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Ragioni induttive contro l’ipotesi ‘maggiore’

PARTE I – Profilo storico, apparato teorico e strumenti di analisi

Capitolo 3. Grammatica di Categorie e Costruzioni

3.2. Lingue e modulazione della realtà

3.2.3. Ragioni induttive contro l’ipotesi ‘maggiore’

Esistono inoltre ragioni di natura eminentemente induttiva, che riguardano le caratteristiche basilari del linguaggio umano. Le lingue del mondo, in virtù del principio di onnipotenza semantica, devono possedere una serie di correlati funzionali che consentano alla semiosi di abbracciare potenzialmente ogni ambito comunicativo. Uno dei caratteri strutturali associato alla onnipotenza semantica è la ricorsività, ovvero la possibilità di applicare ad una forma linguistica, ricavata da una regola grammaticale, la stessa regola di partenza. Ad oggi questa caratteristica sembra contraddistinguere ogni lingua storico naturale, poiché non è possibile strutturare a priori una frase che, per quanto lunga, non possa essere arricchita ulteriormente (Hauser et al. 2002:1571):

“there is no longest sentence (any candidate sentence can be trumped by, for example, embedding it in 'Mary thinks that...'), and there is no non arbitrary upper bound to sentence length."

La presenza di strutture ricorsive è oggi riconosciuta in gran parte delle lingue del mondo. Il solo controesempio sembra essere il piraña, lingua parlata nella foresta amazzonica. Everett (2009), dopo un lungo e laborioso lavoro sul campo, descrisse l’apparato formale del piraña, sottolineando tra l’altro che questa lingua fosse priva di qualsiasi traccia di ricorsività106. Il piraña rappresenterebbe

104 Jakendoff (2012:123): “Conceptual structure encodes different sorts of things. It deals with matters like keeping track

of the individuals you know, assigning objects to categories (such as ‘dog’), and decomposing events into the actions of their characters (such as bears chasing lions). In addition to the parts of meaning linked to words, it encodes all the parts that aren’t linked to words.”

105 Jakendoff (2012:73): “A language is a system that links concepts and thoughts with pronunciations. But concepts and

thoughts themselves don’t have pronunciations, they’re connected to pronunciations. In other words, thoughts are not like a language, they function as a part of a language. Saying ‘thought is like a language’ is as nonsensical as saying ‘wheels are like bicycles’ or ‘peach pits are like peaches.’”

106 Everett (2009:196): “Thus there is no distinction between dog and dogs, man and men, and so on. It’s as though every

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quindi l’unico esempio conosciuto di lingua che contravvenisse il principio di ricorsività. Tale peculiarità del piraña non è tuttavia universalmente riconosciuta (Hauser et al. 2002) e necessiterebbe di una maggiore trattazione che non può essere fatta in questo lavoro.

Una seconda peculiarità che consente alle lingue del mondo di ottemperare al principio di onnipotenza semantica è la flessibilità del codice. Il linguaggio umano, diversamente dai codici animali o dai codici di programmazione, è infatti provvisto di una rilevante flessibilità e può essere rimodulato in relazione alle necessità comunicative (Simone 1995). Qualora si presentino le condizioni necessarie, una lingua può infatti sviluppare gli strumenti per riferirsi a qualsiasi stato di cose. Molte sono le vie attraverso cui le lingue possono innovarsi: imboccando mutamenti stabili o occasionali. I cambiamenti sistemici sono l’esito di processi diacronici (ad esempio la grammaticalizzazione), mentre quelli volatili si attuano in sincronia e non definiscono un nuovo assetto del sistema (ad esempio le operazioni discorsive, Simone in stampa). Anche in questo caso non sono attestate lingue storico-naturali che, per quanto formalizzate, non siano esposte alle pressioni del mutamento e della fluttuazione discorsiva. È stato infatti riscontrato che esistono percorsi evolutivi condivisi dalle lingue del mondo, malgrado le distanze geografiche, areali e tipologiche che le dividono. Le similarità in questo processo vanno ricondotte alla condivisione di esigenze comunicative e di risorse cognitive da parte dei parlanti, artefici del mutamento (Bybee et al. 1994: 15):

“We attribute the fact that certain grammaticalization paths are common in diverse genetic and areal groups to the existence of common cognitive and communicative patterns underlying the use of language.”

Alla luce di queste considerazioni bisogna concludere che l’ipotesi ‘maggiore’ riguardo alla relazione tra visione del mondo e lingua non è corroborata né dalla realtà linguistica né dai principi che sostanziano quest’ultima. Se le lingue del mondo condividono la capacità di far riferimento a qualsiasi stato di cose, non si può assumere che a qualcuna di esse possa corrispondere una rappresentazione del mondo inaccessibile al parlante di un'altra lingua. La condivisione di caratteristiche quali la flessibilità del codice o l’apertura al mutamento suggerisce che le lingue del mondo poggino sulle medesime basi cognitive, malgrado le ingenti possibilità di variazione. Ciò non implica, tuttavia, che non vi sia una relazione tra la struttura delle lingue e la rappresentazione del mondo. Tale rapporto, senza riguardare in maniera olistica i due domini (quello linguistico e quello mentale), si risolve in ambiti precisi e circoscritti. Si farà pertanto riferimento a questa ipotesi come ‘ipotesi Boas-Jakobson’ o ‘minore’, in quanto concerne esclusivamente le relazioni monovalenti che la codifica linguistica impone a stati di cose o a eventi in relazioni ai propri vincoli grammaticali. L’elaborazione di questa

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prospettiva si deve, come lo stesso nome suggerisce, a Boas, antropologo e linguista americano che lavorò a lungo con le lingue dei nativi d’America, e al già citato Jakobson.

Il primo argomento a favore dell’ipotesi ‘minore’ richiama specularmente gli argomenti contro l’ipotesi ‘maggiore’ le funzioni comunicative del linguaggio. Se le lingue del mondo articolano la realtà fenomenica attraverso la semiosi, tale processo deve influire non solo sulla rappresentazione linguistica di uno stato di cose ma anche su quella concettuale.