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Sempre più urgente nella CEE l'attuazione di un'organica politica energetica comune

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1974 (pagine 63-69)

Sergio Torasso

L'attuazione, nell'ambito della CEE, di una concreta politica energetica comune è una indero-gabile esigenza, da tempo sensibilizzata dalle isti-tuzioni comunitarie e riproposta, in termini pe-rentori, dalla crisi mondiale dell'energia.

Alle istituzioni comunitarie è attribuito il com-pito di definire i principi di una coerente politica energetica comune, eliminando le divergenze tut-tora riscontrabili nella elaborazione delle politi-che energetipoliti-che degli stati membri, giacché tali divergenze tendono ad innescare un processo di crescente disintegrazione dell'economia energe-tica europea.

Una politica comune dell'energia è altresì ne-cessaria onde realizzare all'interno della CEE una compensazione dei rischi scaturenti, oltre che dal-l'elevato grado di dipendenza degli stati membri dalle importazioni di fonti energetiche, anche da una insufficiente diversificazione delle correnti di approvvigionamento.

La dipendenza energetica dall'esterno costitui-sce per la Comunità economica europea un pro-blema di notevole rilievo per le implicazioni eco-nomiche, finanziarie e politiche che ne discen-dono.

L'analisi di questo problema, punto nodale della politica energetica comunitaria, presuppone, in primo luogo, la definizione del concetto di poli-tica comune dell'energia.

Tale politica si configura come la risultanza della interazione di un insieme di fattori politici e socio-economici; pertanto essa è il complesso di decisioni coerenti finalizzate al raggiungimento, in tempi dati, di una serie di obiettivi delineati in un'ottica comunitaria quale discende dall'armo-nizzazione delle politiche nazionali.

Le decisioni da adottare in materia di coordi-namento delle politiche energetiche nazionali pre-sentano un tal grado di importanza che, pur con-cernendo spesse volte problemi economici, si

deb-bono più propriamente qualificare come decisioni politiche.

La politica energetica comune, pertanto, è, per definizione, una scelta: ne deriva che essa non è imposta dal mercato dell'energia, ma suppone una interazione col mercato stesso.

È opportuno rilevare che le iniziative, talvolta più velleitarie che concrete, e le proposte delle istituzioni comunitarie cui è demandata la defini-zione di una organica ed armonizzata politica energetica della Comunità europea, sono state spesse volte disattese; del pari, le azioni intra-prese ed i concreti tentativi miranti ad una effet-tiva instaurazione della politica stessa nell'area comunitaria, non hanno mai prodotto risultati di rilevante portata.

Il divario esistente tra il notevole lavoro com-piuto nel campo dell'informazione, dello studio e della discussione dagli organismi comunitari com-petenti ed i modesti risultati concretati durante un arco temporale ormai sufficientemente esteso, è, invero, considerevole.

Le motivazioni che hanno generato le difficoltà di realizzazione di una efficace e coerente politica comune dell'energia nella CEE sono essenzialmen-te ascrivibili alla carenza di inessenzialmen-tenti e di volontà politica nell'armonizzare e nell'unificare le pro-poste e le molteplici regolamentazioni che in teria hanno prodotto, autonomamente ed in ma-niera alquanto dispersiva, le tre istituzioni cui sono attribuite specifiche competenze nel settore energetico, vale a dire la CECA per il carbone, il Mercato comune per gli idrocarburi e l'Euratom per l'energia nucleare.

La insufficiente concertazione delle decisioni dei predetti tre organismi, agenti ciascuno con proprie finalità ed in forma del tutto autonoma, non ha in effetti consentito il dispiegarsi di una politica comune dell'energia in grado di assicu-rare una congrua soluzione alla problematica,

invero assai complessa, afferente al settore ener-getico.

Le remore derivanti dall'esistenza di tre di-stinti trattati e la conseguente interferenza di dif-ferenti regolamentazioni e procedure concernenti le tre fonti di energia dominanti nello scenario energetico europeo, costituiscono un ostacolo fon-damentale per il conseguimento di una politica coordinata nel settore dell'energia della Comu-nità economica europea.

Ciascun trattato, infatti, delimita il campo di applicazione delle sue disposizioni; diversa è la disciplina, in materia energetica, prevista dal trat-tato della CECA (per il carbone), da quella con-templata dai trattati istituenti la Comunità econo-mica europea (per gli idrocarburi) e l'Euratom (per l'energia nucleare), pur essendo espressa-mente sancita la non incompatibilità dei trattati stessi tra di loro.

