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Il contrasto all'immigrazione clandestina assume sempre più sovente il carattere della lotta contro la criminalità organizzata transnazionale. Nella maggioranza dei casi il trasporto dei migranti dai Paesi di origine o di transito, fino agli Stati di destinazione, è affidato ad organizzazioni di criminali, che speculano sulla vita degli stessi.

Il traffico di migranti clandestini costituisce innanzitutto un problema di carattere umanitario. Una realtà tristemente conosciuta e che riguarda da vicino l'Italia, è quella del Mediterraneo, in cui ogni anno migliaia di persone perdono la vita cercando di attraversare il mare,69 mettendosi nelle mani dei

trafficanti. Questi “viaggi della speranza” costano alle persone trasportate un prezzo altissimo, non soltanto in termini pecuniari ma anche per la sopportazione fisica e psicologica che richiedono, a causa delle condizioni inumane e degradanti in cui spesso vengono effettuati.

68 I. CARACCIOLO, op. cit., p. 168.

69 Alcuni dati sul numero delle vittime dell'immigrazione verso l'Europa sono reperibili online al sito <http://fortresseurope.blogspot.it/>.

In aggiunta all'emergenza umanitaria il traffico di migranti determina anche, secondariamente, gravi pregiudizi per gli Stati di destinazione.70 Non solo viola le norme interne che regolano i

flussi di immigrazione e si configura come un danno per la politica migratoria nazionale, ma rappresenta anche un gravoso impegno per i Paesi che si trovino nelle condizioni di dovervi far fronte. Non di rado si rendono necessari interventi consistenti in azioni di contrasto ma soprattutto di salvataggio, con un enorme sforzo di organizzazione e coordinazione di mezzi.

Il primo (ed unico) accordo multilaterale che disciplina il cosiddetto contrabbando di migranti (smuggling of migrants) è il Protocollo addizionale contro il traffico di migranti via terra, mare e aria,71 annesso alla Convezione delle Nazioni Unite

contro la criminalità organizzata transnazionale,72 firmata a

Palermo il 12 dicembre del 2000.

Il bisogno di introdurre una normativa che fornisse degli strumenti giuridici per contrastare il fenomeno dello smuggling fu avvertito dalla comunità internazionale alla fine degli anni Novanta, ed in particolare dall'Italia, trovatasi a fronteggiare nel 1997 un numero di arrivi via mare senza precedenti.73

70 G. PALMISANO, op. cit., 99.

71 Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Sea and Air,

supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, adottato dall'Assemblea Generale delle NU con risoluzione 55/25 ed

entrato in vigore il 28 gennaio 2004

72 United Nations Convention against Transnational Organized Crime, adottata dall'Assemblea Generale delle NU con risoluzione 55/25 del 15 novembre 2000 ed entrata in vigore il 29 settembre 2003.

73 C. BROLAN, “An Analysis of the Human Smuggling Trade and theProtocol Against the Smuggling of Migrants by Land, Air and Sea (2000) from a Refugee Protection Perspective”, in International Journal of Refugee Law, Vol. 14, Issue 4, 2002, pp. 581-582.

Per supplire all'assenza di apposite previsioni internazionali dedicate al contrasto del traffico di migranti, l'Organizzazione marittima internazionale, mossa anche da esigenze di tutela della navigazione, ha adottato, nel 1998, una Circolare74 - “Interim

measures for combating unsafe practices associated with the trafficking or transport of migrants by sea” - indirizzata agli Stati membri, atta a regolamentare per la prima volta la materia.75 Il Protocollo contro il traffico di migranti, adottato a

Palermo due anni più tardi, nel 2000, ha recepito e reso vincolanti la maggior parte delle disposizioni - di natura puramente raccomandatoria - contenute nella Circolare e rivolte a garantire la sicurezza della navigazione, integrandole con apposite norme finalizzate alla lotta contro il trasporto irregolare di migranti. Il Protocollo rappresenta quindi l'unico strumento vincolante, ad hoc, contenente specifiche disposizioni incriminatrici indirizzate alla prevenzione ed alla repressione delle attività criminali ricollegabili al traffico dei migranti.

Secondo l'articolo 3 (a) del Protocollo:

smuggling of migrants “shall mean the procurement, in order to obtain, directly or indirectly, a financial or other material benefit, of the illegal entry of a person into a State Party of which the person is not a national or a permanent resident”.76

74 Circolare IMO, MSC/896, 11 dicembre 1998. 75 E. PAPASTAVRIDIS, op. cit., pp. 278-279.

76 Con il termine “smuggling of migrants” si intente il “procurare, al fine di

ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato Parte di cui la persona non è cittadina o residente permanente”.

