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La repressione della mendicità tra Codice penale Rocco e legge di pubblica sicurezza del

LA REPRESSIONE E LE QUALIFICAZIONI GIURIDICHE DELLA MENDICITÀ NELL'ORDINAMENTO ITALIANO

4. La repressione della mendicità tra Codice penale Rocco e legge di pubblica sicurezza del

Nel 1930, il Codice Zanardelli fu a sua volta sostituito dal nuovo Codice penale, il cosiddetto “Codice Rocco”, dal nome dell’allora Ministro Guardasigilli proponente il disegno di legge69.

In materia di accattonaggio, il Codice penale del 1930 operò una radicale inversione di tendenza rispetto al Codice Zanardelli, sanzionando severamente ogni forma di mendicità “in luogo pubblico o aperto al pubblico”70; in particolare,

a differenza che nei codici precedenti, nel Codice Rocco la repressione penale dell’accattonaggio cessò di essere fondata sulla distinzione tra mendicanti abili e inabili al lavoro. L’art. 670, infatti, prevedeva la pena detentiva per chiunque, abile o inabile, chiedesse l’elemosina pubblicamente, poiché il mantenimento di un area di liceità dell’accattonaggio era incompatibile con l’ideologia fascista71.

La norma incriminatrice dell’accattonaggio, quindi, reprimeva il fatto tanto dell’abile quanto dell’inabile al lavoro, i quali rientravano entrambi tra i soggetti attivi della fattispecie penale in questione72.

Più precisamente, il primo comma dell’art. 670 prevedeva il reato di mendicità semplice esercitata in luogo pubblico o aperto al pubblico, che era punito con

68 M. BERGAMASCHI, Immagine e trattamento delle povertà estreme in una prospettiva storico-

sociale, cit., p. 44. Vedi anche A. SIMONI, La mendicità, gli zingari e la cultura giuridica italiana,

cit., p. 374; G. PANTOZZI, La mendicità ritornata, cit., p. 238; E. FLORIAN, G. CAVAGLIERI, I

vagabondi. Studio sociologico-giuridico, cit., vol. I, p. 332.

69 S. MUSIO, La vicenda del Codice Rocco nell'Italia repubblicana, cit.

70 Per “luogo pubblico” si intende lo spazio al quale chiunque può accedere liberamente; per “luogo aperto al pubblico”, invece, si intende lo spazio al quale si può accedere solo dopo l’espletamento di alcune formalità. G. FONTANA, Il reato di “accattonaggio” alla luce della

recente depenalizzazione del Codice Penale, cit., p. 1198.

71 A. SIMONI, La mendicità, gli zingari e la cultura giuridica italiana, cit., pp. 375-376. Vedi anche G. PANTOZZI, La mendicità ritornata, cit., p. 238; S. ROSSI, Nota a margine delle ordinanze

sindacali in materia di mendicità, cit., pp. 272-273.

72 V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, vol. X, Torino, Utet, 1986, pp. 374-376. Vedi anche S. RIONDATO, Voce Accattonaggio e mestieri girovaghi, cit., pp. 2, 3.

l’arresto fino a tre mesi73. Tale disposizione, pertanto, sanzionava penalmente

qualunque forma di richiesta di aiuto, comunque essa si manifestasse, purché avvenisse in pubblico. Ad integrare il reato di accattonaggio, infatti, era sufficiente qualsiasi condotta tesa a suscitare la carità pubblica (sia il chiedere per elemosina denaro o altra utilità, anche una sola volta, con la parola, il gesto o lo scritto, che il semplice atteggiamento volto a suscitare la carità pubblica); a condizione, però, che sussistesse il requisito della pubblicità del luogo, elemento essenziale del reato in esame74.

Il secondo comma dell’art. 670, invece, prevedeva una serie di circostanze aggravanti speciali della fattispecie di cui al primo comma. Segnatamente, sanzionava con pena aggravata la mendicità qualora questa fosse esercitata in modo ripugnante (mostrando vere deformità o invalidità, al fine di destare nel pubblico un senso di commozione) o vessatorio (con insistenza, petulanza, o inviti costituenti una sorta di “ricatto morale”), oppure mediante la simulazione di deformità o malattie (simulando deformità o malattie inesistenti, onde sollecitare la pietà dei passanti), o mediante altri mezzi fraudolenti diversi da suddetta simulazione (ad esempio inganni, artifici o raggiri) e capaci di muovere l’altrui compassione; queste ipotesi di mendicità aggravata erano punite con l’arresto da uno a sei mesi75.

