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Prendersi cura

Nel documento IL TEATRO DELLA VITA. (pagine 180-200)

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sintomi riguardano tutte le dimensioni della vita della persona, ed hanno una ricaduta diretta sulla vita dei caregivers formali ed informali, e sull’intero sistema sociale852.

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componenti soggettive del paziente (emozioni, motivazioni, stili di elaborazione cognitiva delle informazioni, ruolo delle esperienze pregresse, strategie di coping in risposta allo stress); il sistema sociale, che evidenzia gli atteggiamenti culturali e ambientali nei confronti della malattia, quali la definizione di malato, il riconoscimento-mantenimento dei suoi diritti, o al contrario la perdita di status e di autonomia, la responsabilità dei servizi sanitari nel trattamento terapeutico, le convinzioni religiose e gli orientamenti ideologici859.

Nel modello biopsicosociale tutti e tre questi sistemi sono integrati nel processo di cura e compartecipano alla definizione della salute e dunque della malattia. Un primo effetto è che non si ricerca più un’unica causa della patologia, poiché la si ritiene l’esito di molteplici fattori che danno vita ad un contesto di cui è fondamentale comprendere le interazioni, i legami tra diversi fattori e le relazioni860. Data la complessità del processo e della relativa raccolta delle informazioni sui diversi sistemi, chi opera con questo approccio valorizza le incertezze, gli elementi di complessità e “descrive le connessioni tra causa ed effetto in termini di probabilità”861.

Salute: un circolo virtuoso tra capitale sociale, capitale culturale e capitale economico

A partire dall’idea che la salute sia “a state of complete physical, mental and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity”862 e che i soggetti debbano essere messi nelle condizioni di poter esercitare il loro controllo e dare il loro contributo affinché si istituiscano le condizioni che maggiormente tutelano lo stato di salute di tutti863 si evince che la salute non sia una condizione statica, ma un insieme complesso di condizioni e fattori che favoriscono il benessere del soggetto migliorandone la qualità della vita. Il soggetto riesce a sviluppare delle risorse di resistenza ai rischi e si orienta verso alcuni fattori (comportamentali, stili di vita sociali, ambianetali…) salutogenetici in riferimento a quello che è stato definito ‘senso di coerenza’.

I began to ask what do all these GRRs (General Resistance Resources) have in common, why do they seem to work. What united them, it seemed to me, was that they all fostered repeated life experiences which, to put it at its simplest, helped one to see the world as 'making sense', cognitively, instrumentally and emotionally. Or, to put it in information-systems theory terms, the stimuli bombarding one from the inner and outer environments were perceived as information rather than as noise. These strands of thought led to the emergence of the sense of coherence (SOC) construct, a generalized orientation toward the world which perceives it, on a continuum, as comprehensible, manageable and meaningful. The strength of one's SOC, I proposed, was a significant factor in facilitating the movement toward health864.

Dunque la salute è frutto di una dinamica tra fattori di rischio, condizioni salutari e senso di coerenza entro cui si svolge la vita dei soggetti. L’investimento nei fattori salutari promuove ed è promosso da condizioni di salutogenesi favorevoli alla condizione di benessere che contribuiscono alla qualità della vita della persona e della comunità, in un’ottica di tipo socio-ecologico sempre radicata nel contesto sociale ed ambientale allargato. Questo approccio promuove l’empowerment del soggetto, sia individuale che collettivo, affinché riesca a controllare i processi che promuovono la salute e ad integrare le diverse forme di risorse, cioè di

859 Maria Paola Zamagni, “Contributo al rapporto medico-paziente”, Psychofenia, 11, 18 (2008): 45

860 George W. Saba, “L’approccio biopsicosociale: mappe, miti e modelli di salute e malattia”, in Vittorio Cigoli, Mauro Mariotti (a cura di), Il medico, la famiglia e la comunità. L’approccio biopsicosociale alla salute e alla malattia, Milano, franco Angeli, 2002, 36-37.

