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PARTE I – Profilo storico, apparato teorico e strumenti di analisi

Capitolo 3. Grammatica di Categorie e Costruzioni

3.4. La grammatica di Categorie e Costruzioni

3.4.3. Tipi concettuali e parti del discorso

Esiste un’importante differenza tra le entità del primo e del secondo ordine, da un lato, e quelle del terzo, dall’altro. Le prime infatti costituiscono degli oggetti o degli eventi esperibili nel mondo reale, mentre le seconde costituiscono delle mere rappresentazioni concettuali. Se a tale considerazione viene associata la natura indessicale delle lingue umane, che rispecchiano evidenti necessità comunicative dei parlanti130, si comprende la preminenza che le entità del primo e del secondo ordine rivestono rispetto alle entità del terzo ordine. Ciò non implica ovviamente l’impossibilità per i sistemi linguistici di codificare entità del terzo ordine. Sono infatti molti gli oggetti concettuali privi di un corrispettivo referenziale nel modo reale che vengono regolarmente codificati dalle semiosi linguistica. Le lingue del mondo tuttavia non presentano per le entità del terzo ordine formati tanto individuabili e stabili come per le entità del secondo e del terzo ordine. Come è possibile, infatti, riscontrare dagli esempi delle tabella 13, il nome astratto viene codificato con una formato nominale che non si discosta da quello impiegato per i nomi puri. Questa discrepanza si può anche notare dal

independent existence and can only be evaluated in terms of their applicability, either to other types of entity or to the situation they describe in general. Thus, the Property ‘green’ applies to first-order entities, the Property ‘hit’ to two first- order entities, the Property ‘recent’ to second-order entities, and the Property ‘undeniable’ to third-order entities.”

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confronto con la categoria nominale con cui tendenzialmente vengono designate le entità del secondo tipo, ovvero la nominalizzazione. Quest’ultima presenta delle caratteristiche morfosintattiche (ad esempio la morfologia derivazionale, l’origine deverbale e la possibilità di reggere argomenti al genitivo) che la differenziano dai nomi puri (Simone 2000).

La maggiore rilevanza nei processi di implementazione linguistica131 rivestita dalle entità di primo e di secondo ordine rispetto a quelle del terzo ordine si rivela in maniera ancora più evidente, prendendo in considerazione il formato nominale e quello verbale che prototipicamente designano i primi due ordini di entità. Benché molti sistemi linguistici possano avvalersi di nomi per la codifica di stati di cose (Koptjevskaja-Tamm 1993), generalmente questi ultimi vengono designati da verbi. Il formato verbale e quello nominale presentano delle caratteristiche distinte che possono essere disposte lungo un continuum (Simone 2000, Simone & Pompei 2007). Non è invece possibile riscontrare un corrispettivo funzionale tanto definito per le entità del terzo ordine.

La predominanza funzionale dei primi due ordini di entità può essere ricondotta a più cause. La prima, già invocata, concerne la natura indessicale del linguaggio che si lega alla funzione comunicativa della semiosi linguistica. Non è infatti possibile rappresentare una qualunque lingua storico-naturale scorporandone le componenti grammaticali dalla corrispondenti esigenze comunicative, senza offuscare l’oggetto d’analisi (Jakobson 1971: 576):

“There is a similar danger when interpreting human inter-communication in terms of physical information. Attempts to construct a model of language without any relation either to the speaker or to the hearer, and thus to hypostasize a code detached from actual communication, threaten to make a scholastic fiction out of language.”

Il linguaggio, per veicolare contenuti comunicativi pregnanti, deve poter far riferimento in maniera sistematica ed economica primariamente alle entità esterne, che costituiscono per eccellenza l’orizzonte referenziale del linguaggio stesso. La necessità di far riferimento a concetti astratti risulta invece secondaria rispetto a questo primo scopo comunicativo. A ben vedere, inoltre, il linguaggio stesso, essendo un oggetto concettuale, costituisce un’entità del terzo ordine. Il linguaggio infatti non rappresenta soltanto un mezzo per veicolare dati, ma, come mostrato nei paragrafi precedenti, ha un ruolo attivo nell’articolazione del pensiero coinvolto nella verbalizzazione. Benché i codici verbali in

131 Nella GCC con “implementazione linguistica” si fa riferimento alla costituzione dei rapporti linguistici (formali e

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virtù della proprietà metalinguistica possano far riferimento alle proprie componenti, tale proprietà non costituisce di certo una delle funzioni primarie della comunicazione umana132.

La natura veicolare del linguaggio favorisce quindi la designazione delle entità del primo e del secondo ordine, cui corrispondono formati stabili. A questo punto è lecito chiedersi il motivo per il quale entrambe le entità trovano una stabile rappresentazione categoriale. Rispondendo a questo interrogativo, si devono chiamare in causa motivazioni di natura cognitiva. La percezione del mondo si compone infatti di oggetti e di forze fisiche che agiscono sui primi o da questi si producono, determinandone la disposizione nello spazio e nel tempo (Langacker 1991: 17):

“We think of our world as being populated by discrete physical objects. These objects are capable of moving about through space and making contact with one another. Motion is driven by energy, which some objects draw from internal resources and others receive from the exterior. When motion results in forceful physical contact, energy is transmitted from the mover to the impacted object, which may thereby be set in motion to participate in further interactions.”

Questo modello cognitivo, da un lato, consente di rappresentare in maniera unitaria le entità dei due ordini e, dall’altro, illustra il motivo per cui non è possibile avere una rappresentazione del mondo in cui non siano presenti sua l’entità del primo ordine, sia l’entità del secondo ordine. Se infatti è vero che le entità del primo ordine hanno una preminenza ontologica in quanto costituiscono gli oggetti concreti che sostanziano il mondo, è altresì incontrovertibile che gli oggetti fisici vengono sempre esperiti in una qualche situazione, ovvero in un determinato dominio spazio-temporale. Figurarsi un oggetto avulso dalla collocazione in cui è stato percepito necessita di un processo di astrazione che snatura la percezione originaria. Questa caratteristica cognitiva trova una contropartita nei sistemi linguistici. Anche le meno dinamiche predicazioni, come ad esempio gli stati, rimandano sempre e comunque ai contorni spazio-temporali in cui la predicazione va collocata, senza designare mai oggetti sospesi in una astrattezza indeterminata.

Le entità del secondo ordine presentano quindi una preminenza percettiva o cognitiva rispetto a quelle del primo ordine. Questa ipotesi è corroborata da un dato tipologico e da uno strutturale. Il dato tipologico consiste nella presenza certa dei verbi, strutture linguistiche che prototipicamente designano le entità del secondo ordine, mai stata messa in discussione per nessuna lingua del mondo. Esistono di contro studi tipologici che ammettono la possibilità che alcune lingue non presentino un

132 A queste considerazioni se ne potrebbero associare altre di natura evoluzionistica. Una loro discussione spingerebbe

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formato nominale vero e proprio (Hengeveld 1992)133. Il secondo dato si può invece ricavare da una

constatazione strutturale interna a molti sistemi linguistici. Il formato verbale presenta infatti una caratterizzazione morfosintattica più articolata rispetto a quello nominale. Come si è visto analizzando il concetto di valenza, i verbi determinano una costellazione di relazioni formali sovraordinata rispetto a quella nominale. Tali questioni saranno chiarite ulteriormente nei prossimi paragrafi.