P arlare del presepe è un ana cro nism o. Esso è nau fra g a to nei g o rg h i del co n s u m is m o da cui d iffic il m ente p o trà rie m erge re . Si dovreb be ritornare a una c o n d iz io n e so cia le d e g ra d a ta allo stato di fame, senza fu o c o e senza lane, al fa m ig erato inverno na p o le ta n o dei te m p i and ati, ma ben saldo nella mem o ria, in te rro tto , a p p u n to , d a ll’oasi m angereccia natali zia e p resepiale, che p u n tu a lm e n te si ripresentava al l’E p ifa n ia s u ll’u scio di casa, fre d d o , lugubre, con le m ani sozze e m alate, i piedi c o p e rti di geloni, il ber retto e le scarpe sfo n d a ti.
A Natale i c o n tra s ti s o cia li a N apoli venivano leniti e m im e tizza ti d a llo s p irito di carità. Il presepe ne era il v e ic o lo ideale, un p itto re s c o c a rria g g io su cui si poteva ca ric a re una fa rra g in e di cose e di pensieri s o tto una c o p e rta tra p u n ta di stelle. In altre parole veniva ra c c o lto il m essaggio evangelico della Sacra
Fam iglia per cui anche al più m isero dei napoletani si lasciava buscare o gli si o ffriv a qua lco sa per m et terlo in c o n d iz io n i di co m p ra re quei cib i — spaghetti, lup ini di mare, s o tto p ro d o tti di v o n g o le e cozze e di m itili n ob ili, baccalà in s o s titu z io n e del ca p ito n e — per te ne rlo c o n te n to d u ra n te una v ig ilia in cui era inam m issibile che q u a lc u n o non m angiasse tu tto o parte di quei cibi di rito ; senza di che era amm esso il s u icid io .
Si trattava di una ca rità a buon m ercato che ris c a t tava il ricco da q ue lla m o ltitu d in e di peccati a n tis o ciali, che, passato il Natale, si sarebbe rip e tu ta con la perfezione e la com p le te zza di un teorem a.
Il presepe era in o ltre so s te n u to da una sp icca ta tendenza m angereccia, nata dal c o n tra s to con un tipo di vita m isero. Il presepe c o s tru ito su queste basi era plebeo e su di esso l’in flu e n z a del presepe secen-
A destra: particolare del Presepe della Donazione Perrone - Museo di San Martino (Napoli) - In basso: particolare del Presepe Cuciniello, Museo di S. Martino (Napoli)
tesco — che aveva superato da tem po quello classico rinascim entale o d ’affresco — , si ridusse alla sola struttura portante: alla grotta, alle montagne, ai mari, alla cinem atica dei pastori e a un prim o im pianto di quella varietà ambientale di tra siriana, persiana, ara bica, rabbinica e turchesca, p lu riling uistica , babele e ammuìna; imitazione in ventiquattresim o, ma assai ve ridica e altrettanto prom iscua e gremita, di uno dei tanti quartieri citta din i con vocazione e vociferazione, varietà e inventiva m ercantilistica.
L ’incantatore di serpenti, le guarattelle, il dulcamara e il cantastorie, il m onaco scalzo, predicatore di exempla, come Pulcinella, presente in parecchi prese pi, ci stavano di d iritto . Si trattava di una umanità va ria, sì, e storicam ente pianificata, ma con un ideale com une: cercare con un lavoro qualsiasi e con qual siasi stratagem ma di magnare, term ine assai più pre gnante di mangiare.
Nel presepe degli abbienti i pastori contadini, por tatori di doni, di fru tti della terra e di animali rappre sentavano l’obb lig o dei coloni di com pletare con l’im porto di beni in natura quello dovuto in denaro. Si trattava di una m aniera scenica e divertente e al li mite del burlesco e del m ito del buon selvaggio, ve nuto dalla Francia e nel Settecento in gran moda, di ricordare al colono che anche di Natale l’impegno delle prestazioni rimaneva inderogabile. Nei presepi popolari i pastori-contadini, provenienti dalla campa gna (dei dintorni di Napoli, s’intende), i cosiddetti ca foni, co ntribuivano invece ad arricchire i mercati del l’universo m angereccio.
Del grande presepe portato dai Gesuiti dalla Spa gna e largam ente laicizzato, ma non da obnubilare la sacra rappresentazione, il popolino apprese una sola lezione: lo scialo dell'apoteosi gastronomica, la rivin cita sulla fame, la realizzazione d e ll’ancestrale sogno di Pulcinella. Il presepe classico rispettava inoltre un program m a; a ciascun pastore assegnava una parte, con n itid i particolari di grande violenza realistica. Il presepe del popolino, essendo uno stato d ’animo e q u in d i soggetto a continue variazioni, finì nell’indi stin to chiassoso e plebeo con figure di pochi centi- m etri com e ricavate da un unico stampo e dirette verso un unico m ondo: quello del paradiso terrestre in cui i poveri com pagni di Pulcinella potevano final m ente m angiare e bere a sazietà.
