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all’accordo

2. la riservatezza si riferisce solo “alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento” (quindi non anche ai documenti eventualmente prodotti);

2.8 Requisiti dell’accordo

Al termine del procedimento, la mediazione può avere esito negativo ovvero trovare un accordo tra le parti. Tale accordo potrà avere una duplice natura: sarà un negozio

di autonomia privata (se le parti rinegozieranno il loro rapporto) ovvero sarà una transazione (se le parti, facendosi “reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere”).

Sappiamo che elementi essenziali di un contratto sono: il consenso delle parti, la causa, l’oggetto e la forma.

Sui vizi del consenso non ci si sofferma, ritenendo improbabile che un accordo possa esser frutto di errore, violenza o dolo del mediatore.

Un accenno merita invece la causa (e cioè la funzione economico individuale del contratto, la ragione concreta dell’atto, elemento fondamentale che ha giustificato il regolamento di interessi tra le parti nonché idoneo a giustificare lo spostamento di beni e valori). Si ricorda che la mancanza della causa determina la nullità del contratto, la possibile rescissione e risoluzione dello stesso.

Ebbene, è prassi generale che l’accordo venga nella pratica redatto dal mediatore, pur con l’assistenza degli avvocati presenti. Ed è capitato che nel testo del verbale non sia stata indicata la causa di detto accordo. Magari ritenendola presunta alla luce delle domande formulate dalle parti e dalla documentazione prodotta. Tuttavia, l’art. 12 prevede che titolo esecutivo è solo l’accordo, e non anche i verbali precedenti ovvero i documenti che corredono la pratica. Senza l’indicazione della causa diventa impossibile verificare se l’accordo è contrario alle norme imperative o all’ordine pubblico.

Ebbene, non pochi sono stati gli accordi incappati nel vizio di nullità ovvero non omologati dal Tribunale14 poiché nei verbali (o negli accordi allegati ai verbali) le obbligazioni convenute non erano giustificate dalla relativa causa. Venivano genericamente previste dazioni di denaro, senza specificare le ragioni di tali dazioni. Si ricorda poi che l’oggetto del contratto deve esser possibile, lecito, determinato o determinabile.

Quanto alla forma, l’art. 11, comma 3, prescrive che “se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”. In altri termini, per avere efficacia esecutiva l’accordo

1. deve avere la forma scritta;

2. deve esser ovviamente sottoscritto dalle parti;

3. deve esser sottoscritto anche dagli avvocati per la certificazione della rispondenza dei patti alle norme imperative ed all’ordine pubblico15;

4. deve esser sottoscritta dal mediatore (solo per la certificazione dell’autografia delle firme).

14 Tribunale di Firenze, 2/7/2015.

15 Nel caso in cui gli avvocati non vogliano sottoscrivere l’accordo (magari – come è capitato –

perché non certi della sua rispondenza ad una norma imperativa), questo dovrà esser omologato dal Presidente del Tribunale.

Se con l’accordo si trasferisce poi la proprietà di beni immobili o si costituisce, trasferisce o modifica un diritto di usufrutto su beni immobili, un diritto di superficie, o si costituiscono o modificano servitù prediali, un diritto di uso sopra beni immobili, un diritto di abitazione o si conviene un contratto di locazione ultranovennale, etc. è anche necessario che le sottoscrizioni vengano autenticate da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (come ad es. un notaio).

Una volta composto regolarmente l’accordo, questo avrà il valore di titolo esecutivo e potrà esser utilizzato per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Si ricorda che, non essendo un titolo giudiziario, l’accordo può esser rilasciato in più originali e che per l’azione esecutiva non deve esser notificato alla controparte ma dovrà esser trascritto integralmente nell’atto di precetto, così come per le cambiali o gli assegni o gli atti pubblici (art. 474 c.p.c.). Non è poi necessaria l’apposizione della formula esecutiva, in quanto l’art. 475 c.p.c. prevede che detta formula venga apposta solo sui titoli esecutivi utilizzati in copia e non a quelli utilizzati in originale (come le scritture private, cambiali, assegni). L’accordo ha poi efficacia esecutiva se ha il contenuto previsto dall’art. 474 c.p.c.: in esso devono quindi essere previsti obblighi di una o di ambo le parti.

2.9 Usucapione

Sempre con riferimento alla forma dell’accordo, un particolare cenno deve esser fatto per l’istituto dell’usucapione.

Con l’introduzione del D. Lgs. 28/2010 si è assistito ad un numero impressionante di domande fondate su rivendicazioni di diritti di usucapione. Soprattutto per beni immobiliari di modesto valore. Il Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto addirittura di dover pubblicare on line un vademecum, visto l’elevatissimo numero di procedimenti aventi quale oggetto la pretesa di usucapione di un bene immobile. Sino al 2013 abbiamo assistito ad un’accesa discussione dottrinaria e giurisprudenziale in ordine all’obbligatorietà o meno della mediazione in materia di usucapione e sulla trascrivibilità o meno dei relativi accordi. Tale discussione qui viene però trascurata poiché, dopo la sentenza n. 272 del 6/12/2012 della Corte Costituzionale, il D.L. 21/6/2013 (cd. Decreto del Fare) così come convertito con Legge 9/8/2013 n. 98 ha risolto in gran parte il conflitto interpretativo, introducendo all’interno dell’art. 2643 cod. civ. il numero 12 bis: tale comma prevede infatti espressamente la possibilità di trascrivere gli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Come si può vedere, è stata risolta la questione della trascrivibilità degli accordi ma non anche quella circa la natura obbligatoria o meno della mediazione avente quale oggetto l’usucapione di un bene16.