861 Ibi, 38.

862 Dalla prima pagina della Constitution of the World Health Organization. Accesso 15/07/21016 http://apps.who.int/gb/bd/PDF/bd47/EN/constitution-en.pdf?ua=1 . “The Constitution was adopted by the International Health Conference held in New York from 19 June to 22 July 1946, signed on 22 July 1946 by the representatives of 61 States (Off. Rec. Wld Hlth Org., 2, 100), and entered into force on 7 April 1948”.

863 Come già riferito nel paragrafo “3.5 Teatro e salute” nel capitolo 3 della parte prima della tesi, questa linea di empowerment e partecipazione diretta del soggetto alla realizzazione di una condizione socio-ecologica favorevole alla salute è stata promossa ufficialmente World Health Organisation, Health promotion glossary, Geneve, Who 1998.

864 Aaron Antonovsky, "The salutogenic model as a theory to guide health promotion", Health promotion international, 11, 1 (1996): 15.

179 capitale, che siano sociali, economiche e culturali.

How do people manage their inability to control their life? The answer was formulated in terms of SOC (Sense of Coherence) and GRRs. The SOC refers to an enduring attitude and measures how people view life and, in stressful situations, identify and use their GRRs to maintain and develop their health. The SOC consists of at least three dimensions: comprehensibility, manageability and meaningfulness. The GRRs are, for example, money, intelligence, self-esteem, preventive health orientation, social support and cultural capital. People with these kinds of resources at their disposal have better chance to deal with the challenges of life865.

L’interazione tra i differenti processi che concorrono alla salute è sinteticamente rappresentata nello schema assunto dalla Comunità Europea a modello di riferimento sinergico e intitolato “European Community Health Promotion Indicator Development (EUPHID)”.

866.

Uno schema che ben sintetizza l’interazione tra differenti fattori e processi. In particolare la promozione della salute interessa processi di prevenzione, cura e riabilitazione sia a livello individuale, finalizzati a promuovere o restituire capacità, che a livello ambientale, grazie allo sviluppo di opportunità locali. Si tratta di un complesso di risorse a disposizione dell’individuo e della collettività, cui i soggetti stessi partecipano non solo come fruitori ma anche come generatori. Dei veri e propri capitali sociali e culturali, oltre che economici, in stretta relazione con la salute poiché contribuisco al benessere dei soggetti e innalzano la qualità della loro vita. Molti gli studi dedicati all’interazione tra capitale sociale867, capitale culturale868 e salute che pur nella loro varietà, connessa ai differenti riferimenti teorici assunti869, hanno il vantaggio di aver riportato al centro

865 Monica Eriksson, Bengt Lindström, "Antonovsky’s sense of coherence scale and its relation with quality of life: a systematic review", Journal of epidemiology and community health, 61, 11 (2007): 938.

866 Georg Bauer, John Kenneth Davies, Juergen Pelikan “The EUHPID Health Development Model for the classification of public health indicators”, Health promotion international, 21, 2 (2006): 155.

867 Massimiliano Minelli, Capitale sociale e salute. Una bibliografia ragionata, Perugia, Morlacchi, 2007.

868 Thomas Abel, "Cultural capital in health promotion", in David V. MacQueen et al., Health and modernity. The role of theory in health promotion, New York, Springer, 2007, 43-73.

869 Si può schematicamente riferire la riflessione sul capitale sociale alle tre diverse prospettive esposte da Robert Putnam, Pierre Bourdieu e James Coleman. Robert Putnam,Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America, Bologna, Il Mulino, 2004 (ed. or. Bowling alone the collapse and revival of American community, New York,

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delle questioni l’importanza delle relazioni sociali e delle risorse delle comunità locali, favorendo altresì il riconoscimento delle correlazioni tra malattia, assetti sociali e partecipazione. Sia che si sottolinei l’influsso positivo dei legami, attraverso il fondamentale meccanismo della fiducia reciproca, e dei tangibili e intangibili patrimoni culturali, i bagagli che ognuno parta con sé, incorporati, sia che si mettano in luce le dimensioni conflittuali e di potere che caratterizzano l’interazione sociale, risulta ormai riconosciuto il peso che il capitale sociale insieme a quello culturale hanno sulla salute e sulla sua promozione870. Se ad essi si integra anche il capitale economico, si struttura un circuito virtuoso che in maniera integrata su più fronti promuove condizioni diffuse di salute.

