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Riflessioni circa l’effettività della parità delle parti, e delle armi, nel contraddittorio amministrativo.

Valore fondamentale ha, con riguardo alla posizione e ai poteri delle parti nel processo amministrativo, il principio del contraddittorio e 85

il suo completamento essenziale della parità delle armi: ciascuna parte deve disporre di strumenti equivalenti per determinare il convincimento del giudice e, di conseguenza, il contenuto della decisione.

Nel diritto sostanziale amministrativo i soggetti non hanno posizioni paritarie: i soggetti pubblici sono di norma titolari di poteri e i soggetti privati di interessi legittimi. 86

C’è pertanto un notevole squilibrio, che non può in alcun modo riflettersi sul piano processuale; nel quale la parte pubblica, anche se difende in giudizio interessi pubblici, non può che avere posizione e poteri del tutto equivalenti a quelli delle parti private.

Nella concreta disciplina processuale la parità delle posizioni e il razionale svolgimento del dibattito tra le parti vengono assicurati dalla sequenza ricorso, controricorso, memorie scritte, repliche, discussione orale. Residua pertanto una prassi, secondo la quale la parte pubblica e i controinteressati possono costituirsi in giudizio e formulare (per la prima volta) le loro eccezioni anche durante

M. MENGOZZI, Giusto processo e processo amministrativo. Profili

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costituzionali, Giuffrè editore Milano, 2009, 201 e ss; L. P. COMOGLIO, Etica e tecnica del “giusto processo”, Giappichelli editore, Torino, 2004, 62-74.

Per la definizione di interesse legittimo vedi V. CERULLI IRELLI,

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Lineamenti del diritto amministrativo, IV ed.,Giappichelli editore, Torino, 2014, 272-278.

l’udienza di discussione, che chiude il dibattito . Cosicché la parte 87

ricorrente, che è tenuta a rappresentare i motivi di ricorso fin dall’atto introduttivo del processo, può trovarsi improvvisamente a dover contrastare tesi avversarie sulle quali non ha avuto modo di riflettere e documentarsi. Il c.p.a. non ha posto rimedio a questo inconveniente, dato che il termine per la costituzione delle “parti intimate” non ha carattere perentorio e la sua scadenza non determina alcuna decadenza. È questo uno degli aspetti del processo amministrativo che dovrebbe essere più attentamente disciplinato. Va peraltro osservato che i poteri istruttori che il giudice può esercitare d’ufficio, sono da mettere in relazione con il principio della parità effettiva tra le parti: rispetto a controversie, i cui fatti sono con assoluta prevalenza nella disponibilità della sola parte pubblica, il potere del giudice di ricercare la prova può servire a riequilibrare nel processo le disparità delle parti in ordine alla conoscenza, alla allegazione e alla prova dei fatti.

G. URBANO, La costituzione orale in giudizio delle parti intimate, in I

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principi vincolanti dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sul codice del processo amministrativo (2010-2015) a cura di E. FOLLIERI-A. BARONE. Milano, 2015, 918 e ss. sull’ Ad. Plen. 25 febbraio 2013, n.5. “Con la sentenza n.5 del 25 febbraio 2013 l’adunanza plenaria ha preso posizione in modo chiaro e ragionato sulla natura del termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate previsto dall’art. 46, comma 1, del codice del processo amministrativo e, di riflesso, sull’ammissibilità della costituzione in giudizio delle medesime parti direttamente

nell’udienza di discussione del merito. Il supremo consesso della giustizia amministrativa ha utilizzato la tecnica redazionale che meglio realizza il nuovo ruolo assegnatogli dal comma 3 dell’art. 99 del codice del processo amministrativo, ossia ha indicato in maniera espressa ed esplicita (mediante virgolettato) il principio di diritto sul termine di costituzione in giudizio delle parti intimate, senza lasciare alcun margine di manovra all’interprete o alle decisioni della giurisprudenza successiva, fungendo, anzi, per essi come parametro paranormativo o, meglio, come fonte del diritto. (…)” Anche in Foro Amministrativo - C.d.S. (Il) 2013, 2, 363; Diritto & Giustizia 2013, 11 marzo (s.m); Guida al diritto 2013, 12, 46 (s.m.) (nota di: Tomassetti); Foro it. 2013, 5, III, 250 (s.m.) (nota di: Travi); Foro Amministrativo - C.d.S. (Il) 2013, 11, 2955 (s.m.) (nota di: Verri); Diritto Processuale Amministrativo 2014, 1, 185 (s.m.) (nota di: Urbano).

