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II.4 I NIZIATIVE A SOSTEGNO DELL ’O PEN A CCESS

II.4.1 I L RUOLO DELLA CRUI

Nel 2006, in seguito al Convegno tenutosi a Messina, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) ha creato un gruppo di lavoro dedicato esclusivamente al tema dell’Open Access, chiamato

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Cfr. M. Cassella, Open Access e comunicazione scientifica, Editrice Bibliografica, Milano, 2012, pp. 149-150

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Benedetta Alosi fa parte del Gruppo di lavoro Open Access, Copyright e Impatto sulle trattative per le risorse elettroniche.

Cfr. Gli atenei italiani per l’Open Access: verso l’accesso aperto alla letteratura di

ricerca, Bibliotime, anno VII

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Gruppo di Lavoro per l’Open Access110, con l’obiettivo di riuscire ad attuare i principi della Dichiarazione di Berlino111. Quindi discutere gli aspetti fondamentali e gli strumenti che il movimento mette a disposizione, migliorare il loro utilizzo e suggerire tecnicamente le politiche da attuare. Si rivolge direttamente agli Atenei e centri di ricerca, istituzioni, società e organizzazioni finanziatrici, ricercatori, bibliotecari, editori.

Con maggiore precisione, il Gruppo Open Access della CRUI si muove con l’intento di diffondere all’interno della comunità accademica italiana la consapevolezza delle opportunità offerte dalle pubblicazioni ad accesso aperto, ma anche per mettere in pratica azioni per la diffusione degli strumenti di creazione e di gestione degli archivi ad accesso aperto, sui materiali da depositare, sulle riviste elettroniche che siano interoperabili con gli archivi aperti, soffermando l’attenzione anche sui protocolli e gli standard da utilizzare.

La CRUI ha stilato diversi documenti, dopo l’analisi portata avanti dal gruppo di lavoro. In questa sede ne verranno analizzati alcuni che hanno un collegamento diretto con i temi affrontati: la valutazione della ricerca, le riviste ad accesso aperto e gli archivi ad accesso aperto112.

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Cfr. http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=1167 per visualizzare i membri del Gruppo di Lavoro per l’Open Access.

111A cui l’Italia aveva aderito con la redazione della Dichiarazione di Messina, nel novembre del 2004.

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OA e la valutazione dei prodotti della ricerca scientifica. Raccomandazioni113è il primo documento analizzato.

Le raccomandazioni vengono approvate dalla Commissione Biblioteche della CRUI il 2 aprile 2009. Si stabilisce la necessità di un’Anagrafe che raccolga, gestisca ed elabori le informazioni legate alle attività di ricerca di un Ateneo. Quindi si sottolinea la necessità per l’Anagrafe di avere un Archivio istituzionale ad accesso aperto compatibile con il protocollo OAI-PMH.

Utilizzare un archivio istituzionale per la valutazione della ricerca è un elemento fondamentale, secondo la Commissione, in quanto in linea con i cambiamenti a livello di produzione, diffusione e pubblicazione relativi alla comunicazione scientifica.

Con la presa di coscienza dei suddetti cambiamenti, si ritiene che la pubblicazione di un articolo non debba essere considerata lo scopo finale della comunicazione scientifica o il punto di arrivo per un ricercatore. La comunicazione scientifica ha, infatti, subito un cambiamento. Il cambiamento riguarda anche gli elementi da cui è composta. Dunque, l’articolo non dovrebbe essere considerato più il punto di arrivo del lavoro di un ricercatore, ma dovrebbe essere accompagnato e sostenuto da altri elementi. Quali? Tutti i materiali che ne hanno reso possibile la formulazione e la pubblicazione, da considerare quindi non più come dati superflui o aggiuntivi, ma elementi determinanti per arrivare ai risultati finali. Da questa considerazione nasce l’importanza di costruire archivi ad accesso aperto in cui viene dato spazio a tutte le fasi della comunicazione scientifica.

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Come?

