13 L F ERRAJOLI , op loc cit.
CAPITOLO QUINTO
2. Il rilievo del dato tecnico-scientifico nel sindacato di legittimità costituzionale
Come si è tentato di dimostrare nel corso della presente trattazione, il progresso scientifico permea oramai i rapporti interpersonale e assume un ruolo determinante nell’evoluzione della coscienza sociale e nello sviluppo dello Stato-comunità1, al punto da divenire – come sostenuto in dottrina – strumento di inveramento dei valori costituzionali2. Non può, dunque, sorprendere che il “fatto scientifico”, ossia
determinato dal progresso della scienza e della tecnologia3, abbia rappresentato in
molteplici casi il fulcro della decisione del giudizio di compatibilità della disciplina legislativa con i diritti e gli interessi tutelati dalla Carta costituzionale4, soprattutto nel
campo della bioetica e delle biotecnologie.
In via preliminare, occorre svolgere una breve premessa definitoria rivolta a chiarire quale significato assuma la nozione di “fatto” nel giudizio di legittimità delle leggi5. Se, tradizionalmente, il fatto processuale identifica un accadimento passato, concreto ed individuato, di cui le parti devono offrire la prova al fine di sorreggere e di comprovare le domande e le eccezioni esperite in giudizio, lo stesso non vale nell’ambito del processo costituzionale: il giudice delle leggi può infatti conoscere solo i cosiddetti legislative facts, ossia i “fatti sociali, economici, politici, scientifici, e quindi anche concatenazioni causali tra questi accadimenti e relative «leggi
1 E.C
ASTORINA, Scienza, tecnica e diritto costituzionale, in Rivista AIC, 4/2015, 11. Secondo
l’A., il fatto tecnologico pone la realtà sociale in costante frizione con “i fondamenti storico- culturali che sostengono una determinata «identità costituzionale»” (ID., op. cit., 24).
2 A.B
ALDASSARRE, Le biotecnologie e il diritto costituzionale, in M.VOLPI (a cura di), Le biotecnologie: certezze e interrogativi, Bologna, Il Mulino, 2001, 21.
3 G. D’A
MICO, La Corte e lo stato dell’arte (prime note sul rilievo del progresso scientifico e tecnologico nella giurisprudenza costituzionale, in E.MALFATTI,R.ROMBOLI,E.ROSSI (a cura
di), Il giudizio sulle leggi e la sua “diffusione”, Torino, Giappichelli, 2002, 436. Per maggiore approfondimento sul tema dei fatti nel processo costituzionale, v. infra paragrafo 3 e paragrafo 4.
4 Per maggiore approfondimento sul punto, v. R.B
IN, La Corte e la scienza, in A.D’ALOIA (a
cura di), Biotecnologie e valori costituzionali: il contributo della giustizia costituzionale, Atti
del seminario di Parma, 19 marzo 2004, Torino, Giappichelli, 2006, 5 ss.; F.SORRENTINO, Le questioni tecnico-scientifiche nel processo costituzionale, relazione al Convegno “Scienza e diritto. Il giudice di fronte alle controversie tecnico-scientifiche”, Firenze, 7-8 maggio 2004. 5 Per una succinta ma chiara ricognizione del rilievo del fatto nel processo costituzionale, v. tra
gli altri F. DAL CANTO, La rilevanza e il valore del fatto nel giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in E.MALFATTI,R.ROMBOLI,E.ROSSI (a cura di), Il giudizio sulle
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scientifiche»”6. Si tratta, dunque, di dati estranei al patrimonio di conoscenze proprio del giudice, che richiedono di attingere a cognizioni extragiuridiche provenienti – ad esempio – dalle discipline scientifiche o dalla comune esperienza7.
A ben vedere, le ipotesi in cui il dato tecnico-scientifico viene posto a fondamento delle decisioni del giudice delle leggi riguardano in prevalenza il controllo sulla “verosimiglianza” dei presupposti di fatto della norma, il quale mira, da un lato, ad accertarne la plausibilità e la congruenza8 e, dall’altro, a saggiare le “prognosi” che
sorreggono la disciplina legislativa oggetto del giudizio di legittimità9.
