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Problemi geometrici sulle rette ed i piani nello spazio

Nel documento A.A Geometria 2 UNICA. Stefano Montaldo (pagine 54-70)

In questa sezione risolviamo una serie di problemi geometrici, che trovano svariate applicazioni, riguardanti le rette ed i piani nello spazio.

Diastanza di un punto da un piano

Con un calcolo analogo a quello visto nel Pargrafo 3.2.2, si ottiene che la di-stanza di un punto P0 = (x0,y0,z0) dal piano α di equazione ax + by + cz + d = 0 è

d(P0, α) = |ax0+ by0+ cz0+ c|

a2+ b2+ c2 .

Posizione reciproca di una retta ed un piano

Siano r ed α una retta ed un piano dello spazio. Sia u = (l, m, n) il vettore direzionale della retta r e sia n = (a, b, c) il vettore normale al piano α. Si presentano le seguenti situazioni (si veda la Figura 3.12).

r Figura 3.12 – Retta incidente (a). Retta parallela (b).

• La retta r è incidente il piano. In questo caso il vettore u forma con n un angolo diverso da π/2 da cuihu, ni , 0;

• La retta r è parallela al piano. In questo caso il vettore u è perpendicolare ad n, da cuihu, ni = 0. Si hanno i seguenti sottocasi:

– r è contenuta nel piano α, basta verificare che un punto della retta, e quindi tutti, appartenga al piano;

– r non ha punti in comune con il piano α, basta verificare che un punto qualsiasi della retta non appartenga al piano.

Dal punto di vista algebrico, se ax + by + cz + d = 0 è l’equazione cartesiana del piano α, mentre

rappresenta l’equazione cartesiana della retta r, discutendo il sistema

• la retta r è incidente il piano α se e solo se il sistema (3.24) ammette un’unica soluzione, cioè se e solo se

• la retta r è contenuta nel piano α se e solo se il sistema (3.24) ammette infinite soluzioni, cioè ed il rango della matrice completa è 2;

• la retta r non ha punti in comune con il piano α se e solo se il sistema (3.24) non è compatibile.

Osservazione 3.11. Si tenga conto che il rango della matrice dei coefficienti del sistema (3.24) è sempre maggiore di o uguale a 2 in quanto le ultime due righe sono le componenti dei vettori normali ai piani la cui intersezione determina la retta r.

Fasci di Piani

Dati due piani α e αdi equazione cartesiana ax + by + cz + d = 0 e ax + by + cz + d = si consideri l’equazione

Fλ,µ= λ(ax + by + cz + d) + µ(ax + by + cz + d) = 0

con λ, µ ∈ R. Chiaramente Fλ,µ = 0 rappresenta l’equazione di un piano per ogni valore di λ e µ. L’equazione Fλ,µ = 0 prende il nome di equazione omo-genea del fascio di piani mentre i piani α ed αrappresentano i piani base del fascio. I fasci si dividono in due tipi (si veda la Figura 3.13):

• Fasci propri. In questo caso i piani base del fascio si intersecano in una retta, detta asse del fascio e tutti i piani del fascio contengono l’asse.

• Fasci impropri. In questo caso i piani base del fascio sono paralleli, e tutti i piani del fascio sono paralleli ai piani base. Come caso particolare si trova quello in cui piani base coincidono e quindi coincidono tutti i piani del fascio.

Si osservi che un piano del fascio è determinato da una coppia (λ, µ) a meno di un fattore di proporzionalità. Segue che tutti i piani del fascio, tranne il piano α, possono essere descritti dall’equazione non omogenea

Fµ = (ax + by + cz + d) + µ(ax + by + cz + d) = 0.

(a) (b)

Figura 3.13 – Fascio proprio (a). Fascio improprio (b).

