiglie in base al reddito pro-capite, cioè al reddito familiare diviso
per il numero di componenti. Una simile
soluzione, tuttavia,
ignora completamente le “economie di scala”, cioè il fatto che i costi di una famiglia non
sono perfettamente
proporzionali al numero di componenti. Per esempio la bolletta del gas di una famiglia di quattro persone non è , in generale, precisamente pari a quattro volte la spesa di una sola persona. Per tale ragione, si usano le scale di equivalenza.
Insieme dei coefficienti di correzione utilizzati per determinare la soglia di povertà quando le famiglie hanno un numero di componenti diverso da due. Ad esempio, la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è pari a 1,63 volte quella per due componenti (1.615,13 euro), la soglia per una famiglia di sei persone è di 2,16 volte (2.140,30 euro).
Spesa equivalente
E’ calcolata dividendo il valore familiare della spesa per il coefficiente della scala di equivalenza e permette di rendere direttamente confrontabili i livelli di spesa di famiglie di ampiezza diversa.
Soglia di povertà assoluta
Rappresenta la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta. La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza.
Incidenza della povertà
Si ottiene dal rapporto tra il numero di famiglie con spesa media mensile per consumi pari o al di sotto della soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti.