NUDGE: LA SPINTA GENTILE 4.1 Nudge
4.1.3 Il pregiudizio cognitivo
Il bias rappresenta una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio. La mappa mentale d’una persona presenta bias laddove è condizionata da concetti precedenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.
Il bias, contribuendo alla formazione del giudizio, può quindi influenzare un’ideologia, un’opinione, e un comportamento.
È probabilmente generato in prevalenza dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello.
Il cervello umano è capace di eseguire 10^16 processi al secondo, il che lo fa essere più potente di qualsiasi computer oggi esistente. Questo però non significa che i nostri cervelli non abbiano delle limitazioni. I pregiudizi Cognitivi, Cognitive Bias in inglese, sono il motivo per cui le traiettorie dei nostri pensieri sono spesso fluttuanti, illogiche e poco ancorate al giudizio critico del dato di realtà. Un pregiudizio cognitivo è uno schema di deviazione del giudizio che si verifica in presenza di certi presupposti, che comporta una distorsione, con un giudizio inesatto ed una interpretazione illogica dei fatti sui quali stiamo ragionando. I pregiudizi cognitivi sono forme di comportamento mentale evoluto. Alcuni rappresentano forme di adattamento, in quanto portano ad azioni più efficaci in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più velocemente quando maggiormente necessario. Altri invece derivano dalla mancanza di meccanismi mentali adeguati, o dalla errata applicazione di un meccanismo altrimenti positivo in altre circostanze.
Questo fenomeno viene studiato dalla scienza cognitiva e dalla psicologia sociale. Ci sembra di poter dire che di solito si fanno buone scelte nei contesti in cui si hanno
esperienza, buone informazioni e un feedback immediato: per esempio, nello scegliere il gusto di un gelato. Ognuno di noi sa se preferisce il cioccolato, la vaniglia, il caffè o qualcos’altro. C’è invece la tendenza a scegliere meno bene nei contesti in cui si hanno poca esperienza e
poche informazioni, e in cui il feedback è lento o poco frequente: per esempio, nella scelta tra opzioni di investimento alternative. Quando gli individui scelgono in modo meno che perfetto, cambiando leggermente
l’architettura delle scelte è possibile migliorare le loro condizioni di vita. Il bias cognitivo nasce come conseguenza dell’applicazione di un’euristica.
Il concetto di bias è, infatti, legato a quello di “errore”. Nel corso degli ultimi decenni, i contributi provenienti dalla psicologia evoluzionistica hanno mostrato che nel corso del tempo, il sistema cognitivo umano si sia adattato alle richieste dell’ambiente esterno sviluppando diverse strategie di ragionamento e decisione, tra le quali ritroviamo le euristiche. Il ragionamento di tipo euristico, in opposizione a quello di tipo algoritmico, come
abbiamo già spiegato, prevede che si giunga ad una risposta/output affidandosi
all’intuizione piuttosto che seguendo un procedimento di verifica sequenziale degli step necessari allo scopo. Tale stile decisionale è preferibile in quelle circostanze in cui la scarsità di risorse cognitive e di risorse temporali impediscono una valutazione approfondita e ponderata di tutti gli elementi o quando l’output richiesto al sistema cognitivo concerne procedure familiari o già consolidate. In modo simile, in Thinking Fast and Slow(2011), Kahneman fornisce la teorizzazione di due sistemi (Sistema 1 e Sistema 2), sopra spiegati, deputati alla gestione del pensiero di tipo razionale e del pensiero di tipo intuitivo. Nonostante, in talune circostanze, il pensiero intuitivo offra numerosi vantaggi (velocità, parallelismo,assenza di sforzo ecc.) e ci
permetta di decidere in modo efficace, esistono condizioni in cui la sua attuazione e più in generale l’applicazione di euristiche e scorciatoie mentali ci porta a conclusioni errate sul mondo che ci circonda. La ricerca per indentificare gli errori in cui la nostra mente può incorrere è ancora oggi molto attiva e in continua evoluzione tanto che la lista dei bias cognitivi che hanno
ricevuto conferma cresce continuamente. E' stato stimato che la mente umana possa essere soggetta ad oltre 100 bias cognitivi, alcuni molto diversi tra loro per ciò che concerne meccanismo di genesi e target
dell’errore. Nel corso degli ultimi anni, a seguito delle numerose evidenze sperimentali sui bias
cognitivi, si è sviluppata un nuovo filone di indagine il cui obiettivo è stabilire procedure di riduzione ed eliminazione dei bias cognitivi riunite sotto il nome di processo di debiasing. Tale processo di training è basato sul cambio di prospettiva, sul nudging e sul controllo esterno e su alcuni elementi che costituiscono la pratica di mindfulness.