Invero, la giurisprudenza costituzionale sembra aver accreditato una sorta di “presunzione favorevole” alle valutazioni legislative10, che si è tradotta in un
atteggiamento di self restraint nei riguardi della “discrezionalità scientifica” del
6 R. B
IN, Atti normative e norme programmatiche, Milano, Giuffrè, 1988, 334. L’A., nel
recuperare una terminologia diffusa nella letteratura nordamericana, contrappone tale categoria di fatti ai c.d. adjudicative facts, che riguardano invece le parti del processo ossia “ciò che sono e quel che fecero”. Nello stesso senso, v. anche T.GROPPI, La Corte costituzionale tra “fatto
legislativo” e “fatto sociale”, in Giurisprudenza costituzionale, 5/1998, 2803.
7 R. BIN, op. loc. cit. In tal senso, l’A. sottolinea che i “fatti legislativi” non sono ascrivibili ad
una categoria univoca; al di là del dato tecnico-scientifico e dell’id quod plerumque accidit, può trattarsi ora di situazioni riferibili a classi ristrette di soggetti e poi estese in modo generalizzato, ora di situazioni solo ipotizzate dalla Corte, ora considerazioni prognostiche sugli effetti futuri di una norma (ID., op. cit., 336).
8 In senso difforme, parte della dottrina più recente ritiene che il canone della congruità o
congruenza della legge non possa trovare applicazione laddove si debba stabilire la ragionevolezza di una valutazione scientifica, stante la difficoltà “di introdurre questa distinzione con riferimento a giudizi di natura conoscitiva, preliminari alla scelta normativa che debbono essere funzionali ad un certo fine” (G. GEMMA, Giurisprudenza costituzionale e scienza medica, in A.D’ALOIA (a cura di), Biotecnologie e valori costituzionali, cit., 38). Per
maggiore approfondimento sul giudizio di congruità della legge, v. A. MORRONE, Il custode della ragionevolezza, Milano, Giuffrè, 2001, 210-233.
9 R. B
IN, Atti normative e norme programmatiche, cit., 328. Secondo l’A., si tratta di una
verifica diretta a sondare la attendibilità delle relazioni di “interdipendenza causale in cui si esprime la razionalità di scopo del legislatore”; ciò, evidentemente, presuppone un’irruzione sul merito delle scelte legislative, rendendo l’apprezzamento dei fatti essenziale ai fini del controllo sulla razionalità della legge (ID., op. cit., 338; ID., La Corte e la scienza, cit., 6). Nello stesso senso, v. Camerlengo, secondo il quale l’acquisizione di elementi conoscitivi propri delle discipline scientifiche e tecniche da parte del giudice costituzionale è principalmente finalizzato ad “appurare il ragionevole, congruo, proporzionato e, in ultima istanza, corretto esercizio della potestà legislativa” (Q.CAMERLENGO, I Poteri istruttori della Corte costituzionale e l’accesso degli elementi scientifici nel giudizio di costituzionalità, in A. D’ALOIA (a cura di), Biotecnologie e valori costituzionali, cit., 165).
10 R. B
IN, Atti normative e norme programmatiche, cit., 328. Tale tendenza era già stata
registrata da A.CERRI, Divieto di differenziazioni normative per ragioni di sesso e carattere “privilegiato” delle valutazioni legislative, in Giurisprudenza costituzionale, 1/1986, 956 ss.,
192
legislatore11. Deve, tuttavia, rilevarsi che detta presunzione non presenta carattere assoluto, essendo destinata a cedere ogni qual volta gli elementi fattuali e previsionali appaiano palesemente irragionevoli e dunque inidonei ad offrire un valido fondamento scientifico alla legge12. Tali ipotesi, che risultano – nei fatti – piuttosto infrequenti, appaiono riconducibili alla categoria argomentativa degli “anacronismi legislativi”, provocati dallo scostamento tra la situazione di fatto su cui era originariamente fondata la legge e la situazione attuale13.
11 P.VERONESI, Le cognizioni scientifiche nella giurisprudenza costituzionale, in Quaderni costituzionali, 3/2009, 593. Parte della dottrina parla in tal senso di deferential review, ossia di
quel tipo di sindacato “poco severo, benevolo nei confronti delle scelte legislative salvo appunto dimostrazione di arbitrarietà delle medesime”, in contrapposizione allo strict scrutiny, che si sostanzia invece in un controllo penetrante sul merito della scelta legislativa. Tale dottrina ritiene che l’atteggiamento di judicial self restraint sulle valutazioni scientifiche legislative di ordine scientifico risulti condivisibile per il presente e auspicabile per il futuro (G.GEMMA, op.
cit., 40, 73).
