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A proposito del passaggio dei lavoratori da un'azienda all'altra

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1974 (pagine 59-63)

Pio Filippo Becchino

Per il suo particolarismo giuridico il terzulti-mo comma dell'art. 33 della legge n. 3 0 0 / 1 9 7 0 è nettamente a sé stante nell'insieme delle norme relative al collocamento dei lavoratori e porta al corpo di esse una profonda deroga.

Il contrasto si estende anzi al presupposto stesso delle disposizioni che confermano per il collocamento le indicazioni di organo e funzione dello Stato: col citato terzultimo comma dell'ar-ticolo 33 dello Statuto dei lavoratori questo cri-terio viene accantonato per favorire il libero asse-stamento della manodopera.

È singolare il fatto che, grazie alla norma in esame, possono trovare ad impiegarsi non auten-tici disoccupati, iscritti come tali nelle liste del-l'Ufficio collocamento, ma persone che hanno la-vorato fino a poche ore prima, lala-voratori appena licenziati ed in genere licenziati proprio allo sco-po di venire assunti nella nuova azienda.

Il movente della disposizione è il seguente: favorire l'iniziativa dei lavoratori, la loro conse-guente libertà di circolazione; assecondare l'aspi-razione dei lavoratori a migliorare le proprie con-dizioni occupative. Il lavoratore che trova un al-tro lavoro subordinato si può pertanto licenziare dal posto che già occupava in una azienda per raggiungere immediatamente l'occupazione che liberamente si è scelta.

L'assunzione di un lavoratore proveniente da altra azienda può essere fatta da un datore di la-voro direttamente, sotto la condizione che tra il precedente rapporto di lavoro e l'instaurando nuovo rapporto non vi sia soluzione di continuità ed a condizione altresì che il nuovo datore di lavoro si procuri una preventiva autorizzazione dal competente Ufficio di Stato.

Sempreché i passaggi siano diretti ed imme-diati, i lavoratori per tale via occupati possono circolare ovunque, anche tra aziende appartenenti a rami produttivi diversi e situate in Comuni di-versi, indipendentemente dalla durata del rappor-to di lavoro nella prima ditta assuntrice.

Il processo spontaneo degli spostamenti dei la-voratori viene in tale modo difeso ed autorizzato, sino ad un effettivo esautoramento di compiti degli Organi statali.

Il dettato del penultimo comma dell'art. 11 della Legge n. 2 6 4 / 1 9 4 9 (che dispose sull'argo-mento sino allo Statuto dei lavoratori) e succes-sivamente l'enunciato del terzultimo comma del-l'art. 33 della Legge n. 3 0 0 / 1 9 7 0 (che ha modi-ficati gli aspetti formali della norma del 1949) hanno cercato di portare un contrappeso alla ri-gidezza eccessiva del sistema legale del colloca-mento, tenendo presente soprattutto i vantaggi dell'organizzazione produttiva.

La nuova formulazione della disposizione (1970) presenta in effetti un'apparenza più cauta della precedente in quanto prescrive come indi-spensabile al perfezionamento legale del « passag-gio interaziendale » un atto amministrativo (be-nestare) dell'Ufficio di collocamento: tale atto non è però decisorio, non riflette scelta alcuna, è semplice forma quindi anche se richiesta ad

substantiam.

L'Ufficio di collocamento deve limitarsi infatti a controllare l'osservanza delle norme (ivi com-presa quella relativa all'obbligo, in caso di rias-sunzione entro l'anno, — nell'ambito della ditta richiedente e nella cerchia delle qualifiche richie-ste — di dare precedenza ai licenziati per dimi-nuzione di personale), ad esaminare la validità e ad accertare l'effettività (o a farla accertare, nel dubbio, dall'Ispettorato del Lavoro) del prece-dente rapporto di lavoro su cui il nuovo viene ad innestarsi, a tenere attento conto della meccanica delle date del trasferimento (quella in cui è ces-sato il vecchio lavoro, quella in cui l'attuale ha avuto inizio).

