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Punti di forza e debolezza del percorso di fuoriuscita dalla violenza e di autonomia.

CAPITOLO V: GLI INTERVENTI E LE AZIONI DI PREVENZIONE NELLA REGIONE

5.5 Punti di forza e debolezza del percorso di fuoriuscita dalla violenza e di autonomia.

Allo stato attuale dei percorsi della donna per la fuoriuscita dalla violenza possiamo, in base alla mia esperienza professionale,evidenziare alcuni aspetti positivi a fronte di inevitabili difficoltà.

Il primo punto di forza è costituito dal fatto che rispetto al passato ora la donna può rivolgersi a più e diversi punti del suo territorio : forze dell’ordine, servizio sociale, al Pronto Soccorso,Ospedale,consultorio e agli sportelli dei centri di ascolto di associazioni centri antiviolenza. Ovunque vada trova operatori sicuramente più preparati rispetto il passato con la solita formazione ed i soliti strumenti. Inoltre i vari

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soggetti sono in rete ed il percorso di aiuto è condiviso con la donna, ma anche con gli altri nodi della rete. L’invio per il progetto di aiuto è accompagnato senza che alla donna venga chiesto di ripetere ogni volta la propria storia, ma solo i fatti rilevanti per la presa in carico. A questo riguardo c’è da sottolineare che difficilmente la donna individua immediatamente i servizi pubblici ed in particolare il servizio sociale come un punti di aiuto, in quanto, se ha figli, spesso ha paura di essere giudicata una cattiva madre e di essere allontanata dai figli. Importante su questo aspetto è l’accompagnamento che altri punti della rete fanno per convincere la donna a farsi prendere in carico dal Servizio Sociale. Spesso infatti le donne vittime di violenza sono prive di reddito con poche risorse familiari di supporto e con difficoltà di alloggio se decidono di allontanarsi da chi le ha maltrattate.

Tra i punti di debolezza c’è da rilevare che vanno ancora raffinati i metodi ed i contenuti di invio dal Pronto Soccorso al Centro di Coordinamento del consultorio. Da quanto detto sopra ne scaturisce l’importanza di mantenere alta l’attenzione sul tema della violenza di genere trovando sempre dei momenti formativi comuni in quanto il personale sanitario e sociale è spesso soggetto ad un continuo ricambio.

Altro punto critico riguarda la messa in sicurezza nell’emergenza di donne anziane o disabili o con problemi psichiatrici o di tossicodipendenza in quanto, per regolamento, non possono essere accolte in casa rifugio.

Il tema della violenza alle donne con diversità funzionale è, ancora oggi, poco esplorato dal momento che si tratta di un fenomeno che si muove, principalmente, nel sommerso. Eppure, secondo le stime contenute nel Human Rights Watch Reports Addressing the Rights of Women and Children with Disabilities (2010), le donne con disabilità sarebbero da 1,5 a 10 volte più abusate da un membro della famiglia o care giver rispetto alle donne senza disabilità. Tuttavia, l’ampiezza della letteratura scientifica sulla violenza di genere continua ad essere caratterizzata da un discreto gap conoscitivo nei riguardi delle donne con disabilità, ancora particolarmente invisibili nel dibattito e nelle politiche dedicate.

Anche quella vissuta dalle donne anziane è una “doppia vulnerabilità”: i fattori di rischio individuati per la popolazione anziana (background socioeconomico, criticità preesistenti, eventi transizionali critici), si acuiscono se si riflette sulla situazione specifica delle donne appartenenti a questa fascia d’età, le quali, ai fattori di

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vulnerabilità specifici connessi alla loro condizione di anzianità devono aggiungere il rischio della condizione femminile, oggi, purtroppo, ancora elemento di vulnerabilità sociale. Per le donne con problematiche sanitarie è più difficile individuare delle strutture di accoglienza nell’emergenza in quanto, se per le donne anziane possono essere fatte rientrare in progetti di continuità assistenziale ACOT, per le donne con problemi di salute mentale e/o tossicodipendenza o disabilità le strutture attualmente in essere sono soprattutto riabilitative e difficilmente accessibili nell’emergenza. Va inoltre sottolineato che per loro il problema della violenza viene molte volte identificato come una conseguenza della loro patologia.

Rispetto ai bandi regionali per l’alloggio ed il lavoro questi si sono dimostrati molto utili in quanto permettono flessibilità nel progetto di aiuto e soprattutto per l’inserimento lavorativo vedono il problema dell’occupabilità in un’ottica diversa rispetto all’opportunità dei tirocini formativi in quanto intervengono anche sui fattori che di fatto possono ostacolare l’occupabilità cioè la conciliazione nella cura dei figli ed il problema dei trasporti. Nella mia zona sono stati avviati cinque esperienze di occupabilità con il Centro per l’impiego ed una di queste è già andata a buon fine con un’assunzione a contratto a tempo indeterminato.