L’art. 670, quindi, vietando ogni richiesta pubblica di aiuto (sia in forma disturbante, che in forma non disturbante)76, intendeva proteggere la tranquillità

pubblica e l’ordine pubblico, e impedire abusi del sentimento della pietà77; ratio di

tutela che risultava confermata dalla collocazione sistematica della norma incriminatrice, che vedeva la fattispecie di mendicità classificata tra le “contravvenzioni concernenti l’ordine pubblico e la tranquillità pubblica”78.

73 G. PANTOZZI, La mendicità ritornata, cit., p. 238. Vedi anche S. ROSSI, Nota a margine delle

ordinanze sindacali in materia di mendicità, cit., p. 272.

74 S. RIONDATO, Voce Accattonaggio e mestieri girovaghi, cit., pp. 2, 4. Vedi anche G. PANTOZZI, La

mendicità ritornata, cit., pp. 238-239.

75 G. PANTOZZI, La mendicità ritornata, cit., p. 239. Vedi anche S. RIONDATO, Voce Accattonaggio e

mestieri girovaghi, cit., p. 4; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, cit., pp. 388-391; S.

ROSSI, Nota a margine delle ordinanze sindacali in materia di mendicità, cit., p. 272.

76 N. COLAIANNI, Mendicità e solidarietà, in Foro italiano, 1996, I, cc. 1148-1150, c. 1149. 77 G. PANTOZZI, La mendicità ritornata, cit., p. 238.

78 S. RIONDATO, Voce Accattonaggio e mestieri girovaghi, cit., p. 3. Vedi anche R. CECIONI, S. CIAPPI, Nullum, crimen sine iniuria, cit., p. 69; S. ROSSI, Nota a margine delle ordinanze sindacali

Chiunque mendica in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con l’arresto fino a tre mesi.

La pena è dell'arresto da uno a sei mesi se il fatto è commesso in modo ripugnante o vessatorio, ovvero simulando deformità o malattie, o adoperando altri mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà79.

Anche nel periodo fascista, tuttavia, la normativa penale contro la mendicità, per quanto marcatamente repressiva, non era applicata in modo estensivo80.

Inoltre, come i suoi precedenti storici, anche il reato di mendicità previsto dal Codice Rocco continuava ad essere accompagnato da repressive norme di polizia, quelle della legge di pubblica sicurezza del 193181, che regolava la posizione dei

mendicanti nel titolo dedicato alle “persone pericolose per la società”82.

Ricalcando fedelmente quanto disposto da una precedente legge in materia del 192683, l’art. 154 della legge del 1931, da una parte, ribadiva il divieto assoluto di

mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico e, dall’altra, per gli inabili al lavoro predisponeva un procedimento assistenziale di invio al ricovero. In forza di questo procedimento, gli inabili riconosciuti tali dall’autorità di pubblica sicurezza, se privi di mezzi di sussistenza e di parenti obbligati agli alimenti e in grado di aiutarli, erano da proporsi da parte del prefetto, per il ricovero in un istituto assistenziale, al Ministro dell’Interno, che poteva autorizzare suddetto ricovero84.

È vietato mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico. 79 C.p. 1930, art. 670 (Mendicità).

80 A. SIMONI, La mendicità, gli zingari e la cultura giuridica italiana, cit., pp. 376, 377. 81 R.D. 18 giugno 1931, n. 773.

82 A. SIMONI, La mendicità, gli zingari e la cultura giuridica italiana, cit., p. 375.

83 R.D. 1848/1926, art. 155: “È proibito di mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico. Le persone riconosciute dall’autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi proficuo lavoro, prive di mezzi di sussistenza e di parenti tenuti per legge agli alimenti e in grado di fornirli, sono proposte dal Prefetto, quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al Ministro per l’interno per il ricovero in un istituto di assistenza e beneficenza […].

Il Ministro può autorizzare il Prefetto a disporre il ricovero dell’inabile in un istituto di assistenza e beneficenza”, in MINISTERODELL’INTERNO, DIREZIONEGENERALE DELLAPUBBLICASICUREZZA, Testo

unico delle leggi di pubblica sicurezza: R. decreto 6 novembre 1926, n. 1848 pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 257 dell’8 novembre 1926, Roma, Provveditorato generale dello Stato, 1926,

p. 42.

84 A. SIMONI, La mendicità, gli zingari e la cultura giuridica italiana, cit., p. 375. Vedi anche G. PANTOZZI, La mendicità ritornata, cit., pp. 236-238; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano,

Le persone riconosciute dall’autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi proficuo lavoro e che non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli prestare sono proposte dal prefetto, quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al ministro dell’interno per il ricovero in un istituto di assistenza o beneficenza […].

Il ministro può autorizzare il prefetto a disporre il ricovero dell’inabile in un istituto di assistenza o beneficenza85.

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