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R ADICI STORICHE : DALLE PRIME PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE AL

La nascita dell’editoria accademica viene fatta risalire da molti autori157 al 1665, anno in cui avviene la pubblicazione dei primi due periodici scientifici al mondo “Journal des Sevants” a Parigi e “Philosophical trasaction of Royal Society of London” a Londra, rispettivamente una gazzetta che raccoglieva informazioni e opinioni degli scienziati e un “antenato” degli archivi moderni, cioè una sorta di archivio che permettesse di individuare la paternità e l’originalità delle scoperte scientifiche in maniera legittima158

.

Si dovrà però aspettare l’Ottocento per la fioritura del settore editoriale,definito spesso come il periodo del “trionfo dell’editoria”. La produzione e la vendita delle riviste e della letteratura scientifica si trova in questo periodo ancora in una posizione marginale, o meglio in una situazione in cui a dettare le regole sono le associazioni e le società scientifiche, cioè cerchie ristrette di studiosi che influenzano la diffusione e la circolazione del sapere scientifico. La vendita viene effettuata infatti tramite abbonamenti sottoscritti da specialisti o comunque cultori della materia e non attraverso il canale di diffusione e distribuzione delle librerie.

Alla fine dell’Ottocento la situazione però inizia a cambiare. Le associazioni e le società accademiche perdono il loro potere. La diffusione del sapere scientifico non avviene più solamente tramite abbonamenti sottoscritti da singoli individui, ma inizia a stabilirsi

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Si rimanda alla bibliografia consultata per la stesura del I capitolo del presente lavoro.

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una relazione tra gli editori commerciali e le biblioteche universitarie che da questo momento inizieranno a rappresentare il centro culturale nazionale (spodestando le associazioni scientifiche) e i principali acquirenti delle riviste scientifiche.

In questo periodo cambia anche l’assetto accademico. Con la diffusione dell’educazione universitaria e lo sviluppo di nuovi percorsi di ricerca aumentano il numero delle biblioteche e la produzione di nuovi titoli di riviste (si consideri che nella prima metà dell’Ottocento non erano più di un centinaio quelle presenti nel mercato editoriale, mentre tra il 1850 e il 1900 il numero dei titoli arriva a toccare le 10.000 unità).

Il mercato di riferimento era costituito in particolare dalle università inglesi, tedesche e francesi.

Alla fine degli anni Venti si delinea però un blocco degli acquisti da parte delle biblioteche, dovuto alla Grande crisi del ‘29159

. Il mercato editoriale subisce un cambiamento.

Le case editrici commerciali si avvicinano sempre più alla produzione accademica, rappresentando una nuova opportunità per autori e studiosi160.

Secondo le parole di G. Vitiello si tratterebbe addirittura di «una presenza benefica»161, in grado di permettere ad illustri studiosi e

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Alla grande crisi del ’29 è legato l’aumento del numero dei titoli dei periodici scientifici e la riduzione delle capacità economiche delle biblioteche che non sono più in grado di soddisfare con le proprie risorse finanziare le esigenze dei diversi settori accademici. Per una maggiore chiarezza fare riferimento al I capitolo del presente lavoro e alla relativa bibliografia.

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Cioè la possibilità di liberarsi dalle influenze delle associazioni accademiche e scientifiche di nicchia.

161

Cfr. G. Vitiello, La comunicazione scientifica e il suo mercato, “Biblioteche oggi”, giugno 2003.

autori di diffondere il proprio pensiero senza sottostare ai condizionamenti delle associazioni e società scientifiche.

Inizialmente gli editori non ottenevano grossi profitti dalle pubblicazioni, ma sfruttavano il nome di personalità illustri del mondo accademico per rafforzare il proprio prestigio e aprirsi un canale per entrare nel mercato editoriale scientifico.

La situazione sopra descritta ha reso possibile la creazione di un rapporto di fiducia tra editore e autore, il quale avrebbe continuato a pubblicare in futuro ipotetiche opere o manuali.

Solo negli anni Cinquanta gli editori commerciali iniziano a vedere la pubblicazione di riviste scientifiche come uno strumento per massimizzare i propri profitti. Il cambiamento avviene in seguito alla creazione da parte di E. Garfield dello Science Citation Index162e conseguentemente dei c.d. core journals e la nascita dell’Impact Factor come indice di misurazione bibliometrico della valutazione in termini quantitativi.

A questo punto verrebbe da chiedersi che tipo di relazione possa esistere tra i metodi di valutazione (come l’I.F. e il peer review) e gli editori commerciali.