Come punti di criticità c’è da rilevare che la procedura è a carattere sperimentale messa in atto nella consapevolezza che il fabbisogno che si andava ad intercettare interveniva in un momento del percorso di fuoriuscita dalla violenza estremamente delicato per la donna, quello che comporta comunque l’uscita dalla fase di protezione e quindi suscettibile di ripensamenti anche improvvisi e che non sempre è facile reperire abitazioni in affitto per soggetti vulnerabili che non offrono tutte le garanzie richieste dal mercato. Quindi gli aspetti positivi, a mio avviso, sono proprio da individuare nella flessibilità della procedura che dall’indagine è andata sempre più concretizzandosi in una individuazione di soggetti da sostenere con uno specifico contributo. D’altra parte, risulterebbe sicuramente più proficuo, per la messa a regime di questo tipo di aiuti, pensare di uscire dalla fase della sperimentazione e poter sostenere queste azioni con stanziamenti pluriennali in modo che i territori siano pronti a intercettare il fabbisogno fin dall’inizio dell’anno, con tempistiche più congrue al tipo di intervento richiesto.

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Inoltre l’orizzonte temporale degli Avvisi è troppo breve in relazione alla complessità dei percorsi che richiedono un forte impegno progettuale e gestionale da parte dei servizi. Gli interventi a domanda individuale richiedono un attento lavoro di programmazione, di integrazione tra interventi in base alle esigenze differenziate delle singole persone ed uno stretto coordinamento tra i vari servizi al fine di aumentare la loro efficacia.

Inoltre l’attivazione di misure quali i tirocini comporta un’attività di scouting personalizzata e mirata da parte dei Centri per l’Impiego nei confronti delle imprese per favorire il matching tra domanda ed offerta.

In considerazione di quanto sopra sarebbe pertanto opportuno che la durata di questi interventi non si limitasse ad alcuni mesi ma prevedesse un orizzonte temporale più ampio al fine di aumentarne l’efficacia. Come considerazione generale, in linea con quanto indicato nella Convenzione di Istanbul e nel Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, sarebbe auspicabile che si uscisse dalla logica di progetti “spot” sperimentali ma si attivassero interventi a sistema finalizzati all’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza.

L’ incertezza dei finanziamenti riguarda anche i CAV per le case rifugio in quanto vengono erogati di anno in anno e questo comporta per i CAV dei limiti nella progettualità e nel proseguo degli interventi.

Altro punto di debolezza rilevato nel mio lavoro, è rappresentato la mancanza formativa della scuola all’educazione alla parità tra i sessi, per il superamento dei ruoli e degli stereotipi di genere, non esistono infatti programmi definiti per ogni ordine e grado,ma progetti a macchia di leopardo secondo l’autonomia scolastica di ogni direzione didattica o iniziative solo per il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

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Conclusioni

Sostenere le donne, insieme ai loro figli/e, verso l’interruzione del ciclo della violenza e accompagnarle in un percorso di autonomia richiede un efficace lavoro di rete: per attivare azioni condivise è necessario che i diversi soggetti coinvolti vi contribuiscano con le proprie specifiche competenze. Nei percorsi di aiuto è infatti essenziale avere una percezione condivisa del fenomeno, pur mantenendo l’autonomia professionale di ciascuno.

La donna vittima di violenza sarà efficacemente sostenuta solo se gli attori della rete condividono gli stessi linguaggi e lavorano per costruire modalità di azione comuni. All’interno di una metodologia di lavoro interdisciplinare assume una dimensione rilevante la definizione dei compiti e delle connessioni interne alla rete.

L’avvio sperimentale del Codice Rosa, ora diventato a regime, ha permesso di ampliare e consolidare la rete dei soggetti già esistente nelle zone individuando le singole modalità di intervento e il collegamento tra essi. Attraverso la task-force prima e il centro di coordinamento per la violenza di genere ora, con ciascun soggetto della rete, è stato possibile redigere, condividere e validare singole procedure standard di intervento interdisciplinare per le diverse fasi della presa in carico della donna che subisce violenza.

Ritengo che le procedure, descritte nell’ultimo capitolo, siano uno strumento in costruzione, aperto a future integrazioni, ampliamenti, miglioramenti e pronto ad accogliere nuovi attori, al fine di affrontare insieme la complessità che la violenza contro le donne comporta.