Il procedimento appena visto si può generalizzare considerando combinazioni di tre piani. Siano α, αe α′′tre piani di equazione cartesiana ax+by+cz+d = 0, ax + by + cz + d = 0 e a′′x + b′′y + c′′z + d′′ = 0 e si si consideri l’equazione Fλ,µ,ν = λ(ax + by + cz + d) + µ(ax + by + cz + d) + ν(a′′x + b′′y + c′′z + d′′) = 0 con λ, µ, ν∈ R. L’equazione Fλ,µ,ν = 0 prende il nome di equazione della stella di piani. Le stelle di piani si dividono in quattro tipi (si veda la Figura 3.14):

• Stella propria. I tre piani base del fascio si intersecano in un punto, detto centro della stella e tutti i piani del fascio passano per il centro.

• Stella impropria. I tre piani del fascio sono paralleli ad una stessa retta ma non contengono una retta comune. In questo caso tutti i piani della stella sono paralleli alla stessa retta.

• Fascio proprio. I tre piani contengono una stessa retta. In questo caso uno dei piani base appartine al fascio generato dai restanti due e la stella si riduce al fascio proprio di due piani.

• Fascio improprio. I tre piani sono paralleli, e tutti i piani della stella sono paralleli ai piani base.

(a) (b) Figura 3.14 – Stella propria (a). Stella impropria (b).

Posizione reciproca di due rette

Siano r ed r due rette nello spazio euclideo tridimensionale. Le due rette si possono trovare in una delle seguenti posizioni reciproche:

• r ed r sono complanari. In questo caso si hanno i seguenti sottocasi:

– r è parallela ad r; – r è incidente ad r.

• r ed r non sono complanari. In questo caso si dice che le due rette sono sghembe.

Se le rette sono date come intersezione di due piani per determinare la loro posizione reciproca si può utilizzare la seguente

Proposizione 3.12. Siano sono complanari se e solo se

Dimostrazione. Se le rette sono complanari esiste un piano β che le contiene entrambe. Segue che β appartiene sia al fascio generato da α e α che al fascio generato da α′′e α′′′. Sostituendo nella (3.25) alla seconda riga la combinazio-ne licombinazio-neare delle prime due righe che fornisce i coefficienti di β e alla terza riga la combinazione lineare delle ultime due righe che fornisce i coefficienti di β, si trova una matrice con due righe uguali il cui determinante è necessariamente zero. Supponiamo adesso che valga la (3.25) e mostriamo che le rette sono complanari. Dalla (3.25), segue che una delle righe, per esempio la prima, è combinazione lineare delle restanti tre. Esistono quindi λ, λ′′, λ′′′ ∈ R tali che

α = λα+ λ′′α′′+ λ′′′α′′′, o, equivalentemente

α− λα= λ′′α′′+ λ′′′α′′′.

Quest’ultima condizione implica che esiste un piano appartenente sia al fascio generato da α e αche al fascio generato da α′′e α′′′contenente le due rette. 

Figura 3.15 – Retta sghembe.

Se le rette sono descritte in forma parametri-ca

r : P = P0+ tu , r : P = P0+ tu con P0 = (x0,y0,z0), P0 = (x0,y0,z0), u = (l, m, n) e u = (l,m,n) è immediato verifi-care, si veda la Figura 3.15, che le rette sono complanari se e solo se i vettori u, ue P0−P0

sono complanari, ovvero, se e solo se

Distanza di un punto da una retta

Figura 3.16 – Distanza di un punto da una retta.

Sia P = (x, y, z) un punto dello spazio e sia r una retta data in forma parametrica da P = P0 + tu. Per calcolare la distanza di P dalla retta r si procede nel modo seguente.

Si considerano i vettori u e P0P. Essendo la norma del prodotto vettoriale tra u e P0P pa-ri all’area del parallelogramma generato dai vettori u e P0P, segue che la distanza tra P e la retta r è l’altezza del parallelogramma (si veda la Figura 3.16), da cui

d(P, r) = ku ∧ P0Pk

Figura 3.17 – Retta perpendicolare ad r e r.