Prive dell'unicità della regolamentazione giuri-dica ed in assenza di una autorità unica operante a livello comunitario nel settore energetico, le istituzioni comunitarie hanno tentato per lunghi anni di definire, secondo le specifiche competenze loro attribuite dai singoli trattati, chi una politica carboniera, chi una politica petroliera o gasiera, chi, infine, una politica nucleare.

Poiché presupposto indispensabile per l'effica-cia della politica energetica comune è la sua uni-cità, a motivo della stretta interdipendenza delle diverse fonti energetiche, ne discende che una po-litica energetica condotta autonomamente per sin-gola fonte, è chiaramente votata all'insuccesso.

Senza dubbio ciascuna istituzione comunitaria ha potuto risolvere problemi settoriali in materia energetica, ma il problema di fondo inerisce al coordinamento dello sviluppo delle diverse fonti dalle caratteristiche difformi — e per di più in concorrenza tra di loro sul mercato energetico — ed esige la unicità di concezione e di decisioni.

In proposito è opportuno sottolineare che l'im-patto dei fattori politici sull'equilibrio del mer-cato energetico è rilevante, per il carattere strate-gico delle fonti di energia che, come è noto, costi-tuiscono un bene di prima necessità ed un fattore insostituibile per l'elevazione del tenore di vita delle popolazioni.

Ed è proprio per effetto dell'incidenza di fat-tori politici che, talvolta, le iniziative finalizzate alla concreta attuazione di una efficace e coerente politica energetica comune, si sono sviluppate con

il dinamismo di un pescatore addormentato alla propria lenza! ^

Dopo questa digressione sulla problematica di carattere generale interessante la politica energe-tica della Comunità economica europea, è oppor-tuno analizzare gli effetti ed i rischi connessi alla dipendenza dell'area comunitaria dall'esterno per quanto attiene all'approvvigionamento di fonti energetiche. La crescente dipendenza dell'Euro-pa, e della CEE in particolare, dagli approvvigio-namenti di petrolio importato, comporta due im-portanti ordini di problemi.

Il primo concerne le misure da adottare al fine di ridurre il rischio e le conseguenze d'una pos-sibile interruzione del flusso dei rifornimenti pe-troliferi; il secondo la possibilità per la Comu-nità di pagare le sue importazioni di petrolio, sal-vaguardando nel contempo l'equilibrio della bi-lancia commerciale comunitaria.

Conviene sottolineare che fin dal 1956 l'OECE poneva l'accento su questi problemi, come risulta dal rapporto della Commissione Hartley che nelle sue conclusioni osservava come « in considera-zione dell'inevitabile incremento dei prezzi pe-troliferi e dell'accelerato tasso di accrescimento del fabbisogno di prodotti energetici importati e della relativa copertura, con tutti i rischi che com-porta questa situazione, è urgente incrementare, da parte dei paesi membri (dell'OECE) la loro produzione di energia primaria in tutte le sue forme, tenendo conto delle condizioni di carat-tere economico e di sicurezza » (').

Nel corso dello stesso anno, la chiusura del ca-nale di Suez e la progressiva riduzione dei rifor-nimenti petroliferi per l'Europa hanno perento-riamente evidenziato « i rischi » già illustrati dal rapporto Hartley, che aveva inoltre vivamente in-coraggiato i paesi membri a costituire degli stocks di fonti energetiche onde garantirsi in futuro da repentine situazioni critiche per quanto attiene all'approvvigionamento petrolifero, ed a diversi-ficare, nei limiti del possibile, le loro fonti di ap-provvigionamento intensificando l'attività di pro-spezione e accelerando la messa in opera dei gia-cimenti recentemente scoperti.

Tuttavia le condizioni si sono considerevol-mente modificate successivaconsiderevol-mente alla pubblica-zione del Rapporto Hartley.