La natura del fenomeno fa sì che il modus operandi non possa essere una semplice trasmissione di conoscenze finalizzate alla realizzazione di una rete di servizi, ma debba portare alla condivisione dei saperi e delle metodologie di intervento nonché all’acquisizione di una mentalità di rispetto tra i generi.

Lavorare in un’ottica di rete presuppone mantenere la rete viva, curare i nodi, mantenersi aggiornati, curare la formazione.

La formazione è infatti lo strumento indispensabile per promuovere le conoscenze, condividere le procedure operative, sviluppare la collaborazione e la motivazione all’interno dei gruppi operativi. L’attività formativa progettata su temi specifici,

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coerente con gli aspetti organizzativi e progettuali, deve essere assicurata con continuità a livello regionale e aziendale e realizzata in collaborazione con gli Enti, le Istituzioni ed i Centri della rete territoriale.

Come più volte rilevato, la violenza contro le donne è un fenomeno multidimensionale e necessita, per un’adeguata presa in carico, di una formazione specializzata, che implica l’assunzione di un approccio di genere ma, soprattutto, una modalità organizzativa che metta in primo piano il lavoro di rete e la sua specifica modalità di intervento.

E’ necessario sottolineare l’importanza di non agire solo sul versante della presa in carico e dell’inclusione, cadendo spesso nella pura gestione delle emergenze, ma continuare a programmare interventi e potenziare le iniziative e le azioni di prevenzione e contrasto, aspirando a ridurre il numero di potenziali vittime e potenziali autori.

In particolare non si può non sottolineare l’importanza del lavoro nelle scuole, con i giovani, per educarli a rapporti fra generi corretti, ad un’affettività e una sessualità matura e consapevole, ad una accettazione di sé completa, verso un cambiamento culturale effettivo.

Inoltre emerge indispensabile lavorare in maniera completa ed integrata e non unidirezionale considerando i soggetti coinvolti: donne vittime di violenza, uomo maltrattante e spesso bambino/i che assiste alla violenza domestica.

Diventa necessario quindi un lavoro approfondito anche sul versante maschile attraverso un progetto di consapevolezza e responsabilizzazione. Il riconoscimento del ruolo importante degli uomini nella prevenzione e nel contrasto della violenza maschile può avvenire attraverso le campagne informative e di sensibilizzazione contro la violenza, negli interventi di educazione sessuale, nei progetti rivolti alle nuove generazioni, nella riflessione collettiva sulla maschilità e nella creazione di spazi di dialogo per riconcettualizzare la violenza di genere.

Va inoltre rafforzato l’impegno preventivo contro la recidiva attraverso percorsi di rieducazione degli uomini autori di violenza e di reati relativi alla violenza maschile contro le donne.

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Per questo sono essenziali oltre le politiche mirate all’educazione e alla sensibilizzazione anche quelle mirate al riconoscimento e alla realizzazione delle pari opportunità in ogni ambito della vita pubblica e privata. Un’equità tra i generi nel mercato del lavoro, nella politica e in generale nella sfera pubblica può comportare una riduzione della violenza di genere. Bisogna infine lavorare per combattere le discriminazioni e gli stereotipi legati ai ruoli di genere e al sessismo, che producono le condizioni contestuali favorevoli alla perpetuazione della violenza maschile contro le donne. Il contesto sociale e giuridico influenzano la percezione della violenza sia negli autori che nelle vittime. Un contesto socio culturale che nega, minimizza o giustifica le violenze verso le donne aumenta il rischio di violenze gravi o letali e impedisce alle vittime un’attivazione efficace oltre a non considerare il loro bisogno di sostegno e protezione.

Un contesto giuridico che non definisce in modo chiaro alcune condotte come violente e lesive, che non prevede misure tempestive di tutela e sostegno delle vittime, che non considera il danno sui figli che assistono, aumenta il rischio di reiterazione delle violenze e l’aggravarsi delle stesse.

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APPENDICE

Spousal Assault Risk Assessment Guide: SARA - S (Screening). Valutazione del Rischio di Recidiva

Nome vittima/nome presunto reo/ Numero di

identificazione:

Compilato da: Data compilazione:

Fonti di informazione: Procedura di codifica:

Intervista con il sospettato/imputato – = Omesso, informazioni insufficienti N = No n pre se nte

Intervista con la vittima(e) ? = Probabilmente o parzialmente presente S =

Present e

Analisi del fascicolo giudiziario ”Attualmente” fa riferimento alle ultime 4 settimane, fino a includere l’ultimo episodio Altro per cui si sta procedendo

Queste linee guida servono per identificare alcune caratteristiche del presunto reo e della vittima nei casi di maltrattamento all’interno della coppia. Si tratta di uno strumento utile per la valutazione del rischio di recidiva e la messa a punto di un piano di gestione del rischio. Le risposte vanno fornite dopo aver raccolto il maggior numero di informazioni possibile sia direttamente dalla vittima o sia da altre fonti. Il livello di rischio che viene indicato alla fine di questa scheda serve per capire il livello di priorità da dedicare al singolo caso.

