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Nel corso del Quattrocento la veduta esterna si organizza e si inquadra intorno a un punto centrale prospettico e lineare, lo spazio è visto come perfezione divina della realtà e del paesaggio. Dal '400 in poi la finestra nella pittura è un dispositivo prospettico utilizzato a fini estetici e fosofici insieme, teso all'armonia umanistica di corrispondenza tra lo sguardo umano e la realtà esterna, e assume il suo ruolo di elemento di apertura e di comunicazione col mondo-paesaggio e natura.

Nel dipinto seguente si esprime in pieno il significato della finestra nel Rinascimento, dove le aperture non servono a delimitare e distinguere lo spazio interno da quello esterno, ma strumenti per organizzare lo spazio. Il punto prospettico centrale è situato nello spazio esterno.

Lorenzo Di Credi, Annunciazione, 1480, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Storia.

risulta collocata nel Guardaroba granducale, proveniente dall'eredità del cardinale Leopoldo de' Medici e successivamente, nel 1789, collocata nella Galleria degli Uffizi82. La sua esecuzione viene ipotizzata dal critico Degenhart tra il 1480 e il 148583

I soli elementi che potrebbero suggerire la committenza sono gli stemmi con l'aquila araldica dipinti sui pilastrini che dividono le tre opere della predella sottostante (che rappresentano la Creazione di Eva, Il Peccato Originale e la Cacciata dal Paradiso terrestre), ma l'assenza di particolari identificativi rende difficile un preciso riferimento.

Descrizione

Viene considerata una delle migliori opere del Di Credi,

“(...)un affascinante quadretto(...)dove l'architettura e il paesaggio sono trattati con gusto squisito(...)”84

Le figure dell'Angelo e di Maria, che appare sorpresa e quasi spaventata, interrotta nella sua lettura, si sovrappongono a uno sfondo paesaggistico immerso nella luce esterna, in un insieme armonioso ed equilibrato, dove tutti gli elementi: architettonici, cromatici, vedutistici, luminosi, tendono a creare una composizione simmetrica e raffinata.

“(...)i due sacri personaggi sono disposti simmetricamente all'interno di un ampio vano caratterizzato da una complessa e ricca architettura che si affaccia su di un giardino lussureggiante aperto verso l'infinito.”85

Le caratteristiche del paesaggio richiamano atmosfere leonardesche presenti nelle opere di Lorenzo Di Credi

“(...)I monti azzurrini sullo sfondo confermano, come diceva Vasari, la vera e propria passione del giovane Lorenzo per l'arte di Leonardo, di sette anni più anziano di lui, e come lui avviatosi alla pittura nella bottega verrocchiesca.”86

82 Dalli Regoli G., Lorenzo Di Credi, Edizioni di Comunità, Milano, 1966, p. 142. 83 Ivi, p. 143.

84 Ivi, p. 142.

85 Baldini N., Lorenzo di Credi, in Padovani S., Capretti E., Forlani Tempesti A., Parenti D., a cura di, Catalogo della Mostra “Piero di Cosimo (1462-1522), pittore eccentrico fra Rinascimento e Maniera”, Firenze, Galleria degli Uffizi, settembre 2015, Giunti Editore, 2015, p. 210.

La finestra.

Le aperture, finestre e porta, che ancora non delimitano spazi privati e pubblici interni ed esterni, servono in quanto spazi-veduta, fonti di luce e strumenti di costruzione prospettica della scena.

La funzione della finestra è qui quella della veduta, senza distinzione tra soggetto come spazio culturale e sociale e paesaggio (spazio della natura).

Vittore Carpaccio, Sogno di Sant'Orsola, 1495, Venezia, Gallerie dell'Accademia.

Storia.

L'opera, un olio su tela (o “telero”), di m. 2,74 x 2,67, fa parte di un ciclo di nove scene, tutte dedicate alla storia della Santa e rappresentanti gli eventi che la portarono al martirio.

“Nel 1490 è datato il primo episodio del ciclo delle Storie di Sant’Orsola (ovvero l’Arrivo di Sant’Orsola a Colonia) per la Scuola della santa, considerato la prima commissione pubblica di Carpaccio (dove compaiono, tra l’altro dei ritratti della famiglia Loredan, finanziatrice dell’impresa). Lo sviluppo di questo ciclo composto da nove teleri lo impegnerà sino al 1498 circa.”87

Nel 1488 la Confraternita di Sant'Orsola incaricò il giovane pittore Vittore Carpaccio della decorazione della sede della Confraternita, situata accanto all'abside della chiesa domenicana dei Santi Giovanni e Paolo, a Venezia. Venne commissionata al pittore l'esecuzione dell'intero ciclo della Storia di Sant'Orsola, opera finanziata dalla famiglia Loredan, distintasi nelle guerre contro i Turchi88.