Che cosa c ’entra P ulcinella col presepe? Pulcinella c o m in c ia a dare i p rim i passi per le strade di Napoli nella metà del S eiciento; quando la città, in avanzato scem pio edilizio, tocca uno dei fondi più oscuri della
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sua p ro m is c u ità a n tro p o lo g ic a ; g li a n n i di M asaniello e di una fam e ru g g e n te , tra p esti ric o rre n ti e caterve di m en dica nti d e n tro e fu o ri le m u ra . L ’ideale di tu tti è q ue llo di sfam arsi e P u lc in e lla lo ra p p re s e n ta alla perfezione. Egli è una s o rta di m is tic o v ittim a di o n i riche vision i in cui l ’estasi si c o n c re tiz z a in un fu mante p ia tto di m a c c h e ro n i d iv o ra to s o tto lo sg uardo benevolo e c o m p re n s iv o del S ig n o re . P u lc in e lla di si curo avrebbe c o s tru ito un p re se p e c o m m e s tib ile e alla base del presepe p o p o la re , nel p iù in tim o segre to, ci sono le sp in te e le s o lle c ita z io n i m angerecce della loica e, a suo m od o, s to ic a m a s c h e ra sem pre in relazione al suo p en sie ro d o m in a n te : la fam e.
La Fame è tu tto a N apoli. Fa p iù p au ra d ella m orte. Gesù B am bino lo sa bene; p e rc iò , tra l ’altro, ha per messo la c o s tru z io n e del p re sep e m a n g e re c c io . L 'a ffa mato è un fantasm a, un fe to che a sp e tta di diventare uomo. Il sazio lo è. La fam e è m a la ttia . La sazietà è benessere, lusso, lustro . Il sazio d o rm e p acifica m e n te , russa, rom ba, v iag gia in un p a llo n e di c ris ta llo illu m i nato dal sole. L ’a ffa m a to si riv o lta su un g ia c ig lio . S o f fre d 'in s o n n ie e vision i. Si alza s m a rrito . S cam bia la notte per g io rn o e viceversa. D egrada verso livelli ani m aleschi e si a cco m p a g n a , fru g a n te e annusante, ai cani randaggi.
Non si p o tre b b e ro sp ie g a re a ltrim e n ti in un paese così provero e così m a ld is trib u ito u rb a n is c a m e n te e socialm ente e infra m m ezza to di a m b ie n ti, abissi e cor- 30
rid oi o s c u ri, le sp e tta c o la ri m ostre di cibarie che in ca n ta va n o Don P eppino M arotta. Gli erbivendoli di tu tto il m on do e s p o n g o n o fru tti e verdure in cassette linde a ll'in te rn o dei negozi con qualche prim izia a ll’e sterno con l’eleganza di canestri di fiori. I napoletani in va d o n o i m arciap ie di, sce nd on o nella strada, spin gon o la m erce tra i piedi della gente e, quando non basta, a llo ra com e oggi, danno la voce, descrivendo la bontà dei p ro d o tti per far venire l’acqualina in bocca al passante: voci bianche che volano come colombe nelle o s c u re veglie di chi è rim asto a secco.
I s a lu m ie ri dei nord sem brano farm acisti in camice b ia nco ; i beccai, dei c h iru rg h i. Quelli del sud si con fo n d o n o con i q ua rti di bue e le teste dei porci. Vi vono co m e verm i d o ra ti in un fru tto m aturo al fondo di caverne di p ro s c iu tti e di salami, to rri di form ag gio, b o tti di a cciu g h e , di olive e di giardiniera in aceto tu tti i g io rn i d e ll'a n n o , ma durante il Natale la loro arte aspira a ll’esaltazione della bestia trionfante. Con le m erci si c o m p o n g o n o figure, ghirlande, co lla ne; si cerca insom m a di rendere plastico e tangibile l'u n iv e rs o m an ge re ccio.
La p ro v o c a z io n e è gravissim a. Verrebbe la voglia di p o rta re tu tto a casa e di dire ai fig li di approfittarne. E q u e s to avviene in realtà. Poverissim a gente rincasa in c im a a c a rria g g i pieni di « c a vo lfio ri », lattughe, b ro c c o li di o g n i genere, c ic o rie e ogni sorta di o rta g gi, a ra nci, fic h i, uva e. com e se mai Gesù fosse nato
A sinistra: particolare del Presepe del Palazzo Reale di Caserta - In basso: tre particolari del Presepe Cuciniello, Museo di S. Martino (Napoli)
al c o lm o dell'Inverno, ogni sorta di frutta, specie esti va, ca cio cava lli di Regno, mozzarelle di Battipaglia s tilla n ti latte, trecce di Campobasso, bocconcini di ca rd in a le , dentici, orate, spigole, merluzzi, triglie, an g u ille e c a pito ni (o com e li si chiamava nel Settecen to: ‘to m a c c h i’), fru tti di mare — vongole, cocciole e fa s u la ri, ca n n o lic c h i, ostriche e ta rtufi — pollame, vi tella, vitellone, manzo, piedi di porco, salsicce forti ca la bre si, sopressate di Matera, peperoni di ogni co lore e dim ensione, « rosari » di agli, aringhe in botti s c o p e rc h ia te , eccetera., ecceterona... Nei vicoli i car ria g g i sovra ccarichi si scontrano; cadono ceste di arance; roto lan o per le ripide straducole; ma nessuno si c u ra di racco glierle. Ed è logico. In sogno tutto è p o s s ib ile fu o rch é il m iracolo di ritrovarsi, da svegli, con q u a lco sa in mano o in bocca.