12 In questo senso Corte cost. n. 114 del 1998, nella quale il giudice delle leggi dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 94 e 95 c.p., ritenendo che “a prescindere da ogni legittima discussione scientifica sulla esatta nozione dell'infermità mentale e del ricorso che a questa nozione ritiene di fare la giurisprudenza ordinaria, la non irragionevolezza della disposizione di cui all'art. 95 cod. pen. deve individuarsi nella opportunità di riaffermare anche nei casi in esame il superiore valore del principio di colpevolezza”. In tal senso, la Corte afferma che “non intende certo escludere che il sindacato sulla costituzionalità delle leggi, vuoi per manifesta irragionevolezza vuoi sulla base di altri parametri desumibili dalla Costituzione, possa e debba essere compiuto anche quando la scelta legislativa si palesi in contrasto con quelli che ne dovrebbero essere i sicuri riferimenti scientifici o la forte rispondenza alla realtà delle situazioni che il legislatore ha inteso definire. Nella materia del diritto penale, anzi, questo specifico riscontro di costituzionalità deve essere compiuto con particolare rigore, per le conseguenze che ne discendono sia per la libertà dei singoli che per la tutela della collettività. E tuttavia, perché si possa pervenire ad una declaratoria di illegittimità costituzionale occorre che i dati sui quali la legge riposa siano incontrovertibilmente erronei o raggiungano un tale livello di indeterminatezza da non consentire in alcun modo una interpretazione ed una applicazione razionali da parte del giudice”. Per maggiore approfondimento, v. il commento di L. VIOLINI, Sui contrasti tra valutazioni giuridiche e valutazioni scientifiche nella qualificazione della fattispecie normativa: la Corte compone il dissidio e innova l’approccio, in Giurisprudenza costituzionale,
2/1998, 975 ss., nonché R. BIN, Diritti e argomenti: il bilanciamento degli interessi nella
giurisprudenza costituzionale, Milano, Giuffrè, 1992, 331 ss. 13 R.B
IN, Atti normativi e norme programmatiche, cit., 316 ss. Secondo l’A., tale scarto può
verificarsi anche nelle ipotesi in cui “è la realtà economica, scientifica o tecnologica a manifestare l’inadeguatezza dei presupposti «fattuali» della legge”. Per maggiore approfondimento sulla nozione di “anacronismo legislativo”, v. anche l’ampio e accurato studio di A. MORRONE, Il custode della ragionevolezza, cit., 234-251. L’A. indaga tale figura
argomentativa accanto all’ “eterogenesi dei fini”, alla “evoluzione” e alla “tradizione”, che compongono lo strumentario delle valutazioni storiche operate della Corte costituzionale al fine di sindacare la razionalità nel tempo della legge.
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Può, altresì, accadere che la Corte giunga a contestare la fondatezza dei presupposti scientifici che sorreggono la legge oggetto del proprio sindacato manipolando fattispecie legislative eccessivamente rigide, al fine di conferire maggiore elasticità al giudice a quo nella individuazione della base scientifica della regola di giudizio da impiegare nel caso concreto14. Invero, se – come si è visto – in alcuni casi il presupposto di fatto rappresenta il fulcro della motivazione della decisione, vi sono tuttavia ipotesi in cui l’elemento fattuale costituisce un mero argomento retorico15,
assumendo la valenza di una clausola di stile, impiegata al fine di rafforzare una decisione già autosufficiente16.
Alla luce di quanto sinora esposto, può dunque affermarsi che nella maggior parte dei casi il sindacato sulle valutazioni scientifiche viene condotto applicando il canone della ragionevolezza17, inteso nella sua specifica accezione di giudizio di
razionalità della legge; come rilevato in dottrina, tale controllo si presta ad essere destrutturato “in una pluralità di figure tipiche, a seconda che la coerenza sistematica venga colta sotto il profilo logico, teleologico, storico cronologico”18. Impiegando lo
schema classificatorio elaborato all’inizio degli anni Settanta da Lavagna19, uno dei
14 R. B
IN, La Corte e la scienza, cit., 6-7. Si vedano in tal senso Corte cost. nn. 438 e 439 del
1995 in materia di norme sulla detenzione di persone affette da Hiv, alle quali verrà dedicato specifica attenzione nel paragrafo 4 al quale pertanto si rinvia.
