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Una crescente polarizzazione dell’occupazione, asimmetrica ma al contrario

Intensità del lavoro, evoluzione dell’occupazione, polarizzazione Ivana Fellini, Emilio Reyneri

5. Una crescente polarizzazione dell’occupazione, asimmetrica ma al contrario

Da metà anni Novanta, in tutti i paesi sviluppati la struttura dell’occupazione per livelli di qualificazione professionale presenta una tendenza alla polarizzazione, cioè alla contemporanea crescita sia della fascia più qualificata (dirigenti, professionisti e tecnici), sia di quella meno qualificata (addetti alle vendite e ai servizi personali, ope-rai semi-qualificati, mansioni elementari)7. Come discute il recente rapporto dell’Ocse, dal lato della domanda di lavoro sono principalmente due i fenomeni che promuo-vono questo cambiamento. Il primo è l’innovazione tecnologica che, per la diffusione dell’informatica e delle nuove tecnologie della comunicazione, favorisce la crescita sia dell’occupazione altamente qualificata (e remunerata), sia di quella poco o nulla qua-lificata, seppur in misura minore. La crescita dei poli “alto” e “basso” della scala delle occupazioni è a scapito dei lavori esecutivi e routinari – tanto impiegatizi quanto di produzione – più facilmente sostituibili dai processi automatizzati e informatizzati8. La tendenza si è affermata dapprima negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, paesi in cui la rivoluzione informatica si è diffusa prima e in cui la maggiore flessibilità del merca-to del lavoro ha consentimerca-to una più rapida espansione degli impieghi meno qualificati e remunerati e, successivamente, anche nella maggior parte dei più regolati mercati del lavoro degli altri paesi europei, pur nel quadro di non trascurabili specificità na-zionali legate ai diversi assetti istituna-zionali9.

Il secondo fenomeno, distinto ma non indipendente dal primo, è la crescente glo-balizzazione dei processi economici che promuove la riduzione dell’occupazione in-dustriale, caratterizzata da un peso rilevante delle occupazioni intermedie manuali, nei paesi più avanzati. Da un lato, la produzione di beni intermedi e dei servizi di back-office, tipicamente basata su professioni intermedie esecutive, è delocalizzata dai paesi più sviluppati a quelli in cui minore è il costo del lavoro, grazie alle oppor-tunità offerte dalle nuove tecnologie. Dall’altro, la crescita della competitività interna-zionale di molti beni manufatti prodotti dalle economie di più recente affermazione ha un impatto negativo sull’occupazione industriale delle economie più mature, con l’esito di una riduzione delle occupazioni intermedie.

Secondo le stesse elaborazioni Ocse, anche l’occupazione italiana è interessata dal 1995 al 2015 dalla polarizzazione, ma diversamente dagli altri paesi (tranne la Grecia) è una polarizzazione asimmetrica al contrario: cioè la fascia più qualificata dell’occupa-zione cresce meno di quella poco qualificata, sia pur di poco. L’evidenza fornita da altre comparazioni internazionali suggerisce che l’anomalia italiana si sia manifestata negli anni della Grande Recessione (2008-2010), per poi proseguire nella fase della co-siddetta “ripresa bloccata” (2011-2012), con l’esito di una tendenziale dequalificazione della struttura occupazionale10.

Purtroppo l’analisi del recente cambiamento dell’occupazione per livelli di qualifica-zione è resa difficile dalla revisione delle classificazioni delle professioni utilizzate a livello internazionale (la International Standard Classification of Occupations) e nazionale (la Classificazione delle Professioni Istat), che dal 2011 hanno modificato la classificazione di alcune occupazioni. Tuttavia, se si adotta una stratificazione per grandi fasce pro-fessionali come quella dell’Oecd11 e si scompone l’analisi per sotto-periodi, emerge che mentre si contrae il peso della fascia intermedia degli impiegati e degli operai specializzati, cresce sia quello della fascia alta dei dirigenti, delle professioni intellet-tuali e dei tecnici, sia quello della fascia bassa degli addetti alle vendite e ai servizi alla persona, degli operai semi-qualificati e delle occupazioni elementari. E la fascia bassa,

La polarizzazione “al contrario” è intrecciata alle dinamiche dell’intensità dell’occu-sia pur di poco, cresce più di quella alta.

La tendenza a una polarizzazione asimmetrica a favore della fascia bassa non si esauri-sce in Italia nemmeno limitando l’osservazione alla più recente fase di ripresa dell’oc-cupazione. Come mostra la figura 2, tra il 2013 e il 2017 il peso delle occupazioni a bassa qualificazione cresce di 1,1 punti percentuali, un valore quasi doppio di quello della crescita delle occupazioni altamente qualificate (+ 0,6 punti percentuali). In ter-mini di variazioni assolute, le professioni a minore qualificazione registrano un saldo positivo di quasi 492 mila occupati e quelle altamente qualificate di 422 mila, mentre tra le professioni intermedie si registrano 80 mila occupati in meno. Le previsioni di assunzione Excelsior per gli anni 2018-2022 mostrano peraltro come la tendenza sia destinata a continuare anche nel prossimo futuro12. Le differenze territoriali non sono tuttavia trascurabili, poiché se nelle regioni meridionali è evidente una netta tendenza alla dequalificazione (+2,1 punti percentuali della fascia bassa e -1,3 e -0,8 di quelle alta e intermedia, rispettivamente), nel resto del paese - e soprattutto nelle regioni settentrionali - la crescita delle occupazioni più qualificate supera ormai quella della fascia bassa.