La fattispecie si caratterizza per la presenza di due elementi: da una parte vi è l'intento specifico di realizzare l'ingresso illegale del migrante in un uno Stato in cui non sia cittadino o residente a titolo permanente; dall'altra vi è lo scambio di benefici tra trafficante e migrante. Il beneficio per il trafficante è rappresentato dal profitto finanziario che riceve dall'esecuzione della prestazione, mentre per il migrante il vantaggio consiste nell'ingresso illegale nel Paese di destinazione.

Lo scopo essenziale del Protocollo in esame “is to prevent and combat the smuggling of migrants, as well as to promote cooperation among States Parties to that end, while protecting the rights of smuggled migrants”.77 La tutela dei migranti sembra

dunque rivestire un ruolo secondario. Sebbene alle persone contrabbandate siano riconosciuti standard minimi di protezione, la loro tutela non rientra tra gli obiettivi principali, che si limitano alla prevenzione ed al contrasto dello smuggling, unitamente alla promozione della cooperazione tra gli Stati parte a tal fine.

Il ruolo secondario che riveste la tutela dei diritti umani del migrante contrabbandato all'interno del Protocollo sembrerebbe trovare una giustificazione nel suo comportamento attivo, ovverosia nella volontarietà dello stesso. La scelta consapevole del soggetto che si rivolge ai trafficanti per raggiungere in maniera illegale i confini di un altro Stato, è uno tra gli elementi che differenziano la fattispecie dello smuggling da quella del

77 Art. 2 Smuggling Protocol: “Lo scopo del Protocollo è di prevenire e

combattere il traffico di migranti, nonché quello di promuovere la cooperazione tra gli Stati Parte a tal fine, tutelando al contempo i diritti dei migranti oggetto di traffico clandestino”.

trafficking of human beings.78 In quest'ultimo caso la persona

non riveste un ruolo attivo e risulta essere vittima della condotta vietata dalla norma internazionale, e non, come nel caso dello smuggling, compartecipe della stessa.79 Ciò spiega il perché nella

fattispecie del trafficking of human beings le disposizioni del relativo Protocollo sono finalizzate a garantire il rispetto e la tutela dei diritti della persona, mentre, quando si è in presenza di smuggling, l'interesse prevalentemente tutelato è quello della sovranità statale.80 Nonostante sia chiara, nella teoria, la

differenza tra contrabbando di schiavi e traffico di persone, non mancano coloro che sostengono sia opportuno adottare un approccio al fenomeno dello smuggling che tenga necessariamente in maggior considerazione una “human rights perspective”, soprattutto se si considera che nella realtà dei fatti i due fenomeni non sono mai così netti e distinti tra loro, ed anzi, spesso, ad esempio, lo smuggling può rappresentare l'inizio di una situazione di trafficking.81

Tra gli standard minimi di protezione riconosciuti e garantiti dal Protocollo vi è l'impegno da parte degli Stati di non considerare penalmente perseguibili i migranti, i quali pertanto non risultano imputabili per il reato di smuggling, nonostante la volontarietà dell'ingresso clandestino.82 Ma soprattutto gli Stati partecipanti si

78 Cfr. Trafficking Protocol. 79 G. PALMISANO, op. cit., p. 102.

80 T. OBOKATA, “The Legal Framework on Immigration Control at Sea”, in B. RYAN, V. MITSILEGAS (edited by), Extraterritorial Immigration Control:

Legal Challenges, Leiden, Martinus Nijhoff Publishers, 2010, p. 161.

81 T. OBOKATA, op.cit., pp. 414-415.

82 Art. 5 Smuggling Protocol, cfr. SCHLOENHARDT A., HICKSON H., “Non- Criminalization of Smuggled Migrants: Rights, Obligations, and Australian Practice under Article 5 of the Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Sea, and Air”, in International Journal of Refugee Law, Vol. 23, No. 1,

impegnano a proteggere la vita del migrante contrabbandato ed il suo diritto a non subire trattamenti inumani o degradanti,83 anche

se, a tal proposito, sarebbe forse stato opportuno l'inserimento di una specifica disposizione riguardante una possibile permanenza del migrante nello Stato di destinazione, così come previsto per il trafficking of human beings. Non va dimenticato che tra i migranti complici dello smuggling vi sono anche numerosi potenziali richiedenti asilo, pertanto sarebbe auspicabile che l'ingresso irregolare sul territorio di uno Stato non costituisca di per sé motivo sufficiente per privare un soggetto del diritto di richiedere protezione internazionale.84

Il Protocollo stabilisce l'obbligo per gli Stati di predisporre nel proprio ordinamento norme incriminatrici dello smuggling of migrants.85 Inoltre essi “shall cooperate to the fullest extent

possible to prevent and suppress the smuggling of migrants by sea, in accordance with the international law of the sea”86.