Eseguite tra il 1490 e il 1495, le tele rimasero nell'edificio della Scuola di Sant'Orsola (fondata nel luglio del 1300), fino al 1812, quando la scuola fu soppressa dai napoleonici, per poi essere spostate nelle Gallerie dell'Accademia veneziana, dove ancora si trovano. Da subito il ciclo dei dipinti fu molto ammirato e amato, tanto che ancora nella seconda metà del 1700 il critico Zanetti riportava la generale ammirazione di tutti e non solo degli intenditori d'arte, “per i moti d'animo che suscitava la loro vista”89

Antichi documenti dello statuto della Scuola attestano che nel 1646 l'edificio della Scuola di Sant'Orsola fu sottoposto a un grande restauro e le tele ebbero in seguito un ordine diverso da quello iniziale.

“A proposito della collocazione originaria la discussione degli studiosi è pienamente dibattuta a partire da Ludwig e Molmenti, i quali ipotizzavano una ideale ricostruzione di quella che sarebbe stata la pianta dell’oratorio primitivo, che non venne accettata né dal Testi né dal Paoletti. La studiosa Meschini Marconi nel suo catalogo del 1955 dichiara che, esiste una pianta dell’edificio, realizzata nel 1732, dove i ‘teleri’ risultano ordinati per tre in ogni parete maggiore (i più grandi ai lati, il più piccolo al centro) e due ai due estremi dell’entrata principale. L’ultimo dipinto, l'“Apoteosi della santa” funge da pala, sull’altare.”90

87 Artoni P., Vittore Carpaccio, Note biografiche, Fondazione Sorlini, Brescia, in Internet http://www.villaggioglobaleinternational.it/sala_stampa/events/archivio_file/doc90_1186.pdf 88 Zorzi L., Carpaccio e la rappresentazione di Sant'Orsola, Einaudi, Torino, 1997, p. 47.

89 Zanetti A.M., Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia, P. Bassaglia, Venezia, 1771, pp. 33-35. 90 Busonero S, Carpaccio. Ciclo di Sant'Orsola, in “Frammenti d'Arte”, Rivista Web, aprile 2014, in Internet

Descrizione

Le nove tele narrano la leggenda di Orsola, principessa cristiana figlia del Re di Bretagna, che accetta di sposare il principe inglese in cambio della sua conversione davanti al Papa a Roma. Qui giunta, Orsola fa un sogno premonitore, dove le appare un Angelo che le porge la palma del martirio, preannunciando a lei e a tutto il suo seguito un massacro che infatti si compirà a Colonia per mano degli Unni.

Il “sogno di sant'Orsola” rappresenta quindi la premonizione del terribile evento. Il quadro appare incompleto,

“(...)è stato tagliato, oltre che in alto, ai due lati, cosicché mancano una parte del letto e l'altro stipite della porta, come dimostra l'incisione del Del Pian del 1785. Reca la scritta: VICTOR / CARP. F. / MCCCCLXXXV.”91

Il Sogno di Sant'Orsola è la sesta scena del ciclo, così composto: 1. Arrivo degli Ambasciatori inglesi dal Re di Bretagna; 2. Commiato degli Ambasciatori;

3. Ritorno degli Ambasciatori alla Corte inglese; 4. Incontro dei fidanzati in pellegrinaggio; 5. Arrivo a Roma dal papa;

6. Il sogno di Sant'Orsola; 7. Il martirio dei pellegrini; 8. Il funerale della Santa; 9. Apoteosi di Sant'Orsola.

Nella scena, Orsola dorme in un letto a baldacchino, la guancia appoggiata a una mano, il volto sereno, circondata da arredi e oggetti raffinati e preziosi

“Avvolta da un silenzio immobile e da una luce che ordina le cose secondo una perspicuità ottica tipicamente fiamminga.”92

Tra mobili, libri, tappeti e vari oggetti di uso comune e non: la clessidra, gli zoccoli sul pavimento, la corona regale appoggiata sul gradino al fondo del letto, l'Angelo appare di fronte alla Santa, e con espressione grave e triste le mostra i simboli del suo prossimo

91 Pallucchini R., Carpaccio. Le storie di Sant'Orsola, Martello Editore, Milano, 1958, p. 56.

martirio. Una luce irreale e “metafisica”93 avvolge oggetti e cose che diventano anch'essi sogno, “altrettante nature morte colte nella loro struttura essenziale, ma al tempo stesso vivificate da quell'alito di poesia che anima l'ispirazione carpaccesca. La giustezza di quei rapporti cromatici, colti nella loro luminosità diffusa nell'ambiente, è di una coerenza quanto mai profonda. Si comprende in questo telero l'atteggiamento, contemplativo e lirico a un tempo, del Carpaccio...”94

La finestra.