Questi ultimi furono in grado di individuare le opportunità offerte dal settore e acquistarono le riviste fondamentali aventi un elevato Impact Factor (andando così a determinare quello che gli economisti definiscono mercato anelastico163). Infatti i metodi di

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A proposito si cfr. il presente lavoro al punto I.2 in “Metodi di valutazione della ricerca scientifica”.

163

Si definisce mercato anelastico un mercato che non risponde alle leggi della domanda e dell’offerta. È un mercato in cui la domanda non può diminuire nonostante la crescita dei prezzi. È estremamente lontano da un mercato caratterizzato dalla

valutazione, sia quantitativi che qualitativi, vengono utilizzati dagli editori commerciali come strumento di ricerca di mercato164, grazie ai quali hanno potuto assumere una posizione egemone nel mercato dell’editoria accademica (nonostante la loro estraneità al mondo universitario in quanto aziende commerciali), anche tramite acquisizioni e fusioni tra le diverse case editrici. Per sottolineare la posizione egemone degli editori, lo studioso J.C. Guédon parla di “oligopoli del sapere”165

.

Editori166come Elsevier, Thomson, Kluwer ecc. sono riusciti ad appropriarsi in questo modo di un segmento del mercato editoriale

concorrenza perfetta. Specificatamente le biblioteche rappresentano la domanda e non possono permettersi di non acquistare le riviste facenti parte dei core journals nonostante il loro aumento di prezzo.

164

I.F. e peer review vengono utilizzati anche da università e ministeri per valutare la produttività e il prestigio dei propri ricercatori. Cfr. G. Vitiello, La comunicazione

scientifica e il suo mercato, “Biblioteche oggi”, giugno 2003.

165

Cfr. J.C. Guédon, Open Access. Contro gli oligopoli del sapere, ETS, Pisa, 2009 166

Si consideri brevemente la storia della formazione di due colossi mondiali dell’editoria accademica: Thomson e ReedElsevier.

La Thomson nasce nel 1930 in Canada. Inizialmente come emittente radio per poi entrare nel mercato della stampa quotidiana. Trasferitosi nel 1953 nel Regno Unito acquista un quotidiano locale ed entra nel mercato televisivo nazionale e nel mercato petrolifero. Nel 1980 avviene la vendita dell’emittente televisivo precedentemente acquistato dalla società per iniziare a dedicarsi a nuove strategie di mercato basate sull’acquisizione di editori scientifici, della sfera finanziaria ed educativa e alla vendita di quotidiani. In particolare nel 1989 viene venduto il complesso petrolifero e l’azienda si dedica completamente all’acquisizione (nel giro di 10 anni) del settore delle pubblicazioni scientifiche, dell’informazione finanziaria, medica, legale, fiscale, del settore dei software e della stampa quotidiana.

La ReedElsevier nasce prima, nel 1880 a Rotterdam nei Paesi Bassi. Prende il nome da una famiglia di editori molto importante tra il XVI e XVII secolo. Entra nel mercato dell’editoria scientifica nel 1930 dedicandosi in particolar modo all’informazione di ambito medico. Alla fine degli anni Trenta si trasferisce in America con una filiale e fonda le prime riviste in lingua inglese. Particolarmente rilevante, soprattutto per quegli anni, la creazione nel 1960 del database EMBASE (un database elettronico di riviste e articoli biomedici e farmacologici, che contiene più di 24 milioni di documenti. (Cfr. il sito ufficiale http://www.embase.com/).

scientifico, acquisendo il settore delle STM e posizionando le proprie riviste tra quelle con un più alto impatto e sfruttando la fama e il prestigio degli scienziati peer reviewers167.

La situazione contemporanea non è differente.

Gli editori commerciali sono riusciti a comprendere e sfruttare da subito le opportunità offerte dal cambiamento tecnologico e dall’utilizzo di Internet, acquisendo ancora maggiore potere all’interno del mercato editoriale. Stabilendosi prepotentemente nel mercato globale168, rendendo sempre più invalicabili le barriere d’ingresso169

e sfruttando il fattore tecnologico come vantaggio competitivo. È stata più volte messo in evidenza in questo lavoro l’importanza rappresentata dall’avvento delle nuove tecnologie per la comunicazione scientifica. Esiste però un aspetto negativo, rappresentato dallo sfruttamento da parte delle aziende commerciali. Queste, da quando hanno iniziato a pubblicare in formato elettronico, hanno aumentato ulteriormente i prezzi delle pubblicazioni di ricerca fino a farli crescere in maniera

Negli anni seguenti aprono basi operative in America (Elsevier USA) e nel Regno Unito con Elsevier UK. Reed ed Elsevier continuano l’espansione nel mercato inglobando elementi del settore della comunicazione di massa e dell’informazione scientifica. Acquisiscono quotidiani, riviste, tv fino ad ottenere più del 30% del mercato.