Tra gli strumenti di cui gli Stati dispongono viene fatto esplicito riferimento alla possibilità di esercitare il diritto di visita a bordo dell'imbarcazione straniera, ove vi sia il sospetto che sia dedita al traffico di migranti.

Secondo quanto stabilito dall'articolo 8 (2):

“A State Party that has reasonable grounds to suspect

2013, p. 42 ss.

83 Art. 16 Smuggling Protocol.

84 A. GALLAGHER, “Human Rights and the New UN Protocols in Trafficking and Migrant Smuggling: A Preliminary Analysis”, in Human Rights Querterly, Vol. 23, 2001, pp. 997-998.

85 Art. 6 Smuggling Protocol.

86 Art. 7 Smuggling Protocol: gli Stati “devono cooperare nella maniera più

ampia per prevenire e reprimere il traffico di migranti via mare, ai sensi del diritto internazionale del mare”.

that a vessel exercising freedom of navigation in accordance with international law and flying the flag or displaying the marks of registry of another State Party is engaged in the smuggling of migrants by sea may so notify the flag State, request confirmation of registry and, if confirmed, request authorization from the flag State to take appropriate measures with regard to that vessel. The flag State may authorize the requesting State, inter alia: (a) to board the vessel; (b) to search the vessel; and (c) if evidence is found that the vessel is engaged in the smuggling of migrants by sea, to take appropriate measures with respect to the vessel and persons and cargo on board, as authorized by the flag State”.87

L'esercizio del diritto di visita a bordo di un'imbarcazione straniera, nel caso in cui vi sia il fondato sospetta che sia dedita allo smuggling di migranti, non è assoluto, ma risulta subordinato all'espressa autorizzazione dello Stato di bandiera. Il semplice consenso del comandante dell'imbarcazione o il tacito consenso dello Stato di appartenenza non sono sufficienti ai fini

87 “Uno Stato parte che ha ragionevoli motivi per sospettare che una nave, che

esercita la libertà di navigazione in conformità al diritto internazionale e che batte bandiera o che esibisce i segni di iscrizione al registro di un altro Stato Parte, sia coinvolta nel traffico di migranti via mare, può informare di ciò lo Stato di bandiera, chiedere conferma dell’iscrizione sul registro e, se confermata, chiedere l’autorizzazione a detto Stato a prendere misure opportune in relazione a tale nave. Lo Stato di bandiera può autorizzare lo Stato richiedente, tra le altre misure, a: a) fermare la nave; b) ispezionare la nave; e c) se vengono rinvenute prove che la nave è coinvolta nel traffico di migranti via mare, prendere le misure opportune in relazione alla nave, alle persone e al carico a bordo, come da autorizzazione da parte dello Stato di bandiera”.

dell'applicazione del presente articolo. Il Protocollo dunque conferma il principio della libertà di navigazione in alto mare e dell'esclusiva giurisdizione dello Stato di bandiera.

Vi sono però alcune eccezioni. La prima riguarda il caso in cui vi sia un imminente pericolo per le persone che si trovino a bordo della nave sospetta, tale condizione rende necessario l'immediato intervento dello Stato.88 La seconda eccezione riguarda invece

l'ipotesi in cui un'imbarcazione sospettata di effettuare il contrabbando di migranti sia priva di nazionalità. In tal caso, secondo quanto stabilito dall'articolo 8(7) del Protocollo:

“A State Party that has reasonable grounds to suspect that a vessel is engaged in the smuggling of migrants by sea and is without nationality or may be assimilated to a vessel without nationality may board and search the vessel. If evidence confirming the suspicion is found, that State Party shall take appropriate measures in accordance with relevant domestic and international law”.89

