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Il quadro nazionale

Nel documento Volume Rapporto 1996 (.pdf 3.0mb) (pagine 124-132)

6. LA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE AL DETTAGLIO *

6.1. Il quadro nazionale

6.1.1. La situazione strutturale

Il divario strutturale tra la distribuzione alimentare del Nord Italia e quella del Centro-Sud è ormai un dato acquisito, ampiamente docu-mentato anche dalle precedenti edizioni di questo rapporto. Nonostan-te ciò, alcuni elementi relativi alla situazione del 1995, l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati ufficiali, meritano comunque di es-sere sottolineati. Il dato più significativo è sicuramente quello relativo alla superficie di ipermercati e supermercati ogni 1000 abitanti: tutte le regioni del Nord Italia, esclusa la Liguria, hanno ormai superato ab-bondantemente la soglia dei 100 m2(la media complessiva è di circa 120 m2), con punte che vanno addirittura oltre i 150 m2. Questi risultati si devono ad un imponente processo di sviluppo che ha caratterizzato gli ultimi anni (la superficie media ogni 1000 abitanti è cresciuta di ol-tre il 40% tra il 1991 e il 1995) e i livelli raggiunti sono ormai in linea con quelli dei paesi nord-europei, tanto che, almeno per alcune aree della pianura padana, gli analisti ritengono che il mercato distributivo sia ormai vicino alla saturazione. In termini di previsioni, è quindi leci-to attendersi che, nel Nord Italia, lo sviluppo della rete distributiva debba limitarsi a quelle aree dove, per ragioni riconducibili solitamen-te ai ritardi burocratici, la distribuzione moderna non si è ancora af-fermata pienamente, mentre il grosso dello sforzo sarà orientato alla riqualificazione dell’esistente.

La situazione è radicalmente diversa nelle regioni del Centro, e, soprattutto, nel Sud dell’Italia. In queste aree, anche scontando le dif-ferenze nella conformazione del territorio, che certamente non favori-scono la diffusione delle grandi superfici di vendita, si registra una marcata arretratezza. Nel Sud, la superficie di supermercati ed iper-mercati supera di poco i 50 m2 ogni 1000 abitanti, mentre il dato relati-vo alle regioni del Centro, dove si raggiungono i 94 m2, segnala come, grazie allo sviluppo degli ultimi anni, si sia ormai recuperato gran

par-te del ritardo rispetto alle regioni del Nord, almeno nelle aree urbane.

E’ comunque incoraggiante il fatto che, nel 1995, il tasso di crescita della superficie moderna nelle regioni del Sud sia tornato ad essere, come nei primi anni ‘90, marcatamente superiore a quello del Nord (15,2% contro 12,4%), a dimostrazione di come le imprese distributive siano tornate ad investire massicciamente in un’area che continua a promettere grandi opportunità di crescita. Se dunque, nei prossimi an-ni, ci si attende una drastica riduzione di questi tassi di crescita nelle regioni del Nord, il Meridione dovrebbe davvero diventare la “frontie-ra” dello sviluppo delle imprese nazionali.

6.1.2. Il processo di concentrazione delle imprese

Come accennato nell’introduzione, il fenomeno più rilevante del 1996 è stato senza dubbio il processo di concentrazione delle imprese distributive, concretizzatosi principalmente nella stipula di accordi di collaborazione sul versante degli acquisti, che hanno dato luogo alle cosiddette “supercentrali d’acquisto”. La tabella 6.1 propone una clas-sificazione delle principali imprese distributive italiane basata sui dati economici del 1995, ma aggiornata al 1996 per quanto riguarda la par-tecipazione delle diverse imprese alle centrali di nuova formazione.

Dal punto di vista strettamente economico, e soprattutto nell’analisi delle quote di mercato, questa classificazione è sicuramente discutibi-le, perché ciascuna aggregazione presenta un diverso grado di integra-zione fra le imprese partecipanti ed il considerarle come un unico sog-getto diventa dunque opinabile. Essa ha però soltanto la pretesa di fo-tografare il peso potenziale rappresentato da questi nuovi soggetti, a-vendo presente che la capacità di esercitare questo peso dipende poi dalle strategie effettivamente attuate da ciascuna centrale.