Tutti i pregiudizi cognitivi riportati di seguito hanno la caratteristica di impattare negativamente su ricerca scientifica, business, decisioni economiche e comportamento umano in generale.
E' una specie di inconsapevole perdita di interesse per il vero, una inconscia attitudine alla post-verità.
Alcuni di questi sono:
→ pregiudizio di conferma: è la tendenza a cercare conferme alle proprie opinioni,
evitando di prendere in considerazione fatti che le contraddicono. Accade spesso, in ambito scientifico, di andare alla ricerca spasmodica di prove a favore di una teoria invece di prendere in considerazione elementi che la metterebbero in crisi. Ci piace essere d’accordo con persone che sono d’accordo con noi. Ecco perché visitiamo solo siti web che
esprimono le nostre opinioni politiche, e perché usciamo maggiormente con persone che hanno punti di vista e gusti simili a noi. Tendiamo a lasciarci scoraggiare da individui, gruppi o fonti d’informazione che ci fanno sentire a disagio o insicuri riguardo ai nostri punti di vista; questo è ciò che lo psicologo comportamentale B. F. Skinner ha chiamato dissonanza cognitiva. È questa la modalità di comportamento preferenziale che porta al bias di conferma, ovvero l’atto, spesso inconscio, di riferimento solo alle prospettive che alimentano i nostri punti di vista preesistenti, e al tempo stesso ignorare o respingere i commenti ,non importa quanto validi essi siano, che minacciano la nostra visione del mondo. Paradossalmente Internet ha fatto diventare questa tendenza ancora peggiore. → errore di attribuzione: è la spontanea tendenza ad attribuire il comportamento di una persona a caratteristiche della sua personalità, piuttosto che alla specificità della situazione in cui il comportamento viene attuato.
→ favoritismo di gruppo: la tendenza degli esseri umani a favorire individui o opinioni che derivano dal gruppo di appartenenza(sociale, etico, culturale, religioso) invece di scegliere liberamente nella totalità delle possibili opzioni. In qualche modo simile al bias di
parte di questo effetto può avere a che fare con l’ossitocina, la cosiddetta “molecola dell’amore”.
Questo neurotrasmettitore, mentre ci aiuta ad avere legami più stretti con persone del nostro stesso gruppo, svolge la funzione esattamente opposta per quelli all’esterno, ci rende sospettosi e paurosi. In definitiva, il bias del gruppo ci induce a sopravvalutare le capacità e il valore del nostro gruppo a scapito di persone che, in realtà, non conosciamo.
