dei Invilii da carne in Piemonte
Silvano Maletto
Nell'ambito dello sviluppo economico generale verificatosi nell'ultimo trentennio, l'agricol-tura e la zootecnia italiana si so-no trovate nell'orbita di clamoro-se situazioni evolutive che han-no modificato profondamente gli obbiettivi da raggiungere ed han-no proposto agli allevatori-agri-coltori problemi di radicali rin-novamenti degli ordinamenti produttivi.
Il continuo ritmo di deflusso della popolazione dagli insedia-menti rurali, la costante flessio-ne delle forze di lavoro agricole, la progressiva diminuzione del grado di ruralità della popolazio-ne attiva, hanno infatti viaggia-to di pari passo con il tramonviaggia-to dell'economia di sussistenza, cioè di una economia che desti-nava la maggior parte della pro-duzione agricola all'autocon-sumo.
Come conseguenza della crisi che si è instaurata nel settore, oggi si cerca di correre ai ripari facendo programmi e parlando di sviluppo economico. Purtrop-po tanti sono i sostenitori della tesi che « sviluppo economico » rappresenti soltanto il sinonimo di « industrializzazione », cioè di espansione del settore secondario senza alcun controllo dei riflessi che ne conseguono agli altri set-tori economici, in particolare al-l'agricoltura ed agli allevamenti animali.
Certamente l'agricoltura e la zootecnia debbono rinnovarsi ed
il processo è già in atto attraver-so la rilevante introduzione di in-novazioni tecnologiche giunte nel campo delle applicazioni pra-tiche. Ed è appunto per effetto di questi vistosi mutamenti tec-nologici che oggi si possono rag-giungere nuove e soddisfacenti posizioni di equilibrio con gli al-tri settori economici, come del resto si sta verificando in alcuni Paesi più avanzati la cui crescita è stata favorita tra l'altro, in tem-pi recenti, da suggerimenti e di-rettive contenuti in un tipo di pianificazione programmatica a schema flessibile.
In questa situazione critica di tipo generalizzato che ha colpi-to gran parte degli allevamenti di bovini in Italia, il Piemonte si inserisce con una posizione non ancora troppo compromessa per il fatto di non aver sacrificato tutto allo sviluppo industriale e per la fortunata condizione di possedere una razza bovina da carne oggi considerata tra le più importanti del mondo.
Il Piemonte zootecnico dispo-ne quindi della ricchezza di ave-re ancora qualcosa da salvaave-re e da valorizzare in un giusto con-cetto di economia, non soltanto regionalistica, ma di livello na-zionale e mondiale.
X! * *
Iniziatasi con un bovide di ti-po Aurochs nel lontano Pleisto-cene, la storia dei bovini
autoc-toni del Piemonte è stata definita dai paleontologi come una vicen-da tranquilla e senza scosse, ca-ratterizzata da una lenta evolu-zione delle forme nel corso delle Ere geologiche, in funzione degli adattamenti climatici e del modi-ficarsi delle foraggere.
Strutturato come una sacca formata dall'invalicabile arco di montagne che lo chiude da tre lati, il Piemonte funzionò come un'area protetta e contempora-neamente come una trappola in cui l'unico ingresso, reso poco agibile da due grandi fiumi e da vasti acquitrini, restò pratica-mente chiuso per lunghi periodi e tutt'al più apri pochi spiragli fino all'ultimo periodo Neolitico.
Sulla tranquilla vita agreste del Piemonte, caratterizzata da una lenta curva di adattamenti, in un periodo compreso tra il Paleolitico medio ed il Paleoli-tico superiore, cioè nell'arco di tempo che va dalla cultura del-l'uomo di Neandertal e quella dei Maddaleniani (circa 25.000-30.000 anni or sono), avviene un fatto nuovo che porta ad evi-denti modificazioni delle forme dei bovini locali. Si tratta di una penetrazione massiccia di un al-tro gruppo etnico costituito da bovini di ceppo zebuino di ori-gine pakistana il quale, anche se non sostituisce integralmente quello preesistente, vi si mescola fondendosi e determinando una nuova razza che, già prima del Mesolitico (15.000-20.000 anni
Esemplare d i toro ( E o l o 2°) d i razza Piemontese.
Foto: I s t i t u t o Z o o p r o f i l a t t i c o Sperimentale - T o r i n o .
a. C.), presenta le nette caratteri-stiche della razza Piemontese odierna.