15 R. BIN, Atti normativi e norme programmatiche, cit., 332. Si vedano, ad esempio, le sentenze
nn. 231/1985, 472/1988 e 111/1995. Sul punto v. anche Luciani, il quale ritiene più che legittimo “sacrificare qualcosa sul piano del rigore dei tempi processuali, per ottenere di più su quello della capacità di persuasione e della forza argomentativa” (M. LUCIANI, I fatti e la Corte: sugli accertamenti istruttori del giudice costituzionale nei giudizi sulle leggi, in AA. VV.,
Strumenti e tecniche di giudizio della Corte costituzionale, Atti del Convegno, Trieste, 26-28 maggio 1986, Milano, Giuffrè, 1988, 530).
16 G. D’A
MICO, I dubbi della scienza al vaglio della Corte costituzionale: dalle incertezze della scienza alle certezze del diritto (materiali giurisprudenziali), in A. D’ALOIA (a cura di), Biotecnologie e valori costituzionali, cit., 244.
17 Per le ragioni anzidette, parte della dottrina afferma che il sindacato del giudice costituzionale
si atteggia non già come un controllo di merito sull’attendibilità dei dati tecnico-scientifici, risultando piuttosto circoscritto “ad un controllo esterno sulla non palese irragionevolezza della prognosi legislativa o della valutazione tecnica tradotta nella disciplina giuridica in oggetto”; detto approccio viene, tuttavia, criticato, soprattutto se confrontato allo strict scrutiny operato dal Tribunale costituzionale tedesco e dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nelle ipotesi in cui le soluzioni legislative oggetto di controllo di costituzionalità incidano sulle libertà e sui valori costituzionali fondamentali (Q. CAMERLENGO, op. cit., 179, 179).
18 A. M
ORRONE, op. cit., 146.
19 Lavagna aveva definito la ragionevolezza come “la utilizzazione razionale dei contesti umani
nella costruzione di norme sulla base delle prescrizioni-fonte” (C.LAVAGNA, Ragionevolezza
194
primi autori ad occuparsi del tema della ragionevolezza, parte della dottrina più recente ha ritenuto che il giudizio sulle valutazioni scientifiche debba essere condotto applicando in particolare il canone della pertinenza20, che consiste nello “stabilire se i
mezzi normativi assunti nel perseguire una finalità si trovino con questa in rapporto di ragionevole strumentazione o meno”21.
Tale breve premessa teorica consente ora di spostare l’attenzione sul versante empirico: si ritiene, infatti, utile completare la presente ricognizione con l’analisi del dato giurisprudenziale, al fine di individuare le principali aree tematiche che hanno imposto alla Corte di confrontarsi con questioni di carattere tecnico-scientifico.
A ben vedere, l’indagine condotta permette di enucleare alcuni settori nevralgici nei quali le valutazioni operate dal giudice delle leggi sono state largamente debitrici delle acquisizioni della scienza e della tecnologia, rivelatesi essenziali al fine di chiarire il contenuto della fattispecie normativa, nonché di verificarne la conformità ai principi e ai valori costituzionali.
Indubbiamente, una delle aree tematiche su cui si è appuntata maggiormente la riflessione della Corte costituzionale è quella della bioetica, che attrae e ricomprende le scienze mediche, biologiche e biotecnologiche22. All’interno di questo ambito, particolare rilievo hanno assunto le decisioni in materia di procreazione medicalmente
Cedam, 1973, 1580). L’A. aveva dunque proposto una ricostruzione del principio di ragionevolezza sulla base dei canoni di valutazione che esso implica, ossia la corrispondenza, la finalità, la pertinenza, la congruità, l’evidenza e la motivazione. Per ulteriore approfondimento sul principio di ragionevolezza, v. anche A. CERRI, Ragionevolezza delle leggi, voce in Enciclopedia giuridica, Roma, Treccani, XXV, 1991 (voce aggiornata nel 2004);
P. BARILE, Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in
AA.VV., Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Atti
del seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta nei giorni 13 e 14 ottobre 1992, Milano,
Giuffrè, 1994, 2 ss.; J.LUTHER, Ragionevolezza (delle leggi), voce in Digesto delle discipline
pubblicistiche, XII, Milano, Utet Giuridica, 1997, 341 ss.; A. MORRONE, Il custode della ragionevolezza, cit.