Date due rette r ed rla distanza tra r ed r è definita come la minima distanza tra un punto di r ed uno di r. Se le rette sono complanari la loro distanza vale zero nel caso siano inci-denti mentre è data dalla distanza di un punto qualsiasi della retta r dalla retta rnel caso le due rette siano parallele. Se le due rette sono sghembe non è difficile convincersi che la di-stanza tra le due rette è la didi-stanza tra i punti di intersezione della retta r′′, perpendicolare sia ad r che ad r, con le rette r ed r(si veda la Figura 3.17).

Per calcolare tale distanza si può procedere

in due modi. Il primo metodo consiste nel calcolare la distanza di un punto qualsiasi della retta r dal piano passante per r e parallelo alla retta r (si veda la Figura 3.18 (b)). Il secondo metodo si basa sul seguente ragionamento. La distanza tra le due rette è pari alla lunghezza del vettore w congiungente i punti di intersezione delle rette r ed rcon la perpendicolare comune r′′. Tale vettore è parallelo al vettore u∧ u, dove u ed u sono i vettori direzionali delle rette r ed rrispettivamente. Presi due punti P0e P0sulle rette r ed rrispettivamente,

per costruzione, la proiezione ortogonale di P0P0su u∧uè il vettore w cercato la cui lunghezza è pari alla distanza tra le due rette r ed r(si veda la Figura 3.18 (a)). Segue che

d(r, r) = |hP0P0,u∧ ui|

ku ∧ uk (3.28)

u∧u

r r

P0

P0

u u

bb

bb

(a)

α r

r

bb

(b) Figura 3.18 – Distanza tra due retta sghembe.

Distanza di due punti su una retta

Sia r una retta di equazione parametrica P(t) = P0 + tu. Siano P1 = P(t1) e P2 = P(t2) due punti sulla retta r corrispondenti ai valori del parametro t1e t2. Un calcolo diretto mostra che

d(P1,P2) =kP0+ t2u− (P0+ t1u)k = k(t2− t1)uk = |t2− t1| kuk. (3.29) In particolare, se si sceglie il vettore direzionale della retta unitario, cioèkuk = 1, si ha

d(P1,P2) =|t2− t1|.

Simmetrico di un punto rispetto ad una retta o ad un piano

Data una retta r del piano euclideo ed un punto P < r diciamo che P è il simmetrico di P rispetto alla retta r se PP ⊥ r ed il loro punto medio M ∈ r.

Fissato un sistema cartesiano sul piano sia ax+by+c = 0 l’equazione cartesiana della retta r. Sia P0 = (x0,y0) un punto del piano. Il simmetrico P0 giace sulla retta per P0, perpendicolare ad r, e soddisfa alla condizione d(P0,r) = d(P0,r).

La retta rper P0 perpendicolare ad r ha equazione parametrica P(t) = P0+ tn

dove n = (a, b). Sia t1il valore del parametro per il quale la retta rinterseca la retta r, cioè P(t1)∈ r. Allora dalla (3.29) segue che il simmetrico P0 del punto P0è dato da

P0= P(2t1).

Allo stesso modo si definisce e si calcola il simmetrico di un punto dello spazio euclideo rispetto ad un piano di equazione cartesiana ax + by + cz + d = 0.

Problemi di separazione relativi a rette e piani

Proposizione 3.13. Siano P1e P2due punti del piano o dello spazio. Un punto P appartiene al segmento di estremi P1e P2se e solo se

P = τP1+ (1− τ)P2

con 0≤ τ ≤ 1.

Dimostrazione. L’equazione parametrica della retta passante per P1e P2è data da

P = P2+ t(P1− P2) = tP1+ (1− t)P2.