Visto sotto questa luce, il bo-vino piemontese può essere in-teso come una « razza tauroin-dica antica » che ha avuto circa 25.000 anni di esperienza ecolo-gica nella particolare nicchia del Nord-Ovest d'Italia, adattando-si perciò alle peculiarità del luo-go e mantenendo sufficientemen-te « pulito », per ragioni di iso-lamento, il proprio patrimonio genetico.
La storia degli interventi uma-ni sulla razza bovina Piemonte-se ha inizio soltanto con la fine dell'Impero Romano, periodo dopo il quale il territorio si sud-divide in numerosi piccoli centri di potere in ciascuno dei quali
le condizioni di isolamento im-poste dall'uomo fecero sentire i loro effetti anche sugli animali allevati. Si formarono cosi i pri-mi « nuclei di consanguineità » che, anche se non molto stretta, originò quelle stirpi che ancora oggi caratterizzano la razza nei vari punti del suo vasto areale di insediamento.
Costituita oggi da circa 650 mila unità, suddivise in tre tipi morfo-funzionali (di montagna, di collina e di pianura), che van-no intesi come l'espressione di particolari condizioni mesologi-che e di limitazione territoriale, la razza Piemontese rappresenta oltre il 5 0 % dei bovini allevati nella Regione, circa l ' 8 , 5 % del-l'intero patrimonio nazionale ed oltre un quarto del totale delle
razze da carne italiane. Queste cifre, che pongono il Piemonte in una posizione di primo piano per l'attività zootecnica riferita ai bovini rispetto alle altre Regioni d'Italia, ci debbono però fare riflettere. 11 Piemonte ha infatti una superfìcie territoriale di 2.540.000 ettari, corrispondenti a l l ' 8 , 4 % della superfìcie nazio-nale ma con un assetto fisico-am-bientale che assegna il 4 3 % a territori ubicati in montagna, il 3 0 % a zone collinari nulla o po-co irrigue, e soltanto il 2 7 % a pianure.
Si tratta di un profilo geogra-fico che, secondo le regole della zootecnia e dell'agricoltura tra-dizionali, non può essere ritenu-to molritenu-to idoneo ad un economico esercizio di queste attività.
Va ancora ricordato che la massiccia concentrazione indu-striale di numerose aree piemon-tesi ha incrementato fortemente la popolazione umana sul terri-torio, rendendo sempre più am-pio il divario tra il numero dei consumatori e la quantità di car-ne bovina prodotta.
Osservata sotto questa pro-spettiva la Regione piemontese rivela ancora una buona attività zootecnica anche se insufficiente a coprire i fabbisogni interni di carni bovine e nonostante che in questo ultimo biennio l'econo-mia agricola abbia subito duri colpi attraverso l'abbassamento dei prezzi all'ingrosso dei pro-dotti dell'allevamento animale, la carenza di materie prime per la preparazione dei mangimi, la penuria e l'aumento del prezzo dei concimi, il costo crescente dell'energia e la sensibile ridu-zione ed invecchiamento della manodopera del settore agricolo.
La ragione del mantenimento di un certo equilibrio nella di-namica di recessione numerica del bestiame che ha caratterizza-to in quescaratterizza-to ultimo decennio il Piemonte in confronto alle disa-strose medie verificatesi a livel-lo nazionale ed in particolare rispetto ad altre Regioni indi-cate per tradizione « ad attività zootecnica prevalente », è dovu-to senza dubbio ad una vasta serie di fattori tra i quali è fon-damentale il mercato attivo delle carni bovine; va comunque ri-cordato che la razza bovina autoctona, per le peculiari ca-ratteristiche di rusticità e di qua-lifica merceologica ed organolet-tica delle carni, soddisfa la do-manda crescente di prodotti di alto rendimento culinario e per-mette remunerazione sufficiente-mente valida e con garanzia di modeste oscillazioni per l'alle-vatore.
La razza bovina Piemontese è infatti sobria ed in grado di f o r -nire elevati indici di accresci-mento sia in condizioni di sta-bulazione, sia allevata al pasco-lo anche su prati marginali e quindi con razioni a relazione nutritiva piuttosto larga: è inol-tre caratterizzata da un sensibile grado di rusticità per cui si adat-ta bene alle aree monadat-tane come a quelle collinari e di pianura senza che ne vengano modificate in modo sensibile le peculiarità produttive.
Un altro fattore caratterizzan-te della razza e che permetcaratterizzan-te di mantenere su livelli validi i co-sti dell'allevamento, è il basso indice di « rimonta » di stalla; la longevità della bovina pie-montese è infatti sensibile, con valori quasi doppi di quelli ri-scontrabili nelle più note razze lattifere presenti sul nostro terri-torio.