Green e Kreuter hanno graficamente così presentato i diversi elementi che intervengono nel passaggio da ciò che precede, dunque la fase diagnostica, sia sociale che epidemiologica, ed emersiva del bisogno, a ciò che procede per sviluppare l’azione salutogenetica. Un modello di riferimento che si propone di guidare le scelte di adeguate policy e di valutazione partecipata degli esiti871. Ma un modello che intende la salute come un processo multidimensionale e con multipli fattori di rischio, implica un approccio di tipo multidimensionale e multidisciplinare, che possa fare conto su competenze epidemiologiche e sanitarie, relazionali, educative e di comunità a cui si aggiungono quelle di ordine amministrativo e gestionale. A questa visione della dinamica

Simon & Schuster, 2000. Pierre Bourdieu, "Les trois états du capital culturel", Actes de la recherche en sciences sociales , 30, 1 (1979): 3-6; Pierre Bourdieu, “Le capital social”, Actes de la recherche en sciences sociales, 31, (1980): 2- 3; Pierre Bourdieu, The Forms of Capital, in Richardson J. G. (a cura di), Handbook of theory and research for the sociology of education, New York, Greenwood, 1986, 46-58. James Coleman, "Social capital in the creation of human capital", American journal of sociology, 94 (1988): S95-S120.

870 Questo riconoscimento è confermato da numerose valutazione in ambito socio-sanitario che comprovano questa interazione. Per una rassegna bibliografica in proposito si veda Massimiliano Minelli, Capitale sociale e salute, e in particolare l’analisi di alcune casi applicativi svolta alla pagine 41-57.

871 Lawrence Green, Marshal W. Kreuter, Health promotion planning: an educational approach. New York, McGraw-Hill, 2004.

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procedurale ben si applica la riflessione sull’integrazione tra i diversi capitali - sociale, culturale ed economico - che si profila come elemento ulteriore a specificare le risorse individuali e collettive che possono entrare in gioco a sostegno della salute ed essere a loro volta sostenute.

1.3.1 Prospettive di cura nella demenza

L’approccio sistemico sta influenzando in modo deciso gli orientamenti clinici, i quali pur differenziandosi

“per il modo in cui si sono sviluppati storicamente, per la loro impostazione filosofica e per quanto riguarda le discipline professionali coinvolte, condividono molti principi comuni, spesso complementari tra loro”872. L’interazione virtuosa tra il mutamento nel rapporto medico-paziente, teso sempre più al coinvolgimento del paziente stesso come attore nel processo di cura873 e al valore della relazione medico-paziente874 e una visione biopsicosociale ha dato vita ad alcune importanti innovazioni nei sistemi di cura, che stanno accompagnando un lento ma progressivo cambiamento del to cure, inadeguato nei casi in cui, seppur la malattia non può essere guarita, la persona può essere curata e sostenuta nel suo benessere. In particolare in riferimento alla demenza si sono affacciati sulla scena della cura alcune importanti innovazioni.

