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La problematica individuazione delle parti nel processo amministrativo: parte formale e parte sostanziale.

Nel nuovo codice del processo amministrativo, similmente a quello che accade nel rito civile, manca una definizione generale di “parte” del processo. 107

Nonostante il Titolo II del libro I disciplini le parti e i difensori, non è più presente nel testo una specifica disposizione sulle parti , che 108

aveva il solo scopo di individuare e nominare le stesse nel processo amministrativo: il ricorrente principale, il ricorrente incidentale, la pubblica amministrazione o altro soggetto resistente, il controinteressato e l’interventore. Il titolo, quindi, pur essendo dedicato alle parti, si occupa essenzialmente dei difensori, della procura alle liti e dell’elezione di domicilio.

È significativo, tuttavia, che un titolo del libro I sia stato dedicato alle parti e ai difensori, a conferma che il processo amministrativo è oggi un processo di parti . L’eliminazione della norma ha più valore 109

simbolico che pratico: l’elencazione ivi contenuta corrisponde in linguaggio e contenuti agli approdi della giurisprudenza consolidata in tema di parti del processo. Va evidenziato, tuttavia, che l’elencazione non pareva corretta rispetto alla indicazione tra le parti

F.M. TROPIANO, Le parti e i difensori, in Il nuovo diritto processuale

107

amministrativo, a cura di G.P. CIRILLO, in Trattato di diritto

amministrativo, diretto da G. SANTANIELLO, vol.42, Cedam, Padova, 2014, 299.

Anteriormente al codice vedi M. NIGRO, Giustizia amministrativa,

108

VI ed., Il Mulino, Bologna, 2002, 242-243.

R. CHIEPPA, Parti, difensori e spese del giudizio, in Il processo

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amministrativo dopo il correttivo al codice, Giuffrè editore, Milano, 2012, 155-156.

Vedi anche F.G. SCOCA, Le parti, in Giustizia amministrativa, ed. VI, Giappichelli editore, Torino, 2014, 228.

del ricorrente incidentale, che non è altra parte rispetto al controinteressato o alla parte resistente cui è attribuito il potere di proporre ricorso incidentale. È stata, inoltre espunta dal testo definitivo, la specifica previsione del dovere di lealtà e probità in capo alle parti e ai difensori, ma, anche in questo caso, all’eliminazione della norma non può conseguire la negazione della vigenza dei principi in essa contenuti . 110

Va evidenziato, tuttavia, che il ruolo delle parti è disegnato non solo dalle norme del Titolo II del Libro I del c.p.a., ma, come è ovvio, da tutte le norme relative ai poteri delle parti contenute nei diversi Libri del codice del processo amministrativo. Esso, pur nella persistente cornice del modello impugnatorio, ha, infatti, consolidato l’evoluzione del processo amministrativo come processo di parti, valorizzandone il ruolo nei singoli istituti processuali. Non pare, tuttavia, pienamente raggiunto l’obiettivo di un processo in cui posizione e poteri processuali delle parti possano considerarsi del tutto equivalenti in ossequio al principio del contraddittorio . 111

Nel diritto processuale, per parti si intendono i soggetti titolari del potere di costituire rapporti processuali, allo scopo di ottenere una decisione del giudice. Sono, dunque, i soggetti, diversi dal giudice, nei confronti dei quali, questi, è investito della controversia insorta. La determinazione della qualità di parte processuale è condizionata dallo stesso processo nel quale essa agisce. La posizione delle parti

F.G. SCOCA, Le parti, in Giustizia amministrativa, ed. VI, Giappichelli

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editore, Torino, 2014, 228; R.CHIEPPA, Parti, difensori, e spese del giudizio, in Il processo amministrativo dopo il correttivo al codice, Giuffrè editore, Milano, 2012, 155-156 “(…)le parti e i difensori devono

comportarsi in giudizio secondo lealtà e probità e collaborare col giudice per la realizzazione dei fini di giustizia; che le violazioni dei doveri di lealtà e probità sono segnalate dal giudice agli organi disciplinari competenti(…)”.

