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Relazioni tra lavoro povero e povertà

Il lavoro povero in Italia, tra bassi salari e precarietà 1

4. Relazioni tra lavoro povero e povertà

Lavoro povero e povertà non sono lo stesso fenomeno né necessariamente coincidono. Il lavoro povero interessa l’individuo che, per quanto occupato, non riesce a ricavare dal lavoro una remunerazione adeguata (valutando l’adeguatezza in termini assoluti o relativi). Non è detto che un lavoratore povero sia in condizioni di disagio economi-co e di deprivazione, perché è importante il ruolo della famiglia economi-come ammortizzatore sociale. Il nucleo familiare opera come redistribuzione dei redditi tra i suoi compo-nenti, consentendo così di contenere le disuguaglianze che si creano sul mercato del lavoro.

Spostando lo sguardo dall’individuo lavoratore alla famiglia si può tentare di rico-struire il legame tra lavoro povero e povertà. Assumendo la prospettiva della fami-glia, si analizza la povertà nell’occupazione, la cosiddetta in-work poverty: con questo termine si intende il caso di quelle famiglie che si ritrovano in condizioni di povertà relativa nonostante almeno uno dei loro componenti sia occupato. L’occupazione di almeno un membro smette così di essere una garanzia contro la povertà.

Sulla base dei dati IT SILC, che permettono di incrociare informazioni individuali con quelle familiari, abbiamo quantificato le famiglie in-work poor in oltre 2,2 milioni nel 2015, pari all’8,6% del totale. Tale quantificazione corrisponde a quasi 5 milioni di per-sone in condizioni di povertà nonostante almeno un componente della loro famiglia sia occupato, pari al 9,6% della popolazione (con più di 16 anni)5. Considerando però che le famiglie a maggior rischio di povertà sono quelle con (più) figli minori a carico, la quantificazione in termini di persone è molto probabilmente superiore al 10% della popolazione.

La condizione di povertà nonostante l’occupazione di almeno un componente della famiglia deriva da diverse eventualità, che si possono combinare tra loro: innanzi tut-to, la scarsa intensità di lavoro della famiglia nel suo insieme, ovvero se l’occupazione è concentrata su un solo membro, che sarà l’unico percettore di reddito (mentre gli altri componenti risultano disoccupati o inattivi); oppure la scarsa intensità di lavoro dei singoli componenti, che risultano magari sotto-occupati o occupati saltuariamen-te, con l’effetto di comprimere i redditi annuali percepiti; oppure perché i salari orari

nella sua accezione più ampia (quella che considera non solo il livello delle retribuzio-ni ma anche l’intensità lavorativa).

Pur restringendo la definizione di lavoro povero al solo aspetto retributivo, si osser-va come il rischio di povertà nell’occupazione per le famiglie cresce notevolmente all’aumentare del numero di componenti che risultano working poor (ovvero che hanno una remunerazione oraria inferiore alla soglia di povertà). Se l’incidenza della in-work

poverty è, per il complesso delle famiglie, pari a poco meno del 9%, sale a quasi il 40%

quando nella famiglia sono presenti uno o due lavoratori a bassa retribuzione oraria, e al 100% quando i lavoratori poveri sono più di due. In altre parole, quanto più è diffuso il lavoro povero all’interno della famiglia tanto più è probabile che la famiglia risulti avere un reddito complessivo equivalente inferiore alla soglia di povertà. Utilizzando invece l’interpretazione più ampia di lavoro povero, considerando quindi non solo il criterio retributivo ma anche gli effetti della sottoccupazione e dell’occu-pazione saltuaria, si osserva non sorprendentemente una maggior sovrapposizione del fenomeno del lavoro povero con quello della povertà. Solo poco più di metà delle famiglie in-work poor risultano essere anche interessate dal lavoro povero di almeno uno dei componenti in termini retributivi, ma se si considerano anche sottoccupazione e saltuarietà dell’impiego, la coincidenza delle due aree è quasi totale, dato che il 97% delle famiglie in-work poor è interessata dal lavoro povero definito in senso più ampio. L’impatto del lavoro povero sulla condizione di povertà è amplificato dalla bassa in-tensità occupazionale all’interno della famiglia. Quanto più è scarso il lavoro all’in-terno della famiglia tanto più è impattante sul reddito familiare il fatto che i membri occupati siano lavoratori poveri, perché non ci sono altri componenti che possono compensare i bassi redditi. L’analisi per caratteristiche familiari evidenzia come il ri-schio di povertà nell’occupazione sia più alto quanto più numerosa è la famiglia, e soprattutto quante più persone a carico per ogni occupato ci sono. Una maniera per misurare il rapporto di dipendenza tra persone a carico e occupati è l’indicatore di in-tensità occupazionale all’interno del nucleo familiare, dato dal rapporto tra occupati e componenti. Il rapporto è pari a 1 quando tutti i componenti sono occupati (es. coppia in cui entrambi lavorano, single, famiglie con figli maggiorenni e occupati), e si riduce all’aumentare del numero di membri non occupati rispetto al totale dei componenti (senza raggiungere mai lo 0, dato che si sta parlando di in-work poverty, quindi almeno un membro occupato c’è).

L’effetto della presenza di un lavoratore povero sulla probabilità della famiglia di essere in condizioni di povertà nonostante l’occupazione è amplificato dalla scarsa intensità occupazionale, proprio perché non ci sono altri redditi da lavoro che com-pensino le basse entrate percepite dal lavoratore povero. Quando l’intensità occupa-zionale è bassissima, se l’unico occupato è un working poor è estremamente probabile che la famiglia versi in povertà, e si ha sostanziale coincidenza del lavoro povero con la povertà nell’occupazione. Al crescere dell’intensità occupazionale all’interno della famiglia si riduce il rischio di povertà connesso alla presenza di un lavoratore povero.

In Italia bassi tassi di attività per alcune categorie (giovani, donne), insieme ad una disoccupazione ancora elevata – soprattutto in alcune aree del Paese – si traducono in una bassa intensità occupazionale all’interno delle famiglie: l’intensità mediana nel 2015 era dello 0,25, ovvero metà delle famiglie avevano un solo occupato su quat-tro membri. Ne discende che il problema della povertà e del lavoro povero connesso all’intensità occupazionale è indubbiamente rilevante. Se pochi sono i componenti occupati all’interno di una famiglia, è molto più probabile che il lavoro povero, la cui ampiezza è non trascurabile, coincida difatti con situazioni di povertà relativa, e in molti casi con deprivazione.

In un confronto europeo, l’Italia si distingue per essere uno dei paesi dove l’incidenza

Tabella 3 – Rischio di povertà (in-work poverty) e lavoro povero, in base all’intensità occupazionale

Note: intensità occupazionale calcolata come rapporto tra numero di occupati all’interno della famiglia e numero di componenti del nucleo familiare.

Fonte: elaborazioni su dati IT SILC Istat

Figura 1 - Rischio di povertà (in-work) e intensità occupazionale

Note: intensità occupazionale calcolata come rapporto tra numero di occupati all’interno della famiglia e numero di componenti del nucleo familiare. Fonte: elaborazioni su dati IT SILC Istat