Fonte: Rielaborazione propria da Rapporto Economia 2013, Massa Carrara.
Proprio per l’eccezionalità dei materiali e per la particolare storicità dell’attività estrattiva in questi luoghi già nel Regio Decreto del 1927 si disciplinavano le cave di marmo di Carrara in maniera diversa rispetto agli altri siti estrattivi italiani. Fino al 1995 le cave hanno costituito quindi un caso a parte nella normativa mineraria nazionale in quanto la materia era ancora regolamentata dalle Leggi Estensi del 1751 in base alle quali i canoni di concessione venivano calcolati non sulla ricchezza mineraria del sottosuolo ma sul reddito agrario della concessione, risultando, quindi, irrisori rispetto al valore reale dell’area. Oggi, in seguito alla Legge Regionale Toscana del 28/2/1995, le cave di marmo rientrano nell’ordinamento regionale ed i canoni pagati dovrebbero risultare in proporzione (circa il 10%) al valore di mercato.
Lo sfruttamento delle cave di marmo risale ai tempi di Roma Imperiale. Questa ininterrotta industria bimillenaria rese e rende famosa nel mondo Carrara.
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Le cave di Luni, conosciute e sfruttate dai Romani a partire dal I secolo a. C., dopo aver raggiunto l’apice della produzione e della notorietà, andarono incontro ad un inesorabile declino. A partire dal IV secolo, infatti, il fiorente commercio dei marmi di Luni si contrasse rapidamente dando luogo così ad un lungo periodo di oblio, che si protrasse per tutto il Medioevo. Solo a partire dal XII secolo si manifestarono i segni di un rinato interesse per lo sfruttamento dei giacimenti delle montagne carraresi e in corrispondenza della rinnovata richiesta di cospicui quantitativi di questo materiale, destinati alle grandi realizzazioni architettoniche dell’epoca, le attività commerciali legate al marmo ripresero vita.
Sarà il Rinascimento a consacrare universalmente la fama dei bianchi marmi carraresi e principalmente grazie all’intelligente promozione fattane da Alberico Cybo-Malaspina, principe di Carrara e duca di Massa che con il suo prestigio personale, il suo mecenatismo e i suoi rapporti con i principali cenacoli culturali del rinascimento fece arrivare a Carrara i più importanti artisti dell’epoca, sancendo la definitiva consacrazione dei marmi apuani nell’arte e nell’architettura europea. Sul versante artistico, la nuova cultura del Rinascimento aprirà una nuova, grande stagione per i marmi apuani e la nascita di un diffuso interesse per l’antica città di Luni e per i suoi marmi.
Le cave lunensi, passate in eredità a Carrara erano ormai da tempo tornate in auge e la cultura umanistica non mancò a celebrare in eleganti scritture latine l’origine del sito, la sua evoluzione e magnificenza del bianco marmo che si cavava da quei monti.
“Aronta è ch'al ventre li s'atterga, che ne' monti di Luni, dove ronca lo Carrarese che di sotto alberga,
ebbe tra ' bianchi marmi la spelonca per sua dimora; onde a guardar le stelle
e 'l mar no li era la veduta tronca.”
2.2.2.1 Le tecniche di coltivazione del comprensorio
Il comprensorio estrattivo di Carrara conta oggi novanta cave attive situate nei tre grandi bacini estrattivi che dalle spalle della città si diramano verso le pendici del Monte Maggiore, le quali si differenziano, sulla base del tipo di coltivazione, in “cave a cielo aperto” che attaccano il monte su di un culmine o su di un costone e “cave a pozzo”, capaci di dar vita ad imponenti anfiteatri cinti da cortine marmoree oppure “cave sottotecchia” e “cave in galleria” (o in sotterraneo), vere e proprie cattedrali immense scavate nel cuore della montagna. Tutte queste caratteristiche possono tranquillamente sommarsi in una sola cava proprio in relazione allo sviluppo delle differenti fasi tecniche della coltivazione, che normalmente, segue il filone marmifero maggiormente capace di qualità a saldezze dimensionali.
Con “coltivazione delle rocce” si intende l’insieme delle operazioni che permettono di asportare dalle cave il materiale lapideo utile, in condizioni di economicità e senza pregiudizio per il materiale, il giacimento, le maestranze e l’ambiente esterno. I sistemi con i quali si attua la coltivazione sono vari dato le molteplici condizioni e i fattori che li determinano, come le caratteristiche della roccia e la localizzazione del giacimento. La classificazione generalmente utilizzata prende in esame le caratteristiche del territorio nel quale la cava è inserita. A questo proposito si possono individuare sistemi di coltivazione “a cielo aperto45” (o a giorno) e sistemi in “sotterraneo46”.
45 Le cave “a cielo aperto” oltre che di pianura, come quelle precedentemente esposte con riferimento alla zona di Carrara, possono essere anche di montagna. Le cave di monte si trovano in ambito collinare o montagnoso e presentano l’oneroso problema della costruzione di strade di arroccamento, il quale risulta insostenibile se ricade sul bilancio di una singola cava, mentre risulta di più facile realizzazione se vengono stanziati dei finanziamenti pubblici, quindi la mancanza di idonee infrastrutture può rendere inutilizzabili molti ottimi materiali. Queste cave presentano il vantaggio di non essere soggette a problemi di allagamento, mentre possono risultare non coltivabili, per ragioni climatiche, nei periodi invernali. I tipi principali di cava che si presentano in questo caso sono: “a mezza costa”, “culminali”, e in “trincea (fossa)”. Le cave a mezza costa sono quelle che si aprono sui fianchi dei monti, e sono ubicate ad una quota superiore rispetto al piazzale di cava. La forma tipica che si realizza è ad “anfiteatro” e l’estrazione si articola su gradini singoli o multipli e sono tanto più numerosi quanto più alto è il fronte di coltivazione. Nel caso dei monti a forte pendenza il gradino sarà unico per la possibilità di disporre di spazi sufficienti per le operazioni di cava, come unico sarà anche se gli strati utili presentano un’altezza modesta. Le cave culminali, dette anche “per splateamento”, sono quelle che si aprono sulla vetta delle