È evidente che non risulta esperibile in una simile circostanza la normale procedura - che prevede la richiesta dell'autorizzazione a procedere allo Stato di bandiera - dal momento che l'imbarcazione non espone alcun segno di riconoscimento. In tal caso ed in presenza di ragionevoli motivi di sospetto del

88 Art. 8 (3) Smuggling Protocol.

89 “Uno Stato parte che ha ragionevoli motivi per sospettare che una nave è

coinvolta nel traffico di migranti via mare e che questa è senza nazionalità, o può essere assimilata ad una nave senza nazionalità, può fermare e ispezionare la nave. Se il sospetto è confermato da prove, detto Stato Parte prende misure opportune, conformemente al relativo diritto interno ed internazionale”.

coinvolgimento della nave nell'attività di smuggling, ciascuno Stato parte del Protocollo può fermare ed ispezionare la nave, ed è tenuto a prendere gli opportuni provvedimenti qualora, successivamente all'esercizio del diritto di visita, il sospetto venga confermato dal riscontro di prove. Rimane tuttavia un vuoto legislativo per quanto riguarda la definizione delle “appropriate measures in accordance with relevant domestic and international law”. In particolare resta irrisolta la domanda su quali siano le misure da adottare nei confronti dei migranti oggetto dello smuggling, alla luce della non criminalizzazione della condotta operata dal Protocollo. Tali “approriate measures” potrebbero consistere nell'adozione delle misure coercitive dell'arresto, detenzione o accompagnamento forzato nel territorio dello Stato di destinazione? L'espressa proibizione di sottoporre i migranti alla giurisdizione criminale fa si che il Protocollo non rappresenti la base giuridica necessaria e legittimante le suddette misure.90

Alcune possibili azioni a disposizione degli Stati potrebbero consistere nella richiesta al Paese del quale gli smugglers sono cittadini di procedere all'arresto, e nella richiesta allo Stato di cittadinanza del proprietario dell'imbarcazione di procedere al sequestro della stessa. Tali misure non sembrano sollevare problemi di conformità con le regole di diritto internazionale.91

90 M. DEN HEIJER, Europe and Extraterritorial Asylum, Oxford, Hart Publishing, 2012, p. 227 ss. In particolare ci si domanda se il Protocollo predisponga la necessaria base giuridica per l'esercizio della giurisdizione criminale e l'adozione di misure quali l'arresto dei trafficanti. Non essendo espressamente disciplinata una simile ipotesi non si ritiene che possa essere ricompresa all'interno del Protocollo.

Senza mettere in discussione il ruolo sicuramente innovativo che riveste il Protocollo di Palermo nella lotta all'immigrazione clandestina via mare ed al contrasto dello smuggling, occorre in questa sede evidenziare una serie di preoccupazioni che esso solleva.

I due princìpi cardine delle relazioni internazionali sono il principio di non interferenza, il quale comporta l'obbligo di non interferire con gli affari interni di un altro Paese, ed il principio di sovranità territoriale. In relazione allo smuggling di migranti via mare il Protocollo rafforza tali princìpi subordinando il diritto di azione, nelle operazioni di contrasto all'immigrazione irregolare, al consenso dello Stato di bandiera. Questa decisione limita fortemente i poteri di intervento degli altri Stati.

Congiuntamente, un'ulteriore critica è stata sollevata in merito alla terminologia utilizzata relativamente allo scambio di autorizzazioni tra Stati al fine di consentire legittimamente l'intercettazione.92 L'utilizzo del termine “may” in

contrapposizione a “shall” rende infatti difficile stabilire nel caso concreto la responsabilità per il mancato rispetto della condotta prescritta dalla norma.93

In conclusione, il Protocollo contro il traffico di migranti istituisce un quadro istituzionale che consente di migliorare la cooperazione tra Paesi di arrivo, partenza e transito, per quanto riguarda l'esercizio del diritto di visita a bordo delle imbarcazioni

92 Art. 8 (2) “A State Party […] may so notify the flag State […] The flag State

may authorize [...]”; art. 8 (7) “A State Party […] may board and search the vessel may board and search the vessel. If evidence confirming the suspicion is found, that State Party shall take appropriate measures ”.

che si sospetta siano coinvolte nelle attività di smuggling, subordinatamente al consenso dello Stato di bandiera. Nonostante i limiti segnalati rappresenta lo strumento più efficace e valido per affrontare il problema dell'immigrazione via mare e prevenire ulteriori tragedie umane.

2.5 Cenni sulla posizione dell'Unione Europea nei