F.G SCOCA, Le parti, in Giustizia amministrativa, ed. VI, Giappichelli

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nel processo amministrativo è , dunque, strettamente legata al modo di costruire tale processo per la tutela giurisdizionale dei singoli nei confronti della pubblica amministrazione. 112

Parti del processo sono dunque quei soggetti che compiono gli atti del processo medesimo, ne subiscono gli effetti e sono perciò i destinatari dei provvedimenti del giudice . 113

È ben noto che con l’istituzione della sezione IV del Consiglio di Stato nel 1889 non si intese creare una giurisdizione volta ad offrire 114

tutela diretta alle situazioni giuridiche soggettive dei singoli. Pur quando ne fu riconosciuto il carattere giurisdizionale, essa fu concepita come una speciale giurisdizione di diritto pubblico, diretta essenzialmente alla tutela dell’interesse alla legittimità dell’azione amministrativa. In tale contesto è comprensibile che la dottrina giungesse a evidenziare uno iato tra l’assunzione della qualità di parte in capo all’amministrazione e il suo agire come potere.

Parallelamente, non era agevole riconoscere al ricorrente la qualità di parte, se non limitatamente al potere di promuovere il processo, dal momento che esso era volto a tutelare un interesse, quello della legittimità dell’azione amministrativa, alieno rispetto alla sfera giuridica del ricorrente stesso, il cui interesse sostanziale veniva non a contrapporsi, ma a coincidere o a concordare con l’interesse oggetto del giudizio.

La perplessità emerse rispetto a siffatto contesto scaturiscono, tuttavia, da una lettura sostanziale della posizione dei soggetti del

F.G. SCOCA, Le parti, in Giustizia amministrativa, ed. VI, Giappichelli

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editore, Torino, 2014, 227.

F.M. TROPIANO, Le parti e i difensori, in Il nuovo diritto processuale

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amministrativo, a cura di G.P. CIRILLO, in Trattato di diritto

amministrativo, diretto da G. SANTANIELLO, vol.42, Cedam, Padova, 2014, 299.

Legge 31 marzo 1889, n. 5592.

giudizio e non, già, da una visione meramente formale. Limitandosi al solo dato formale, nulla, infatti, impedisce di affermare che, anche in quel contesto, si realizzasse un rapporto giuridico processuale, con un giudice e due parti tra loro contrapposte.

Si dava via, così, ad un processo fondato su una istituzionale non equivalenza tra interessi e, dunque, tra parti. Si trattava, come è noto, di una giurisdizione di tipo oggettivo, volta alla tutela dell’interesse alla legittimità dell’azione amministrativa, che costruiva, di conseguenza, un processo puro di impugnazione, il quale lasciava sullo sfondo le situazioni giuridiche soggettive dei privati e poneva al centro l’atto amministrativo, che diveniva un criterio di individuazione delle parti. Malgrado il quadro legislativo di riferimento sia rimasto per lungo tempo immutato, dottrina e giurisprudenza hanno progressivamente riconosciuto il carattere soggettivo del processo amministrativo, costruendolo come un processo di parti, retto dal principio dispositivo, caratterizzato dalla disponibilità in capo alle parti medesime delle pretese e delle prove, ispirato quindi, al principio di iniziativa di parte, che assegna al ricorrente l’individuazione dell’oggetto del giudizio, come affermazione della sussistenza di una data situazione giuridica soggettiva (causa petendi) e, sulla base di essa, come richiesta al giudice di provvedere di conseguenza (petitum).

