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Si può contrastare la tendenza alla via bassa alla ripresa?

Intensità del lavoro, evoluzione dell’occupazione, polarizzazione Ivana Fellini, Emilio Reyneri

6. Si può contrastare la tendenza alla via bassa alla ripresa?

La stretta connessione tra scarsa intensità e scarsa qualificazione della nuova occupa-zione con alcuni settori economici dei servizi, caratterizzati da una bassa produttività e da una debole innovazione tecnologica, rende molto difficile, se non impossibile suggerire misure di intervento che si limitino al livello delle politiche del lavoro. Qui non si tratta tanto di favorire il passaggio da tempo parziale a tempo pieno con sgravi contributivi alle imprese o di promuovere processi di qualificazione professionale con processi formativi. Infatti, chi lavora controvoglia a tempo parziale in mansioni poco qualificate è occupato in settori che offrono quasi solo occupazioni con queste caratte-ristiche: dagli alberghi ai ristoranti, dai grandi magazzini ai trasporti, dai servizi alle imprese di basso livello a quelli sociali e alla persona (incluso il lavoro domestico e di cura, che in Italia ha raggiunto livelli elevati, continuando a crescere anche durante la crisi). Interventi anche importanti e costosi per favorire un upgrading dei livelli di qualificazione professionale e una maggiore durata dell’orario settimanale di lavoro non potrebbero sortire grandi risultati, tenuto conto di come in questi settori sono inevitabilmente organizzati i processi lavorativi.

Purtroppo il problema della bassa intensità e della scarsa qualificazione dell’occu-pazione italiana è molto più serio e difficile da affrontare, poiché sta nella struttura dell’economia italiana, che ormai da parecchi anni non vede crescere quei settori e quelle attività a elevata produttività e alto valore aggiunto che soli sarebbero in grado di offrire posti di lavoro molto qualificati e a tempo pieno. D’altronde questo è l’ine-vitabile risultato di venti anni in cui secondo le statistiche OECD la percentuale di investimenti in ricerca e sviluppo sul prodotto interno lordo supera di poco la metà della media dei paesi occidentali.

Figura 4 -Tendenze dell’occupazione per livello di qualificazione, genere e cittadinanza degli occupati, 2017/2013 (variazione in punti percentuali)

Spesso, guardando al tasso di occupazione della popolazione italiana, che era molto basso anche prima della crisi, ci si dimentica che il netto divario rispetto a quasi tutti gli altri paesi europei non si deve alle occupazioni con un livello medio o basso di qua-lificazione professionale, che sono quasi in linea con la media europea, ma alla carenza di occupati in mansioni dirigenziali, intellettuali o tecniche. Come mostra la figura 5, nel 2008 il tasso di occupazione della popolazione italiana (15-64 anni) era inferiore di oltre 8 punti percentuali alla media dell’Unione Europea 15, ma per quasi la metà que-sto divario era dovuto alla fascia professionalmente più alta. La crisi e la successiva ripresa hanno accentuato questa caratteristica, per cui il divario è cresciuto sino a 10 punti percentuali, di cui oltre 8 punti dovuti alla più ridotta fascia alta. Questa è la re-altà del “vuoto occupazionale” dell’Italia, che ne rende più ardua la soluzione perché è molto più difficile creare occasione di lavoro altamente qualificate.

Questa difficoltà appare particolarmente ardua se si disaggrega per settori il divario tra il tasso di occupazione dell’Italia e quello medio dell’Unione Europea a 15. Infatti, come mostra la tabella 4, il divario si deve soprattutto (e sempre di più) a 4 settori (tut-ti a elevata intensità di lavoro altamente qualificato), di cui uno solo è privato: i servizi amministrativi e finanziari, a testimonianza dell’arretratezza del sistema di piccole imprese. Gli altri tre, dall’amministrazione pubblica all’istruzione e soprattutto alla Figura 5 - Tassi di occupazione per livelli di qualificazione professionale

Note

1. E. Reyneri, Le due grandi crisi del mercato del lavoro: gli anni Trenta del XX secolo e gli anni Dieci del XXI secolo a confronto, in Istat, La società italiana e le grandi crisi economiche: 1929-2016. Annali di statistica. Roma, in corso di pubblicazione.

2. ILO, Part time work: solution or trap?, in «International Labour Review», 1997, vol. 136, n. 4; OECD, Employment

Outlook, 2010, Parigi, pp. 211-256.

3. Anche parte di questo part time non è davvero “volontario” perché gli impegni familiari sono spesso un obbligo, ma in un’ottica di mercato del lavoro si considera involontario solo quello dovuto alla mancanza di un rapporto a tempo pieno.