È opinione universalmente condivisa che il confronto dialettico tra le parti costituisca il metodo migliore per giungere a una decisione “giusta”; cosicché il principio del contraddittorio acquista valore centrale nel modello del processo giusto. È chiaro, peraltro, che nel processo dispositivo, non è necessario che il confronto dialettico si realizzi effettivamente, essendo sufficiente che sia assicurata a ciascuna delle parti l’effettiva possibilità di parteciparvi. 88

Il principio assume un valore particolare laddove viene dedotto in giudizio un rapporto disegnato sul modello potestà-interesse legittimo, che per definizione presuppone la prevalenza del potere amministrativo rispetto alle facoltà del privato, che, nonostante possano essere esercitate nel procedimento amministrativo, non possono mai incidere sulla “determinazione ultima”, che rimane prerogativa dell’amministrazione.

Il giudice realizza la parità processuale rendendo possibile la disponibilità materiale del provvedimento impugnato e di tutti gli atti del procedimento, laddove impone all’amministrazione di depositare i documenti entro 60 giorni dal perfezionamento della notificazione del ricorso e non dalla scadenza del termine di deposito dello stesso (articoli 45 e 46 del codice del processo amministrativo); laddove 89 90

si prevede l’attribuzione all’iniziativa giudiziaria di poteri istruttori e la ripartizione dell’onere probatorio, con l’applicazione del principio

F.G. SCOCA, Giustizia amministrativa, VI ed., Giappichelli editore,

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Torino, 2014, 167-168.

Art. 45 del codice del processo amministrativo, rubricato “Deposito del

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ricorso e degli altri atti processuali”

Art. 46 del codice del processo amministrativo, rubricato “Costituzione

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dispositivo temperato dal metodo acquisitivo, proprio in applicazione del principio dispositivo in un processo di parti ineguali. 91

Strettissimo è, altresì, il legame tra parità delle parti e contraddittorio: il contraddittorio <<esprime la posizione di uguaglianza che è fatta alle parti nel processo in ordine alla possibilità astratta di elaborazione del contenuto della sentenza>>. <<Il principio del contraddittorio (…) non è altro, in fondo, che uguaglianza delle parti>> . 92

L’art. 111 Cost., e soprattutto la precisa dizione dell’art. 2 c.p.a. <<Il processo amministrativo attua i principi della parità delle armi, del contraddittorio (…)>>, consentono però di attribuire alla garanzia della parità delle parti un significato autonomo, che non si risolve automaticamente nel rispetto del contraddittorio processuale.

Tale garanzia va intesa come <<parità assertoria>> (possibilità di eguaglianza nell’affermazione giudiziale), e come <<parità delle armi>> (possibilità di eguaglianza nelle armi processuali con opportunità di svolgere argomentazioni contrastanti).

Come si è già sopra sottolineato, se sul piano del diritto sostanziale i soggetti della relazione non vantano posizioni paritarie, stante la preminenza dell’interesse pubblico di cui è portatrice l’amministrazione, sul piano del diritto processuale, però, la parte pubblica deve avere posizione e poteri del tutto equivalenti a quelle delle parti private. Infatti il processo, qualunque processo, deve obbedire a logiche proprie, non condizionate da ragioni extraprocessuali, quali che siano gli interessi sostanziali coinvolti.

Art. 64 del codice del processo amministrativo, rubricato “Disponibilità,

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onere e valutazione della prova”

F. CARNELUTTI, Diritto e processo, Napoli, 1958, 99; F.

92

BENVENUTI, voce Contraddittorio (dir. amm.), in Enc. dir., vol.IX, Milano, 1961, 738 ss.

Il principio della parità delle parti nel processo <<non comporta necessariamente l’identità dei rispettivi poteri processuali>> : esso 93

non deve essere inteso come assoluta identità di diritti e doveri, bensì come giusto equilibrio tra di esse.

