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semiconduttore/elettrolita

2.5 Conclusioni: modellizzazione di un sistema elettrochimico

3.1.6 Preparazione della soluzione elettrolitica

Per la preparazione della soluzione elettrolitica, nel nostro caso una soluzione salina di NaCl, è sufficiente far sì che il sale si sciolga completamente nel solvente. Nel nostro caso il solvente è costituito da acqua ultrapura. Il sale da noi utilizzato è stato acquistato presso la ditta Sigma-Aldrich ed è puro al 99,5%.

L’acqua ultrapura contiene per definizione solo molecole H20, ioni H+e ioni OH- in equilibrio.

Tipicamente il processo di preparazione di acqua ultrapura a partire da semplice acqua di rubinetto avviene in due tempi: dapprima l’acqua viene demineralizzata e successivamente deionizzata. La demineralizzazione viene effettuata tipicamente grazie a membrane che operano una microfiltrazione. La deionizzazione invece avviene nel passaggio dell’acqua attraverso prima resine cationiche e poi attraverso quelle anioniche. Nel nostro caso i trattamenti sull’acqua sono stati effettuati mediante apparecchiatura di marca MILLIPORE. Notiamo che in generale l’acqua potabile ha un valore di conducibilità di circa 0.005÷0.05 Sm-1 legato al trasporto ionico della carica al suo interno. Per l’acqua ultrapura il valore della conducibilità scende molto, fino a 5.5x10-6 Sm-1, ma resta tuttavia non nullo.

In base alla concentrazione desiderata per ciascuna soluzione si pesa la quantità necessaria di NaCl tramite la bilancia di precisione (modello AB54-S marca Mettler Toledo). Questa bilancia garantisce una precisione di 0,1 mg. Per indicare la concentrazione di un sale in soluzione si utilizza di solito l’unità di misura molarità (M), che, è definita come il numero di moli di soluto presenti in un litro di soluzione. La quantità di sale da pesare è legata alla molarità da due semplici relazioni: w g0 02G02\ \gg\ 3.4

ð v02h 3.5

dove n è il numero di moli, la massa è la quantità di sale pesata, che misuriamo in grammi (g), il

peso molecolare è il peso di una mole di molecole delle specie considerata, le cui unità di misura

sono gmol-1, e il volume è riferito al solvente e si misura in litri (l).

Il sale viene successivamente versato nell’acqua ultrapura e la soluzione è posta in un bagno ultrasonico (Sonorex, Bandelin) per un tempo che può variare tra i 5 e i 60 minuti circa, fino al completo discioglimento del sale, ovvero finché la soluzione non appare perfettamente limpida alla vista.

72 3.1.7 Realizzazione del controelettrodo

Per poter utilizzare i modelli teorici sviluppati nel capitolo 2 è necessario disporre di elettrodi in configurazione planare con area sufficientemente estesa. Per tale motivo il controelettrodo di Pt è stato realizzato mediante sputtering. Le dimensioni del controelettrodo sono state scelte appositamente più grandi rispetto alla dimensione dell’elettrodo di lavoro in modo da limitare gli effetti capacitivi e resisitivi alla sua interfaccia, permettendo così l’utilizzo di una configurazione a due elettrodi per gli esperimenti di caratterizzazione dell’interfaccia elettrodo di lavoro/soluzione elettrolitica (evitando quindi l’uso di un potenziostato per il controllo del potenziale all’interfaccia di interesse). Lo sputtering, o polverizzazione catodica, è un processo in cui si ha emissione di atomi, ioni o frammenti molecolari da un materiale solido detto bersaglio (target) bombardato con un fascio di particelle energetiche (generalmente ioni) (Fig 3.6).

Figura 3.6 Uno ione energetico (per es. Ar+) collide sulla superficie del bersaglio, provocando l'emissione di atomi e frammenti molecolari (non è schematizzata la cascata di collisioni). Vengono erosi indistintamente gli atomi del materiale (in blu) e le

impurità (in rosso).

Nell'intervallo di energia degli ioni abitualmente coinvolti nello sputtering (solitamente minore di 1 keV per applicazioni di etching o deposizione), l'interazione tra lo ione incidente e gli atomi del bersaglio, e susseguenti interazioni fra questi ultimi, può essere trattata come una serie di collisioni binarie, un pò come avviene nel primo colpo di una partita di biliardo (in cui il triangolo di palle viene colpito e "spaccato" dalla palla bianca).