4. Emilio Reyneri, Lavoro indipendente sul viale del tramonto, in «Lavoce.info», 31 ottobre 2017.

5. Con un effetto negativo sulla produttività delle imprese (già stagnante da molti anni) secondo una ricerca che ha trovato come un aumento del 10% nella proporzione di lavoratori a tempo parziale riduce la produttività di 1,45% (Francesco. Devincenti, Elena Grinza e Davide Vannoni, The impact of part time work on firm productivity: evidence

from Italy, in «Industrial and Corporate Change», vol. 27, n. 2, 2018).

6. E. Reyneri, Introduzione alla sociologia del mercato del lavoro, Bologna, Il Mulino, 2017, pp. 77-81.

7. OECD, How technology and globalisation are transforming the labour market, in OECD, Employment outlook, OECD, Parigi 2017, pp.81-124.

8. Daron Acemoglu e David. H. Autor, Skills, tasks and technology: Implications for employment and earnings, NBER Working Paper No. 16082, Cambridge, MA, 2010.

9. Si veda ad esempio Daniel Oesch, Welfare Regimes and Change in the Employment Structure: Britain, Denmark and

Germany since 1990, in «Journal of European Social Policy»”, vol. 25, n. 1, 2015, pp. 94-110.

10. EUROFOUND, Employment polarisation and job quality in the crisis, EUROFOUND, Dublino 2013.

11. In questa analisi si adotta un’aggregazione dei gruppi occupazionali in linea con quella recentemente adottata dall’OECD in OECD, How technology and globalisation are transforming the labour market, in OECD, Employment

outlo-ok, OECD, Parigi 2017, pp.81-124. La fascia delle occupazioni a elevata qualificazione comprende i dirigenti, le pro-fessioni intellettuali e i tecnici; la fascia delle occupazioni intermedie comprende le propro-fessioni esecutive manuali (impiegati) e non manuali (operai specializzati); la fascia delle occupazioni a bassa qualificazione comprende gli addetti alle vendite e ai servizi alla persona, gli operai semi-qualificati e le occupazioni elementari.

12. Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, Previsione dei fabbisogni occupazionali e professiona-li in Itaprofessiona-lia a medio termine (2018-2022), Unioncamere, Roma 2018.

13. Per un approfondimento si vedano Ivana Fellini, Una «via bassa» alla decrescita dell’occupazione: il mercato del lavoro italiano tra crisi e debolezze strutturali, in «Stato e mercato», n. 3, pp. 469-508, 2015; Ivana Fellini e Gio-vanna Fullin, Employment change, institutions and migrant labour: the Italian case in comparative perspective, in «Stato e mercato», n. 2, 2018, pp. 293-33.

14. Qui si fa riferimento alla cittadinanza, perciò il contributo degli immigrati e delle immigrate all’occupazione risulta inferiore alla realtà poiché dal 2012 sono andati aumentando coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana.

Tabella 4 – Tasso di occupazione (15-64 anni) per settore: differenza in punti percentuali tra Italia e media Unione europea a 15

Bibliografia

Acemoglu D. e Autor D. H., Skills, tasks and technology: Implications for employment and earnings, NBER

Working Paper No. 16082, Cambridge, MA, 2010.

Devincenti F., Grinza E. e Vannoni D., The impact of part time work on firm productivity: evidence from Italy, in «Industrial and Corporate Change», vol. 27, n. 2, 2018.

EUROFOUND, Employment polarisation and job quality in the crisis, EUROFOUND, Dublino 2013 Fellini I. e Fullin G., Employment change, institutions and migrant labour: the Italian case in comparative

per-spective, in «Stato e mercato», n. 2, 2018, pp. 293-33.

Fellini I., Una «via bassa» alla decrescita dell’occupazione: il mercato del lavoro italiano tra crisi e debo-lezze strutturali, in «Stato e mercato», n. 3, pp. 469-508, 2015.

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OECD, How technology and globalisation are transforming the labour market, in OECD, Employment outlook, OECD, Paris 2017, pp.81-124

Oesch D., Welfare Regimes and Change in the Employment Structure: Britain, Denmark and Germany since

1990, in «Journal of European Social Policy»”, vol. 25, n. 1, 2015, pp. 94-110.

Reyneri E., Introduzione alla sociologia del mercato del lavoro, Bologna, Il Mulino, 2017, pp. 77-81. Reyneri E., Lavoro indipendente sul viale del tramonto, in «Lavoce.info», 31 ottobre 2017.

Reyneri E., Le due grandi crisi del mercato del lavoro: gli anni Trenta del XX secolo e gli anni Dieci del XXI secolo a confronto, in Istat, La società italiana e le grandi crisi economiche: 1929-2016. Annali di statistica. Roma, in corso di pubblicazione.

UNIONCAMERE – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, Previsione dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2018-2022), Unioncamere, Roma 2018.

Capitolo 2