L'Ufficio collocamento ha, in altri termini, il diritto ed il dovere, spesso trascurati (anche se entrambi, per non difficile ermeneutica, già desu-mibili dalla Legge 2 6 4 / 1 9 4 9 ) di controllare se l'azienda cedente fosse in possesso di atto

ammi-nistrativo valido di avviamento per il lavoratore di cui viene chiesto il nulla-osta al passaggio di-retto, e di non consentire il passaggio da un'azien-da ad un'altra di soggetti non assunti un'azien-dall'azienun'azien-da cedente tramite l'Ufficio competente. In caso d'ine-sistenza di un precedente intervento amministra-tivo è da ritenersi illegittimo il passaggio ad un'al-tra azienda.

L'atto amministrativo di autorizzazione che la legge dispone venga dal collocamento emesso a conclusione della pratica, costituisce cosi una spe-cie di tacitazione dell'Organo di Stato, un legame teorico col sistema (che permette di aggiornare schedari e documenti interni), un'offa al Colloca-mento il quale — quand'abbia svolto i cennati accertamenti — non può esimersi dal rilasciare l'atto amministrativo richiesto.

La richiesta di nulla-osta al collocamento per i lavoratori che passano da un'azienda ad un'altra è amministrativamente oggi (dopo lo Statuto dei lavoratori) un plusculum nei confronti della « ob-bligatoria comunicazione informativa al colloca-mento » di cui alla Legge del 1949, e costituisce un obbligo ed un onere che pesa sul datore di lavoro che desidera assumere personale diret-tamente ed immediadiret-tamente, ma quest'onere non è di tale entità da poter dire che l'esplosiva norma in esame sia stata circondata da particolari cautele.

Lo Statuto dei lavoratori conferma quindi l'in-teresse del legislatore per la libera circolazione della manodopera ed in pratica si limita ad accet-tare, in proposito, la soluzione della Legge del

1949.

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Dalle assunzioni dirette ed immediate po-trebbe effettivamente derivare un vantaggio gene-rale alla produzione di un determinato settore produttivo, qualora effettivamente la norma po-tesse venire intesa nel senso restrittivo indicato in un lontano passato dal Ministero del Lavoro. Risulterebbero favorite la qualificazione e la spe-cializzazione professionale, con conseguenti bene-fici salariali per i lavoratori se questi restassero sempre impegnati all'interno di una stessa cate-goria produttiva.

Ecco invece gli svantaggi della disposizione. 11 criterio del legislatore: « favorire il libero assestamento della mano d'opera », non trova in pratica che ben pochi casi in cui sia il prestatore d'opera ad assumere l'iniziativa di un passaggio

diretto ed immediato. È in realtà sempre il datore di lavoro che assume in tal modo il lavoratore che non gli sarebbe stato concesso (per il tramite delle normali assunzioni) dall'Ufficio di colloca-mento.

Ed il principio viene cosi ad essere falsato e tradito. Diremo di più: vi sono aziende che hanno ormai trovato modo di superare anche quello che per loro è l'inconveniente dell'« immediatezza », facendo girare la serratura della Legge con il seguente grimaldello.

Esempio: assunzione di un lavoratore già da qualche giorno licenziato da una ditta che — come illegittimamente avviene — non abbia an-cora segnato il movimento né la liquidazione sui suoi libri e non abbia ancora comunicato il licen-ziamento.

L'azienda che assumerebbe il lavoratore teme il non avviamento da parte del collocamento.

Il lavoratore, allora, dietro accordo delle ditte, verrà ancora incluso nella forza presente

del-l'azienda da cui è uscito (in modo che risulti sol-tanto sospeso dal lavoro) e sino al saldo di queste giornate di fittizia sospensione col giorno in cui il nuovo datore di lavoro lo può assumere.

In tal giorno verrà licenziato dalla vecchia azienda ed assunto dalla nuova.