Il processo amministrativo si configura, quindi come un processo di parti, volto alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive. 115

Ciò premesso, in linea generale, anche nel processo amministrativo si suole distinguere la parte in senso processuale, la parte in senso formale e la parte in senso sostanziale; ovvero da una parte i soggetti

F.G. SCOCA, Le parti, in Giustizia amministrativa, ed. VI, Giappichelli

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degli “atti” del processo ed i soggetti degli “effetti degli atti” del processo, dall’altra i soggetti del rapporto litigioso. 116

Con riferimento al concetto di parte come soggetto degli atti processuali, si definisce parte in senso formale o processuale colui che propone la domanda e colui nei cui confronti la domanda è proposta . Nel processo amministrativo esse assumono 117

rispettivamente la denominazione di ricorrente e resistente , 118 119

trattandosi di un processo attivabile con ricorso, non solo quando debba farsi valere un interesse legittimo, ma anche quando si faccia valere un diritto soggettivo. L’atto introduttivo del processo amministrativo è, infatti, una vocatio iudicis , atto con il quale si 120

chiama il giudice a provvedere sull’oggetto della domanda.

La nozione di parte in senso formale non dice nulla, tuttavia, in ordine al rapporto giuridico controverso. L’assetto degli interessi sottesi al rapporto dedotto in giudizio emerge soltanto quando si considerino le parti sotto l’aspetto sostanziale, quando, cioè, la parte è presa in esame non tanto, o non soltanto, come soggetto degli atti processuali, bensì come destinataria degli effetti del processo o della sentenza.

F.M. TROPIANO, Le parti e i difensori, in Il nuovo diritto processuale

116

amministrativo a cura di G.P. CIRILLO, in Trattato di diritto

amministrativo, diretto da G. SANTANIELLO, vol.42, Cedam, Padova, 2014, 299.

Cfr. “Principio della domanda” F.G. SCOCA, Giustizia amministrativa,

117

ed. VI, Giappichelli editore, Torino, 2014, 151.

R. JUSO, Lineamenti di giustizia amministrativa, V ed., Giuffrè editore,

118

Milano, 2012, 323-324; E. PICOZZA, Il processo amministrativo, II ed., Giuffrè editore, Milano, 2009, 129 e ss.

R. JUSO, Lineamenti di giustizia amministrativa, V ed., Giuffrè editore,

119

Milano, 2012, 324-325; E. PICOZZA, Il processo amministrativo, II ed., Giuffrè editore, Milano, 2009, 132 e ss.

Cons. Stato, Ad. Plen., 28 luglio 1980, n. 35, in Riv. amm. R. It. 1980,

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Dal lato attivo è parte in senso sostanziale il titolare della situazione giuridica soggettiva che si fa valere in giudizio e della quale si lamenta la lesione; dal lato passivo è parte in senso sostanziale il soggetto cui tale lesione è imputabile.

La nozione di parte in senso sostanziale serve a determinare le giuste parti del processo, quelle, cioè, titolari del rapporto giuridico controverso. Si parla, a tal proposito, di legittimazione ad agire (rectius a ricorrere) o di legitimatio ad causam, con ciò intendendo

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la capacità di presentare il ricorso per la tutela di una situazione giuridica soggettiva. A tale nozione si affianchi quella di legittimazione processuale o legitimatio ad processum, relativa, invece, alla capacità di stare in giudizio. 122

Le parti possono stare in giudizio solo se ne hanno la capacità, cioè l’attitudine ad essere soggetti di un rapporto giuridico processuale, e, quindi, sono dotate di capacità processuale, innanzitutto le persone fisiche e giuridiche, ma anche le altre figure soggettive che vanno considerate soggetti di diritto come le associazioni non riconosciute, gli enti di fatto, ecc.

La capacità ad essere parte è la trasposizione in chiave processuale della capacità giuridica e la mancanza di tale presupposto non 123

In tema di legittimazione ad agire vedi V. CERULLI IRELLI,

121

Legittimazione “soggettiva” e legittimazione “oggettiva” ad agire nel processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, vol. XXXII, 1/2014, 341 e ss.

F.G. SCOCA, Le parti, in Giustizia amministrativa, ed. VI, Giappichelli

122

editore, Torino, 2014, 229-230.

“L’attitudine di un soggetto a essere titolare di diritti e di obblighi

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o, più in generale, di situazioni giuridiche soggettive” in U.