Sotto l'aspetto merceologico risultano salienti i dati relativi alle rese di macellazione ( 7 0 % e oltre) con rendimenti medi al-lo spolpo delle mezzene (senza coda) dell'84% per la carne, del
13% per le ossa e del 3 % per il grasso e le masse tendinee.
Pure molto validi risultano l'indice di tenerezza, la colora-zione tenue delle masse musco-lari ed il grande sviluppo dei « tagli » pregiati, caratteristica quest'ultima ormai ben « fissa-ta » geneticamente per selezione ed imputabile ad una mutazione genica di tipo semi-dominante.
Il bestiame di razza Piemonte-se, come è stato fatto rilevare da numerosi ed autorevoli ricercato-ri, presenta una sensibile varia-bilità e risulta formato da una mescolanza di linee di diverso valore genetico. Questa consta-tazione trova la sua giustifica-zione nella tardiva e disomoge-nea opera selettiva impostata
sul-la razza, nei differenti criteri a-dottati a seconda dei settori ope-rativi, nel vasto areale di distri-buzione con caratteristiche pedo-climatiche ben differenziate e nella grande consistenza numeri-ca dei numeri-capi allevati.
Al riguardo, però, la situazio-ne è andata situazio-nettamente miglio-rando ed attualmente disponia-mo di alcune « linee » con ca-ratteristiche ben standardizzate.
La disomogeneità genetica è risultata comunque, alla luce le nuove esigenze e nozioni del-la zootecnia applicata, un fattore importante per i futuri piani di sviluppo della razza e della sua espansione nel mondo, e ciò per-ché permette una ampia libertà di scelta di indirizzi selettivi, per cui può essere considerata una ricchezza di patrimonio genetico ancora quasi tutto da sfruttare. Dal nostro punto di vista que-sto fatto è di grande rilievo par-ticolarmente per l'alta disponibi-lità di reperimento di linee ge-netiche adatte alla formazione di razze derivate da fusione, ed in special modo delle c.d. « razze Tauroindiche », come pure per la scelta dei ceppi più adatti alle singole razze bovine selezionate per la produzione sia del latte che della carne, allo scopo di sfruttare l'eterosi nell'incrocio di prima generazione o « incrocio industriale ».
La ricerca operativa, imposta-ta al riguardo dall'« Associazio-ne Nazionale Allevatori Bovini di Razza Piemontese », ha per-messo di verificare la enorme po-tenzialità che il bovino Piemon-tese dispone per il miglioramento della redditività delle razze da latte quando vengano utilizzate per produrre vitellame di incro-cio con destino all'ingrasso. Le numerose chances della razza Piemontese in questo gioco
ge-netico, la pongono su un piede-stallo d'onore a livello mondiale.
I dati più salienti, riferiti a
vi-Voci
Peso vivo netto (kg)
Peso carcassa a caldo (kg) . . . . Resa netta a caldo (%)
Peso della carcassa a freddo (kg) . . Resa netta a f r e d d o (%)
Carne (spolpo mezzena) (kg) . . . . Ossa (spolpo mezzena) (kg) . . . . Grasso separabile (spolpo mezzena) (kg) Incremento giornaliero (g)
Costo di alimentazione (lire/kg di accresc.)
I problemi tecnici da affron-tare sono indubbiamente nume-rosi ma comunque risolvibili purché alla loro soluzione si par-tecipi con una presa di coscienza verso i gravi problemi in cui si dibatte la zootecnia regionale. Presa di coscienza che non deve essere soltanto degli allevatori, ma ciò che più conta degli orga-nismi regionali deputati a pro-grammare i piani di sviluppo ed a prendere le misure adatte a de-terminare la necessaria valoriz-zazione ed ascesa del settore.
Si è fatto cenno alla fortuna che il Piemonte ha nel possedere una razza bovina che si può defi-nire « unica al mondo ». Questa verità inconfutabile è però an-cora quasi interamente da sco-prire. Fino ad oggi non abbiamo raccolto altro che le « pepite » sul greto del fiume e ci siamo resi conto che deve esistere un va-sto giacimento tutto da sfruttare, ma non si sono ancora prese le decisioni valide ad attivare la miniera a livello industriale.
Ciò richiede opinioni scienti-fiche (già esistenti) ascoltate e
telloni di incrocio rispetto a vi-telloni della razza materna, sono riassunti nella tabella.