Per concludere la dimostrazione bisogna verificare che P appartiene al segmen-to se e solo se 0 ≤ t ≤ 1. Se 0 ≤ t ≤ 1 segue che d(P(t), P2) = tkP1− P2k ≤ kP1 − P2k. Allo stesso modo si dimostra che d(P(t), P1) ≤ kP1− P2k. Quindi P(t) appartiene al segmento. Viceversa se P(t) appartiene al segmento si ha che|t|kP1− P2k = d(P(t), P2) ≤ kP1 − P2k da cui |t| ≤ 1. Essendo P(0) = P2 e P(1) = P1 segue immediatamente che i punti P(t) per valori di t negativi non appartengono al segmento P1,P2, da cui 0≤ t ≤ 1.  In generale si dice che un punto P è combinazione convessa dei punti P1 e P2 se

P = λ1P1+ λ2P2

con 0 ≤ λ1, λ2 ≤ 1 e λ1 + λ2 = 1. Generalizzando, dati n punti P1, . . . ,Pn si definisce combinazione convessa degli n punti una combinazione

P =

n

X

i=1

λiPi

con 0≤ λ1, . . . , λn≤ 1 ePn

i=1λi = 1.

Un fatto geometrico interessante è che una retta r divide un piano in due parti, chiamati semi-piani, in modo che due punti P1e P2 appartengono a due semi-piani distinti se la retta r interseca il segmento P1P2 in un suo punto interno.

Allo stesso modo un piano α divide lo spazio in due semi-spazi. Per determi-nare se due punti dati appartengono allo stesso semi-spazio (o semi-piano nel caso della retta) si può utilizzare il seguente criterio

Proposizione 3.14. Siano P1e P2due punti dello spazio (del piano) e sia F(x, y, z) := ax + by + cz + d = 0

l’equazione affine di un piano α (F(x, y) := ax + by + c = 0 nel caso della retta). Allora i due punti P1 e P2appartengono a due semi-spazi (semi-piani) differenti se e solo se

F(P1) F(P2) < 0.

Dimostrazione. Un punto P appartenente alla retta per P1 e P2 se esiste t ∈ R tale che

P = tP1+ (1− t)P2.

La funzione F si può scrivere come F(x, y, z) = A(x, y, z) + d con A(x, y, z) = ax + by + cz. Si osservi che A : R3→ R è lineare. Segue che

F(P) = A(P) + d = A[tP1+ (1− t)P2] + d = tA(P1) + (1− t)A(P2) + d

= t[A(P1) + d] + (1− t)[A(P2) + d]

= tF(P1) + (1− t)F(P2).

Un punto P della retta per P1 e P2 appartiene al piano α se e solo solo se F(P) = 0, cioè se e solo se P = P(t) con t soluzione dell’equazione

tF(P1) + (1− t)F(P2) = 0. (3.30) Con un calcolo diretto si può mostre che la soluzione t della (3.30) soddisfa 0 < t < 1 se e solo se F(P1) F(P2) < 0. 

3.3.1 Esercizi

1. Sia r la retta dello spazio euclideo E3 passante per due punti P1 e P2 e sia P0 un terzo punto dello spazio. Dimostrare che

• la retta r ha equazione parametrica P = P1+ t(P2− P1);

• la distanza di P0 dalla retta r è pari alla distanza di P0 dal punto della retta r ottenuto per

t = < P0− P1,P2− P1>

< P2− P1,P2− P1>

d(P0,r)2 = kP2− P1k2kP0− P1k2− < P2− P1,P0− P1 >2

|P2− P1|2

2. Sia P un punto interno al triangolo di vertici A, B, C ∈ E3. Dimostrare che

P = rA + sB + tC dove r + s + t = 1, r, s, t > 0, r, s, t∈ R.

3. Dati i punti P1 = (2, 1, 4), P2 = (1, k, 2) e P3 = (3, 3, 6), k∈ R:

• determinare per quali valori di k i punti sono allineati;

• nel caso non siano allineati si trovi l’equazione del piano che li contiene;

• si trovi l’equazione cartesiana e parametrica delle rette ri j passanti per Pie Pj, i < j, e si determini al variare di k il coseno dell’angolo formato da r12e r13.