Archiviando non solo gli articoli, ma tutti i materiali ad esso collegati. In questo modo viene messo a disposizione, a libero accesso, materiale che prima non veniva considerato degno di nota (negli ultimi anni si avanza l’idea di poter valutare anche questo tipo di letteratura e non più solo la singola rivista o gli articoli). Facendo nuovamente riferimento all’importanza data alla creazione di un’Anagrafe della ricerca di Ateneo (come viene definita nel documento CRUI) si legge che

«è una base dati che dovrebbe consentire di raccogliere, gestire ed elaborare le informazioni su tutte le attività di ricerca, e contestualmente agevolare la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia delle attività di ricerca scientifica, con il calcolo degli indicatori scelti dal Nucleo di valutazione»114.

Nell’Anagrafe si dovrebbe trovare un elenco di informazioni accessibile e interrogabile in qualunque momento, capace di contenere l’elenco dei nomi dei ricercatori (nomi completi), le competenze, i risultati ottenuti sotto forma di pubblicazioni, libri, brevetti, partecipazione a congressi, ma anche le attività di ricerca attiva.

L’Archivio istituzionale dovrebbe fare parte dell’Anagrafe e dovrebbe contenere al suo interno tutti i risultati ottenuti dalle ricerche sotto forma di pubblicazioni, libri, brevetti, partecipazioni a congressi e attività di ricerca (come descritto sopra).

Nel documento viene poi proposto un passo della Berlin Declaration on Open Access to Knowledge in the Sciences and

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Humanities, in cui si sottolinea l’esigenza di creare un archivio istituzionale in linea, dove inserire il lavoro finale e i documenti a questo annessi, mantenuto da un’istituzione o una società o altro ente che ne permetta la distribuzione, l’interoperabilità e l’archiviazione a lungo termine in modo da raggiungere gli obiettivi proposti dal movimento Open Access.

Viene sottolineato con forza, come l’Archivio istituzionale non debba essere considerato per le istituzioni accademiche un elemento aggiuntivo o di poco conto rispetto all’Anagrafe, ma anzi un elemento essenziale e determinante, in grado di far concorrere le università italiane su scala internazionale nel campo della ricerca. In breve, è importante dare spazio al lavoro finale (quindi alla pubblicazione dell’articolo su riviste, anche open access), ma anche alle fasi precedenti che ne hanno permesso la formazione, quindi alle fasi di raccolta, di analisi, di elaborazione, di disseminazione e di fruizione dei dati relativi alla produzione scientifica dell’Ateneo stesso.

Analizzando il ruolo degli archivi istituzionali aperti nella valutazione della ricerca si può notare come stiano assumendo un ruolo fondamentale e diverso rispetto ai tradizionali metodi di valutazione quantitativa, come l’IF. Infatti, i motori di ricerca specialisti (Google Scholar, Pleiadi ecc), i motori di ricerca generalisti (Google, Yahoo ecc), gli archivi aperti sia istituzionali che disciplinari (detti repository) stanno assumendo un ruolo importante come indicatori di valutazione, perché permettono una maggiore, migliore ed eterogenea informazione sul web e di conseguenza ne massimizzano l’impatto.

Ma cosa vuol dire in termini di valutazione quanto appena descritto?

Un articolo presente su archivi istituzionali aperti on-line viene reperito più facilmente e velocemente rispetto allo stesso articolo presente solo in versione cartacea. Questo corrisponde alla possibilità di essere maggiormente citato e quindi di aumentare l’impatto dell’articolo e del ricercatore.

Un problema da non sottovalutare riguarda la qualità degli articoli e dei documenti presenti all’interno delle riviste e degli archivi ad accesso aperto, o meglio la percezione della qualità. Nelle Raccomandazioni della CRUI, infatti, viene evidenziato che tutti i lavori recensiti dalla Directory of Open Access Journal115, o sono soggetti a peer reviewing, o ne viene controllata ed esaminata la qualità, per cui non bisogna considerare gli articoli presenti nelle riviste open access privi di qualità, considerando la forma ad accesso aperto come sinonimo di scadente o incerta.