20 Così G.G
EMMA, op. cit., 37-38. 21 P.B
ARILE, op. cit., 31.
22 Tali questioni formano orami oggetto di una disciplina giuridica specifica, il biodiritto, che
si occupa proprio di studiare le complesse interazioni tra scienze, forme di vita e diritto. Per un maggiore approfondimento, v. ex multis C. CASONATO, Introduzione al biodiritto, III ed.,
Torino, Giappichelli, 2012; C. FARALLI (a cura di), Bioetica e biodiritto: problemi, casi e
195
assistita23, di trattamenti terapeutici24, di fine vita e di donazione degli organi25, ambiti nei quali il dato strettamente giuridico-costituzionale si è inevitabilmente intrecciato con delicatissimi profili etici, che hanno innescato un’aspra conflittualità tra mondo laico e mondo cattolico, dividendo altresì l’opinione pubblica.
23 Si vedano Corte cost. nn. 84/2016, 162/2014, 150/2012, 97/2010, 151/2009, 96/2015,
229/2015, 84/2016. Per una ricostruzione sistematica dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia, si segnalano tra i più recenti contributi: A.SABRINA, Il diritto ad accedere alla p.m.a. eterologa: disciplina e problemi attuativi, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 1/2017, 28 ss., G.BALDINI, Embrioni suprannumerari, ricerca scientifica e divieti normativi. Riflessioni a margine delle prime pronunce della giurisprudenza italiana e della Corte Edu, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2/2016, 13 ss.; A. RUGGERI,
Procreazione medicalmente assistita e Costituzione: lineamenti metodico-teorici di un modello ispirato ai valori di dignità e vita, in federalismi.it., 10/2016, 28 ss.
24 Si segnalano, in particolare, Corte cost. nn. 185/1998, 121/1999, 188/2000, 279/2003, relative
al c.d. “multitrattamento di Bella”. Per maggiore approfondimento della relativa vicenda, v. tra gli altri A. SCALERA, La libertà di cura dopo oltre un decennio dal “caso di Bella”. Riflessioni a margine di alcun interventi giurisprudenziali sulle terapie non convenzionali, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 10/2014, 437 ss.; S.PENASA, Il dato scientifico nella
giurisprudenza della Corte costituzionale: la ragionevolezza scientifica come sintesi tra dimensione scientifica e dimensione assiologica, in Politica del diritto, 2/2015, 271 ss.
Altrettanto rilievo ha assunto la vicenda legata all’impiego del c.d. “metodo Stamina”, che ha suscitato due pronunciamenti della Corte costituzionale: Corte cost. nn. 185/1998 e n. 274/2014. Si rinvia, per ogni ulteriore approfondimento, alle riflessioni di C. NARDOCCI, Caso
“Stamina”; la Corte rimette ordine nel dialogo tra scienza e diritto, in Quaderni costituzionali,
1/2015, 160 ss.; G.SERENO, Il “caso Stamina” all’esame della Corte costituzionale: un esito condivisibile sorretto da una motivazione lacunosa, in
www.associazionedeicostituzionalisti.osservatorio.it, 1/2015. Si segnala altresì Corte cost. n.
282/2002, ove, nell’ambito di un giudizio in via principale tra Stato e Regione Marche, viene dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Marche n. 26 del 2001 recante la disciplina della “Sospensione della terapia elettroconvulsivante, della lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri interventi simili di psicochirurgia” per contrasto con l’art. 117, co. 3, Cost. Si tratta senza dubbio di un caso rilevante ai fini che qui interessano, giacché la Corte se, da un lato, sottolinea che la scelta legislativa deve essere ancorata alle acquisizioni scientifiche e sperimentali disponibili, dall’altro riconosce la sussistenza di una sfera di discrezionalità irriducibile quantomeno – come affermato in dottrina – “per fugare il dubbio di una «verità scientifica» che possa imporsi al Parlamento relegandolo al ruolo di mero portavoce istituzionale” (D.MORANA, La tutela della salute fra libertà e prestazioni, dopo la riforma del
Titolo V. A proposito della sentenza 282/2002 della Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 3/2002, 2042). Per ulteriore approfondimento, v. i commenti di A.D’ATENA, La
Consulta parla… e la riforma del titolo V entra in vigore, in Giurisprudenza costituzionale,
3/2002, 2027 ss.; A.GRIGNANI, Principio di precauzione, libertà terapeutica e ripartizione di competenze tra Stato e regioni, in Il Foro Italiano, 2/2003, 406 ss.