Il fenomeno delle supercentrali, per essendo stato molto enfatizzato dalla letteratura specialistica, non può certamente essere considerato nuovo. La stessa Coop Italia, l’impresa leader della distribuzione mo-derna italiana, è infatti una centrale cui fanno riferimento le cooperati-ve di consumatori aderenti alla Lega delle Cooperaticooperati-ve. Il fatto però che Coop possa essere considerata a tutti gli effetti un soggetto eco-nomico unico deriva dal fatto che, nonostante ciascuna cooperativa

mantenga una propria struttura autonoma, la gestione comune di alcu-ne funzioni strategiche, che vanno ben al di là dei semplici acquisti, è ormai un dato acquisito da molti anni. L’elemento più ovvio di inte-Tab. 6.1 - I principali gruppi di imprese della distribuzione alimentare mo-derna in Italia

Fonte: nostre elaborazioni su dati Databank, Largo Consumo.

grazione, ma al tempo stesso il più rilevante, è la gestione comune del marchio Coop, con tutto quello che implica in termini di strategie di marketing e di gestione delle private label. Rimane comunque vero che l’eterogeneità dimensionale delle singole cooperative costituisce uno dei problemi centrali per le strategie gestionali di Coop, tanto che da tempo la centrale ha avviato un processo di aggregazione delle coope-rative secondo una logica territoriale.

Anche considerando la nuova mappa di soggetti della distribuzione moderna, Coop Italia conserva una posizione di leadership incontrasta-ta, con quasi il 14% di quota di mercato, in leggera crescita rispetto al 1994. Ha invece perso leggermente terreno Conad, il gruppo d’acquisto che aggrega le cooperative di dettaglianti appartenenti anch’esse alla Lega. Anche per Conad è possibile sviluppare conside-razioni analoghe a quelle di Coop, visto che da tempo il consorzio na-zionale si occupa delle strategie promozionali e della gestione delle private label. Ma, come per tutte le imprese della Distribuzione Orga-nizzata (DO), anche per Conad il rapporto tra la centrale nazionale, le cooperative e i soci dettaglianti ha storicamente rappresentato un ele-mento problematico, in quanto il primo deve continuamente confron-tarsi con le seconde e, attraverso di esse, con i soci per maturare un consenso sulle strategie di fondo. A questo proposito, è emblematica la vicenda, che risale ormai a diversi anni fa, delle difficoltà con cui i so-ci riusso-cirono ad accettare una politica di sviluppo del canale ipermer-cati, in quanto temevano una sorta di concorrenza interna verso i su-permercati e le superette, che da sempre costituiscono il core business del consorzio. Forse è proprio perché questi problemi interni non sono ancora del tutto risolti che, alla fine del 1996, Conad ha chiuso l’esperienza della supercentrale Sicon, costituita nel 1994 insieme a Sigma e Conitcoop; motivo del fallimento, l’impossibilità, almeno in questa fase, di impostare una maggiore integrazione tra i tre partner, che andasse al di là della semplice gestione comune dei contratti d’acquisto.

Così, mentre nel 1996 buona parte delle imprese della DO ha stret-to importanti accordi di collaborazione, proprio i gruppi d’acquisstret-to storici della distribuzione italiana (Crai, Sigma, Sisa), insieme a Co-nad, sembrano essere rimasti isolati in questa corsa alla concentrazio-ne, e molti analisti prevedono che proprio fra queste imprese possa

na-scere in futuro qualche forma di collaborazione. Se infatti consideria-mo la graduatoria espressa dalla tabella 6.1, dopo Coop e Conad il ter-zo gruppo distributivo italiano è la neonata Euromadis, cui fanno capo due storiche unioni volontarie come Vegè e A&O Selex; la centrale rappresenta una quota di mercato potenziale che sfiora il 10% e può quindi cominciare ad infastidire i leader storici della cooperazione.

Euromadis, a differenza di una classica centrale d’acquisto costituita in consorzio com’era Sicon, è una vera e propria società di capitali do-ve i singoli soci hanno una partecipazione finanziaria, società che, proprio per questa sua struttura, che costringe le imprese partecipanti alla rinuncia di una parte della loro individualità, costituisce il preludio alla creazione di un unico gruppo. Questa è almeno l’intenzione dei suoi promotori, anche se la gestione del consenso dei soci dei due con-sorzi potrebbe rivelarsi meno facile del previsto.

La formula della società di capitali è stata adottata anche da Mdo, l’altra nuova supercentrale della DO nazionale, che riunisce Italmec, Gea e Gigad; pur rappresentando una quota di mercato inferiore ad Euromadis (5,4%), la nuova società è destinata ad occupare comunque uno spazio di rilievo nel panorama distributivo. Le prime due imprese si erano già trovate a collaborare nella centrale d’acquisto Pooldis, scioltasi nel 1994, e proprio sulla scorta di questa esperienza, hanno deciso di avviare un esperimento di più stretta integrazione, in cui la nuova società, oltre a occuparsi di contrattualistica e quindi di acquisti, dovrà orientare lo sviluppo dell’intero gruppo. Anche in questo caso, quindi, l’obiettivo è la vera e propria fusione in un’unica realtà distri-butiva.