Un aspetto positivo degli archivi aperti per la valutazione scientifica si può riscontrare nella possibilità di poter valutare con modalità

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DOAJ (Directory of Open Access Journal) è il repertorio più autorevole e completo di riviste OA. Viene lanciato nel 2003 (dall’Università di Lund in Svezia) dopo l’aumento delle riviste OA dal 2002. L’obiettivo è di accrescere la visibilità e la ricercabilità delle riviste peer reviewing ad accesso aperto attraverso un unico punto di accesso.

Nel 2003 la DOAJ registrava 350 riviste, nel 2011 ne registra 6300 (riferite a più di 110 paesi diversi). Ogni anno la DOAJ verifica che le riviste indicizzate abbiano i requisiti per poter rimanere all’interno del suo indice (si contano più di 10 titoli rimossi ogni anno).

È importante sottolineare che dal 2004 è possibile svolgere le ricerche per articolo, e non solo per riviste, con lo scopo di aumentare il livello di disseminazione degli articoli indicizzati in DOAJ. Questo è possibile, però, solo per circa 2500 riviste che espongono i propri metadati .

continuative meno dispendiose e più semplici rispetto a quelle tradizionali, che proprio grazie alla massimizzazione dell’accessibilità permettono una maggiore visibilità dei loro prodotti (e di conseguenza una maggiore citabilità e un maggiore impatto).

Con queste Raccomandazioni però non si vuole chiedere di mettere da parte i metodi tradizionali di valutazione scientifica, ma affiancarli a quelli classici. A favore dei nuovi metodi di valutazione legati all’accesso aperto si può considerare la possibilità di raggiungere una più ampia sfera di utenti e fruitori, luoghi difficili da raggiungere per lo SCI116. Infatti, lo SCI ha il limite di includere esclusivamente le pubblicazioni in lingua inglese e tralasciare i documenti legati agli articoli, come atti di convegni o monografie.

Nelle Raccomandazioni si legge infatti che

«la peer review resta un metodo fondamentale di valutazione del valore di un articolo. Tuttavia, nella sua forma attuale, anche la peer review è soggetta a critiche. L’open access e i nuovi strumenti tecnologici a disposizione possono fornire i mezzi per migliorarla e potenziarla, rendendola più trasparente, più corretta ed efficace (ad esempio aumentando la base di referaggio, ma anche fornendo strumenti di controllo e di garanzia)»117.

L’unione tra Archivio istituzionale e Anagrafe della ricerca è importante perché è stato dimostrato che depositare sia i documenti relativi alle indicazioni bibliografiche che i documenti stessi porta all’aumento dell’impatto della pubblicazione, provocando

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Cfr. Primo capitolo del presente lavoro. 117

conseguenze positive non solo per gli autori, ma anche per le istituzioni che hanno finanziato la ricerca.

Nel documento si fa riferimento anche a possibili problematiche legate al diritto d’autore e alla sua tutela, anche se attualmente la maggior parte degli editori permette l’archiviazione di preprint e post print degli articoli scientifici, per cui per questo aspetto non dovrebbe nascere il problema della tutela del diritto d’autore118

, mentre lo stesso discorso non può essere fatto per quanto riguarda monografie, brevetti, software o altri prodotti non royalty free119.

L’analisi continua con Riviste ad accesso aperto. Linee guida120 che vengono proposte alla Commissione delle biblioteche e approvate nel 2009.

Nel documento si afferma che le riviste ad accesso aperto potrebbero rappresentare, nel panorama attuale di crisi economica, un metodo efficace per riuscire a migliorare e aumentare la disseminazione dei risultati della ricerca scientifica, prendendo come base da cui iniziare il cambiamento tecnologico e le

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Di questo aspetto si discuterà in maniera approfondita nel prossimo capitolo dedicato esclusivamente al cambiamento dell’editoria scientifica.