4. Se A = (2, 3, 1) e B = (3, 7, 4), trovare un punto P sulla retta per AB tale che|PA|/|PB| = 2/5.

5. Sia r la retta per A = (1, 2, 3) parallela alla retta per B = (2, 2, 0) e C = (4, 1, 7) e sia r la retta per E = (1, 1, 8) ed F = (10, 1, 11). Dimostrare che r e rsi intersecano e trovare il punto di intersezione.

6. Date le rete, k ∈ R,

rk =





x + y + z + k = 0 x + 2 = 0

rk =





x + kz + 1 = 0 kx + z + 1 = 0

• determinare l’insieme S ⊂ R dei valori di k per i quali rk e rk siano realmente due rette;

• determinare per quali valori di k ∈ S le rette sono complanari;

• determinare al variare di k ∈ S la distanza tra le due rette;

• nel caso in cui siano complanari determinare l’equazione del piano che le contiene, questo piano è sempre unico?

7. Lo stesso esercizio del punto precedente ma con

rk =

• l’equazione cartesiana e parametrica del piano α perpendicolare alla retta r e passante per P1;

• l’equazione cartesiana e parametrica del piano α contenente la retta r e tale che α tagli il piano x− y = 0 sotto un angolo di 30o.

Dimostrare che r ⊂ α e scrivere l’equazione di r rispetto a delle coordi-nate cartesiane su α.

4

Classificazione delle isometrie del piano e dello spazio

In questo capitolo daremo una classificazione completa di tutte le isometrie (trasformazioni euclidee) del piano e dello spazio. Sia ϕ : E→ E una trasfor-mazione euclidea da uno spazio euclideo in se stesso. Fissato un riferimento, cartesiano abbiamo visto nel paragrafo 2.2.4 che la trasformazione euclidea si scrive, in coordinate, come

X = MX + β

dove M = (mi j) rappresenta una matrice ortogonale e β un vettore colonna. In più la trasformazione euclidea induce una trasformazione ortogonale

f : V → V, dove V indica la giacitura di E.

Per comprendere le trasformazioni euclidee iniziamo dando la classificazione delle trasformazioni ortogonali.

4.1 Trasformazioni ortogonali di uno spazio di di-mensione 2

Sia V2 lo spazio vettoriale dei vettori liberi del piano e sia f : V2 → V2 una trasformazione ortogonale, cioè tale cheh f (v), f (w)i = hv, wi, per ogni v, w ∈ V2. SiaB = {i, j} la base canonica orientata positivamente di V2 ed andiamo a determinare la matrice associata ad f rispetto alla baseB. Si hanno le seguenti possibilità:

• la base { f (i), f (j)} è orientata positivamente (si veda la Figura 4.1 (a));

• la base { f (i), f (j)} è orientata negativamente (si veda la Figura 4.1 (b)).

i j

f(i) f(j)

θ

(a)

i j

f(i)

f(j) θ

(b) Figura 4.1 – La base{ f (i), f (j)}.

Nel primo caso, chiamato con θ l’angolo tra i e f (i), si ha:

f (i) =h f (i), ii i + h f (i), ji j = cos θ i + cos(π/2 − θ) j = cos θ i + sin θ j, mentre

f (j) =h f (j), ii i + h f (j), ji j = cos(π/2 + θ) i + cos(θ) j = − sin θ i + cos θ j.

Segue che la matrice associata ad una trasformazione ortogonale che conserva l’orientazione della base è

M+= cos θ − sin θ sin θ cos θ

! .

Nel secondo caso, cioè quando l’orientazione non è conservata, un calcolo diretto (si utilizzi la Figura 4.1 (b)) mostra che

f (i) = cos θ i + sin θ j f (j) = sin θ i− cos θ j.

Segue che la matrice associata ad una trasformazione ortogonale che non con-serva l’orientazione della base è

M= cos θ sin θ sin θ − cos θ

! .

Osservazione 4.1. Si osservi che det(M+) = 1 mentre det(M) = −1. Tale risultato non è sorprendente visto che, dalla regola di Binet, il determinante di una matrice ortogonale è sempre uguale a±1.