Incroci F, Piemontese x Valdo- „ ,.<„, „ Bruno Frisona „ . stana . . Tanna alpina n.p. + 17,76 + 5,21 + 8,00 + 2,76 4- 23,78 + 12,63 + 16,36 + 9,62 + 5,10 + 7,05 + 7,74 4- 6,68 4- 23,71 4- 12,05 4- 17,09 4- 9,73 4- 5,07 + 6,51 4- 8,41 4- 6,77 4- 26,68 4- 19,14 4- 22,09 4- 13,21 4- 16,54 4- 1,14 4- 14,46 4- 6,87 — 0,71 — 16,47 — 25,68 — 24,25 4- 12,87 4- 20,31 4- 21,34 4- 18,04 — 14,48 — 19,59 — 25,68 — 19,14
decisioni adeguate per evitare di forare inutilmente la montagna o di fare crollare irrimediabilmen-te le gallerie. Il problema del no-stro tempo è quello della produ-zione della carne: problema non solo italiano, non solo europeo, ma mondiale. La penuria di car-ni va infatti accentuandosi a ma-no a mama-no che l'alimentazione progredisce in relazione alla di-sponibilità dei redditi ed alle si-tuazioni sociali.
Giungeremo ad un punto in cui la carne sarà uno strumento politico nelle mani di quei Paesi che dispongono della potenzia-lità di questa produzione, espres-sa in termini non solo di numero e quantità del bestiame, ma an-che di climi e territori adatti.
Si può arrivare ad affermare che la carne sarà il petrolio del futuro e che i Paesi che ne di-sporranno in grandi quantità po-tranno inserirsi in posizione di autentico potere nel gioco degli equilibri mondiali.
Inserito entro un simile con-testo, il problema della crisi del-la zootecnia nazionale assume
di-mensioni insospettate e rende inequivocabile l'assoluta neces-sità di interventi risolutivi in questo settore, naturalmente non disgiunti da quelli attuabili per l'agricoltura in altri Paesi.
Sotto l'aspetto operativo mol-to è già stamol-to fatmol-to da numerosi appassionati allevatori sotto la guida della già citata Associa-zione Nazionale Allevatori Bo-vini di Razza Piemontese, ma ciò che ancora manca è una im-pronta direttiva dal vertice, che ponga fine alle diatribe che pur-troppo in Italia coinvolgono le razze bovine per gli enormi inte-ressi commerciali esistenti su di esse da parte di pochi.
Ora che la nazione dispone delle strutture delle Regioni, si potrà forse assistere allo sforzo che ciascuna di queste farà per sanare le situazioni zootecniche locali e, sul campo del primato della carne, il Piemonte potrà scendere con il degno stemma che contraddistingue il suo capo-luogo.
Le decisioni da prendere non sono semplici ma una traccia esi-ste.
Stilata in forma riassuntiva due anni or sono nella « Filoso-fìa del piano di sviluppo e codi-ce operativo dell'A.N.A.Bo.Ra. Pi. », benché suscettibile di mi-glioramenti e di ampliazioni, congloba tutti i criteri di valoriz-zazione della razza bovina Pie-montese e le vie da seguire per realizzarli.
Su questa traccia, che qui di seguito riportiamo, potrà essere costruito il ricco futuro della zootecnia del Piemonte.
Detto codice operativo è arti-colato sui seguenti punti:
1 ) Valorizzazione sempre maggiore della razza bovina Pie-montese attraverso validi criteri selettivi che permettano la
logi-V A R 1 A Z I O N I P E R C E N T U A L I
R E A L I Z Z A T E D A I S O G G E T T I DI I N C R O C I O (F,) R I S P E T T O AI S O G G E T T I DELLA R A Z Z A M A T E R N A
p
Esemplari d i m o s t r a t i v i dell'efficacia d e l l ' i n c r o c i o d i p r i m a generazione sul m i g l i o r a m e n t o della produzione delia carne.
In a l t o : « t a g l i o c a m p i o n e » di v i t e l l o di razza Piemontese. In c e n t r o : « t a g l i o c a m p i o n e » di v i t e l l o d i razza Frisona n. p.
In basso: « taglio c a m p i o n e » d i v i t e l l o di i n c r o c i o ( F i ) tra toro di razza Piemontese e vacca di razza Frisona n. p.
F o t o : A.N.A.Bo.Ra.Pi. . T o r i n o .
ca determinazione di « linee » adatte sia al mantenimento della razza sia alla sua utilizzazione al fine degli incroci.
2) Produzione di una giu-sta economia per gli allevatori di bovini di razza Piemontese
at-traverso la valorizzazione dei ri-produttori e del « seme » pro-dotto dai tori « provati ».