Lo ione incidente colpisce gli atomi impacchettati e li disperde in tutte le direzioni (fenomeno detto "cascata di collisioni"), compresa quella che li porta a uscire dal bersaglio. Il materiale viene emesso dal bersaglio dopo una cascata di collisioni e non dopo un singolo urto particella incidente- atomo del bersaglio perché non è possibile che un singolo urto causi una variazione della direzione del momento sufficiente a far sì che l'atomo del bersaglio abbia una componente di velocità diretta verso la direzione di arrivo dello ione incidente.

In base a considerazioni geometriche è chiaro perché l'incidenza obliqua degli ioni che colpiscono il bersaglio aumenta la resa di sputtering: con incidenza non perpendicolare è più facile che le collisioni conferiscano una componente di velocità diretta verso l'esterno del bersaglio agli atomi del bersaglio stesso.

Tipicamente in un processo di sputtering le particelle energetiche che bombardano il bersaglio sono costituite da ioni (solitamente Ar+,, nel nostro caso N+), create attraverso un processo di plasma; la

resa maggiore si ha quando gli ioni incidenti hanno massa paragonabile a quella degli atomi del bersaglio perché in questo caso si ha un più efficiente scambio di energia tra ione incidente ed atomo del bersaglio.

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Il materiale viene prevalentemente emesso dal bersaglio sotto forma di particelle elettricamente neutre (atomi non ionizzati, frammenti di molecole, ecc.).

La resa di sputtering (sputtering yield) è definita come il numero di atomi erosi dal bersaglio per ogni ione incidente.

I fenomeni che avvengono in una cascata di collisioni servono per capire le applicazioni dello sputtering. I seguenti processi, non necessariamente tutti, possono avvenire al bersaglio:

• un atomo può essere espulso (e viene chiamato ione secondario);

• lo ione incidente può essere impiantato o riflesso, probabilmente neutro e con una grossa perdita in energia;

• l'impatto dello ione e la risultante cascata di collisioni può provocare un riarrangiamento strutturale nei dintorni del punto di collisione;

• un elettrone secondario può essere espulso;

• vengono emessi fotoni (visibili, UV e X, a seconda delle energie coinvolte).

Il processo a spruzzo ha diverse applicazioni pratiche, tipicamente nel settore industriale (industria dei semiconduttori o dei ricoprimenti superficiali, per esempio) o di ricerca scientifica (fisica dello stato solido, scienza dei materiali), ma tecniche basate sullo spruzzo vengono ormai utilizzate in svariati campi: dall'archeologia all'analisi di prove processuali.

Le due principali applicazioni industriali dello sputtering sono comunque:

Sputter etching (pulizia per polverizzazione anodica o pulizia per sputtering): il fatto di erodere un bersaglio progressivamente, può essere usato per pulire la superficie da contaminanti superficiali o per assottigliarla. In alternativa, con l'uso di opportune maschere poste sopra il bersaglio, la tecnica si può usare per erodere selettivamente alcune aree di interesse.

Sputter deposition (deposizione per sputtering): gli atomi emessi dal target si ricondensano sulle superfici interne della camera da vuoto, questo fenomeno può essere sfruttato per il ricoprimento di manufatti: basta semplicemente introdurre il pezzo da trattare nella camera da vuoto per un tempo sufficiente alla formazione di uno strato di materiale emesso dal target sulla sua superficie. La deposizione per sputtering permette di ottenere film di ottima qualità praticamente di ogni tipo di materiale e con particolari accorgimenti consente la realizzazione di ricoprimenti con struttura e proprietà diverse dal materiale di partenza in fase massiva. L'industria dei compact disc scrivibili utilizza lo sputtering per la deposizione del sottile strato di alluminio che permette al laser di leggere i dati incisi sul soprastante film organico. Tipicamente lo spessore dei ricoprimenti realizzati con questa tecnica va dalla decina di nm ai µm. Per la realizzazione del controelettrodo di Pt è stata utilizzata la modalità DC sputtering, variante dello sputtering tradizionale, in cui un’alta tensione continua (Direct Current) viene mantenuta tra il target che si vuole evaporare ed il substrato che si vuole ricoprire, qualora il primo sia un materiale metallico conduttivo.

74 3.1.8 Realizzazione dei contatti

L’elettrodo di lavoro e il controelettrodo, opportunamente realizzati, sono stati incollati sulle pareti (una di fronte all’altra) di una cuvetta plastica (Fig. 3.7) Gli elettrodi sono infine contattati al circuito esterno attraverso l’utilizzo di appositi morsetti.

Figura 3.7 Tipica struttura di una fotocella elettrochimica. Nel nostro caso il controelettrodo non è di oro, bensì di platino, in una geometria piastrale e incollato anch’esso, come l’elettrodo di lavoro, sulla parete della cuvetta.

3.2 Tecniche di caratterizzazione, set-up sperimentali e