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La valutazione dei livelli di rischio e condivisione del percorso di uscita dalla

CAPITOLO V: GLI INTERVENTI E LE AZIONI DI PREVENZIONE NELLA REGIONE

5.4 La valutazione dei livelli di rischio e condivisione del percorso di uscita dalla

Si possono determinare tre macro situazioni riconosciute che sono: Alto rischio; Medio rischio; Basso rischio. Per ognuna di esse si provvederà a definire un procedura di funzionamento della rete. Accompagnare la donna nell'entrata in un percorso di rete, secondo le proprie risorse e competenze, significa informarla dell'esistenza di una rete di servizi territoriali disponibili e seguire la situazione, per

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sostenerla nel percorso di uscita dalla violenza. L'azione di accompagnamento può prevedere qualsiasi tipo di intervento in accordo con la donna e, non solo la consegna della brochure informativa sul Centro Antiviolenza, ma anche azioni di indirizzo e attivazione del contatto con altro servizio competente. Oltre all'accompagnamento, i soggetti della rete sono tenuti alla gestione dei percorsi di urgenza/emergenza o di primo intervento, con la relativa messa in gioco di altri servizi della rete ritenuti fondamentali per la costruzione del piano di primo intervento, secondo le modalità di funzionamento che saranno di seguito specificate.

Se la donna si trova in grave stato di pericolo, esempio rilevazione alto rischio al Pronto Soccorso o durante l’intervento delle Forze dell’Ordine, si parla di situazione di urgenza-emergenza. Questa situazione implica la messa in sicurezza della donna, con il suo consenso, attivando le risorse residenziali presenti nel territorio o fuori zona. Gli operatori interessati, dovranno segnalare appena possibile ai Servizi Sociali (Comune, ,Asl, Consultorio a seconda dell’organizzazione territoriale), l'intervento di urgenza attivato. Il Servizio contattato dai soggetti che hanno messo in sicurezza la donna, oltre alla valutazione iniziale, provvederà ad attivare il Comune di competenza, che è tenuto a coprire gli eventuali costi di residenzialità del pronto intervento. La casa rifugio è infatti una struttura dedicata ad indirizzo segreto nella quale la donna sola o con figli, oltre ad essere messa in sicurezza, inizia un percorso complesso di uscita dalla violenza. In toscana secondo l’ultima rilevazione 2018 da parte dell’Osservatorio Regionale vi sono venti case rifugio. La decisione di inserimento in casa rifugio per la donna è un passo difficile perché implica un allontanamento dai propri spazi e dalla propria rete di relazioni, una convivenza con persone che, almeno inizialmente, sono estranee alla propria cerchia di conoscenze, così come una diversa gestione della propria quotidianità.

Per la donna, e gli eventuali figli, l’esperienza in Casa rifugio, per quanto caratterizzata da aspetti positivi rappresenta comunque un percorso difficile e faticoso.Soprattutto, implica un certo grado di diminuzione della propria libertà, finalizzata alla sicurezza propria e delle altre donne ospiti della struttura. La situazione è ancora più delicata in presenza di figli e figlie, specie se sono adolescenti. Nel caso in cui la donna non accetti un intervento residenziale d'urgenza, il Pronto Soccorso o le Forze dell’Ordine provvederanno ad indirizzare la donna al

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Centro di coordinamento del Consultorio o al Centro Antiviolenza, informandola e se opportuno e accettato dalla donna telefonando in sua presenza al servizio stesso. Il servizio contattato, Consultorio o il Centro Antiviolenza, si attiva per una prima valutazione della situazione della donna, e provvede ad avviare un piano di primo intervento, se necessario anche in collaborazione con il comune di competenza o con gli altri servizi territoriali in base al bisogno emergente della donna. L'attivazione del piano comporterà il coinvolgimento eventuale anche di tutti i servizi della rete territoriale, necessari per l'avvio di un percorso di uscita dalla violenza.

Se invece la rilevazione del rischio è medio o basso si valuta le risorse familiari e amicali che possono eventualmente accogliere e sostenere la donna informandola sulle possibilità di accoglienza di case di secondo livello, gruppi appartamento o aiuti per l’autonomia abitativa. Oltre l’aspetto di allontanamento dal maltrattante è importante informare la donna sulla possibilità di rivolgersi oltre ai servizi territoriali di competenza anche ai centri antiviolenza ad esempio per una consulenza legale se è possibile e/o richiesto, anche ad accompagnarla.

Risulta infatti consigliabile per il soggetto di rete che accoglie la donna, attivare gli altri soggetti della rete necessari per la definizione di un piano di primo intervento. Questa fase è volta a realizzare un percorso di vera e propria uscita dalla violenza e si avvia dopo la fase di primo intervento. La proposta e l'avvio del processo di aiuto e il relativo progetto di intervento scaturirà dal lavoro del gruppo di rete territoriale che potrà decidere, al suo interno, di affidare la regia del processo di aiuto, ad altro servizio competente diverso da chi ha fatto la prima accoglienza. Chi ha curato la regia del primo intervento dovrà comunque restare coinvolto, fino a quando sarà necessario per il benessere della donna, tenuto conto che la relazione di aiuto in prima accoglienza ha visto la costruzione di un rapporto empatico con i professionisti a cui la donna si è rivolta, rapporto che non può essere distrutto e riattivato ma deve continuare e semmai accompagnare la donna verso il percorso di uscita dalla violenza e reinserimento sociale e abitativo, quando necessario.

L’obiettivo principale degli operatori è l’autonomia della donna vittima di violenza , stimolare le sue risorse personali e quelle del contesto dove è inserita.

Poiché il progetto è individuale e personalizzato non esistono dei percorsi predeterminati, ma adattabili alla situazione della donna

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Fig. n12- Schema di percorso

Fonte: Scaletti E.- La rete territoriale dei servizi. Convegno Castelnuovo di Garfagnana 25 Novembre 2017

5.5 Punti di forza e debolezza del percorso di fuoriuscita dalla