E la storia del processo amministrativo dimostra che è stato proprio per porre rimedio allo squilibrio sostanziale tra parte pubblica e parte privata che la giurisprudenza ha elaborato il principio dispositivo mitigato dal metodo acquisitivo, consentendo al giudice di acquisire d’ufficio la prova, integrando <<l’onere del principio di prova>> gravante sulla parte che ha agito in giudizio, solitamente priva della disponibilità dei fatti rilevanti per decidere . 94

Ora è lo stesso codice del processo amministrativo, all’art. 64, comma 3 , ad attribuire al giudice il potere di disporre, anche 95

d’ufficio, l’acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini della decisione che siano nella <<disponibilità>> dell’amministrazione, facendo, dunque, applicazione espressa del criterio della c.d. vicinanza alla prova nella disciplina della distribuzione dell’onere della prova stessa tra le parti.

Corte Cost., 6 febbraio 2007, n. 26, in Giur. cost. 2007, 1, 221 (s.m.)

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(nota di: Bargi, Gaito, Caprioli); 4 aprile 2008, n. 85, con riguardo al processo penale, in Corte Cost. Sito ufficiale 2008. Con riguardo al processo amministrativo cfr. Corte cost., 9 aprile 2009, n. 108, che ha legittimato la <<disimmetria tra le due parti del processo

amministrativo>>, in relazione all’art. 4, comma. 2, del d.l. n. 115/2005 in Giust. civ. 2010, 10, I, 2135.

Cons. Stato, Sez. IV, 25 maggio 2011, n. 3135, in Diritto e Giustizia

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online 2011, 21 giugno (s.m); Sez.V, 7 ottobre 2009, n.6118, in Foro amm. CDS 2009, 10, 2323 (s.m).

Vedi art. 64, comma 3, del codice del processo amministrativo

95

“Disponibilità, onere e valutazione della prova”:

Il giudice amministrativo può disporre, anche d'ufficio, l'acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione.

Quanto al punto di equilibrio tra principio dispositivo e poteri officiosi del giudice in materia di prova, si possono riprendere le parole della Cassazione relative al rito del lavoro, ben estensibili al processo amministrativo: i poteri officiosi in materia di prova <<non possono sopperire alla carenza probatoria delle parti, né tradursi in poteri d’indagine e di acquisizione del tipo di quelli propri del procedimento penale>> . 96

Tuttavia, allargando il campo di osservazione, si nota che nel processo amministrativo la garanzia della parità tra le parti è posta in dubbio già al momento dell’instaurazione del giudizio. Siffatta parità è minata dal combinato disposto di una prassi non encomiabile dell’amministrazione resistente e da un’interpretazione giurisprudenziale blanda delle disposizioni che introducono i termini di costituzione in giudizio.

Nel processo amministrativo solo per il ricorrente i termini di costituzione in giudizio, tra l’altro assai brevi, sono decadenziali, producendo, la loro violazione, l’inammissibilità del ricorso, mentre è ammessa una tardiva costituzione in giudizio della parte resistente. Questo perché il termine di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente e del controinteressato non è ritenuto perentorio dalla giurisprudenza.

Pertanto le parti resistenti possono costituirsi successivamente al termine normativamente prescritto, anche a ridosso dell’udienza di discussione, e lì presentare i relativi documenti e le loro difese, oppure possono costituirsi in giudizio con un memoria solo formale,

Cass. Sez. lav., 29 luglio 2010 n.17751, in www.iusexplorer.it; Cass. Sez.

96

lav., 26 luglio 2010, n. 17496, in www.iusexplorer.it; Cass. Sez. lav., 26 luglio 2010, n. 17498 in www.iusexplorer.it.

attendendo l’ultimo giorno utile per svolgere le difese nella memoria finale (art.73, comma 1, c.p.a. ). 97

Con la conseguenza, pregiudizievole, per la parità delle parti, che il ricorrente ha poco tempo per contrastare le tesi avversarie e apprestare le repliche perché la costituzione dell’amministrazione avviene spesso in prossimità dell’udienza di discussione.

Vero è, che l’art. 73 c.p.a. ha ora introdotto un termine per una memoria di replica, dopo il deposito di documenti e memorie, potenzialmente in grado di riequilibrare la parità delle parti, ma se l’amministrazione può depositare documenti fino al termine per il deposito delle conclusionali, <<non ha senso definire le difese successive del ricorrente come repliche>>. Tra l’altro, il deposito tardivo di memorie e documenti è subordinato a una valutazione del collegio (art. 54 c.p.a.) mentre, facendo applicazione del principio 98

Vedi art. 73, comma 1, del codice del processo amministrativo “Udienza

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di discussione”:

Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi.

