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roncini rossi appuntiti come tanti cornetti portafortu-

na, le melanzane oblunghe e lucide, le « ’nferte » di

pomodori e cipolle; e la frutta: pile di pesche e pere

e g ra p p o li d ’uva, un vero paese di B e n g o d i (ma si sa che con l’in c a rn a z io n e del V e rbo tu tta la n a tu ra fiorì), e ceste di pesce dalle s c a g lie a rg e n ta te , c o lla n e di sa l­ sicce, i q uarti di bue o di m aiale s v e n tra ti e sa ng ui- nolenti. E gli a nim a li: i cavalli dai p o s s e n ti fia n c h i, le pecore dal vello lanoso che se m b ra quasi sollevarsi nel s o ffio del resp iro , i cani dal p elo fitto , le g a llin e dalle penne a rru ffa te : tu tti la v o ra ti con una pazienza e una perizia che par quasi di ve de re il d iv e rtito s o r­ riso d e ll’a rtista m entre li creava.

È qui, in q u e s t’arte, la c o rris p o n d e n z a ru s tic a n a a q u e ll’a ltra co rre n te , a ris to c ra tic a e g a la n te , c o s titu ita

Figure di presepe di ignoto del Sec. XVI, Museo del Sannio (Benevento)

d alle p o rc e lla n e e dalle ceram iche di Capodim onte: ma fo rse a c o n s o lid a re la fo rtu n a del presepe, nei se­ co li, è stato p iu tto s to il s ig n ific a to c h ’esso ha assunto, di em blem a, col suo calore um ano e la sua casalinga s a c ra lità fa tta d ’in tim ità e m alin co n ia insieme, di quella festa, il Natale, che per o gn i uom o, n e ll’infanzia e dal­ l’infanzia, resta sem pre la festa più segreta e m isterio­ sa.

E così q ue lla sera, dopo il vagabondaggio tra spae­ sato e in c u rio s ito per San G reg orio Arm eno, con natu­ ralezza accadde che più tardi, a casa d e ll’amico M aria­

no, dopo aver visita to tu tto l’a p p a rta m e n to e aver lod a ­ to, com e andavano lodate, le varie so lu zio n i da lui adottate per tra sfo rm a re l ’a b ita z io n e secondo le esi­ genze d ’una fa m ig lia d ’ogg i, il d is c o rs o cadesse, una volta sistem ati nel s o g g io rn o e dato l ’avvio alla conversa­ zione, in e vitab ilm e nte sul d e c lin o di certe tra d iz io n i: e q ualcuno, g iu sto sul filo delle im p re s s io n i della pas­ seggiata di appena p o co prim a, osservò com e persino il Natale, e h ’è festa per d e fin iz io n e in tim a e a ffe ttu o ­ sa, da vari anni orm ai, e non s o lta n to perché l’infanzia per noi è orm ai u n ’im m a g in e p erduta, sfocata e lo n ­ tana e com e vista dal fo n d o di un b in o c o lo rovesciato, abbia sm arrito il suo fa s c in o d o m e s tic o per m utarsi, con l’attuale società, in una specie di g rossolana e af­ fannosa fiera del c o n s u m is m o che n eppure questi u l­ tim i tem pi di a uste rità e d ’in c o m b e n te recessione rie ­ scono a rip o rta re alle sue um ane d im en sion i.

G iovanni, c h ’è nato e vissuto in p ro vin cia, e solo da sposato s’è tra s fe rito a N apoli, più di tu tti lam entava la fine di q u e ll’atm osfera che ca ra tte rizza va i Natali della sua e nostra infanzia: in fo n d o non sono passati m olti anni, osservava con amarezza, e pp ure sem bra p ro p rio che ci divida da quel tem po una m isura in co m m e n su ­ rabile, e quando q u a lc u n o di noi altri, quasi a c o n s o ­ larlo, o b ie ttò che forse in p ro v in c ia q uella p articola re atm osfera ancora resisteva, ebbe un so rriso d ’iro nia e condanna insieme. — In p ro vin cia ? Ma sono stati i prim i ad adottare l’albero di Natale! . . .