BRECCIA, L. BRUSCUGLIA, F. D. BUSNELLI, F. GIARDINA, A. GIUSTI, M. L. LOI, E. NAVARRETTA, M. PALADINI, D.

POLETTI, M. ZANA, Diritto provato, tomo I, II ed., Utet Giuridica, Milano, 2009, 85 e ss.

consente al giudice di affrontare il merito, può solo fermarsi a constatare che nessuna parte può avere l’attitudine ad essere titolare del diritto all’azione. Differente è la capacità processuale , quella a 124

stare in giudizio che coincide con la capacità di agire , di esercitare 125

i propri diritti . 126

Per quanto riguarda la legittimazione ad agire (o legitimatio ad causam), essa, pur riguardando un profilo processuale, è ancorata alla situazione giuridica soggettiva sostanziale. Il soggetto legittimato ad agire coincide normalmente con il titolare della situazione giuridica sostanziale, ma vanno considerate le ipotesi in cui è possibile far valere in giudizio un rapporto intercorrente tra altri soggetti (azione di surrogazione ex art 2900 c.c.), per cui non può procedersi alla totale assimilazione tra legittimazione attiva e titolarità della situazione giuridica sostanziale. La verifica della legittimazione va fatta in relazione all’affermazione del ricorrente, dal momento che è legittimato chi affermi di aver subito la lesione della situazione giuridica soggettiva, non chi l’abbia effettivamente subita perché quest’ultima è la conclusione del processo. La legittimazione ad agire, però, non ha il trattamento del presupposto; se si afferma che il ricorrente è carente di legittimazione attiva, questi

c.d. legitimatio ad processum.

124

La capacità di agire è l’attitudine a compiere gli atti giuridici.

125

“L’idoneità del soggetto a porre in essere un’attività giuridicamente rilevante (…) mediante una manifestazione di volontà che

l’ordinamento considera a priori cosciente e consapevole”. U. BRECCIA, L. BRUSCUGLIA, F. D. BUSNELLI, F. GIARDINA, A. GIUSTI, M. L. LOI, E. NAVARRETTA, M. PALADINI, D. POLETTI, M. ZANA, Diritto provato, tomo I, II ed., Utes Giuridica, Milano, 2009, 91 e ss.

F.G. SCOCA, I presupposti e le condizioni dell’azione, in Giustizia

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non potrà riproporre l’azione. È da ascrivere, quindi, tra le condizioni delle azioni e non tra i presupposti. 127

Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, ord. 15 dicembre 1998, n. 1884.

127

L’individuazione del legittimato ad agire non incontra difficoltà quando si sia in presenza di un interesse individuale e differenziato appartenente ad una figura soggettiva che lo voglia far valere in giudizio. Spesso, però, gli interessi trascendono la sfera dei singoli, i quali possono aggregarsi in un ente esponenziale che cura i vari interessi come uno specifico interesse pubblico, o posso essere diffusi tra i soggetti e di questi può farsene interprete una figura soggettiva che coltivi lo specifico interesse. Per tali fenomeni aggregativi, assai emergenti al momento, si è posto il problema della loro legittimazione ad agire per la tutela degli interessi di cui sono portatori. La tesi che esclude la legittimazioni attiva fa perno sul fatto che degli interessi generali ed indifferenziati non possono trasformarsi in interessi legittimi perché inseriti nei fini statutari ed istituzioni di questi organismi (associazioni, enti, ecc.), ma vi è, ormai una tendenza a ritenere legittimate le figure soggettive che, in base alla formalizzazione nello statuto o in altro atto costitutivo, pongano gli interessi, per i quali invocano tutela, tra i loro fini fondanti. Va però detto che il legislatore sembra optare per la formalizzazione amministrativa a cui il giudice pare adeguarsi. In Giur. it. 1999, 627; Corriere giuridico 1999, 494 (nota di: De Marzo); Urbanistica e appalti 1999, 173 (nota di: Della Valle).