The Person-Centred Care

A cambiare la prospettiva sulla cura delle demenze ha profondamente contribuito la riflessione di Thomas Kitwood, che eredita e integra la prospettiva rogersiana con quella biopsicosociale in ordine ad una applicazione della person-centred care finalizzata ad apportare idee e modalità del prendersi cura a partire dalla comunicazione e dalla relazione875. Il lavoro di Kitwood fa parte del più ampio movimento psicosociale in ambito sanitario che si sviluppò negli anni ’80-’90 del secolo scorso, orientato alla definizione di nuovi approcci di cura della demenza, le cui linee di forza insistevano sul proporre la cura psicologica della persona con demenza, la salvaguardia dei suoi diritti umani e la denuncia della disumanità degli abituali processi di cura876. Kitwood diede fondamento teorico all’approccio centrato sulla persona attraverso alcuni concetti base, su cui si sono sviluppate molte attuali applicazioni pratiche. In primo luogo il valore della personhood, uno stato conferito all’essere umano nel contesto della relazione e dell’essere sociale che implica riconoscimento, rispetto e fiducia877, che rimane tale anche nella condizione progressiva di degrado mentale. Riconoscendo il benessere quotidiano della persona, accanto al malessere, si possono comprendere ed accogliere i suoi comportamenti che spesso rimandano a significati precisi e non devono essere confusi con i sintomi della patologia clinica, atteggiamento che prevale nell’approccio medico di ordine fisiologico che tutto rimanda al danno neurologico878. Dunque Kitwood propone un modello arricchito di definizione di demenza che rimanda ad una interpretazione biopsicosociale della persona in cui la dimensione neurologica e quella psicologica risultano strettamente interrelate tra loro. Sono fattori sia patologici che di sviluppo, che incidono sullo stato di benessere della persona demente, in particolare sono: la compromissione neurologica, la salute e il benessere fisico, la biografia e la storia di vita, la personalità e la psicologia sociale879. Si desume che lo stesso elemento possa essere osservato e valutato da diverse prospettive ed assumere differenti significati. Ognuno di questi fattori risulta cruciale nella definizione di una modalità virtuosa di cura, permettendo ai caregivers di interpretare i comportamenti della persona entro un quadro ampio e non solo in riferimento alla patologia, e

872 George W. Saba, “L’approccio biopsicosociale: mappe, miti e modelli di salute e malattia”, 35-36.

873 “La promozione della salute sostiene lo sviluppo individuale e sociale fornendo l’informazione e l’educazione alla salute, e migliorando le abilità per la vita quotidiana. In questo modo, si aumentano le possibilità delle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e sui propri ambienti, e di fare scelte favorevoli alla salute” da La Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1° Conferenza Internazionale sulla promozione della salute 17-21 novembre 1986 Ottawa, Ontario, Canada.

874 Fabrizio Asioli, “La relazione cura?”, Psicogeriatria, 2 (2009): 10-14.

875 Tom Kitwood, Dementia reconsidered: the person comes first, London, Open University Press-McGraw-Hill Education, 1997.

876 Dawn Brooker, Person-centred dementia care: making services better, London, Jessica Kingsley Publisher, 2006, 14-15.

877 Tom Kitwood, Dementia reconsidered, 8.

878 Dawn Brooker, Person-centred dementia care, 16-17.

879 Tom Kitwood “Understanding senile dementia: a psychobiografical approach”, Free associations, 19 (1990): 60-76.

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dunque attivare risposte di ordine complesso e relazionale che permettano una condizione di vita meno frustrante, sia per la persona con demenza che per il caregiver. Un altro tema su cui insiste Kitwood è il potere della malignant social psychology, un termine ombrello sotto cui raccoglie una serie di comportamenti psico-sociali che ha osservato essere agiti senza consapevolezza da parte di caregivers e conoscenti nei confronti delle persone con demenza (quali l’intimidazione, il lasciare indietro, il non rispondere, l’infantilizzazione, l’invalidazione, lo screditamento, l’etichettatura, l’interrompere l’azione o la parola, l’ignorare, il sottomettere, il togliere potere etc..). Spesso i caregivers li praticano perché li acquisiscono dagli ambienti in cui lavorano, dallo staff e da un vecchio paradigma medico assistenziale. Si tratta di modalità che affondano le loro radici nelle rappresentazioni culturali dominanti in merito all’anzianità, tanto più se essa è peggiorata dalla demenza, e che portano ad agiti di esclusione e di marginalizzazione880. Le ricerche hanno mostrato una stretta correlazione tra la recrudescenza degli elementi disabilitanti e la presenza di comportamenti di malignant social psychology da parte della rete sociale diretta, andando così a confermare che i comportamenti della persona sofferente non sono motivati esclusivamente dalla neuropatologia ma anche dalla relazione sociale881. Kitwood riflette poi su come la persona con demenza comprenda l’esperienza di cura e delinea un Care Dementia Mapping, cioè un processo di valutazione compiuto raccogliendo elementi ed osservazioni dalle persone con demenza e funzionale al miglioramento dei processi di cura stessi882.