Non solo, ma con la riforma del 2013 il legislatore ha utilizzato una formulazione letterale infelice: molti hanno infatti fatto rilevare che il negozio di accertamento non esiste nel codice civile ma è un’elaborazione dottrinaria, riconosciuta dalla giurisprudenza. La Cassazione ha però sempre ribadito che non ha effetto traslativo. Non solo, ma la dottrina e il Consiglio Nazionale del Notariato17 hanno posto in evidenza che l’usucapione costituisce un acquisto a titolo originario ed è un effetto legale (cioè non può nascere da una volontà negoziale). Come fa un accordo ad accertare un diritto?

Non solo, ma il diritto dell’usucapito si estingue non per un trasferimento del diritto e l’accordo potrebbe avere quale oggetto solo il riconoscimento dei fatti che costituiscono i presupposti per l’acquisto per usucapione.

La dottrina ha quindi messo in evidenza che alla luce della normativa che si è succeduta nel tempo vi possono essere ben quattro tipologie di acquisto per usucapione, tutti con effetti differenti:

a) acquisto ottenuto con sentenza: • la sentenza è opponibile erga omnes;

• radica un diritto nuovo in capo all’usucapiente (acquisto a titolo originario); • non si applica il principio della continuità delle trascrizioni (art. 2650); • è trascritto a favore dell’usucapiente e basta;

• la trascrizione ha valore di pubblicità notizia;

b) acquisto convenuto con un accordo di mediazione: • l’accordo è però opponibile solo all’usucapito;

• deve rispettare le regole sulla continuità delle trascrizioni;

• non è opponibile ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti od iscritti che in qualche modo possano esser pregiudicati dall’accordo;

• è trascritto a favore dell’usucapiente e contro l’usucapito; • quindi non ha effetto retroattivo e non ha effetti liberatori;

• la trascrizione ha effetti prenotativi se l’usucapito non è legittimato in base ad un titolo trascritto (pensiamo ad un immobile intestato ad un defunto);

c) acquisto a fronte di transazione: • lo prevede l’art. 2643 n. 13 cod. civ.; d) acquisto a fronte di ogni tipo di accordo: • lo prevede l’art. 2645 cod. civ.

In alcuni casi possono poi insorgere problemi insormontabili con riferimento alla legittimazione passiva se per rivendicare l’usucapione si utilizza la mediazione e non il giudizio.

Pensiamo ad immobili intestati a moltissimi soggetti (la notifica per pubblici proclami è prevista solo per il giudizio); pensiamo ad immobili intestati a soggetti non rintracciabili (la notifica a persona sconosciuta è prevista solo per il processo), o a soggetti deceduti e con eredi irrintracciabili o non individuabili o a soggetti deceduti senza eredi. In tutti questi casi il percorso giudiziario appare quello più idoneo.

Alla luce di tutto quanto sopra, nel caso di procedura avente quale oggetto un acquisto per usucapione appare quindi opportuno invitare il mediatore

1. a svolgere un’attenta analisi sulla verifica della regolarità del contraddittorio e delle posizioni interessate;

2. a pretendere che tutte le parti siano presenti fisicamente o legittimamente rappresentate;

3. a rendere edotte le parti delle caratteristiche connesse ad un avvenuto acquisto per usucapione non giudizialmente dichiarato;

4. a richiedere alle parti una perfetta ricostruzione soggettiva ed oggettiva del bene oggetto di mediazione.

2.10 Antiriciclaggio

L’antiriciclaggio non risparmia la mediazione. Per effetto dell’art. 22 del D. Lgs. 28/2010 l’elenco delle attività il cui esercizio è subordinato al possesso di licenze, da autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero alla preventiva dichiarazione di inizio di attività di cui all’articolo 10, comma 2, lettera e), del D. Lgs. 231/2007 è stato integrato con l’aggiunta del numero 5–bis riferito appunto alla mediazione. L’attività di mediazione non è però soggetta agli obblighi di identificazione delle parti, di registrazione delle stesse e di conservazione dei dati ma comporta esclusivamente il dovere di segnalazione all’UIF18 di eventuali operazioni sospette. Sono operazioni sospette quelle in relazione alle quali il mediatore sa, sospetta o ha motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Al mediatore non è richiesto di svolgere autonome attività investigative, bensì, in presenza di indici di anomalia, di ottenere ulteriori informazioni in merito allo scopo e alla natura del contesto e, ove necessario, di effettuare la segnalazione della stessa alle autorità competenti. Secondo la maggioranza degli autori la segnalazione deve esser fatta alle autorità e non anche al proprio Organismo, poiché in tal caso egli incorrerebbe nella violazione del dovere di riservatezza.