Questo quando il lavoratore per il quale si ha particolare interesse sia effettivamente e recente-mente occupato.

Cambia l'inganno legale se le persone che si desiderano assumere sono disoccupate non biso-gnose e come tali difficilmente ottenibili per il normale tramite del collocamento il quale deve seguire pedissequamente le graduatorie (appro-vate dalla Commissione comunale, ove questa esista). —• In tal caso, previo un accordo inter-aziendale, la ditta cui iuvat fa assumere gli ele-menti desiderati da altre aziende i posti delle quali non siano eccessivamente contesi né appeti-bili (es. imprese edili) oppure da minuscole azien-de con diritto a richiesta nominativa.

In seno a tali ditte falsamente assuntrici sa-ranno prelevati (dalla vera azienda cui sono de-stinati) i lavoratori in questione, mediante l'appli-cazione del terzultimo comma dell'art. 33 della legge n. 300.

Questo mezzo per rendere inoperosa la legge, ormai largamente applicato, porta ad una facile osservazione: « non è vero che effettivamente vi siano per altri disoccupati tutti i posti lasciati va-canti dalle persone trasferite ad altre aziende ».

Gran parte di tali posti furono infatti fìttiziamente creati da aziende secondarie per favorire le grandi ditte assuntrici che mal tollerano le ingerenze dello Stato nella loro maestranza e vogliono po-tersela liberamente scegliere.

Dimostrando in tal modo come non sia vero in pratica (causa la frode legale di cui sopra) che il numero dei posti disponibili per i disoccupati resti immutato qualora si spostino ad altra azien-da dei lavoratori già occupati, cade una delle fondamentali ragioni portate dai sostenitori del citato terz'ultimo comma dell'articolo 33 della Legge 3 0 0 / 1 9 7 0 . Tale comma peraltro non si può vedere alla luce di una incontrollata libertà di lavoro per i lavoratori già occupati, mentre la libertà di lavoro non ha evidentemente pari esten-sione nel caso dei lavoratori disoccupati — (in quantità nettamente superiore al numero dei posti disponibili e pertanto sempre alle prese con le liste del collocamento).

La norma fu introdotta infatti per temperare la legge sul collocamento non per renderla inope-rosa o peggio per scardinarla.

Quale la conseguenza pratica della conserva-zione della norma in esame nel corpo delle nuove disposizioni per il collocamento della mano d'opera?

Eccola in breve: dal summum ius summa

iniuria può venire ai disoccupati che senza

so-spetti di sorta, né tema di sottigliezza alcuna, bussano alle porte del collocamento, per avere un posticino nella grande azienda locale.

Colui che vorrà infatti un posto fisso presso un contesissimo stabilimento a lavoro costante e si-curo, sito in qualsiasi grande città, basterà che ottenga un atto amministrativo di avviamento da parte dell'ultimo ufficio di collocamento del più esiguo paese d'ftalia, presso una locale piccolis-sima azienda (oppure, al limite, che si faccia assu-mere direttamente come prestatore o prestatrice di lavoro domestico da parte di un nucleo fami-liare — p a r i f i c a r l e a ditta individuale, ma nep-pure iscritta negli elenchi della Camera di com-mercio, industria e agricoltura).

L'atto amministrativo appena menzionato gli sarà rilasciato con la massima semplicità.

Gli stati di bisogno di cui quel collocamento deve tener conto saranno certo diversissimi da quelli della città ov'è lo stabilimento che interes-sa; ciò nonostante l'occupato per questa via non avrà più da bussare a collocamento alcuno (se non per gli accertamenti formali che sopra

ricor-dammo) avvantaggiandosi su tutti i disoccupati della città, a disdoro della legge relativa agli av-viamenti al lavoro.