Tutto questo confluisce nella proposta di una nuova cultura della cura883 caratterizzata da alcuni punti imprescindibili che possono essere così sintetizzati

• Dementia care work is seen as a creative and dynamic option rather than unskilled work that no one wants.

• Dementia is seen as a disability to be lived with, rather than a disease process to be managed.

• People with dementia and those who care for them on a day-to-day basis have an expertise of their own to report upon that is as important as brain science.

• All people are equal regardless of cognitive ability.

• The task of care is the maintenance of personhood, and that the uniqueness and individuality of all is recognised regardless of diagnosis.

• Problem behaviors are seen primarily as attempts at communication884

Numerosi gli influenzamenti prodotti dalla prospettiva di Kitwood che sono maturati entro le attività di ricerca e sperimentazione del Bradford Dementia Group885, che stanno incidendo a vario livello sia sugli standard dei servizi sanitari e sociali per la presa in cura delle persone con demenza, che sulla comprensione e valorizzazione del punto di vista della persona con demenza in merito ai processi di cura e dunque sul loro miglioramento attraverso una più articolata valutazione. In questa direzione è evoluto anche il lavoro sul Care Dementia Mapping, diffondendosi a livello internazionale.

The Narrative Based Medicine

Un altro approccio che si sta diffondendo in ambito geriatrico è la medicina narrativa, che sottolinea il valore della narrazione nel rapporto di cura tra i differenti interlocutori attraverso la valorizzazione del racconto dell’esperienza di malattia, alla ricerca del significato da attribuire a questa sofferenza, costruendo una relazione empatica, accompagnando il processo di simbolizzazione attraverso cui l’essere umano da senso all’esperienza e la condivide, la comunica. Questo non solo nella relazione medico-paziente, ma anche nei

880 Tom Kitwood, “The dialectics of dementia: with particular reference to Alzheimer’s disease”, Ageing and society, 10 (1990): 177-196.

881 Steven R. Sabat, "Excess disability and malignant social psychology: A case study of Alzheimer's disease", Journal of community & applied social psychology, 4 (1994): 157-166.

882 Tom Kitwood, Kathleen Bredin, "A new approach to the evaluation of dementia care", Journal of advances in health and nursing care, 1, 5 (1992): 41-60.

883 Sue Benson, Tom Kitwood (eds.), The new culture of dementia care, London, Hawker Publications, 1995.

884 Sintetizzati da Dawn Brooker, Person-centred dementia care, 20.

885 Per informazioni sui progetti in corso e i programmi di ricerca e formazione si consulti il sito al link http://www.bradford.ac.uk/health/dementia/. Accesso 16-09-2016.

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confronti dei familiari e dei caregiver, così come nello scambio tra medici in merito ai casi e alle criticità incontrate nella pratica professionale886. Un primo passaggio è quello di integrare la medicina delle evidenze scientifiche con la medicina narrativa. Ambedue concorrono a rispondere alla multiformità con cui si presenta l’esperienza della salute nella persona anziana colpita da malattia cronica. È necessario superare la separazione tra cultura scientifica e umanistica887, perché in ambito gerontologico son necessarie entrambe888. Infatti si è

“palesata in maniera incisiva la necessità di reinserire le storie singole all’interno delle logiche complessive dell’assistenza, considerandole un possibile, valido contributo per la costruzione degli interventi di cura a livello della persona o di servizi complessi”889. In particolare questo sembra vero nel caso della cura della persona anziana, che attraverso un lungo percorso di vita ha composto l’unicità delle sue reazioni agli stimoli esterni: come una delicata e continua ricerca di equilibrio tra il sistema interno (frutto di elementi innati e dei molteplici fattori acquisiti) e quello esterno. L’apporto della medicina narrativa che parte dall’analisi dei casi nella loro singolarità diventa allora insostituibile.