Non c ’è nulla di più ste rile e m a lin c o n ic o che rim ­ piangere le neiges d ’antan: ma ta n t’è, il discorso orm ai s’era incanalato per quella china, e l’argom ento — il presepe e Natale — era di per sé tro p p o carico di su g ­ gestioni perché io o un altro p otessim o deviarlo: e così sapevo (e forse desideravo per il prim o) che di lì a un a ttim o G iovanni ci avrebbe fa tto rivivere il ric o rd o tenero e gentile di quei lon ta ni Natali adolescenziali: è del resto uom o che sa parlare e raccontare, e mi ac­ corgevo com e il so rriso che a ccom pagnava le parole fosse già una spia o, d irò m eglio, una sorta di difesa, che gli serviva solo a m ascherare un sospetto di co m ­ mozione.

— Avete notato, stasera, i presepi in vendita a San G regorio Arm eno? A parte il fa tto ch 'e ra n o tu tti o rrib i­ li, rico p e rti alla m eglio di c a rta ccia p ittu ra ta con certe tinte livide e non di su ghero com e andrebbe rico pe rto un presepe vero, mi ha c o lp ito p ro p rio il particolare c h ’erano già co s tru iti, così che chi li com pra deve so l­ tanto lim itarsi a m etterci i p astori senza poter e serci­ tare la p ro pria fantasia. C h ’è, n e ll’allestim ento d ’un presepe, anche quando biso gn a rispettare ovvviam ente un certo tip o di m odello, il p rim o piacere di chi si

Particolare del Presepe Cuciniello, Museo di S. Martino (Napoli)

mette a ll’opera. Pensare che a casa mia ogni anno, dopo la Befana, sm ontare il presepe significava sman­ tellarlo, salvando si capisce i pastori e il sughero, per­ ché l’anno successivo esso andava rifatto nuovo ma, so p ra ttu tto , diverso . . .

Q ualcuno sorride, di fron te a ll’appassionata reazione di G iovanni: ma qualche altro annuisce in silenzio e sem bra assorto. Quali nascoste nostalgie andrà dis­ seppellendo, per noi tu tti, l’am ico con i suoi ricordi?

— Ai prim i di dicem bre, quando gli zampognari veni­ vano per casa per la novena d e ll’Immacolata, che adesso li vediam o, se li vediam o, solo per strada e ma­ gari col m icro fo n o (e del resto chi li vorrebbe più per casa?, chi ci assicura che non saranno rapinatori tra­ vestiti da zam pognari?), mio padre faceva scendere dal m ezzanino i cavalletti da sistemare in fondo al corri­ doio . . .

Due cavalletti: sui quali andava appoggiata la lunga tavola di legno c h ’era la base da cui (o su cui) doveva sorgere il presepe. C om inciavano così le prime discus­ sioni sul posto dove sistemare la grotta, l’elemento più im portante. Al centro come l’anno scorso? In primo piano o relegata — si fa per dire — in fondo, sopra una c o llina ? A sinistra o a destra? Serate intere, all’inizio, si consum avano in dissertazioni per risolvere questi p re lim in a ri, poi il rum ore secco e perentorio d ’una m artellata avvertiva la fam iglia che il problema era stato superato: la co struzione com inciava con quel prim o c h io d o che fissava a un dato punto della piatta­ fo rm a la prim a listerella di legno d e ll’ossatura del pre­ sepe.

A scoltavo attento G iovanni accendersi delle sue pa­ role: com e lui sono nato e cresciuto in provincia, più degli altri potevo capire il richiam o di certe rimem­ branze: e il rum ore del m artello, c h ’egli evocò a un tra tto in mezzo a noi, assunse quasi, per me, il valore della « m adeleine » p roustiana e bastò non dico ad e stra nia rm i ma ad accom pagnare ai suoi ricordi, e a m esco la rli insieme, quelli che mi portavo dentro, dei presepi della mia infanzia, e di q u e ll’aria indaffarata e m agica ad un tem po, che a partire dai primi di dicem ­ bre si respirava in casa e serviva a preparare la venuta del Natale.