La nascita delle supercentrali d’acquisto ha poi contribuito in misu-ra decisiva ad accrescere il peso potenziale delle imprese succursalisti-che della Grande Distribuzione (GD), succursalisti-che in Italia, a differenza succursalisti-che negli altri paesi europei, hanno sempre giocato un ruolo di secondo piano rispetto allo strapotere della cooperazione. La centrale Interme-dia, nata nel 1990, si è ampliata progressivamente fino a raggiungere, con le adesioni del 1996, una quota di mercato potenziale che supera il 9%. Alla centrale aderiscono tre imprese storiche del succursalismo nazionale (Pam, Lombardini e Gruppo G) e le aziende del consorzio Sun, tra cui spiccano Bennet e Superal, quest’ultima controllata dal co-losso tedesco Tangelmann. Intermedia, come del resto le altre centrali

costituite da imprese della GD, è una struttura che gestisce unicamente la funzione acquisti, ma è evidente come le imprese succursalistiche, in quanto dotate di una struttura totalmente centralizzata, non soffrano dei problemi di rapporti coi soci che caratterizzano la DO, per cui l’efficacia della centrale in termini di potere contrattuale verso i forni-tori è sicuramente maggiore.

Un’altra importante centrale d’acquisto della GD nazionale è Su-percentrale, costituita alla fine del 1995 da Gs e Standa, che, con l’ingresso de Il Gigante nel 1996, ha raggiunto una quota potenziale di mercato del 7,6%. Si tratta quindi di un gruppo destinato ad avere un ruolo rilevante, non solo per il suo effettivo potenziale di mercato, ma anche per il peso che hanno i gruppi proprietari di queste catene (Be-netton, Del Vecchio, Mediaset) nel panorama industriale nazionale. In risposta a queste mosse strategiche dei principali concorrenti, altre due imprese succursalistiche di rilevanza nazionale, Rinascente e Finiper, hanno stipulato un accordo di collaborazione alla fine del 1996, accor-do che, per ora, si limita alla gestione comune degli acquisti nel settore alimentare. Di fronte a questo massiccio riposizionamento, l’isolamento di un’altra impresa storica come Esselunga non deve trar-re in inganno. Infatti, l’azienda lombarda ha scelto di puntatrar-re sulla partnership internazionale, e la collaborazione con il colosso tedesco Rewe, che per ora interessa soltanto il canale discount, è destinata ad ampliarsi ulteriormente.

Infine, un’iniziativa che sembra rompere gli schemi tradizionali è quella che ha portato alla costituzione di Mecades (6% di quota di mercato), la centrale d’acquisto costituita da Metro, l’impresa leader del mercato tedesco che in Italia opera soprattutto nei settori speciali-stici del non-food, dalla grande impresa succursalistica francese Car-refour, presente in Italia sia nel canale discount che in quello degli i-permercati, e dalla maggior parte dei soci Despar, riuniti nella società Sintesi. Si tratta evidentemente di un’operazione anomala, che riunisce imprese della GD, della DO e imprese che operano nel non-food. Que-sto mette in discussione una classificazione che, dal punto di vista del-le strategie d’impresa, è sicuramente datata: tutte del-le imprese distributi-ve, indipendentemente dalla loro origine, perseguono strategie gestio-nali e di crescita molto simili, per cui possono trovare facilmente un terreno d’incontro anche quando la struttura dei gruppi è radicalmente

diversa. Rimane però vero che, come è stato sottolineato in preceden-za, i rapporti tra i soci delle imprese della DO costituiscono spesso un elemento problematico, che può creare difficoltà nel momento in cui si attuano strategie di aggregazione ulteriore.

Dopo questa carrellata sulle principali modificazioni dello scenario distributivo nazionale, il quesito più rilevante è ovviamente quello re-lativo alle prospettive di queste nuove aggregazioni. Su questo punto il dibattito tra gli analisti è stato particolarmente ricco, ma sembra di co-gliere un accordo abbastanza generale sul fatto che si tratti comunque di una soluzione transitoria, e che lo sbocco naturale delle supercentra-li sia la fusione delle aziende partecipanti, per raggiungere una massa critica paragonabile ai colossi europei del settore. Ovviamente, come dimostrano i numerosi fallimenti di esperienze sia italiane che stranie-re, questo sbocco può diventare concreto soltanto se si lavora fin da subito con questo obiettivo, non limitandosi quindi alla gestione co-mune degli acquisti, ma impostando un vero e proprio piano di svilup-po complessivo in termini di localizzazione dei punti vendita, scelta delle formule distributive, gestione comune dei prodotti a marchio, della logistica e delle politiche di marketing.