Violenze nei confronti del partner (o ex-partner)

In questa sezione sono inclusi tutti i fattori relativi alla storia di violenza nei confronti di tutti i partner o ex-partner (cioè coniugati, conviventi, fidanzati)

Attualmente (N, ?, S) Nel passat o (N, ?, S) 1. Violenze fisiche/sessuali

 Qualsiasi forma di violenza fisica consumata o tentata, anche violenza sessuale e uso delle armi

2. Gravi minacce di violenza, ideazione o intenzione di agire violenza

 Frasi o atteggiamenti intimidatori che indicano l’intenzione di fare del male, stalking o minacce di usare l’arma.

 Pensieri, impulsi e fantasie o veri e propri piani per fare del male all’altro.

3. Escalation

 La violenza fisica/sessuale o le minacce/ideazioni o intenzioni di agire violenza sono incrementate nel tempo sia di frequenza che di gravità

4. Violazione delle misure cautelari o interdittive

 Vengono qui incluse le violazioni delle misure cautelari coercitive personali prescritte: divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto o obbligo di dimora, arresti domiciliari, obbligo di allontanamento dalla casa familiare, custodia cautelare in carcere, o in luogo di cura. Misure interdittive: sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale, sospensione dell’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali. In ambito civile: violazione dell’ordine di protezione contro gli abusi (emesso in sede civile), sospensione della potestà genitoriale, decadenza della potestà genitoriale. Tali misure penali e/o civili devono essere state applicate a seguito della violenza intrafamiliare o in prevenzione di una recidiva specifica

5. Atteggiamenti negativi nei confronti delle violenze interpersonali e intrafamiliari

 Esprime atteggiamenti socio-politici, religiosi, culturali, o credenze personali che incoraggiano, scagionano, giustificano o minimizzano il comportamento abusivo, di controllo e violento

 Includere la gelosia e il senso di possesso

 Includere atteggiamenti di negazione o minimizzazione della maggior parte dei comportamenti violenti, negazione di ogni responsabilità personale della gran parte delle azioni violente passate (ad es. colpevolizzazione della vittima o di altre persone); o negazione della gravità delle conseguenze della maggior parte o di tutte

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le violenze agite (ad es., dire che la vittima non si è fatta niente, non è mai andata in ospedale, non ha mai chiesto aiuto)

Adattamento psicosociale Attualmente

(N, ?, S)

Nel passat o (N, ?, S) 6. Precedenti penali/condotte antisociali

 Comportamenti antisociali persistenti e variegati

 Condannato o imputato per altri reati non legati alla violenza nei confronti della partner

 Comprende reati contro la proprietà, contro l’ordine pubblico, reati legati all’uso di sostanze Distinguere se reato contro la persona o contro il patrimonio.

7. Problemi relazionali

 Separazione dal partner, passata o in corso per elevata conflittualità nella relazione attuale o pregressa

8. Problemi di lavoro o problemi finanziari

 Status cronico di disoccupazione, lavoro instabile, gravi problemi finanziari, continuo cambiamento di lavoro

9. Abuso di sostanze

 Abuso di sostanze stupefacenti, di alcol o di medicinali che hanno portato alla compromissione delle funzioni sociali (ad esempio, la salute, le relazioni, il lavoro, problemi con la giustizia)

10. Disturbi mentali

 Segnali di grave malattia mentale (ad esempio, manie, allucinazioni, demenza) o altre gravi forme di malattia mentale (ad esempio, depressioni gravi, ansia)  Segnali di disturbo della personalità (ad esempio disturbo bipolare, psicopatia,

comportamento antisociale della condotta, borderline)

 Segnali di minacce, ideazione e intenzione di suicidio (ad esempio, pensieri, impulsi o pianificazioni di suicidio o di autolesionismo)

 Valutazione definitiva: Se presente valutazione clinica attuale o pregressa dello stato mentale

 Valutazione provvisoria: Giudizio da confermare con una diagnosi clinica

Fattori vulnerabilità della vittima Attualmente

(N, ?, S)

Nel passat o (N, ?, S) 11. Condotta e atteggiamento incoerente nei confronti del reo