P erché se in città, alm eno oggi. Natale è festa che si avverte fu o ri: con le d ecorazioni luminose per le strade (com e se fosse la festa dei paese!), e le vetrine dei n eg ozi che e sib isco n o le strenne, i grossi abeti nelle piazze coi lu n g h i fili argentei e le lampadine ac­ cese a in te rm itte n z a , il p u n g ito p o e l’agrifoglio che g o n fia n o i p a n c h e tti dei fio ra i: in provincia. Natale vive « d e n tro », nelle case: vorrei dire, addirittura, se non

temessi d ’apparire re to ric o , che vive anco ra più den­ tro, come un sentim ento, o uno stato d ’anim o. (Ma parlo, a n c h ’io, dei Natali di una vo lta o di quelli o d ie r­ ni?).

G iovanni aveva p rim a a c cen na to agli zam pognari, per esempio, e adesso mi vedevo davanti agli occhi quelli che per tanti anni avevano fre q u e n ta to la nostra casa. Erano padre e fig lio , ve nivano dal C ilento. Sona­ vano la novena per l’Im m acolata e q ue lla per Natale. Il padre aveva la cornam usa, o za m p og na che d ir si vo­ glia; il fig lio la ciaram ella, o c la rin o : insiem e co stituiva no l’im m agine della salute. Il padre era alto, b io nd a ­ stro, asciutto: sem brava anche m agro. Ma quando dava fiato ai p ifferi, che so n o ro rim b o m b o veniva dal­ l’otre di pelle, che si gon fiava c o n tro il suo petto com e una viva e p alpitante presenza. Il fig lio lo chiam avam o per scherzo C om pare T u rid d u : perché era stato bersa­ gliere, e portava p erennem ente il fez rosso col fio c c o blu appoggiato die tro la nuca: so tto i b attetti a punta un sorriso sq uilla nte sem pre p ro n to e p ro p iz ia to rio si spandeva sino ai suoi c o lo riti p o m e lli di pecoraro.

Eseguita la m usica, o ffriv a m o loro un b icch ie re di vi­ no. Alla salute, dicevano, p rim a di traca nn a rlo con un sol sorso, senza staccare le lab bra d a ll’o rlo. Erano due bicchieri spaiati d ’un servizio che o rm ai non esisteva più: i b icch ieri degli za m p og na ri. A fin e novena, inve­ ce, ricevevano una som m a di danaro, una sacchetta di frutta secca e una di fru tta fresca e un cappone. (In quei g io rn i di vacanze s c o la s tic h e le nostre sveglie erano regolate dal roco ca nto dei galli avuti in regalo da mio padre, p ro vviso ria m en te a llo g a ti in una stia sul terrazzo di cucina).

Il padre indossava una g ia cca di ve llu to m arrone, con tasche grandi e capaci s fo rm a te d a ll’a b itu d in e di riem pirle sino a ll’in ve ro sim ile ; aveva le dita c o n to rte d a ll’ artrite, che si m ovevano a fatica, eppure con quanta delicatezza sapevano posarsi a tu rn o sui fo ri della canna e trarne quel su on o grave e p ro fo n d o m iti­ gato dalla più allegra in tra p re n d e n z a d ella ciaram ella sonata dal fig lio . La prim a parte d ella sonata, la strofa, era eseguita solo dalla co rn a m u sa : nelle pause il cla ­ rino insinuava un a cco rd o e un ra c c o rd o : il rito rn e llo veniva sonato dai due s tru m e n ti. La ciaram e lla il g io ­ vane la riponeva dop o in tasca, la sua giacca era di panno ispido, scuro: doveva essere la g ia cca della d i­ visa m ilitare poi tin ta una vo lta c o n g e d a to . La za m p o ­ gna, invece, il padre la portava a p p o g g ia ta alle spalle come un im b ia n ch in o tra s p o rta la scala: l ’otre di pelle era unto, striato, spesso e viscid o , d 'u n in d e fin ito c o ­ lore tra il giallo e l’avorio: sem brava in ca rta p e c o rito .

Qualche anno prim a della guerra, il fig lio venne con 38

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