18 L’Unità di informazione finanziaria (UIF) rappresenta la Financial Intelligence Unit italiana, ovvero

la struttura nazionale incaricata di prevenire e contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. La UIF è stata istituita presso la Banca d’Italia il 1/1/2008, ai sensi del D.Lgs. 231/2007 il quale, emanato in attuazione della Terza Direttiva antiriciclaggio, ha soppresso l’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC), presso cui la Financial Intelligence Unit era precedentemente collocata. La UIF esercita le proprie funzioni in autonomia e indipendenza, avvalendosi di risorse umane e tecniche, di mezzi finanziari e di beni strumentali della Banca d’Italia. L’organizzazione e il funzionamento della UIF sono

Quanto agli indicatori di anomalia, l’art. 41 del D. Lgs. 231/2007 prevede l’emanazione e la periodica revisione, su proposta dell’UIF e sentito il Comitato di Sicurezza Finanziaria, di specifici indicatori per ciascuna delle categorie di destinatari delle prescrizioni. Occorre mettere però in evidenza come né nel decreto del Ministero della Giustizia del 16/4/2010 né nel decreto del Ministro dell’Interno del 17/2/2011 (successivamente modificato con decreto del 27 aprile 2012), con i quali sono stati individuati gli indicatori di anomalia utili al fine di agevolare l’individuazione delle operazioni sospette, è stata fatta menzione dell’attività di mediazione.

Qualcuno ha ricordato che – come sopra visto – il D. Lgs. 28/2010 ha obbligato il mediatore a mantenere la riservatezza assoluta nei confronti dei terzi, sia sulle dichiarazioni rese dalle parti, sia sulle informazioni acquisite nel corso del procedimento, ed ha previsto che il mediatore non può essere tenuto a deporre sulle dichiarazioni delle parti, conosciute nel procedimento di mediazione né davanti all’autorità giudiziaria, né davanti ad altra autorità, fruendo delle garanzie di libertà del difensore previste dall’art. 103 c.p.p. nonché della disciplina sul segreto professionale, ex articolo 200 c.p.p. Tuttavia, proprio per l’inserimento dell’art. 22 del medesimo D. Lgs. 28/2010 la dottrina ha ritenuto che la segnalazione di un’operazione sospetta non viola il dovere di riservatezza previsto normativamente.

Discussa è poi l’applicazione anche per i mediatori della cd. clausola di esclusione. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 12, comma 2, e 23, comma 4, del D. Lgs. 231/2007 avvocati, commercialisti, notai, e altri professionisti, non sono infatti obbligati alla segnalazione in relazione alle informazioni che essi ricevono da un loro cliente o ottengono riguardo allo stesso nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute od ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

Ebbene, autorevoli autori hanno fatto notare che il mediatore può anche esser avvocato, commercialista o notaio ma le figure professionali hanno natura differente. Il mediatore ha funzioni di terzietà ed imparzialità e, quindi, la clausola di esclusione non si può ad esso applicare.

Molti dubbi sono stati infine sollevati in ordine all’ambito soggettivo di applicazione dell’obbligo di segnalazione e cioè se esso vincoli il solo mediatore ovvero anche l’Organismo di conciliazione. Estendere l’obbligo della segnalazione anche all’organismo significherebbe attribuire ai responsabili di un potere/dovere di supervisione e controllo sull’attività svolta dai mediatori nell’ambito delle singole procedure per le quali questi ultimi sono designati, mentre invece dal tenore complessivo dal dato normativo sembrerebbe desumersi che al responsabile dell’organismo di mediazione successivamente alla designazione del mediatore

non siano attribuite ulteriori incombenze se non quella, generica, di sovrintendere alla tenuta ed all’eventuale rilascio di copie dei verbali dell’attività di conciliazione, che secondo l’art. 11 comma 5° devono essere depositati presso la segreteria dell’Organismo.

Altri autori fanno notare poi come l’attività del mediatore si caratterizzi per la personalità (l’art. 4 del D.M. n. 180/2010 prevede che “il mediatore designato esegue personalmente la sua prestazione”). È poi fuor di dubbio che è il mediatore a trovarsi nella condizione di avere una conoscenza più approfondita delle informazioni rilevanti in merito alla vicenda controversa oggetto della conciliazione.

Tuttavia, sino a quando il legislatore o il Ministero non specificheranno esattamente i compiti del mediatore in tema di antiriciclaggio, tenuto conto della delicatezza dell’argomento nulla può esser escluso. Tuttavia, grazie alle caratteristiche di attenta riservatezza del procedimento di mediazione e della sua caratteristica di oralità, non pare sussistano rischi tali da dover allarmare il mediatore.

Certamente questi dovrà prestare attenzione alla materia allorquando si appresta a redigere l’eventuale accordo.