Figura 2 - Tendenze dell’occupazione per livello di qualificazione e ripartizione territoriale 2017/2013

(variazione in punti percentuali)

come nella fase della ripresa i settori che più stanno creando occasioni di lavoro sono alberghi e ristoranti (+ 2,2 punti percentuali sull’occupazione totale, con un aumento di 242 mila occupati), trasporto e logistica (+ 0,8 punti percentuali, con un ben più mo-desto saldo 75 mila occupati) e industria (+ 0,8 punti percentuali, pari a una crescita di 123 mila occupati) e servizi collettivi e personali (che comprendono anche il lavoro domestico e di cura pagato direttamente dalle famiglie, + 0,6 punti percentuali). Sono per lo più settori a elevata intensità di lavoro, con una domanda fortemente orientata a professioni di basso profilo, dove va consolidandosi un’occupazione non solo fem-minile, che lavora (controvoglia) a tempo parziale. Il quadro che emerge dalla fase di ripresa è certo meno negativo rispetto a quanto rilevato nella fase di crisi, quando la domanda di lavoro a bassa qualificazione, sostenuta in misura non trascurabile dai fabbisogni per il lavoro domestico e di cura delle famiglie che non trovano adeguata risposta nella debole offerta di servizi del welfare nazionale, si è rivelata una delle com-ponenti più dinamiche dell’occupazione. Addirittura, la crescita degli occupati nei servizi personali presso le famiglie ha in parte compensato, nella lunga fase di crisi, la contrazione degli occupati nell’industria e nelle costruzioni13. Se anche, con la ripresa, alcuni dei settori che più hanno risentito della crisi hanno finalmente invertito la ten-denza – ad esempio l’industria – la situazione italiana rimane caratterizzata da uno strutturale deficit di occupazione qualificata, come testimonia la maggiore dinamica dell’occupazione poco qualificata. Si tratta di una debolezza strutturale, preesistente alla crisi, che si spiega, da un lato, con la debolezza del sistema produttivo e dall’altro, con il limitato sviluppo dei servizi collettivi (istruzione, sanità, servizi sociali). Per quanto riguarda il primo aspetto, è noto che la frammentazione e la scarsa capacità innovativa del sistema produttivo italiano promuova una domanda di lavoro scarsa-mente qualificata e non favorisca la crescita di quei servizi avanzati alle imprese, a ele-vato valore aggiunto, che potrebbero esprimere un fabbisogno di lavoratori qualifica-ti. Per quanto riguarda, invece, i servizi collettivi, che pure potenzialmente esprimono un’importante domanda di lavoro qualificato, è meno noto e discusso quanto, in Italia, l’occupazione in questi settori sia poco sviluppata, soprattutto se si tiene conto della popolazione residente a cui si rivolgono.

Figura 3 - Tendenze dell’occupazione per settore e livello di qualificazione 2017/2013

(variazione in punti percentuali)

Le tendenze dell’occupazione per livelli di qualificazione hanno rilevanti ricadute an-che sulle dinamian-che dell’occupazione per una caratteristica della forza lavoro sempre più importante, cioè la crescita degli immigrati tra gli occupati, nonostante il rallenta-mento dei flussi in ingresso per effetto della crisi. Tra il 2013 e il 2017, circa il 30% degli oltre 830 mila occupati in più sono stranieri e, come mostra la figura 4, che guarda al diverso contributo degli italiani/e e degli stranieri/e14 alla crescita dei diversi livelli di qualificazione professionale, l’aumento delle occupazioni meno qualificate è assorbito in larga parte da lavoratori stranieri (uomini e donne), il cui peso sull’occupazione complessiva aumenta di 0,7 punti percentuali contro lo 0,4 registrato tra i lavoratori italiani. La crescita delle occupazioni a maggiore qualificazione interessa, invece, so-prattutto le donne italiane (+ 0,6 punti percentuali, pari a 265 mila occupate), mentre per gli uomini nativi il peso della componente qualificata si riduce (-0,2 punti percen-tuali, malgrado il saldo positivo di 116 mila occupati). La riduzione del peso delle oc-cupazioni intermedie coinvolge invece la componente italiana, in particolare maschile (-1,0 punti percentuali).

La polarizzazione asimmetrica “al contrario” produce dunque notevoli differenze nel-le dinamiche occupazionali per genere e per provenienza dei lavoratori. La marcata segmentazione etnica del mercato del lavoro italiano favorisce l’inserimento degli im-migrati (e delle immigrate) - più disposti ad accettare “cattive” condizioni di lavoro, non ultima l’impegno a tempo parziale - nelle occupazioni a bassa qualificazione dei settori in crescita. Per contro, la ripresa dell’occupazione qualificata si rivolge princi-palmente alle donne italiane (istruite). In questo quadro la componente più debole ri-sulta quella degli uomini italiani (a media e bassa istruzione), solo in parte interessati dalla crescita delle occasioni di lavoro sia qualificate, sia non qualificate, ma molto più colpiti dalla riduzione delle occupazioni nella fascia intermedia.

Figura 3 - Tendenze dell’occupazione per settore e livello di qualificazione 2017/2013