Nel dipinto, l'elegante finestra a bifora si mostra nella sua funzione architettonica, decorativa e prospettica: è anche fonte di luce e di vita, manifestata dalle due piante che si stagliano verdi contro l'azzurrino del cielo, anche se la fonte maggiore di luce, quella che denota il sogno, entra nella stanza con l'Angelo, dalla porta. Qui la finestra è lontana dal rappresentare un rapporto di comunicazione con la realtà, perché tutta la scena è allusiva e simbolica e finalizzata all'irrealtà del sogno.

93 Pallucchini R., cit., ivi. 94 Ivi, p. 58.

Siamo al 1500. Il quadro di Tiziano Venere con organista e cagnolino, del 1550, rappresenta un esempio del significato cinquecentesco della finestra come “apertura allo spazio esterno” secondo il concetto albertiano, dove l'attenzione è sul paesaggio e sulla natura:

Tiziano, Venere con organista e cagnolino, 1550-51, Madrid, Museo Nacional del Prado.

Storia.

L'opera fu realizzata tra il 1550 e il 1551 per Francesco Assonica, giureconsulto veneziano, che la vendette poi dopo il 1620 a Carlo I d'Inghilterra.

“According to Ridolfi (1648), it was commissioned by the lawyer Francesco Assonico...and was still in his house in Padua in the early 1620s(...)”95

Alla morte del re inglese, nel 1649, fu acquistata dall'ambasciatore del Re di Spagna, e nel 1666 si trova ancora menzionata nell'inventario dei dipinti dell'Alcazar di Madrid. Durante le guerre napoleoniche la tela fu portata in Francia e venne danneggiata, per poi essere restituita agli Spagnoli nel 1816 dopo un restauro. Venne acquisita dal Museo

del Prado nel 1827.96 Sottoposta a un altro restauro nel 1965, nel 1987 è stata esposta a Tokio.

Esistono almeno cinque versioni dell'opera97, dove viene mantenuto lo stesso soggetto con alcune varianti, come nel quadro realizzato nel 1548 e donato all'Imperatore Filippo II (ai cui tratti del volto sembra ispirarsi la fisionomia dell'organista) in visita ad Amburgo, quadro firmato da Tiziano, in cui si osserva una diversa posa del musicista e Cupido al posto del cagnolino. Anche questa tela si trova al Museo del Prado.98

Descrizione.

Sensualità ed erotismo dominano l'atmosfera della scena, dove centrale è il corpo nudo di Venere, adagiato su un velluto rosso appoggiato sul letto e ornato di bracciali e collana, mentre con la mano sinistra gioca con un piccolo cane. La testa della dea, con i capelli biondi raccolti, è ornata da un filo di perle e da fermagli, mentre l'organista, riccamente vestito e armato di spada, si volta a guardarla con desiderio. La grande finestra aperta si apre su un perfetto giardino cinquecentesco, organizzato secondo i canoni rinascimentali, anch'esso allusivo all'amore erotico e passionale. Sulla sinistra si vedono infatti due innamorati, mentre più in là due cerbiatti si sfidano nella lotta amorosa e sulla fontana troneggia un satiro che regge sulle spalle un'anfora da cui zampilla l'acqua.

“La ricchezza della tonalità si associa alla bellezza visiva, sottolineata dal prorompente nudo femminile e dallo scenario naturale, dove sembra effondersi la musica eseguita dal giovane organista. Venere diviene dunque la dea del piacere auditivo e sintesi di un'idea del bello dai chiari connotati neoplatonici.”99

Il corpo di Venere appare illuminato e reso ancor più chiaro dalla luce del cielo che entra nella stanza e contrasta col drappo di velluto rosso su cui è sdraiata la dea e col tendaggio dello stesso colore, generando un effetto ancora più sensuale.

Tutta la scena ispira anche un senso di calma e di riposante armonia, vivacizzata dalla giocosità del piccolo cane. Nella scena c'è anche un riferimento autobiografico che allude

96 Villa G. C. F., a cura di, Tiziano, Silvana Editoriale, Milano, 2013, p. 294.

97 Checa F., Tiziano e la mitologia, in Ferino Pagden S., a cura di, L'ultimo Tiziano e la sensualità della pittura, Marsilio Editori, Venezia, 2008, p. 187.

98 Ivi. 99 Ivi.

alla passione per la musica di Tiziano, egli stesso organista.

La finestra.

In questo emblematico dipinto di Tiziano, appare chiaro come la finestra cinquecentesca cessi di essere puro elemento architettonico e si apra a misura della stessa parete, divenendo metafora naturalistica e paesaggistica. Più che un'apertura, la finestra è uno spazio che unisce il “dentro” e il “fuori”, dove tutti i personaggi finiscono per rivestire un significato non individuale ma simbolico, riferito al Bello e all'Armonia simmetrica e ordinata dell'idea rinascimentale del mondo.