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Da Wikipedia: Royalty-free è un tipo di licenza che permette l'utilizzo di una risorsa (foto, video, audio, eccetera) con limitate restrizioni sul suo utilizzo, pagando una cifra iniziale estremamente contenuta. Il termine royalty-freesi riferisce alla situazione in cui, una volta che la licenza è stata acquisita, l'utente può utilizzare la risorsa senza limiti di tempo e spazio senza dover sostenere ulteriori costi, naturalmente seguendo le linee guida della licenza stessa. Non significa che l'utente sia libero di utilizzare la risorsa (fotografia, audio o video che sia) indiscriminatamente; il termine stabilisce solamente l’esistenza di uno specifico contratto tra le due entità. Il licenziatario, di solito il creatore del contenuto, rimane comunque sempre proprietario di tutti i diritti legati all'opera prodotta, compreso il diritto di distribuirla o di permetterne la distribuzione.

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opportunità offerte da Internet e dall’accesso aperto nel campo specifico della comunicazione scientifica.

Il punto di partenza è rappresentato dalla presa di coscienza della crisi in cui versa il settore della comunicazione scientifica, in particolare dei periodici elettronici, per arrivare a ridefinire le azioni e le funzioni degli attori coinvolti.

Le linee guida alle riviste ad accesso aperto si aprono con un breve riassunto della storia delle riviste, dalla loro creazione fino alla crisi del prezzo dei periodici, spiegandone le cause e le possibili soluzioni economiche. Una breve parte è dedicata anche alle monografie e alla crisi a queste legata. Fino ad arrivare a spiegare il legame con il movimento per l’accesso aperto e le dichiarazioni di Berlino e Messina (rispettivamente 2003 e 2004).

Una prima riflessione viene dedicata ai problemi giuridici legati alla tutela e violazione del diritto d’autore, a cui segue il ruolo delle riviste scientifiche ad accesso aperto nella valutazione della ricerca scientifica: il peer review, se adeguatamente messo in pratica, può dare migliori risultati di valutazione sulle riviste e gli articoli scientifici rispetto agli indicatori bibliometrici121.

L’aspetto interessante del documento122

è rappresentato dalle raccomandazioni di natura economica proposte nella parte conclusiva. Si ritiene necessario il passaggio da riviste elettroniche ad accesso limitato verso la forma ad accesso aperto, proponendo come metodo economico l’abbandono del pay per view per passare

121Cfr. la prima parte del presente lavoro sull’analisi dei metodi di valutazione qualitativi e quantitativi e la bibliografia connessa.

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Interessante in quanto propone un contenuto nuovo rispetto ai temi già presi in considerazione in questo lavoro.

invece al modello istitution pays. Si pone, quindi, attenzione sulla posizione dominante dell’ente finanziatore rispetto a quello svantaggiato del finanziato-autore e ricercatore123.

Si suggerisce agli Atenei di utilizzare direttamente software Open Source124, piuttosto che i software proprietario. Sono software Open Source per esempio Open Journal System o HyperJournal.Si propone, anche, di utilizzare forme di valutazione diverse dalla tradizionale peer review, proponendo come alternative la soft peer review o la post peer review o anche la revisione attraverso l’uso. Si consiglia, infine, il coinvolgimento dell’autore nell’editing del proprio lavoro, in modo da minimizzare i costi ogni volta questo fosse possibile.

Il terzo e ultimo documento analizzato è Linee guida per gli archivi istituzionali125.

Nel 2009 la CRUI accetta le nuove linee guida proposte dal Gruppo di lavoro per l’accesso aperto. Il punto di partenza è rappresentato dalla presa di coscienza che gli Archivi istituzionali rappresentino

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A proposito si consideri la riflessione sulla conoscenza come bene comune e l’idea di molti autori che sostengono l’OA, secondo cui se una rivista o un articolo ha possibilità di esistere in quanto finanziato con soldi pubblici, tale deve rimanere: pubblico, a libero accesso.

