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Pratiche per il momento della morte

RELIGIONI: LA PROSPETTIVA DELLA REINCARNAZIONE

4.1 Il fine vita e la morte nel Buddismo 1 Il Buddismo

4.1.2 Pratiche per il momento della morte

La compassione è uno dei punti saldi della religione buddista, ma per essere vera compassione deve essere attiva, deve essere sempre presente e sempre all’erta. Il buddha della compassione si chiama Avalokiteshvara, e nell’iconografia tibetana spesso viene raffigurato con mille occhi che vedono il dolore in ogni angolo dell’universo e con mille braccia, per portare aiuto dovunque. La compassione, quindi, è estremamente importante nella vita di un buddista, ma è fondamentale nel momento della morte, sia che la si viva in prima persona, sia che si porti aiuto ad un malato, vicino al trapasso.

Una delle pratiche che si possono concretamente fare per alleviare le sofferenze di un malato è il tonglen, che in tibetano significa “dare e riceve”, ma per essere fatto è indispensabile risvegliare in se stessi la compassione più profonda e più vera, in sostanza risvegliare l’amore nascosto.

La pratica consiste nell’assumere su se stessi, attraverso la compassione, tutte le sofferenze della persona per cui si vuole praticare il tonglen e, contemporaneamente, ridarle attraverso l’amore, la serenità, il benessere e la pace mentale.

Prima di iniziare la pratica occorre sedere tranquillamente e preparare la mente, meditando profondamente sulla compassione chiedendo aiuto ai buddha e agli esseri illuminati perché, attraverso il loro aiuto, sia più semplice risvegliare la compassione nel proprio cuore.

A questo punto si inizia ad immaginare, nel modo più vivido possibile, la persona cara che soffre e tutti gli aspetti della sua sofferenza e della sua disperazione, quando il cuore si riempie di compassione per lei, si immagina di raccogliere tutte le sofferenze, dandogli la forma di una massa di fumo nero e fuligginoso. La respirazione è fondamentale in questo punto, quindi, inspirando si visualizza l’inspirazione di tutto il fumo nero che arriva direttamente nel nostro cuore, dove c’è una traccia dell’attaccamento per se stessi. A questo punto, il fumo distrugge tutto l’attaccamento che abbiamo per noi stessi, purificando il karma negativo, distrutto così il nostro egoismo si rivela pienamente l’essenza dello spirito dell’illuminazione, la bodhicitta. Carichi di gioia, serenità e felicità si procede espirando, immaginando di inviare tutti i nostri sentimenti positivi alla persona malata, cosicché venga purificato anche il suo karma.

Importantissimo è essere pianamente convinti che la luce della bodhicitta ha raggiunto il nostro caro, sapere che il suo karma negativo è stato purificato e sentire la gioia profonda di saperlo liberato dalla sofferenza.

Oltre al tonglen c’è un’altra pratica, appartenente alla tradizione tibetana, per accompagnare i morenti, ed è più preziosa e potente: il phowa, che significa “trasferimento della coscienza”.

Questa pratica viene fatta per i morenti da parte di parenti, amici o maestri, e anche se è semplicissima è essenziale per prepararsi alla morte. Si inizia assumendo la postura meditativa, rilassando corpo e mente, e invocando un buddha con cui c’è particolare connessione visualizzandolo sotto forma di luce radiosa, il punto essenziale è considerare la figura visualizzata come la vera incarnazione di verità, saggezza e compassione.

Il buddha o la presenza spirituale deve essere visualizzata sopra la testa della persona che sta morendo, a questo punto occorre concentrare la mente, l’anima e il cuore sulla figura invocata e pregare così:

“Mediante la tua benedizione, la tua grazia e la tua guida, e mediante il potere della luce che da te rifulge, possano il mio karma negativo, le emozioni distruttive, gli oscuramenti e i blocchi essere purificati e eliminati; possa sapermi perdonato per tutto il male che ho potuto fare con il pensiero e con le azioni, possa io portare a compimento la profonda pratica del phowa e fare una morte buona e serena. E attraverso il trionfo della mia morte, ch’io sia fonte di bene per tutti gli altri esseri, vivi o morti”.16

Ora immaginiamo che la presenza di luce evocata sia estremamente commossa dalla preghiera appena fatta e risponda emanando amore e compassione sotto forma di raggi luminosi verso la persona che sta morendo, questi raggi purificano tutto il suo karma negativo, arrivando a sentirsi completamente immerso nella luce.

A questo punto, totalmente purificati e risanati, immaginiamo il corpo della persona cara dissolversi completamente nella luce, è diventiamo egli stesso un corpo di luce che si innalza nel cielo e si fonde con la presenza di luce e beatitudine.

Il consiglio che molti maestri danno nel momento della morte è “Siate liberi

da attaccamento e avversione. Mantenete pura la mente. E unitela al Buddha”.17

Per la religione buddista sono due le cose importanti nel momento della morte: quello che è stato fatto in vita e lo stato mentale in cui ci si trova nel momento della morte.

Il momento della morte è estremamente importante, perché a seconda di come viene vissuto influenza il futuro e trasforma il karma, ripercuotendosi sulla futura reincarnazione.

Lo stato mentale al momento della morte è decisivo, l’ultimo pensiero o l’ultima emozione provata in vita hanno un effetto determinante sul nostro immediato futuro, questo vuol dire che non basta aver avuto una buona vita perché se nel momento della morte siamo angosciati, influiremo

16

S. Rinpoche, “Il libro tibetano del vivere e del morire”, Ubaldini Editore, Roma, 2011, pag. 224.

17

negativamente. Proprio per essere pronti al momento della morte, i maestri buddisti sottolineano quanto sia importante staccarsi dalle persone, dagli affetti e dai beni terreni prima del passaggio, perché solo avendo sistemato tutto ed essendo consapevoli di lasciare i propri cari, si può fare una buona morte.

Per la religione buddista è estremamente importante l’aiuto spirituale ai morenti, aiuto spirituale che in Tibet danno i maestri, ogni persona infatti, ha un proprio maestro di riferimento e sarebbe auspicabile la sua presenza nel momento della morte. Come dice Sogyal Rinpoche, “In Tibet la

reazione naturale era pregare per i morenti e dare loro assistenza spirituale. In Occidente, l’unica attenzione spirituale che perlopiù viene loro riservata è partecipare ai funerali”.18

L’assistenza spirituale è importante anche per continuare il legame durante la malattia e accompagnare il malato alla fine, nel momento finale occorre che l’atmosfera sia più serena e tranquilla possibile. Per questo motivo molti maestri consigliano che parenti e amici in lacrime non stiano al capezzale del morente perché il loro dolore potrebbe suscitare delle emozioni che lo disturberebbero, a questo proposito il Libro tibetano dei morti dice che “i

singhiozzi e le lacrime di chi è al capezzale della persona in fin di vita vengono percepiti come tuoni e grandine”.19

Al momento della morte sarebbe auspicabile la presenza del proprio maestro, o in caso di sua assenza, degli amici spirituali con cui c’è un buon legame karmico, a questo punto è importante la pratica del phowa che dicevo poco fa, ma soprattutto l’affidamento alla preghiera, alla devozione e alla benedizione degli esseri illuminati.

In questo momento è importante imprimere nel proprio flusso mentale l’impronta più positiva possibile, il maestro o gli amici spirituali ricorderanno al morente l’essenza degli insegnamenti ricevuti durante la vita, proprio per prepararsi a questo momento.

18

Ibidem, pag. 218.

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