167

Per rendere un’idea del posizionamento sul mercato globale da parte della più grossa impresa editoriale al mondo, si pensi che Reed-Elsevier si occupa di quattro settori scientifici: Scienza e medicina, Diritto, Educazione e Business e che nel 2002 ha avuto un fatturato di 7982 milioni di euro, paragonati ai 3456 milioni di euro dell’intero mercato editoriale italiano.

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Grazie alla diminuzione delle distanze permessa da Internet. 169

Si parlerà in modo approfondito delle barriere d’ingresso nelle pagine seguenti a proposito del dibattito sulla tutela del diritto d’autore in campo universitario.

esponenziale e creare le cosiddette barriere di prezzo. Internet, in particolare, ha rappresentato per gli editori commerciali una straordinaria possibilità: di crescita dei profitti, di lanciare i prodotti su scala globale individuando e sfruttando nuovi canali di comunicazione e di marketing. Così facendo le imprese editoriali hanno potuto rafforzare il proprio marchio, rendendolo più forte e visibile a livello globale (ne è un esempio Elsiever); trasformando quindi lo strumento libero per eccellenza – Internet – in una nuova barriera, un nuovo confine, da poter scavalcare solo attraverso il pagamento170.

Si consideri ora l’esperienza italiana.

Gli studi sull’editoria accademica nazionale fanno riferimento sostanzialmente allo sviluppo delle singole case editrici. Non esiste ancora uno studio unicamente dedicato al settore specifico dell’editoria accademica.

Da questo ne derivano, come detto in apertura del capitolo, diverse considerazioni. Tra le altre, l’idea che nella penisola si sia sviluppato un panorama eterogeneo in cui operano piccole e medie case editrici commerciali nazionali che si sono dedicate anche alla produzione della letteratura scientifica e accademica171. Una breve sintesi storica dalla nascita delle prime università italiane e dal rapporto con la divulgazione scientifica e con gli editori commerciali può aiutare a capire come e perché le Università

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Su questo argomento si rimanda alla riflessione sulla conoscenza e Internet come bene comune del II capitolo.

171

Non esistendo un settore editoriale specificamente dedicato alla pubblicazione dei lavori scientifici e accademici.

italiane abbiano recentemente deciso di sfruttare e sperimentare le opportunità offerte dalla creazione di case editrici universitarie, quali le University Press.

È possibile sostenere, che le Università italiane hanno avuto scarso interesse172 verso la gestione della diffusione delle conoscenze e delle ricerche nate in seno all’ambiente universitario.

Ancora prima dell’invenzione della stampa a caratteri mobili esisteva intorno alla diffusione del libro di testo un commercio parallelo, anche se non ufficiale. Gli studenti provvedevano a creare dispense in base agli appunti presi a lezione per poi venderli clandestinamente. In seguito si manifesta da parte dell’istituzione la volontà di controllare la produzione “editoriale” attraverso la proposta, portata avanti da un gruppo di docenti, di affidare la creazione dei testi a studenti e copisti173. Anche in questo caso però la produzione avviene all’esterno dell’Università. Si controlla dunque la circolazione dei testi, ma la produzione è sempre demandata a soggetti esterni.

Con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, inizia a prendere piede una nuova e diversa produzione del libro ideata dai librai: produrre testi utilizzando gli appunti degli studenti, da vendere come libri di testo.

Dopo i librai e prima della costituzione della case editrici, un ruolo determinante nella produzione del libro è rappresentato dalla figura

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Probabilmente anche legato ad elementi di carattere economico e sociale 173

Non possono ancora essere definiti libri nel senso comune, in quanto formati da un insieme di fascicoli che andavano a costituire un unico testo, spesso elaborato da mani diverse (ancora non è stata inventata la stampa a caratteri mobili).

dei tipografi. Questi individuano le opportunità che la stampa moderna può offrire loro: un mezzo straordinario che potrebbe rappresentare un ottimo investimento da non sottovalutare174.

Concentrano l’attenzione sulla realizzazione dei testi universitari e delle loro caratteristiche: prodotti estremamente semplici, soggetti a richiesta continua e appartenenti ad un mercato molto vasto. Allo stesso modo la stampa rappresentava per il mondo universitario un’importante opportunità: velocità nella produzione di un numero elevato di copie di esemplari tutti uguali175.