Art. 54 del codice del processo amministrativo “Deposito tardivo di

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memorie e documenti e sospensione dei termini”:

La presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata, su richiesta di parte, dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, qualora la produzione nel termine di legge sia risultata estremamente difficile.

I termini processuali sono sospesi dal 1° agosto al 31 agosto di ciascun anno.

La sospensione dei termini prevista dal comma 2 non si applica al procedimento cautelare.

costituzionale del contraddittorio, dovrebbe invece essere decisivo il consenso delle parti . 99

La pronuncia della Corte Costituzionale è emblematica su un 100

piano generale, tale da interessare anche il processo amministrativo. La disposizione processuale non in linea con la garanzia della parità tra le parti viene salvata dalla Corte in nome della preminenza dell’interesse pubblico, dandosi così sostanza all’argomento della specialità del settore per relegare in secondo piano i principi del giusto processo. Ma a questo punto, per non denegare del tutto l’idea di parità delle armi occorrerebbe introdurre alcuni elementi di preclusione che diano valore effettivo ai termini per la costituzione e per le difese delle parti diverse dal ricorrente e che impediscano contestazioni tardive dei fatti allegati nel ricorso.

Nel processo tributario esiste una disciplina analoga a quella appena

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descritta, in virtù della quale solo per il contribuente i termini sono decadenziali e il loro mancato rispetto produce l’inammissibilità del ricorso, mentre l’amministrazione può costituirsi anche successivamente, entro il termine di presentazione di memorie o documenti o, al limite, in udienza, avendo così la possibilità <<si scoprire la carte all’ultimo istante>>.

Ma la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della relativa normativa (art. 23 del d.lgs. n. 54/1992, in relazione all’art. 22), nella parte in cui non prevede la sanzione dell’inammissibilità della costituzione del resistente che non avvenga, mediante deposito in segreteria del proprio fascicolo contenente le controdeduzioni e i documenti offerti in comunicazione, nel termine di sessanta giorni dalla notifica del ricorso, per violazione degli artt. 3 e 111 Cost., ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione.

Quanto alle argomentazioni utilizzate, si è affermato che <<la diversa disciplina delle conseguenze derivanti dalla tardiva costituzione (è) evidente riflesso della ben diversa posizione che, specie in un processo di tipo impugnatorio…la legge coerentemente attribuisce al ricorrente ed al resistente>> <<potendo la tardiva costituzione del convenuto dar luogo, se così prevede la legge e nei limiti in cui lo prevede, a decadenze sia di tipo assertivo che probatorio, ma mai ad una irreversibile dichiarazione di contumacia, del tutto sconosciuta all’ordinamento>>.

Corte Cost., 9 aprile 2009, n. 108, in Giust. civ. 2010, 10, I, 2135.

Nel processo amministrativo la parità tra le parti non risulta garantita neppure nella fase istruttoria, se si ha riguardo alla questione dell’accertamento dei fatti in giudizio.

Si è detto prima che retaggio del passato è l’impostazione secondo cui l’accertamento dei fatti controversi è fondato pressoché esclusivamente sulla collaborazione dell’amministrazione con il giudice.

Il previo procedimento amministrativo si erge a fonte privilegiata per l’accesso del giudice ai fatti e l’istruttoria del giudice amministrativo mira a una verifica della coerenza e della completezza dell’istruttoria svolta nel procedimento amministrativo, più che a una valutazione diretta dei fatti.

Ma il principio costituzionale della parità delle parti impone che nel processo si accertino direttamente i fatti rilevanti, senza alcun vincolo derivante dall’accertamento procedimentale del fatto stesso. Si parla di full jurisdiction per indicare il “fenomeno” che 101

consente il recupero ex post dei principi “dell’equo processo” non rispettati nel procedimento amministrativo e che permette al giudice di rivedere punto su punto ed intrinsecamente tutte le scelte amministrative o, quanto meno, quelle centrali che hanno portato all’atto amministrativo.

È da ritenere che l’idea stessa della compensazione ex post richiede che il giudice possa concretamente riesercitare il potere amministrativo, senza alcun limite alla piena cognizione dei fatti, anche complessi, e degli interessi in gioco; il giudice dovrebbe, cioè, non incontrare limiti nella cognizione della controversia.

