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La relazione con l’art 2043 c.c.

L‟art. 2043 c.c. fornisce un chiaro esempio di quello che è il limite imposto anche al creditore nella sua pretesa al soddisfacimento del proprio diritto: al creditore è concesso esclusivamente il diritto a che il debitore esegua esattamente la prestazione assunta, al di fuori della quale, una volta realizzata, sarà di nuovo privo

166

RAVAZZONI P., Mora credendi, in Novissimo Digesto, X, Torino, 1964, p. 904.

167 RAVAZZONI P., op. loc. cit.

57 di ogni vincolo (169); pertanto, il momento della realizzazione dell‟altrui interesse è ancorato alla volontà non solo del creditore, il quale ben potrebbe decidere di non avanzare alcuna richiesta per l‟adempimento della obbligazione, ma anche alla volontà del debitore, il quale, quale soggetto passivo, dovrà manifestare la propria volontà di adempiere e, per l‟effetto, eseguire la prestazione dovuta.

Il contemperamento di interessi in gioco risulta di maggiore evidenza se si pone l‟attenzione alle fattispecie in cui il creditore debba porre in essere determinati comportamenti ai fini della realizzazione dell‟obbligo (170

).

Come già accennato nei paragrafi che precedono e come meglio sarà specificato in quelli che seguono nel presente capitolo, basti pensare al caso in cui il creditore non voglia procedere al rilascio della cambiale a chi effettua, esattamente, il pagamento ivi rappresentato. In tali casi, infatti, il creditore che nonostante abbia ricevuto il pagamento, ma non voglia riconsegnare il titolo al debitore, viola inconfutabilmente il diritto alla definitiva liberazione di quest‟ultimo (171

). Ne consegue che il creditore in tal guisa pone in essere un comportamento contrario ai principi dettati dall‟ordinamento, manifestando la propria ingerenza nella sfera della altrui libertà.

Ed è proprio l‟art 2043 c.c. a dettare tali limiti, in quanto lo stesso espressamente prevede il divieto di non danneggiare colpevolmente o dolosamente la sfera giuridica dell‟altro consociato, costituendo il comportamento del soggetto attivo la causa del danno provocato al debitore sia soggettivamente sia oggettivamente.

169 LA LUMIA I., L’obbligazione cambiaria e il rapporto fondamentale, Milano, 1923, p. 145;

MINERVINI L., Mancata presentazione della cambiale e mora del creditore cambiario, in Foro

Italiano,1953, I, p. 986. 170 LA LUMIA I., op. loc. cit. 171 FALZEA A., op. cit., p. 55.

58 L‟oggettività del danno sarà data dalla circostanza che il debitore nulla avrebbe potuto, mediante la propria condotta, al fine di evitare il danno stesso, e, dal punto di vista soggettivo, il creditore sarà ritenuto responsabile anche se solo avrà agito con colpa, determinando così la configurazione di un comportamento antigiuridico volto alla lesione di un diritto altrui (172).

Tuttavia, dal tenore letterale dell‟art. 2043 c.c. potrebbe in qualche modo escludersi che lo stesso preveda anche una condotta commissiva, essendo all‟interno della norma definito, come elemento essenziale, piuttosto una condotta omissiva. Lo stesso non pare essere limitativo rispetto alle condotte commissive, in quanto le stesse non sono espressamente escluse dalla formulazione, sostituendosi all‟omissione un c.d. dovere di azione, quale unico atto idoneo ad evitare la causazione del danno (173).

Ad adiuvandum, soccorre anche il dovere di correttezza previsto e sancito,

tra l‟altro, nell‟art. 1175 c.c., il quale dispone che i comportamenti delle parti debbano essere ispirati alla correttezza reciproca, con ciò facendo evidente riferimento anche al soggetto attivo della obbligazione.

Quanto detto si comprende ancora meglio se si pone l‟attenzione all‟attinenza delle condotte che il danneggiato deve tenere al fine di evitare di subire egli stesso un danno, così come meglio disciplinato dall‟art. 1227 c.c., come vedremo meglio nel capitolo IV (174).