Le università iniziano perciò ad affidare ufficialmente la produzione e la diffusione del sapere scientifico in mano ad agenti esterni perché non hanno la possibilità né economica né tecnica per poter partecipare attivamente alla produzione del libro.

Sono presenti nel panorama italiano delle collaborazioni tra singoli atenei e case editrici, ma non possono essere considerate delle vere e proprie produzioni universitarie176.

Un’altra peculiarità del mercato editoriale accademico italiano è rappresentato da una prassi attiva ancora oggi. Le case editrici private si concentrano sulla produzione di particolari settori disciplinari, senza però dedicarsi alla produzione di materiale utile per la didattica. A questo spesso hanno provveduto i singoli

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L’attenzione dei tipografi verso il nuovo mezzo tecnologico dell’epoca può essere paragonato al rapporto e allo sfruttamento da parte delle case editrici moderne nei confronti delle nuove tecnologie digitali e di Internet.

175

Cfr. B. Bechelloni, L’università di carta. L’editoria accademica nella società della

conoscenza, FrancoAngeli, 2010

176

Si consideri che il testo viene stampato a nome della casa editrice privata con collaborazione dell’Ateneo, ma non porta la firma dell’Ateneo che ne richiede la produzione.

Dipartimenti, provando in alcuni casi a pubblicare a proprie spese atti di convegni, relazioni o collane didattiche con l’appoggio però sempre di tipografie esterne.

In breve, si può ritenere che la maggioranza della produzione accademica italiana viene svolta da aziende esterne e private, di cui è importante sottolineare la diversità di obiettivi rispetto a quelli delle Università. Per le case editrici commerciali (in quanto aziende) la missione è rappresentata dalla massimizzazione dei profitti e far quadrare i bilanci, mentre per le Università l’obiettivo si rispecchia nella diffusione della cultura e delle ricerche prodotte al suo interno.

Si può dire che per le case editrici commerciali l’attività editoriale accademica rappresenta un mero strumento per riuscire a raggiungere i propri obiettivi, che come si è detto sono rappresentati dall’ottenere profitti. Quindi in altre parole, per le case editrici le Università rappresentano una possibilità di guadagno.

Dunque questo è il panorama editoriale italiano fino agli anni Novanta del Novecento: case editrici commerciali che si occupano della diffusione del sapere scientifico.

Giuseppe Vitiello propone una classificazione relativa alla specializzazione delle diverse case editrici nel mercato editoriale, individuando 5 particolarità:

- unicamente universitaria (CLUEB, il Mulino ecc.); - mista di testi e manuali (Cortina, Hoepli ecc.); - settoriale (Giuffrè, CEDAM ecc.);

- editoria universitaria non per vocazione, ma di fatto (Einaudi, Laterza ecc.);

- stretta relazione tra mercato universitario e formazione professionale (Il Pensiero scientifico, Masson ecc.)177.

Secondo Linda Spinazzè invece esiste una sola modalità, cioè case editrici private che si interessano di settori particolari dell’Università. Quindi “editori di saggistica” che si occupano anche del mercato universitario, ma mai in modo esclusivo. Si legge:

«è il caso per esempio di Giuffrè o Simone, sinonimo di edizioni giuridiche, Apogeo o Zanichelli note per il settore scientifico, Laterza o il Mulino prestigiose per il settore della saggistica e così via. Quindi in Italia prima di tutto esistono editori di saggistica a carattere specialistico che servono anche – quasi mai esclusivamente – il mercato universitario»178.

In definitiva, si può sostenere che l’editoria accademica italiana si divida principalmente in tre parti: rapporto tra università e case editrici private che si occupano della produzione e della diffusione in un mercato vasto (es. FrancoAngeli o il Mulino), rapporto tra singoli Dipartimenti e tipografie, fondazioni o enti esterni che si occupano della stampa dei lavori proposti dai singoli Dipartimenti, e dagli anni Novanta dalla presenza delle case editrici universitarie (le University Press).

L’attenzione si concentrerà particolarmente su queste ultime, con l’intenzione di evidenziare le possibilità da queste offerte all’Università, alle sue produzioni e al ruolo che rappresentano per la valutazione della ricerca scientifica.

177

Cfr. G. Vitiello, L’editoria universitaria in Italia, “Biblioteche oggi”, aprile 2005 178

Cfr. L. Spinazzè, La comunicazione scientifica accademica italiana nel mondo

digitale: siti internet, biblioteche digitali, archivi aperti, case editrici digitali universitarie, tesi di laurea, a.a. 2004-2005.