m ente m utare: non è più il p ic c o lo e stretto vico na p ole ta n o dove bastano anche dieci persone e la gente a ffa ccia ta sulla soglia dei bassi a dare l’im pres sione della calca: con i suoi negozi di fiori di stoffa o di carta, adesso anche di plastica, e di santi di le gno o cartapesta e co ro n c in e di m adreperla e altri o g g e ttin i d 'a rte sacra popolaresca ma, soprattutto, di p asto ri, di te rra co tta e, ahimè, da qualche anno di p la s tic a p u r essi, a m m ucch iati a ceste o allineati a g re m ire m ensole precarie, e di presepi già confezio nati, c o l fo n d a le im m a nca bilm e nte d ip into con la stella dei re M agi, i palm izi e i tram onti africani: ap pena il b u io irro m p e nel vicolo, e si accendono le lu ci, San G re g o rio Arm eno m uta improvvisam ente, di ve nta esso stesso, a un tratto, un presepe: il più
um ano, il più p itto re s c o e in s ie m e il p iù a m ab:le p re sepe n ap oletan o.
Il fo n d a le resta n a tu ra lm e n te il m e d e s im o , il s e ic e n tesco c a m p a n ile che sale ve rso l ’e s ile s c ia rp a di cie lo a llu n g a ta tra le case, sul c a v a lc a v ia in c im a alla s tra dina, della chiesa di San G re g o rio A rm e n o c h è fo rs e la vision e più s u g g e s tiv a del b a ro c c o n a p o le ta n o : ma stavolta i p asto ri so n o a n im a ti, s o n o gli u ltim i rita rd a tari c o m p ra to ri d ella g io rn a ta , g li a rtig ia n i che al te r mine del lavoro q u o tid ia n o si a p p o g g ia n o s o tto la porta di casa a s c a m b ia re d ue c h ia c c h ie re co n un v i cino o un passante, s o n o le la v o ra n ti dei fio ri fin ti con le m ani a n c o ra s p o rc h e di a n ilin a — rossa g ia lla verde o viola s e c o n d o il fio re « tra tta to » d u ra n te il g io rn o — che si a ffa c c e n d a n o o ra in to rn o ad un fo r nello appena m a s c h e ra to da u na te n d in a o s p ie g a n o 34
A sinistra: mendicante con fanciullo di G. Sammartino. Museo di S. Martino (Napoli)
In basso a destra: Re Mago, Museo di S. Martino (Napoli)
sulla tavola sgom bra degli attrezzi di lavoro una tova glia a scacchi e vi poggiano sopra due o tre bicchie ri. un p ic c o lo m ucchio di posate spaiate, un piatto u n ’insalatiera e il fiasco di vino, e il pranzo sarà con sum ato fra poco quasi davanti alla porta, alla pre senza di chi passa (volete favorire?, inviterà con natu ralezza il c a m p ofa m ig lia additando una cucchiaiata di pasta e patate che sta per portare alla bocca), perché a N apoli, è stato già notato, la vita si svolge in preva lenza sulla strada, non fosse altro che per prendere aria, e si fin isce col sentirsi inevitabilm ente un poco attori, si è portati per una specie d istinto ad assu mere un a tteggiam ento (e questo può spiegare anche l’accusa di te atra lità che a volte ci viene rinfacciata).
Il tem po, a San G regorio Arm eno, sembra m iracolo sam ente ferm ato: anche se in qualche casa al posto d una fu lig g in o s a lam padina giallastra un cerchio li vido di luce fluorescente illu m in a il basso o in un an golo il frig o rife ro tro n eg g ia accanto al trespolo col televisore, negli abitanti del vicolo donna Matilde po trebbe ancora riconoscere certi personaggi come tratti da un suo racconto, A ntonio Mancini potrebbe ancora tra s p o rta rli di peso in una sua tela affollatis sima di figure. Del resto è pur naturale che sia così: siam o nel cuore d e ll’antica Napoli, in q ue ll'intrico di stradine palazzi e c o rtili che s ’assiepano alle spalle della vecchia Università, dove il sole, quando riesce a penetrarvi, e a toccare un oggetto, scopre la velatura del tem po, dove gli stu cchi sem brano polverosi e no bili le doratu re anche se sono solo scurite, e dove persino i nom i delle strade serbano una loro poetica suggestione: via delle Anticaglie, S. Biagio dei Librai, via dei G iganti...
Ci siam o ritrovati, a San G regorio Armeno, una sera della settim ana scorsa con un gruppo di amici; l’appun ta m e nto , più esattam ente, era davanti al bar di S c a tu rc h io in quella piazza S. Domenico Maggiore che sem bra tratta da un cartone del Bibiena: da qui, tu tti in g ru pp o, ci sarem m o recati a casa di Mariano a passare la serata, e ad am m irare la sistemazione d e ll’app arta m e nto che M ariano, architetto ancora g io vane ma già abbastanza up to date, ha ricavato per la sua p ic c o la fa m ig lia da u n'ab itazio ne al piano nobile d ’un fa tiscen te caseggiato di via Paladino, abbando nando non so se per snobism o o per quel bisogno naturale di recupero del centro storico per cui si bat te, o sem plicem ente per c o m o dità logistica, il « penta- cam ere - trip li - servizi - accessoriatissim o » di via Orazio dove abitava prim a: e poiché l'in cub o del par ch eg gio ci aveva resi tu tti insolitam ente puntuali, fa ce nd oci arrivare, a d d irittu ra , con un certo anticipo su ll'o ra , m entre consum avam o l'aperitivo da Scatur chio uno propose: — È ancora presto, facciam o un salto a San G regorio Arm eno? Saranno anni che ci m anco.
alcuni bottegai, che sco prii — io per esempio che pure con quella strada e quei quartieri ho fam iliarità — com e la lavorazione dei pastori, la quale natural mente dura tu tto l’anno, sia organizzata secondo certe regole, e che ogni settim ana, per i sei giorni della settim ana, si lavora a fabbricare un solo tipo di pastore: gli angeli, poniam o — le ali il liuto la cetra l’am pia ca p ig lia tu ra bionda e l’abito a pieghe che na sconde
il
corpo — oppure il « pastore della meravi glia », questa specie di A ligi avant la lettre, o il mo naco (perché il presepe ha di questi deliziosi anacro nismi) con la boccia di vino stretta al petto e l’om brello cam pagnuolo co n tro la tonaca, o la zingara o la M adonna o la pastora che porta la verdura e quella che, come Renzo Tram aglino, combatte con i polli te nu ti per le zampe a testa in giù: e così di set tim ana in settim ana, a rotazione, vengono fuori i per sonaggi d ’o b b lig o di quella straordinaria e suggestiva com m edia d e ll’arte c h ’è il presepe.Istituzione antichissim a, dove l'anim a fondam ental mente teatrale del napoletano soddisfa l’estrosità di certa sua natura sbizzarrendosi nella costruzione di fo nd o ma osservando sempre rigidam ente canoni e schem i fissi, il presepe conobbe il suo periodo di m aggiore splendore quando non solo artigiani, ma s c u lto ri e artisti a ute ntici — un nome per tutti: il S am m artino — lavoravano ai pastori, e vi sovrintende vano regnanti e le dame di corte si divertivano a cu cire i vestiti con i cascam i delle sete di San Leucio.
Di tu tto questo m ondo ancora ingenuo e pacifico restano gloriose tracce al museo di San M artino a Napoli e alla Reggia di Caserta con