3) Tutela della razza bo-vina Piemontese tramite un « embargo di export » fuori del territorio nazionale per i
ripro-duttori dei due sessi e ciò per evitare che il futuro reddito po-tenziale della razza possa diven-tare soltanto un guadagno per al-tri Paesi.
4) Caratterizzazione del « seme » destinato all'esporta-zione con garanzia della quali-fica dei prodotti di incrocio in-dustriale ai fini della produzio-ne carproduzio-nea, rispetto alla quantità ed alla qualità della derrata.
5) Individuazione, tra i Paesi esteri, dei potenziali mer-cati per l'esportazione del seme di tori di razza Piemontese.
6) Offerta di un « servi-zio » di consulenza per realizza-re rapidamente i piani di svilup-po zootecnico predissvilup-posti da cia-scun Paese.
7) Reperimento di una o più nicchie ecologiche adatte al-la produzione di nuove razze, anche di tipo tauroindico, deri-vate dall'incrocio con la raz-za Piemontese, allo scopo di espanderle in quei settori geo-grafici a clima tropicale e sub-tropicale dai quali l'umanità si attende una produzione di carne bovina sufficiente a coprire le richieste del consumo.
8) Mantenimento del con-trollo nel Mondo sui riprodutto-ri di deriprodutto-rivazione della razza bo-vina Piemontese.
La filosofia del piano di svi-luppo della razza bovina Piemon-tese nel mondo, codificata negli otto punti che rappresentano la base operativa su cui l'A.N.A. Bo.Ra.Pi. effettuerà i contatti con i Paesi esteri e svilupperà il di-scorso di espansione della razza, è emersa da ovvie considerazio-ni che possono essere cosi sinte-tizzate.
La razza bovina Piemontese, nonostante la selezione a tut-t'oggi effettuata, sia per gli
in-dirizzi seguiti, sia per la dimen-sione della popolazione e per la differenziazione delle nicchie ecologiche del vasto areale in cui si è sviluppata, presenta un patrimonio genetico estremamen-te vario. Questa complessità ge-netica — che non va intesa co-me risultanza di una caotica mi-scela di patrimoni di razze diver-se ma come ricchezza di poten-ziale di adattabilità — permette di effettuare comode scelte alla determinazione di « linee » raz-ziali adatte ai vari tipi di in-crocio.
Il destino della razza bovina Piemontese è infatti imperniato su due direttrici: la prima, indi-rizzata alla produzione di ripro-duttori in purezza per il costante miglioramento della razza ed in particolare per il mantenimento delle peculiari caratteristiche della produzione carnea; la se-conda, destinata ad accrescere la produttività di carne in quelle razze bovine meno valide, sia perché caratterizzate da altri in-dirizzi produttivi, sia perché a scarse rese alla macellazione o con carcasse troppo grasse o do-tate di eccessivo osso.
Da prove effettuate è inoltre risultato che le differenti razze si comportano in modo diverso di fronte ad un medesimo toro, con risultati che convalidano la necessità di procedere alla strut-turazione di « linee incrocianti » adatte a ciascuna razza su cui si vuole operare ed in modo da ga-rantire il migliore rendimento della manovra di incrocio.
Con la strutturazione e la rea-lizzazione dei piani selettivi, di-venterà cosi possibile valorizza-re i riproduttori ed il « seme » prodotto da tori « provati », per cui, attraverso un aumento della domanda e le garanzie di una of-ferta qualificala, si potrà proce-dere alla imposizione di «
royal-ty » che potranno essere destina-te, in parte al finanziamento del-le prove di controllo della razza ed in parte alla promozione di una giusta economia per gli al-levatori dei bovini di razza Pie-montese.
Diviene ovvio perciò, ai fini della tutela della razza e degli allevatori della « piemontese », l'imposizione di un « embargo di export » fuori del territorio nazionale di riproduttori dei due sessi, e ciò per evitare che il fu-turo reddito potenziale della raz-za diventi soltanto un guadagno per altri Paesi. Questa non è pe-rò l'unica ragione per cui si ritie-ne ritie-necessario l'« embargo di ex-port »; forti di quanto avvenuto per altre razze, e tenendo presen-te la complessità del patrimonio genetico dei bovini piemontesi, riteniamo che giusti piani selet-tivi possano essere predisposti, con buone garanzie di riuscita, soltanto su un vasto numero di soggetti allevati nella nicchia ecologica di origine e perciò al di fuori di ogni nuovo fattore interferente. Va ancora tenuto presente che, data la sua finalità