Vedi F. GOISIS, La full jurisdiction nel contesto della giustizia

101

amministrativa: concetto, funzione e nodi irrisolti, in Diritto processuale amministrativo n. 2, Giuffrè editore, Milano, 2015, 546 e ss.

Siamo giunti, però, ad un fraintendimento dell’uso che se ne fa nel nostro sistema a seguito della nota a sentenza della Corte di Strasburgo nella causa Menarini c. Italia . 102

L’equivoco ingenerato nella sentenza è stato ben chiarito: la Corte di Strasburgo ha affermato che non vi era stata alcuna violazione da parte del giudice amministrativo in relazione alla domanda proposta che chiedeva l’esercizio di un sindacato basato su vizi propri dell’eccesso di potere e delle sue figure c.d. sintomatiche tese a censurare l’irragionevolezza e la violazione del principio di proporzionalità. La Corte Europea, però, non ha affermato che il sindacato del giudice amministrativo possa svolgersi all’esterno, senza esaminare puntualmente e specificamente ogni profilo sia riguardante le soluzioni tecniche opinabili che le scelte amministrative in senso proprio, allorché nel procedimento amministrativo non siano state osservate le previsioni dell’art. 6 CEDU. Sulla base di ciò le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno invocato la sentenza Menarini per affermare l’eccesso di potere giurisdizionale del Consiglio di Stato, il quale avrebbe sconfinato nel merito del provvedimento amministrativo.

Al contrario è da affermare che il giudice amministrativo può esercitare un sindacato pieno per rendere effettiva, concreta e satisfattiva la tutela . 103

La garanzia costituzionale del giusto processo non può presidiare solo il rapporto giudice-legge, ma deve riguardare pure il rapporto

Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. II 27 settembre 2011, n. 43509,

102

Menarini c. Italia, in Riv. it. dir. pubbl. comunit. 2012, 2, 414 (s.m.) (nota di: D’Ancona).

Vedi E. FOLLIERI, Sulla possibile influenza della giurisprudenza della

103

Corte di Europea di Strasburgo sulla giustizia amministrativa, in Diritto processuale amminstrativo, 3/2014, 702-708.

giudice-fatto, in quanto <<se l’accertamento del fatto viene stravolto, anche la legge viene aggirata>>.

In questa logica si colloca quel filone giurisprudenziale secondo cui <<l’apprezzamento degli elementi di fatto del provvedimento, siano essi semplici o complessi (da rilevare attraverso valutazione tecniche) (…) non può essere sottratto al giudice, pena la violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale e del nuovo canone costituzionale della parità processuale tra le parti, come emerge dalla puntuale regola del giusto processo sancita dal novellato articolo 111 della Costituzione >>. 104

Secondo questa giurisprudenza sono proprio <<i principi costituzionali e comunitari del giusto processo>> ad avere comportato una <<significativa evoluzione>> in materia di sindacabilità . Ma, come è noto, è questa una giurisprudenza 105

tutt’altro che pacifica, ritenendosi comunemente che alcuni apprezzamenti di ordine tecnico dell’amministrazione continuino a conservare la loro tradizionale insindacabilità . 106

Se a ciò si aggiunge il fatto che il codice ammette la consulenza tecnica d’ufficio solo in casi eccezionali, <<se indispensabile>> recita l’art. 63, comma 4, e che la verificazione perdura nell’essere un mezzo di prova demandato esclusivamente a un apparato amministrativo ex art. 19 c.p.a., occorre ancora compiere un lungo cammino per raggiungere la parità delle armi nella fase istruttoria.

Cons. Stato, Sez.V, 5 marzo 2001, n. 1247, in Foro Amm. 2001, 3;

104

Urbanistica e appalti 2001, 866 (nota di: Proto); Sez.V, 3 agosto 2004, n. 5401, in Foro amm. CDS 2004, 2203; T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. II, 4 giugno 2007, n. 825, in Foro amm. TAR 2007, 6, 2003 (s.m).

Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 2012, n. 1330, in Foro amm. CDS 2012,

105

3, 677.

Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2011, n. 2683, in Foro amm. CDS 2011,

106

1.3 La problematica individuazione delle parti nel processo