Cfr. S. Sacchi, Comunicazione scientifica e open acces, tesi di laurea a.a. 2003-2004; M. Cassella, Open access e comunicazione scientifica, Editrice Bibliografica, Milano, 2012; F. Di Donato, Le sfide dell’Open Access al sistema di comunicazione della

scienza

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Open source tradotto letteralmente significa “sorgente aperta”. In informatica si

intende un software i cui detentori dei diritti (solitamente gli autori) ne favoriscono il libero studio ed eventuali modifiche da parte di altri programmatori indipendenti. Per un’analisi più approfondita si consiglia aa.vv., Finalmente libero! Software libero e

standard aperti per le pubbliche amministrazioni, McGrawHill, 2008

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un presupposto fondamentale per la realizzazione dell’accesso aperto, uno strumento che mostra in maniera immediata i risultati di un’Università o un centro di ricerca, e li mette a disposizione della comunità scientifica. Raccolgono al loro interno tutta la produzione di un singolo ateneo, conferendogli autorevolezza e preservandone i contenuti in rete a lungo termine.

Gli archivi istituzionali, viene sottolineato, potrebbero assumere il ruolo di «indicatori tangibili»126della qualità di un’istituzione accademica, fino a divenire la componente più importante nell’evoluzione dei nuovi modelli di comunicazione scientifica. Quindi potrebbero divenire un ottimo strumento di valutazione. Per definire gli archivi istituzionali è utile riprendere la citazione di C. Lynch proposta dal Gruppo di lavoro, secondo cui –

«un archivio istituzionale è un insieme di servizi che l’università offre ai membri della sua comunità per la gestione e la disseminazione dei materiali prodotti dall’istituzione e dai suoi membri in formato digitale»127

.

Il documento si apre con un quadro internazionale che riguarda lo sviluppo delle politiche attuate dalle istituzioni per incentivare la creazione degli archivi.

In Italia, nonostante il sostegno politico della CRUI, si guarda alla creazione e utilità degli archivi con sospetto. Non esiste ancora una percezione sui reali benefici connessi alla creazione degli archivi (situazione legata spesso a questioni economiche dovute ai tagli e alle spese ingenti che gli atenei italiani devono sostenere). Mentre

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Ibidem 127

in Europa è una pratica in via di sviluppo, tanto da rendere obbligatoria la prassi di archiviazione in archivi istituzionali, grazie a politiche attuate da enti di ricerca da cui derivano i fondi. In altre parole si obbliga il ricercatore ad archiviare i propri lavori in archivi aperti creati e mantenuti da enti finanziatori.

Viene proposto l’esempio della politica attuata dall’OCSE in Declaration on access to research data from publing funding, secondo cui l’accesso deve essere mantenuto libero e permanente in rete per ogni tipo di risultati delle ricerche finanziate con soldi pubblici; si propongono anche le azioni intraprese dall’Unione Europea, specificatamente dalla EUA – European University Association – in cui viene richiesto il deposito obbligatorio delle pubblicazioni scientifiche già referate, nei propri archivi istituzionali, e il Parlamento europeo propone Nuove prospettive per lo spazio europeo della ricerca, in cui viene sottolineata l’importanza della creazione di infrastrutture per la diffusione delle informazioni scientifiche e la particolare rilevanza rappresentata da Internet e dalla Dichiarazione di Berlino.

Una parte del documento è dedicato all’aspetto organizzativo degli archivi istituzionali. Ovvero alla scelta dei lavori e dei prodotti da inserire al loro interno (preprint, post print, relazioni di convegni, tesi di laurea o dottorato, materiali didattici, ecc.), ma anche cercando di individuare le finalità con le quali viene creato un deposito digitale (didattica o ricerca, o entrambe). Quindi, è

necessario individuare le linee di indirizzo128e dare un ampio margine di visibilità al marketing e alla pubblicità, in modo da poter dare risalto all’archivio all’interno dell’istituzione129

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