Le matrici ortogonali con determinante uguale a 1 formano un sottogruppo del gruppo ortogonale, chiamato gruppo ortogonale speciale e denotato con SO(n). Lasciamo per esercizio la verifica che formano un sottogruppo. Di-versamente le matrici ortogonali con determinante uguale a−1 non formano un sottogruppo, basti pensare che il prodotto di due matrici con determinante negativo ha determinante positivo.

Definizione 4.2. Un vettore u∈ V2si dice invariante per f se f (u) = u.

Sia adesso U l’insieme dei vettori invarianti. È facile verificare che U definisce un sottospazio vettoriale di V2(U è l’autospazio corrispondente all’autovalore 1).

Sia adesso f una trasformazione ortogonale la cui matrice associata sia M+. Se θ ,0, cioè se f , Id, un calcolo diretto mostra che lo spazio U = {0}. Infatti, l’equazione caratteristica diventa, in questo caso,

λ2− 2 cos θλ + 1 = 0,

le cui soluzioni sono reali se e solo se θ = 0. Quindi non esiste l’autovalore 1. Per comprendere la geometria della trasformazione f con matrice associata M+calcoliamo l’angolo tra v e f (v). Se v = v1i + v2j, si ha

cos [v f (v) =hv, f (v)i

kvk2 = hv1i + v2j, (v1cos θ− v2sin θ)i + (v1sin θ + v2cos θ)ji kvk2

=kvk2cos θ

kvk2 = cos θ.

Segue che la trasformazione f ruota il vettore v di un angolo θ. Si osservi che la rotazione avviene, in questo caso, in senso antiorario. Se si cambia θ con−θ la matrice M+diventa

M+= cos θ sin θ

− sin θ cos θ

!

che rappresenta una rotazione in senso orario.

Vediamo adesso il caso delle trasformazioni ortogonali con matrice associata M. In questo caso il polinomio caratteristico è

λ2− 1 = 0,

le cui soluzioni sono λ = ±1. L’autospazio corrispondente all’autovalore 1 è il sottospazio U dei vettori invarianti. Un calcolo diretto mostra che una base di U è data dal vettore u = cos θ/2 i + sin θ/2 j. Sia adesso v un versore del-l’autospazio relativo all’autovalore−1. Si osservi che, essendo la matrice M simmetrica, v⊥ u (qui stiamo utilizzando il fatto che autospazi relativi ad auto-valori diversi di una matrice simmetrica sono perpendicolari, la dimostrazione è lasciata per esercizio). I vettori{u, v} formano una nuova base orto-normale di V2 (si veda la Figura 4.2 (a)). Se adesso scriviamo la matrice associata ad f rispetto alla base{u, v} si trova

S = 1 0 0 −1

! .

Sia adesso w = w1u + w2v un altro vettore di V2, si trova f (w) = w1u− w2v da cui segue immediatamente che f (w) è il simmetrico ortogonale di w rispetto ad u (si veda la Figura 4.2 (b)).

i

j f(i)

u v

θ/2

(a)

f(w) w

u v

(b) Figura 4.2 – La base{u, v}.

Abbiamo così dimostrato il seguente

Teorema 4.3. Sia f una trasformazione ortogonale di V2. Allora f è una delle seguenti:

(a) la trasformazione identica;

(b) una rotazione di un angolo θ la cui matrice associata rispetto alla base {i, j} è:

Rθ = cos θ − sin θ sin θ cos θ

!

;

(c) una simmetria ortogonale rispetto ad un vettore u ∈ V2con f (u) = u, la cui matrice associata rispetto alla base{i, j} è:

cos θ sin θ sin θ − cos θ

!

;

mentre la matrice associata rispetto alla base{u, v} con v ⊥ u (kuk = kvk = 1) è:

S0 = 1 0 0 −1

! .

Nel documento A.A Geometria 2 UNICA. Stefano Montaldo (pagine 54-70)