Infatti nuove ed importanti risorse energetiche

(!) OECE: « Les besoins croissnnts de l'Europe en energie. Comment y faire face? ». Commission de l'Energie. Rapporto pre-disposto per l'OECE da sir Harold Hartley, Parigi, maggio 1956.

sono state scoperte nei giacimenti di petrolio del-l'Africa del Nord, ove la prospezione si intensi-ficava su vasta scala: ciò ha comportato un con-siderevole incremento della capacità di produ-zione totale assicurando sia la copertura dei fab-bisogni energetici europei, sia una riduzione dei prezzi del petrolio greggio con evidenti benefici per la bilancia dei pagamenti dei paesi europei. Questi favorevoli eventi, i cui effetti chiara-mente non potevano essere duraturi, hanno ge-nerato un clima di ingiustificato ottimismo circa le condizioni di sicurezza e di prezzo degli ap-provvigionamenti di petrolio greggio, e non hanno inoltre favorito la predisposizione di misure intese ad assicurare una congrua diversificazione delle fonti energetiche.

* * *

La fisionomia della domanda di energia nel-l'area comunitaria, in venti anni, si è completa-mente trasformata: il petrolio, che rappresenta la fonte energetica di gran lunga più importante, incideva nel bilancio energetico 1950 della Co-munità nella misura del 1 2 % circa, mentre in quello del 1970 la quota che il petrolio deteneva, ammontava al 5 9 % .

La nuova situazione, oltre a sottolineare la mu-tata struttura del mercato dell'energia nella Co-munità europea, induce a prendere coscienza della decisiva dipendenza dalle importazioni (il rapporto tra importazioni nette e fabbisogni to-tali passa in effetti dal 16% al 6 7 % ) , con le con-seguenze che un fatto di tale natura comporta, sia per quanto attiene ai rischi d'interruzione del-le forniture e di pressione sui prezzi, che per la necessità ed il carattere delle misure preventive. La denuncia di questo stato di cose è lungi dall'essere un'asserzione puramente verbale: la dipendenza dall'esterno, concentrata pressoché interamente nel settore petrolifero, comporta il certo trasferimento all'interno della Comunità del-le conseguenze finali (suldel-le quantità, sui prezzi e sugli investimenti) dei conflitti inevitabilmente risorgenti tra governi dei paesi produttori di pe-trolio e Compagnie petrolifere, nella fatale evo-luzione dei loro rapporti di forza, nonché dei con-flitti che potessero eventualmente insorgere tra paesi facenti parte del fronte dei produttori e paesi del blocco occidentale o ad esso in qualche modo legati.

Le crisi del 1956, 1967, 1970 e 1973, diverse per origini, ampiezza e natura, nonché quelle che potenzialmente sono suscettibili di scaturire da

nuovi problemi, altro non sono che le manifesta-zioni tangibili delle frimanifesta-zioni e degli aggiustamenti sempre più serrati che l'evoluzione comporta.

Le predette crisi hanno condotto ad un fatto concreto, l'incremento del costo del petrolio grez-zo alle origini e le inevitabili ripercussioni a ter-mine sui prezzi, oltre alle minacce di riduzione delle forniture; nel caso della crisi scoppiata nel-l'autunno 1973 tale riduzione è stata, per la prima volta, attuata. Le condizioni e le modalità con cui si sono realizzati i fatti sopra menzionati, condu-cono ad una nuova situazione di mercato, vuoi per l'acquirente, vuoi per il venditore, giacché quest'ultimo viene a configurarsi come un nucleo ristretto, organizzato e per di più « politicizzato » di offerenti.

Le conseguenze che ne derivano possono essere alquanto differenti secondo l'importanza e la na-tura della dipendenza di una determinata area economica dalle importazioni energetiche in ge-nere e petrolifere in particolare: non costituisce pertanto una sorpresa assistere ad atteggiamenti politici ed a proposte di soluzioni alle cause di conflitto, diverse a seconda degli interessi in gioco.

La situazione di dipendenza dell'Europa Occi-dentale dall'esterno, per quanto attiene all'approv-vigionamento della materia prima petrolifera, ve-nutasi a sviluppare negli ultimi anni, è oltremodo preoccupante.

Basti notare che la produzione di petrolio greg-gio realizzata all'interno dell'area comunitaria nel corso degli ultimi venti anni è stata sempre di rilevanza del tutto marginale.

La sua incidenza sulla voce « petrolio » del bilancio energetico comunitario è stata del 9 % nel 1950, e si è successivamente ridotta al 3 % nel 1971.

Né è ragionevole congetturare che le nuove riserve di petrolio greggio individuate in questi ultimi tempi in aree come quella del mare del Nord possano generare variazioni nella predetta situazione, quantomeno nel medio termine. Infatti da autorevoli stime risulta che la quota di produ-zione comunitaria, sul fabbisogno globale di greg-gio, presumibilmente non potrà superare di molto il livello del 5 % nel 1975.