Per completare le osservazioni si ricorda che lo spirito dello Statuto dei lavoratori è contrario alla larghezza (anzi all'arbitrio) di cui può essere fonte la norma riproposta al terz'ultimo comma dell'art. 33 (larghezza appena temperata da adem-pimenti burocratici più complessi e fors'anche più validi di quelli previsti con la legge formu-lata nel 1949). E tanto più è stridente il contrasto in quanto si è in presenza di modifiche restrittive apportate alla Legge 2 6 4 / 1 9 4 9 dalla Legge 3 0 0 / 1970, modifiche relative alle « richieste nomina-tive » limitate dallo Statuto a poche privilegiate qualifiche. (Le cennate modificazioni limitative per contro comportano il notevole allargamento del campo delle graduatorie che —• per le richie-ste numeriche — il collocamento deve compilare e per cui vige un sistema di scorrimento tassa-tivo).

Il problema della circolazione degli occupati da un'azienda all'altra è a nostro parere pertanto solo da vedersi sotto il punto di vista più gene-rale e completo del collocamento della mano d'opera in genere, e forma di questo un sottopro-blema, la cui soluzione è condizionata a quella del problema principale.

Pertanto solo ben risolvendo quest'ultimo si potrà ottenere un miglioramento nel contiguo ma sottoposto e meno pressante campo della circola-zione degli occupati.

L'osservazione è relativamente anche frutto dell'inserzione, fatta dal legislatore, del comma in esame entro una legge per il collocamento della mano d'opera « disoccupata ».

Questo significa che il filo conduttore di detto comma deve essere visto nel riverbero della ra-gion d'essere, della mens dell'intero sistema, e considerato alla luce degli stessi principi che reg-gono la legge sul collocamento dei disoccupati.

Si assiste oggi al fatto che parecchi Uffici di collocamento si debbono limitare ad indirizzare la zavorra operaia in buchi senza pretese e senza possibilità di carriera e di vita; mentre le grandi aziende hanno la più vasta libertà di scelta in seno alle aziende più deboli, cui sottraggono mano d'opera dando garanzia di immediato lavoro e salario superiore.

Le aziende piti grandi e più solide, con possi-bilità di appoggio a sindacati bene al corrente della norma, sono certamente quindi

avvantag-giate dalla disposizione in esame, divenuta oggi infatti — ripetiamo — oggetto quasi esclusivo della loro speculazione.

La norma riesce invece pressoché inutile pel-le aziende minori pel-le quali hanno già a loro favore altra disposizione (assunzione diretta quando ab-biamo meno di tre dipendenti).

Il terzultimo comma dell'art. 33 è infine cer-tamente uno svantaggio per i disoccupati in quan-to rallenta le nuove chiamate al lavoro e in con-seguenza le nuove qualificazioni (naturalmente anche a danno degli Uffici di collocamento, di cui sono eluse le fredde liste preferenziali improntate al bisogno).

La norma, intesa nella larghezza di oggi, è deleteria quindi anche per il disappunto e la sfi-ducia negli organi di Stato che essa genera tra la massa dei disoccupati non qualificati, i quali,

come onda che va e torna sempre, battono e ribat-tono alle porte-dell'Ufficio di collocamento ed ivi dovrebbero limitarsi a prendere atto che sono sta-te preferista-te — in seguito ad assunzioni diretsta-te ed immediate — altre persone a volte assai meno bisognose.

I disoccupati non capiscono né vogliono sapere per quale via, se legale od illegale, quelle persone furono assunte; essi si limitano ad imprecare con-tro l'Organo di Stato, concon-tro i funzionari, concon-tro il Governo: la loro unica e sufficiente ragione è che hanno più fame degli altri, e per loro pure deve esserci il diritto al lavoro ed alla vita.

L'intendimento di servirsi del terz ultimo com-ma dell'art. 33 per temperare la legge, alla prova dei fatti s'è dunque dimostrato delusivo e fallace, tendendo esso invece, per la larghezza eccessiva, a scalzare l'intero sistema.

Sempre più urgente nella CEE l'attuazione

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1974 (pagine 59-63)