6.1.3. I rapporti industria-distribuzione

L’evoluzione del panorama distributivo nazionale nel senso di una maggiore concentrazione pone ovviamente dei quesiti rilevanti sulla possibile evoluzione dei rapporti tra l’industria alimentare e la distri-buzione, in quello che da tempo è stato individuato come lo snodo fondamentale che condiziona il funzionamento dell’intero sistema a-gro-alimentare. La storia recente insegna come ogni cambiamento stra-tegico rilevante da parte di uno dei due soggetti abbia portato ad un ri-posizionamento dei rapporti verticali, in cui spesso si sono sovrapposti sia elementi di conflitto che spazi di collaborazione.

Uno degli esempi più emblematici è sicuramente quello relativo al-la produzione di private al-label, i prodotti a marchio del distributore, dove ad una prima fase conflittuale, dovuta alla concorrenza innescata dalla comparsa delle private label sugli scaffali, si è poi passati ad una fase di collaborazione/integrazione. Infatti, se nella prima fase le pri-vate label venivano tipicamente prodotte da imprese medio-piccole,

che altrimenti non sarebbero state in grado di competere con i leader di mercato, oggi la maggior parte delle grandi imprese alimentari produ-ce, oltre alle proprie linee di prodotti di marca, anche private label, at-tuando le cosiddette strategie di dual branding. Questo determina van-taggi rilevanti sia per la distribuzione, in termini di qualità dei prodotti a marchio, sia per l’industria di marca, che può utilizzare pienamente la capacità degli impianti e può impostare una migliore “contrattazio-ne” degli spazi scaffale con i distributori, tanto per i prodotti di marca quanto per le private label. Su questo problema, però, la situazione ri-mane fortemente dinamica, e proprio nel 1996 si è assistito ad un nuo-vo ciclo di crescente conflittualità tra industria e distribuzione, in quanto diverse imprese di marca hanno ridotto in misura consistente i prezzi (il caso Barilla è stato sicuramente quello più eclatante), co-stringendo così ad un riposizionamento al ribasso dei prezzi delle pri-vate label, con una conseguente riduzione dei margini dei distributori.

Altrettanto rilevante è il caso dello sviluppo della formula discount, che in Italia ha assunto una fisionomia del tutto particolare, in quanto, a differenza degli altri paesi europei, dove operano tipicamente di-scounter specializzati in questa tipologia, nel nostro paese la stragran-de maggioranza stragran-delle imprese distributive ha avviato un proprio canale discount, confermando la linea prevalente della multicanalità. Anche su questo versante, dopo una fase iniziale di forti conflitti dovuti alla concorrenza spietata sul prezzo, molte industrie di marca hanno poi deciso di mettere in portafoglio linee di prodotto specifiche per i discount, impiegando frequentemente imprese che lavorano per conto terzi. Oggi si assiste ad una fase di riposizionamento della formula discount, che da un lato ha perso quel carattere di novità che, almeno nella fase di introduzione, aveva attratto anche i consumatori più inno-vativi, e dall’altro si è dovuta adeguare alle caratteristiche del consu-matore italiano, introducendo in misura sempre maggiore i prodotti freschi e quelli di marca. In questo quadro, la grande industria si trova dunque con un portafoglio prodotti più ampio che, senza spendere la reputazione dei marchi posizionati più in alto, può di fatto rivolgersi, grazie anche ai discount, ad un mercato più ampio.

Sulla scorta di questi casi emblematici, è dunque lecito attendersi che anche il processo di concentrazione della distribuzione sia

destina-to ad avere effetti rilevanti sui rapporti con l’industria. In questa fase iniziale, sembrano ancora una volta prevalere gli elementi di conflit-tualità: le recenti operazioni di aggregazione hanno ad esempio portato all’interessamento dell’Autorità antitrust, in quanto l’industria lamenta uno sbilanciamento eccessivo del potere contrattuale sul versante della distribuzione. Un ulteriore elemento di conflitto deriva dal rischio che la nascita delle supercentrali si traduca in una mera moltiplicazione dei livelli decisionali, attraverso la pratica della doppia o, nel caso della DO, tripla contrattazione (supercentrale - centrale - centro di distribu-zione), che alla fine si ripercuote negativamente sui costi. Comunque, dopo una fase iniziale piuttosto difficile, l’industria sembra lanciare segnali di distensione, anche per non far fallire gli ambiziosi progetti, avviati recentemente, di miglioramento dell’efficienza della filiera at-traverso l’ottimizzazione della logistica (Efficient Consumer Respon-se) e il miglioramento dell’assortimento e dei flussi di informazione (Category Management).

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