La dimensione dell'utilizzazione dei prodotti petroliferi nei paesi dell'Europa occidentale, che nel 1950 è stata complessivamente dell'ordine di 56 milioni di tonnellate, nell'arco di dieci anni si ò ampliata ad oltre 196 milioni di tonnellate per

raggiungere agli inizi degli anni '70 un livello di 592 milioni di tonnellate.

Quanto alla situazione prospettiva, si può pre-vedere che l'utilizzazione europea dei prodotti raggiungerà la dimensione di circa 930 milioni di tonnellate entro il 1975 (questa stima astrae da eventi che possano incidere sulla continuità dei rifornimenti petroliferi).

Giova rilevare che, per quanto riguarda la struttura dell'utilizzazione globale di prodotti pe-troliferi nella Comunità europea, la quota netta-mente prevalente (85-88%) è costituita dai con-sumi interni, cioè dalle utilizzazioni di prodotti petroliferi, sia a carattere finale, sia per trasfor-mazioni, direttamente da parte dei settori econo-mici localizzati all'interno dell'area comunitaria.

La dimensione di tali consumi, che nel 1950 erano dell'ordine di 49 milioni di tonnellate, è aumentata ad oltre 170 milioni di tonnellate nel 1960 ed a 467 milioni di tonnellate all'inizio de-gli anni '70, con previsioni di un tasso di accele-razione che, in assenza di eventi o turbative di vario genere capaci di influire sugli approvvigio-namenti, porterebbe entro il 1975 il livello a circa 800 milioni di tonnellate.

Per contro, a fronte dell'espansione del fabbi-sogno comunitario di prodotti petroliferi, il ruolo svolto dalle importazioni di prodotti raffinati da aree extraeuropee, nell'arco degli ultimi venti anni, si è venuto drasticamente riducendo.

In definitiva, le possibilità che si offrono ai paesi della Comunità europea di diminuire la pro-pria forte dipendenza, attuale e soprattutto poten-ziale, dal petrolio di provenienza extra-comuni-taria, sono di tre tipi: nuove scoperte di giaci-menti nell'area della CEE, sviluppo di fonti ener-getiche alternative, adozione di programmi per la riduzione della domanda di prodotti petroliferi.

Per quanto riguarda la scoperta di nuovi giaci-menti nell'area comunitaria, la CEE sta attiva-mente intensificando le ricerche, segnataattiva-mente quelle off-shore, ma i risultati sono piuttosto mo-desti, se si considera che anche le nuove risorse del Mare del Nord, non sono in grado di spo-stare che in modo pressoché irrilevante i termi-ni del problema della dipendenza petrolifera dall'esterno.

Uno studio all'uopo effettuato dalla Divisione energia della CEE, nel 1973, rileva in proposito che « occorre puntare sulla scoperta di nuove ri-sorse, per l'effetto favorevole che potranno avere sui prezzi del greggio, perché si pensa

contribui-ranno a ridurre la pressione della domanda sulle altre regioni produttive.

Tuttavia questéTrisorse non potranno annullare la tendenza al rialzo a lungo termine dei prezzi mondiali.

Anche per questi motivi l'interesse per la ri-cerca petrolifera nel Mare del Nord è sempre vivo, come dimostra l'assegnazione di aree, nel marzo 1972, per la prospezione nel settore in-glese, senza dubbio la più importante assegna-zione tra quelle effettuate da quando ha avuto ini-zio l'attività di ricerca al largo della Gran

Bre-tagna » (2).

* * *

La tematica inerente alle condizioni di sicu-rezza degli approvvigionamenti petroliferi del-l'area europea, ha sollevato pletoriche dispute intorno alla definizione degli strumenti più effi-caci al fine di garantire le condizioni di cui trattasi.

Il primo tentativo di approfondimento del pro-blema in argomento venne effettuato dal Comitato del petrolio dell'OECE che in un suo studio del 1961 sosteneva che per garantire un più vasto grado di sicurezza degli approvvigionamenti « oc-correrebbe accordare alle imprese indigene pro-duttrici di energia una certa forma di protezione che permetta loro di portare la loro produzione ad un livello non raggiungibile se si esplicasse il libe-ro gioco della concorrenza. Vi è però un plibe-roblema di misura perché la maggior parte dei governi sono pronti a riconoscere la necessità di accor-dare una certa priorità alle risorse indigene per numerose motivazioni, segnatamente per ragioni di sicurezza nazionale, tanto che gran parte delle loro importazioni di petrolio proviene ancora da un numero relativamente limitato di fonti e che non si può eliminare il rischio di una interruzione. Tuttavia spingere troppo lontano una tale politica presenta una certa serie di

inconve-nienti... » (3).