L‟art. 1175 c.c. assicura l‟operatività quindi degli obblighi integrativi di protezione delle sfere giuridiche di ogni soggetto, il quale, uniformandosi ad essi, non potrà che avere una condotta positiva volta al non esercizio abusivo del diritto,

172

FALZEA A., op. loc. cit.

173 FALZEA A., op. cit., p. 71. 174 FALZEA A., op. loc. cit.

59 senza aggravare o ledere l‟altrui situazione (175

): si circoscrivono così i limiti delle condotte nonché i presupposti delle obbligazioni stesse, facendo assumere al creditore la veste di debitore a sua volta (176).

Un esempio di tale limite è determinato, ad esempio, dall‟esercizio del diritto di recesso, il quale produrrà i suoi effetti solo ove portato a conoscenza dell‟altro protagonista del rapporto.

In caso di mancato rispetto, in capo al creditore verrà a configurarsi un vero e proprio illecito, costituito sia dall‟obbligo negativo di non ostacolare o aggravare la posizione del terzo sia dall‟”obbligo” di porre in essere tutto quanto a lui possibile per la realizzazione del suo interesse.

Quanto appena ricordato è infatti, come detto all‟inizio, confermato dalla disposizione prevista all‟interno dell‟art. 1880 c.c., il quale disciplina il tema di adempimento della obbligazione da parte di un terzo; in tali casi, infatti, il creditore è sottoposto agli stessi obblighi di cui alla trattazione appena conclusa, in quanto, in assenza di giustificato motivo, dovrà accettare la prestazione, seppur resa non da parte del debitore, ma da parte di un terzo.

Alla luce di quanto detto, si ritiene verosimile concludere la presenza, all‟interno del nostro ordinamento, di una qualche forma di obbligo alla cooperazione, intesa in senso lato, da parte del creditore nell‟adempimento della prestazione, sia che questa trovi la propria natura in una fonte negoziale sia che la trovi, invece, all‟interno di un obbligo sancito dall‟ordinamento giuridico più in generale.

175

GIORGIANNI M., op. cit., p. 149.

176 FERRINI C. E DE CRESCENZO P., Mora del creditore, alla voce Obbligazione, in Enciclopedia giuridica Italiana, XII, parte I, Milano 1900, p. 916.

60 15. Ancora, la natura giuridica della cooperazione del creditore.

E‟ importante considerare quale sia la natura giuridica della cooperazione creditoria al fine, peraltro, di meglio comprendere quale siano le conseguenze giuridiche derivanti dalla sua omissione.

Ad una prima analisi sembra evidente che il creditore è libero di decidere se cooperare o meno alla realizzazione del proprio interesse, al quale, ove non realizzato, non potrebbe di certo conseguire una sanzione più grave o più onerosa della estinzione del diritto stesso (177).

Tuttavia, a ben guardare non sembra possibile delimitare il problema a tale conclusione, in quanto, in talune ipotesi, il comportamento del creditore risulta invece necessario al fine di consentire al debitore la liberazione dall‟obbligo assunto mediante adempimento.

Parte della giurisprudenza (178) qualifica tale cooperazione come un dovere strumentale, senza che questo possa mai assurgere al rango di vera e propria obbligazione.

Tale cooperazione non può essere nemmeno qualificata come una vera prestazione poiché la stessa non è caratterizzata dai requisiti dettati dall‟art. 1174 c.c. in quanto non è svolta nell‟interesse altrui, ma nel proprio (179

).

Sembra ragionevole concludere che il debitore non ha il diritto e non può esigere la cooperazione del creditore, sebbene siano previste, come già anticipato, alcune eccezioni.

177 NATOLI U., op. cit., p. 48. 178

Cass., 18 gennaio 1995, n. 552, in Mass. Giur. It., 1995; Cass., 8 febbraio 1986, in Giust. Civ., 1986, I, 1928, con nota di COSTANZA M., Cooperazione all’adempimento e colpa del creditore.

61 Trattasi dei casi in cui il debitore ha uno specifico interesse previsto e tutelato dalla legge: si pensi ai casi di esecuzione di un‟opera musicale, come sopra già ricordato, da parte di un musicista oppure ai casi più generali dei rapporti di lavoro subordinato (180).