25 Si veda, in particolare, Corte cost. n. 414/1995, per la quale si rinvia ai commenti di A.
CELOTTO, Il bilanciamento tra diritto alla vita e trapiantabilità degli organi al vaglio della Corte costituzionale, in Giurisprudenza italiana, 1/1996, parte 1, 28 ss.; S. NICCOLAI, (Su art. 589 c.p. e disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto), in Giurisprudenza italiana, 1/1996, parte 1, 27 ss. Sul punto si segnalano anche Corte cost. nn. 195/2015,
196
Al di là del dato sociologico, occorre rilevare che il massiccio intervento della Corte costituzionale in tali settori scientifici ha sollecitato un’ampia elaborazione dottrinale, approdata, tra l’altro, a teorizzare il paradigma della “ragionevolezza scientifica”26, quale criterio di legittimità delle valutazioni legislative aventi ad oggetto questioni latamente afferenti alla vita umana, nonché a configurare la scienza quale parametro interposto di costituzionalità27.
Un altro campo nel quale si è registrata una forte interazione tra diritto e scienza è quello penalistico: il giudice delle leggi ha dovuto infatti confrontarsi sovente con le scienze psichiatriche, tossicologiche e mediche al fine di circoscrivere e inverare la portata semantica delle diverse fattispecie ascrivibili alla categoria penalistica della imputabilità. La Corte costituzionale si è, in particolare, intrattenuta sulla nozione di infermità di mente (artt. 88-89 c.p.) e di ubriachezza e alcolismo (artt. 91, 92, 93, 95 c.p.)28, spesso nell’ambito di giudizi di ragionevolezza su una disciplina che prevedeva una disparità di trattamento rispetto ad un’altra.
26 S.P
ENASA, La ragionevolezza scientifica delle leggi nella giurisprudenza costituzionale, in
Quaderni costituzionali, 4/2009, 817 ss.; ID., Le “scientific questions” nella dinamica tra
discrezionalità giurisdizionale e legislativa. Uno studio comparato sul giudizio delle leggi scientificamente connotate nelle giurisdizioni nazionali, sovranazionali e internazionali, in BioLaw Journal – Rivista del BioDiritto, 1/2016, 41 ss.; E.CHELI, Scienza, tecnica e diritto costituzionale: dal modello costituzionale agli indirizzi della giurisprudenza costituzionale, in Rivista AIC, 1/2017, 6.
27 Così Casonato,secondo il quale il rapporto tra scienza e diritto dovrebbe essere governato
dal principio di sussidiarietà, secondo “una dimensione costituzionalmente orientata in cui la scienza si interpone fra Costituzione italiana e legge riempiendo di significato il bene salute contenuto nella prima parte (art. 32) e condizionando così la legittimità della seconda” (C. CASONATO, La scienza come parametro interposto di costituzionalità, in Rivista AIC, 2/2016,
6). In tal senso, l’A. ha cura di individuare tre ordini di limiti cui la tesi in parola necessariamente soggiace: in primo luogo, il suo perimetro applicativo coincide con la verifica della costituzionalità delle sole leggi che incidono sul contenuto del diritto fondamentale alla salute; in secondo luogo, la tesi risulta applicabile solo nelle ipotesi in cui i dati scientifici rilevanti incontrino un elevato grado di condivisione nella comunità scientifica di riferimento; infine, si sottolinea che il dato scientifico deve sempre essere contemperato con gli altri principi, interessi e valori di pari rango costituzionale (ID., op. cit., 10-11). In senso parzialmente analogo, si veda altresì la posizione di Spadaro, il quale afferma la necessità di elevare le c.d.