Giova tuttavia rilevare, in margine alle succi-tate osservazioni, che le possibilità dell'Europa di assicurare la copertura dei suoi crescenti

fabbi-(2) Relazione dal titolo « L'approvvigionamento energetico della Comunità ampliata » tenuta dal Sig. André Sidet — Diret-tore della Sezione energia e ricerca scientifica della Comunità di fronte alla Commissione della CEE — Bruxelles (dicembre 1973) DE/SERS —: B- 1810 - 3397.

(3) Le pétrole: nouvelle évolution dans la zone OECE — Elude préparé par le Comité du pétrole — public par l'Orga-nisation européenne de coopération economique, Paris, janvier

1961. Document diffusé au sein de l'OECE sous la còte C (60) 214 — approuvé par le Comité en novembre 1960 — capitolo V pag. 38.

sogni energetici attraverso sue proprie risorse, sono senza dubbio remote.

Inoltre va sottolineato che non è conveniente superare di molto il livello ottimale, sotto il pro-filo economico, di produzione delle fonti energe-tiche, giacché l'ulteriore incremento della produ-zione energetica indigena comporterà una lievi-tazione dei costi tale da annullare i benefici di una migliore sicurezza di approvvigionamento.

Lo stesso Comité du pétrole dell'OECE aggiun-ge che il petrolio non presenta, per molteplici uti-lizzazioni, la caratteristica di agevole intercam-biabilità con altre fonti di energia.

Vengono citati, in proposito, gli usi per tra-sporti terrestri e per via aerea, gli usi agricoli; inoltre si rileva che l'incessante espansione del-l'industria petrolchimica europea assorbe quan-tità crescenti di prodotti petroliferi, ed, infine, in determinate utilizzazioni il petrolio presenta in-negabili vantaggi, sia sotto il profilo economico che tecnico.

Concludendo la disamina intorno alle condi-zioni di sicurezza degli approvvigionamenti, lo studio del Comitato del petrolio più sopra citato osserva che, stante la necessità per i paesi euro-pei di attingere in misura crescente i loro riforni-menti energetici dai paesi terzi, il modo più effi-cace per assicurare la continuità e la sicurezza dei rifornimenti stessi è di diversificare sensibil-mente le fonti di approvvigionamento, soprattutto intensificando le prospezioni in regioni che si prevedono dotate di giacimenti petroliferi. Viene inoltre raccomandato ai paesi europei la costitu-zione di stocks in grado di fronteggiare, quanto-meno per un periodo non eccessivamente breve, eventuali repentine interruzioni del flusso dei rifornimenti di petrolio greggio.

Sull'abbrivo delle conclusioni del predetto stu-dio il preoccupante fenomeno della crescente di-pendenza dell'area comunitaria da paesi esterni, per quanto attiene al settore idrocarburi, ha solle-citato, nel prosieguo degli anni, la elaborazione di proposte e di misure intese a ridurne la portata e le conseguenze.

Tra di esse merita particolare attenzione il do-cumento, elaborato nel 1972, «Progressi

neces-sari della politica energetica comunitaria » (4), in

cui si espone un piano petrolifero comunitario, articolato in una gamma di proposte tra le quali particolare risalto viene dedicato ai problemi in argomento. Le linee d'azione del predetto piano sono essenzialmente le seguenti:

1) organizzare la comunicazione regolare, secondo criteri uniformi, di informazioni sulla ri-cerca e sullo sfruttamento petrolifero nella Co-munità;

2) sulla base del programma per la soppres-sione degli ostacoli agli scambi di carattere tecni-co, armonizzare, in ordine di precedenza: le spe-cifiche tecniche dei prodotti petroliferi; le regole di sicurezza e le norme di costruzione delle raffi-nerie e degli impianti di stoccaggio;

3) stabilire regole comunitarie: a) per il tra-sporto attraverso oleodotto al fine di introdurre un obbligo di trasporto per conto terzi, a prezzi e condizioni non discriminatorie, con oleodotti che presentano un interesse generale per la Comunità;

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1974 (pagine 63-69)