Il presepe va c o llo c a to in questa frattura tra sogno e realtà. La mia può sem brare una versione paradossale, ma a fa rla atterrare sulla realtà basta dare uno s g u a rd o da un presepe anche m inuscolo realizzato al- l’in te rn o di un basso; quando ancora la gente si de dica va a q u e s t’annuale fatica. La G rotta di Betlemme è s itu a ta in un a n g olino . E’ l’unica cosa povera e iso lata del presepe. Il resto, pianure e montagne, è oc c u p a to dalla m ercanzia su descritta e i luoghi abitati sono pieni di osterie con sul prato fam iglie di com pari in te n te a bere e a m angiare. Un profano torce rebbe lo sguardo disgustato, form andosi una idea ine satta della vo ra cità dei napoletani; perché quella lu s s u re g g ia n te esposizione gastronom ica è soltanto un d e sid e rio , una rèverie e una bizzarra form a di e sterna re la p ro p ria idea di com e dovrebbe essere il m on do .
Q u esto disco rso , s ’intende, è rivolto ai tasti passati del presepe su p e rp o p o la re . Oggi tutte le mie ipotesi non p o tre b b e ro sussistere. Il presepe è ridotto al lu m ic in o . E ’ un m ateriale a rtis tic o d ’antiquariato e di m usei e dai b am bin i è co nside rato un giocattolo e co m e tale viene a lle stito, in p ro po rzio ni ridottissim e, dai lo ro fa m ilia ri.
Il p a n o ra m a um ano di Napoli ha subito profonde m o d ific a z io n i; ha su pe ra to lo stato di fame endemico e il presepe ne ha fa tto le spese. I giovani non vi si ric o n o s c e re b b e ro , tra l'a ltro , per due motivi di gran fo n d o : per la p e rd ita della co nce zio ne antropom orfica della fede e per il tra s fe rim e n to su altri pianeti e su ben a ltri versanti d e ll'u n iv e rs o m angereccio. A loro d is p o s iz io n e vi sono a ltri presepi, giganteschi e ru ti lanti, in te g ra lm e n te p ro fa n i e al servizio della « fe e rie » n om ade dei n ostri anni in cui la fam iglia — so
stanza delle sostanze del presepe — ha subito traum i in c o n tro lla b ili, lanciati verso tra g u a rd i in c o ntin ua m obilità: i grandi m agazzini, c o lm i di a rtico li e di o g getti provenienti dai più svariati paesi, m ultina zion ali, come si dice, e a buon m ercato.
Il reparto cibi, vitreizzati, in questi tem pli del c o n sum ism o, è soltanto un a ng olo e il m eno in vista, vi sitato e agognato; per cui, a volere allestire un pre sepe alla maniera s u p e rp o p o la re con o rrid i pastori di plastica di cinque o sei c e n tim e tri di altezza com e rappresentazione del m essaggio d e ll’abbondanza, ri sulterebbe soltanto una sterile e degradata com m e m orazione di un p erio d o s to ric o che, in ogni caso, per la p ro pria salute m orale, è m eg lio dim enticare.
Il presepe su pe rp op ola re era ino ltre , per s ce no gra fia e paesaggio, u n 'im ita z io n e abbastanza al naturale della scenografia e del paesaggio urbani napoletani in cui una volta trion fava l ’idea del m ercato-bazaar, farraginosa e assordante, co m u ne a tu tta l’area medi- terranea depressa. Oggi risu lte re b b e una p ittu ra di genere o al massimo u n 'o p e ra zio n e naif.
Il p ro fon d o rapporto uom o-presepe, uom o-devoto ai piedi di Dio nella fig u ra di un Gesù Bam bino perché gli lenisse la fame, sia pure con una sceneggiata d i vertente, e lo inserisse in un m ondo più giusto, si è spezzato e l'anello m ancante nessuno, penso, ha in animo di raccoglierlo.
Domenico Rea
® Le Crèche vue come une sorte d’éloignemant de la vie pauvre, observé sous l’aspect de ses montagnes de genres alimentaires figurant parmi les images saintes, voici l'inter- prétation que le texte suivant donne aux apparences pantha- gueliques d’inspiration populaire.
® The Holy Stable and its trame considered as a flight away from a poor lite, in thè splendour of multicoloured heaps of food emerging among thè holy figurines: here is thè mea- ning given by this story to thè panthagruelic images of popu- lar origin.
® Die Krippe, wie eine Flucht von einem armen Leben und in ihren Nahrungstrophàn unter den heiligen Gestalten ange- sehen, ist die Auslegung, die in dieser Schrift den prunkvollen Aussehen der Darstellungen volkstumlicher Einstellung. gege- ben wird.