In ragione di quanto detto, la dottrina maggioritaria (181) ritiene che la cooperazione del creditore sia solo un onere, ossia una attività strumentale alla realizzazione del programma contrattuale, svolta dal creditore nel proprio interesse del diritto di credito, senza che alcuna obbligazione gravi quest‟ultimo: l‟attività del creditore mirerebbe esclusivamente ad evitare un sacrificio eccessivo da parte del debitore nella esecuzione della propria obbligazione, non godendo di un proprio scopo precipuo, ma avendo il medesimo fine della prestazione principale e vale a dire la soddisfazione dell‟interesse del creditore stesso; al riguardo, si rammenta che la teoria che vede costituirsi in capo al creditore un onere e non un obbligo trova le propria origini addirittura alla fine della seconda metà dell‟800, periodo nel quale, seppure non si individuò con esattezza la teoria dell‟onere, si pervenne in ogni caso a identificare come speculari la mora del creditore con quella del debitore, conferendo importanza all‟elemento della colpa, mentre fino ad allora si riteneva sussistere un parallelo obbligo in capo al creditore rispetto a quello del debitore.

Altra parte della dottrina (182) ritiene invece sussistere un diritto del debitore alla liberazione, senza che però a questo corrisponda un obbligo in capo al creditore ma esclusivamente una posizione di soggezione, un diritto potestativo, così eludendo

180

RIVA SANSEVERINO L., Disciplina delle attività professionali, imprese in generale, lavoro

autonomo, lavoro subordinato, in Commentario al codice civile a cura di A. Scialoja e B. Branca, sub

artt. 2060-2246, Bologna-Roma, 1943, p. 128.

181 BETTI E., Teoria generale delle obbligazioni, I Prolegomeni: funzione economica-sociale dei rapporti di obbligazione, Milano, 1953, p. 63; BIGLIAZZI GERI L., op. cit., p. 2; GHEZZI G., La mora

del creditore nel rapporto di lavoro, Milano, 1965, p. 77.

62 la netta corrispondenza tra diritto ed obbligo; tale orientamento esclude pertanto che il creditore sia gravato da obblighi in senso stretto (183).

La dottrina tedesca (184) è invece atta a definire la cooperazione, a volte, come un vero e proprio obbligo principale e, altre volte, come un obbligo secondario ed accessorio, a cui consegue quindi sia la ipotesi di mora debendi sia la ipotesi di

mora accipiendi; in particolare, nelle fattispecie di accettazione della consegna nei

contratti di compravendita, di specificazione di vendita di cosa generica o, ancora, di omissione del creditore-acquirente nella vendita a richiesta si configurerebbe un vero obbligo di cooperare da parte del creditore, la cui omissione non potrebbe che determinare il risarcimento del danno da mora debendi nonché il risarcimento del danno a titolo di inadempimento della prestazione corrispettiva.

Altra parte della dottrina (185) ritiene piuttosto l‟esistenza di un diritto del debitore all‟adempimento e non solo nei casi eccezionali già ricordati, ponendo a sostegno delle proprie considerazioni l‟art. 1236 c.c., il quale richiama il potere di rifiuto del debitore nella remissione del debito posta in essere a suo vantaggio, e l‟art. 1180 c.c. che disciplina l‟opposizione del debitore all‟adempimento del terzo, in cui sussiste un diritto del debitore alla liberazione mediante adempimento.

In conclusione la teoria che individua un onere e non un obbligo alla cooperazione in capo al creditore è quella più accreditata, poiché è da escludere che, nello stesso momento, la coesistenza sia del potere di ricevere e pretendere la prestazione altrui sia dell‟obbligo di riceverla, anche alla luce dell‟art. 1174 c.c. che individua nella prestazione il solo interesse da parte del creditore e non anche da

183

ANDREOLI G., op. loc. cit.. 184ANDREOLI G., op. loc. cit..

63 parte del debitore (186); tale orientamento rappresenta il giusto compromesso tra le estreme teorie che vogliono, da una parte, la assoluta libertà in capo al creditore di cooperare e la sussistenza di un qualche debitor ratione accipiendi.