→ fallacia della 'mano calda': tendenza che le persone hanno a credere, dopo un casuale momento di successo, che questo evento influenzerà positivamente anche gli eventi futuri( proprio come per i giocatori del casinò)
→ fallacia del giocatore: tendenza ad attribuire ad eventi accaduti nel passato un'influenza su eventi futuri. La si chiama fallacia, ma è più un problema tecnico del nostro modo di pensare. Tendiamo a dare particolare importanza agli eventi del passato, credendo che influenzeranno in qualche modo i risultati futuri. L’esempio classico è il lancio della
moneta. Dopo aver ottenuto testa, diciamo, per cinque volte consecutive, la nostra tendenza è quella di prevedere un aumento della probabilità che il prossimo lancio sarà croce, che la probabilità sarà certamente a favore delle croci. In realtà però, le probabilità sono ancora 50/50. Come dicono gli statistici, i risultati in diversi lanci sono statisticamente
indipendenti e la probabilità di ogni risultato è sempre del 50%. In relazione a questo, c’è anche un aspetto positivo del bias, che spesso alimenta il gioco d'azzardo. È quel senso che la nostra sorte infine cambierà e che la fortuna stia per arrivare. Contribuisce anche al malinteso della “mano calda”. Analogamente, si tratta della stessa sensazione che abbiamo quando iniziamo un nuovo rapporto che ci porta a credere che sarà migliore di quello precedente. → effetto 'senno del poi': tendenza a pensare che un dato evento sarebbe stato prevedibile solo dopo che è accaduto. In questo senso potremmo dire che l'illusione di aver capito il
passato alimenta l'illusione di poter prevedere il futuro. → correlazione illusoria: è la tendenza ad associare due eventi anche se tra loro non vi è
alcuna reale correlazione. → fallacia della congiunzione: avviene quando si ritiene che due o più condizioni
contemporanee siano più probabili di una singola ingannati dall'euristica della
rappresentatività. → effetto alone: tendenza ad attribuire una valutazione, positiva o negativa, a prodotti,
cose o persone sulla base di pochi indizi che ci colpiscono estendendo il giudizio su questi particolari all'interezza del prodotto, della cosa o della persona. → Razionalizzazione post-acquisto : come quando si compra qualcosa di totalmente inutile, qualcosa di difettoso, o eccessivamente costoso e dopo di che si ragiona sull'acquisto a tal punto che ci convinciamo che dopotutto è una grande idea. Questo è il meccanismo di razionalizzazione post-acquisto in azione, una specie di meccanismo incorporato che ci fa sentire meglio dopo aver preso brutte decisioni, specialmente davanti al registratore di cassa. Conosciuto anche come “Sindrome di Stoccolma dell’acquirente”, è un modo inconscio di giustificare i nostri acquisti, specialmente quelli più costosi. Gli psicologi sociali dicono che deriva dal principio d’impegno, il nostro desiderio psicologico di rimanere coerenti ed evitare uno stato di
dissonanza cognitiva. → Bias dello status-quo: noi esseri umani tendiamo a diventare apprensivi e preoccupati
davanti al cambiamento, cosa che spesso ci porta a fare scelte per garantire che le cose rimangano le stesse, o che cambino il meno possibile. Inutile dire che questo ha ramificazioni in tutto, dalla politica all’economia. Ci piace rimanere fedeli alla nostra routine, ai nostri partiti politici e ai nostri piatti o ristoranti preferiti. La parte più dannosa di questo pregiudizio è l’ingiustificata supposizione che una scelta diversa sarà inferiore o farà peggiorare le cose. Il bias dello status-quo può essere riassunto con il detto: “Se non è rotto, non ripararlo”, una massima che alimenta le nostre tendenze conservatrici. E infatti, alcuni commentatori dicono che questo è il motivo per cui gli Stati Uniti non sono stati in grado di attuare la riforma dell’assistenza sanitaria, nonostante il fatto che la maggior parte delle persone sia d’accordo con quell’idea di riforma.
Oltre ai limiti cognitivi Thaler ha modellizzato anche il problema dell’autocontrollo. A suo avviso la psiche umana è governata da un conflitto interiore tra un pianificatore lungimirante e un dissipatore impaziente. Se il Dottor Jekyll che pianifica non è in grado di vincolare il Mister Hyde che dissipa, l’individuo tenderà a prendere decisioni che riducono il suo benessere nel lungo periodo. Ad esempio, egli tenderà a consumare troppo e a
risparmiare poco, con effetti deleteri sulle condizioni di vita future. Perché gli errori sono importanti? Cosa possiamo comprendere analizzando i nostri errori