La malattia (e la salute) è legata all’emergere di complessità biologiche, psicologiche, sociali: lo sforzo dei prossimi anni dovrà essere quello di descrivere per un numero sempre più elevato l’itinerario, che porta dallo stato premorboso alla comparsa del danno e al suo eventuale superamento. È augurabile che dall’insieme di descrizioni analitiche sarà possibile estrapolare più realisticamente modelli generali890.

Alla luce della diffusione di questi approcci è possibile ritenere che la medicina, in modo sempre più esteso, stia sviluppandosi verso un modello to care a partire dal dominante modello to cure. Quest’ultimo appare centrato esclusivamente sul medico, con la sua competenza specializzata, e sulla malattia, secondo una relazione caratterizzata da una sorta di autorità del medico e passività del paziente, ed orientata alla diagnosi e al successivo trattamento dei sintomi secondo una loro definizione oggettiva e scientificamente provata. Il grande svantaggio del curing è di dimenticare i sintomi contestuali, soprattutto quelli che riguardano gli aspetti funzionali, sociali ed emotivi della salute. Da qui la necessità di passare ad un approccio to care, biopsicosociale, che vede nel paziente “the expert of his physical state, functional status and quality of life. It implies that the doctor encourages the patient to discuss his illness experience and that the consultation is focused on both agenda’s of doctor and patient”891. Si tratta di un radicale cambiamento di prospettiva che pone al centro del processo di cura la relazione e la comunicazione tra il medico e il paziente, e che sta subendo l’opposizione di tutti coloro che considerano poco professionale un atteggiamento empatico e colloquiale, ritenendo il tempo speso nell’ascolto del ‘non esperto paziente’ come tempo sprecato, che potrebbe essere più efficacemente utilizzato attenendosi al proprio ruolo biomedico892. Questa diatriba è in corso, seppure risulti diffusa la convinzione che è l’integrazione dei due approcci, il to cure e il to care, ad offrire le migliori condizioni di cura. Integrazione che potrà realizzarsi grazie ad una revisione dei percorsi di formazione del personale sanitario ed una riorganizzazione dei tempi e modi della cura893.

1.3.2 I processi relazionali del care

Nel caso delle sindromi degenerative, come per la demenza, la cura non coincide con la guarigione, quanto semmai con il mantenimento di uno stato di benessere nella qualità delle vita della persona malata, ma anche dei suoi curanti, formali e informali. È evidente che questa azione non possa essere ascritta ai soli operatori

886 RitaCharon, "Narrative medicine: a model for empathy, reflection, profession, and trust", Jama, 15, 286 (2001): 1897-1902; Rita Charon, Narrative medicine. Honoring the stories of illness, Oxford, Oxford University Press, 2008.

887 Charles P. Snow, The two cultures, Cambridge, Cambridge University Press, 1998 (1959).

888 Trisha Greenhalgh, "Narrative based medicine in an evidence based world", BMJ, 318, 7179 (1999): 323-325.

889 Marco Trabucchi, I vecchi, la città e la medicina, 95.

890 Ibi, 112.

891 Chris de Valck et al., “Cure-oriented versus care-oriented attitudes in medicine”, Patient education and counseling, 45, 2 (2001): 120

892 Ibi, 120-121.

893 Ibi, 126.

Nel documento IL TEATRO DELLA VITA. (pagine 180-200)